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Il mercato immobiliare degli studenti USA e lo spopolamento del centro di Firenze
Il flusso dei giovani nordamericani che giungono a Firenze per un periodo di studio all’estero, è in costante aumento. Si crea così un mercato parallelo che risulta inarrivabile sia agli studenti “normali” sia ai residenti, e contribuisce a spopolare il … Leggi tutto L'articolo Il mercato immobiliare degli studenti USA e lo spopolamento del centro di Firenze sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Napoli, stop alle “zone rosse”: cittadini e giuristi vincono contro i provvedimenti repressivi
Il TAR annulla le ordinanze prefettizie che delimitavano aree a regime speciale di sicurezza. Il Coordinamento denuncia: “La sicurezza urbana non si costruisce con misure emergenziali, ma con politiche sociali e partecipazione”. -------------------------------------------------------------------------------- I FATTI A dicembre 2024, il Prefetto della Provincia di Napoli ha istituito, per un periodo di tre mesi, le cosiddette “zone rosse”: aree della città in cui vige un regime speciale di sicurezza, con divieto di stazionamento per coloro che siano stati segnalati per alcuni reati e che assumono atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti, tali da determinare un pericolo concreto per la sicurezza pubblica e ostacolare la libera e piena fruibilità di quelle aree. L’ordinanza (n. 505525 del 31 dicembre 2024) viene poi prorogata per ben due volte, l’ultima il 30 giugno 2025. La misura è finalizzata a implementare la sicurezza della cittadinanza in alcune aree della città, sulla base dell’art. 2 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che attribuisce all’Autorità di Pubblica Sicurezza il potere di adottare misure indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico. I reati indicati sono spaccio di stupefacenti, lesioni, reati predatori, detenzione abusiva di armi e altri; sono invece esclusi l’omicidio e le molestie a sfondo sessuale. Il provvedimento si presenta dunque come misura straordinaria, ma soprattutto istituisce confini all’interno della città. LA REAZIONE È questo aspetto, in particolare, a destare preoccupazione in alcuni componenti della società civile. Nasce così un coordinamento di giuristi, abitanti, associazioni e spazi politici che temono una cristallizzazione delle divisioni sociali attraverso l’uso spinto di provvedimenti speciali. Il 13 marzo si riuniscono in un’assemblea pubblica presso lo Zero81 – laboratorio di mutuo soccorso. I componenti del Coordinamento – si legge nel primo comunicato – affermano che tali atti sono lesivi delle libertà fondamentali sancite dall’ordinamento democratico, senza garantire una migliore vivibilità della città. Pur riconoscendo che la sicurezza è un tema concreto che incide sulla qualità della vita degli abitanti e di chi attraversa lo spazio urbano, osservano che i problemi sociali vanno affrontati con interventi preventivi su servizi, istruzione, sanità, lavoro e casa, e non risolti attraverso modalità repressive. Il timore principale è che il provvedimento colpisca categorie sociali ed economiche marginali, come i migranti. Per questo viene lanciata una campagna informativa nei quartieri interessati. Alla campagna aderiscono A Buon Diritto Onlus, attiva dal 2001 per la tutela dei diritti fondamentali e l’assistenza a persone private della libertà, e ASGI, associazione nata nel 1990 che riunisce avvocati e giuristi esperti di immigrazione, asilo e cittadinanza. Particolarmente critica è la posizione dei consiglieri della II Municipalità Chiara Capretti e Pino De Stasio, che evidenziano il mancato rispetto del principio di sussidiarietà. A loro si aggiunge la voce del professore Alberto Lucarelli che, in un articolo del Corriere del Mezzogiorno del 16 aprile 2025, si dichiara sostenitore della campagna, sottolineando che, in base al provvedimento, gli agenti possono