Napoli, stop alle “zone rosse”: cittadini e giuristi vincono contro i provvedimenti repressivi

Pressenza - Saturday, September 6, 2025

Il TAR annulla le ordinanze prefettizie che delimitavano aree a regime speciale di sicurezza. Il Coordinamento denuncia: “La sicurezza urbana non si costruisce con misure emergenziali, ma con politiche sociali e partecipazione”.

I fatti

A dicembre 2024, il Prefetto della Provincia di Napoli ha istituito, per un periodo di tre mesi, le cosiddette “zone rosse”: aree della città in cui vige un regime speciale di sicurezza, con divieto di stazionamento per coloro che siano stati segnalati per alcuni reati e che assumono atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti, tali da determinare un pericolo concreto per la sicurezza pubblica e ostacolare la libera e piena fruibilità di quelle aree.

L’ordinanza (n. 505525 del 31 dicembre 2024) viene poi prorogata per ben due volte, l’ultima il 30 giugno 2025. La misura è finalizzata a implementare la sicurezza della cittadinanza in alcune aree della città, sulla base dell’art. 2 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che attribuisce all’Autorità di Pubblica Sicurezza il potere di adottare misure indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico.

I reati indicati sono spaccio di stupefacenti, lesioni, reati predatori, detenzione abusiva di armi e altri; sono invece esclusi l’omicidio e le molestie a sfondo sessuale. Il provvedimento si presenta dunque come misura straordinaria, ma soprattutto istituisce confini all’interno della città.

La reazione

È questo aspetto, in particolare, a destare preoccupazione in alcuni componenti della società civile. Nasce così un coordinamento di giuristi, abitanti, associazioni e spazi politici che temono una cristallizzazione delle divisioni sociali attraverso l’uso spinto di provvedimenti speciali. Il 13 marzo si riuniscono in un’assemblea pubblica presso lo Zero81 – laboratorio di mutuo soccorso.

I componenti del Coordinamento – si legge nel primo comunicato – affermano che tali atti sono lesivi delle libertà fondamentali sancite dall’ordinamento democratico, senza garantire una migliore vivibilità della città. Pur riconoscendo che la sicurezza è un tema concreto che incide sulla qualità della vita degli abitanti e di chi attraversa lo spazio urbano, osservano che i problemi sociali vanno affrontati con interventi preventivi su servizi, istruzione, sanità, lavoro e casa, e non risolti attraverso modalità repressive.

Il timore principale è che il provvedimento colpisca categorie sociali ed economiche marginali, come i migranti. Per questo viene lanciata una campagna informativa nei quartieri interessati. Alla campagna aderiscono A Buon Diritto Onlus, attiva dal 2001 per la tutela dei diritti fondamentali e l’assistenza a persone private della libertà, e ASGI, associazione nata nel 1990 che riunisce avvocati e giuristi esperti di immigrazione, asilo e cittadinanza.

Particolarmente critica è la posizione dei consiglieri della II Municipalità Chiara Capretti e Pino De Stasio, che evidenziano il mancato rispetto del principio di sussidiarietà. A loro si aggiunge la voce del professore Alberto Lucarelli che, in un articolo del Corriere del Mezzogiorno del 16 aprile 2025, si dichiara sostenitore della campagna, sottolineando che, in base al provvedimento, gli agenti possono ordinare l’allontanamento anche solo a persone destinatarie di una denuncia o di una segnalazione per reati minori.

“Per la presunzione di pericolosità – scrive Lucarelli – non è richiesta neppure una sentenza di primo grado. Emergono caratteristiche da stato di polizia: la gestione ordinaria dell’ordine pubblico si trasforma in permanente gestione dell’emergenza, utilizzando con enorme discrezionalità provvedimenti repressivi che mirano soprattutto a garantire il decoro urbano. L’ordinanza del Prefetto e le sue proroghe si presentano come repressive e liberticide e, tra l’altro, non sono pensate come reale controllo del territorio contro reati riconducibili alla criminalità organizzata”.

I primi dati

Il 7 aprile il Ministero dell’Interno ha pubblicato i risultati dei controlli effettuati fino al 31 marzo in applicazione dell’ordinanza: a Napoli, su un totale di 81.235 persone controllate, risultano 120 ordini di allontanamento, di cui 10 a carico di stranieri; a San Giorgio a Cremano, su 4.976 persone controllate, un solo ordine di allontanamento.

Secondo la Prefettura, “i dati evidenziano i positivi risultati raggiunti al fine della prevenzione e del contrasto alla criminalità e a ogni forma di illegalità. Infatti, alla scadenza dei provvedimenti adottati per Napoli, Castellammare di Stabia, Pompei, Pozzuoli e San Giorgio a Cremano, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto Michele di Bari, ne ha disposto la proroga per ulteriori tre mesi. Non si esclude l’adozione di analoghi misure per altre comuni dell’area metropolitana”.

Il braccio di ferro tra associazioni e Prefettura

Le associazioni non concordano e si preparano alla battaglia giuridica. Il 4 giugno viene depositato ricorso al TAR di Napoli dagli avvocati Stella Arena (Foro di Nola) e Andrea Eugenio Chiappetta (dottorando in Diritto costituzionale presso l’Università Federico II). Ricorrenti: ASGI, A Buon Diritto, residenti, cittadini, associazioni e consiglieri della II Municipalità.

Il 17 giugno il TAR rigetta il ricorso, poiché l’ordinanza era in scadenza, attestandone però la fondatezza, ravvisando un difetto nell’esercizio di potere. Le associazioni tornano alla carica e, con la seconda proroga, ripresentano ricorso per motivi aggiunti.

Il 22 luglio il TAR emette una sentenza di annullamento, riconoscendo che “difettano i presupposti per l’esercizio di potere e risulta comunque violato il principio per cui i provvedimenti contingibili e urgenti devono avere durata limitata nel tempo”.

Il Prefetto, in una dichiarazione alla stampa, afferma di rispettare la pronuncia ma annuncia che “la sentenza sarà appellata innanzi al Consiglio di Stato”.

Gli sviluppi

Il Coordinamento No Zone Rosse Napoli continua il suo lavoro. La decisione della Prefettura di adottare nuove misure straordinarie relative ad altre zone della città – come lungomare e Coroglio – viene definita dai giuristi una forzatura, che rischia di trasformare Napoli in una città a spazi controllati e libertà ridotti, con provvedimenti eccezionali reiterati che il Tribunale ha già dichiarato illegittimi.

Il 5 settembre si è svolta una nuova assemblea a Zero81 (Largo Banchi Nuovi, Napoli) per denunciare – si legge nel comunicato diffuso sul profilo Instagram @nozonerosse.napoli – l’uso distorto dei poteri prefettizi, l’assenza di trasparenza nelle ordinanze e per riaffermare che la sicurezza urbana non si costruisce con zone rosse, ma con politiche sociali, partecipazione democratica e cura dei territori.

Il Coordinamento rivolge anche un appello al sindaco Gaetano Manfredi: chiarire se intenda governare una città aperta, inclusiva e rispettosa della Costituzione o condividere logiche emergenziali che limitano lo spazio pubblico. Il team legale annuncia nuove impugnazioni: “La Costituzione non ammette scorciatoie sui diritti”.

Alcune riflessioni

Questa vicenda non è solo una questione giuridica per addetti ai lavori: sono in gioco principi fondamentali.

Il primo riguarda il rapporto fra Stato e territorio: la sicurezza nello spazio pubblico va garantita, ma nel rispetto dei diritti costituzionali. L’attuazione di regole di convivenza civile non dovrebbe essere affidata alla discrezionalità di poteri straordinari, come accade quando problemi endemici di ordine pubblico vengono affrontati con strumenti emergenziali invece che con politiche sociali mirate.

C’è poi il nostro rapporto con la città: come la viviamo? come vengono trattati i bisogni collettivi dalle istituzioni? E i disagi delle categorie più fragili, come le persone a marginalità economica e sociale, o la questione abitativa?

Se sicurezza e decoro diventano le uniche priorità, la città rischia di essere trattata come un luogo da abbellire, dimenticando che – soprattutto a Napoli, come ricorda l’UNESCO – il vero patrimonio è rappresentato dalle persone che la abitano.

Fonti

Redazione Napoli