ordinare l’allontanamento anche solo a persone destinatarie di una denuncia o di una segnalazione per reati minori. “Per la presunzione di pericolosità – scrive Lucarelli – non è richiesta neppure una sentenza di primo grado. Emergono caratteristiche da stato di polizia: la gestione ordinaria dell’ordine pubblico si trasforma in permanente gestione dell’emergenza, utilizzando con enorme discrezionalità provvedimenti repressivi che mirano soprattutto a garantire il decoro urbano. L’ordinanza del Prefetto e le sue proroghe si presentano come repressive e liberticide e, tra l’altro, non sono pensate come reale controllo del territorio contro reati riconducibili alla criminalità organizzata”. I PRIMI DATI Il 7 aprile il Ministero dell’Interno ha pubblicato i risultati dei controlli effettuati fino al 31 marzo in applicazione dell’ordinanza: a Napoli, su un totale di 81.235 persone controllate, risultano 120 ordini di allontanamento, di cui 10 a carico di stranieri; a San Giorgio a Cremano, su 4.976 persone controllate, un solo ordine di allontanamento. Secondo la Prefettura, “i dati evidenziano i positivi risultati raggiunti al fine della prevenzione e del contrasto alla criminalità e a ogni forma di illegalità. Infatti, alla scadenza dei provvedimenti adottati per Napoli, Castellammare di Stabia, Pompei, Pozzuoli e San Giorgio a Cremano, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto Michele di Bari, ne ha disposto la proroga per ulteriori tre mesi. Non si esclude l’adozione di analoghi misure per altre comuni dell’area metropolitana”. IL BRACCIO DI FERRO TRA ASSOCIAZIONI E PREFETTURA Le associazioni non concordano e si preparano alla battaglia giuridica. Il 4 giugno viene depositato ricorso al TAR di Napoli dagli avvocati Stella Arena (Foro di Nola) e Andrea Eugenio Chiappetta (dottorando in Diritto costituzionale presso l’Università Federico II). Ricorrenti: ASGI, A Buon Diritto, residenti, cittadini, associazioni e consiglieri della II Municipalità. Il 17 giugno il TAR rigetta il ricorso, poiché l’ordinanza era in scadenza, attestandone però la fondatezza, ravvisando un difetto nell’esercizio di potere. Le associazioni tornano alla carica e, con la seconda proroga, ripresentano ricorso per motivi aggiunti. Il 22 luglio il TAR emette una sentenza di annullamento, riconoscendo che “difettano i presupposti per l’esercizio di potere e risulta comunque violato il principio per cui i provvedimenti contingibili e urgenti devono avere durata limitata nel tempo”. Il Prefetto, in una dichiarazione alla stampa, afferma di rispettare la pronuncia ma annuncia che “la sentenza sarà appellata innanzi al Consiglio di Stato”. GLI SVILUPPI Il Coordinamento No Zone Rosse Napoli continua il suo lavoro. La decisione della Prefettura di adottare nuove misure straordinarie relative ad altre zone della città – come lungomare e Coroglio – viene definita dai giuristi una forzatura, che rischia di trasformare Napoli in una città a spazi controllati e libertà ridotti, con provvedimenti eccezionali reiterati che il Tribunale ha già dichiarato illegittimi. Il 5 settembre si è svolta una nuova assemblea a Zero81 (Largo Banchi Nuovi, Napoli) per denunciare – si legge nel comunicato diffuso sul profilo Instagram @nozonerosse.napoli – l’uso distorto dei poteri prefettizi, l’assenza di trasparenza nelle ordinanze e per riaffermare che la sicurezza urbana non si costruisce con zone rosse, ma con politiche sociali, partecipazione democratica e cura dei territori. Il Coordinamento rivolge anche un appello al sindaco Gaetano Manfredi: chiarire se intenda governare una città aperta, inclusiva e rispettosa della Costituzione o condividere logiche emergenziali che limitano lo spazio pubblico. Il team legale annuncia nuove impugnazioni: “La Costituzione non ammette scorciatoie sui diritti”. ALCUNE RIFLESSIONI Questa vicenda non è solo una questione giuridica per addetti ai lavori: sono in gioco principi fondamentali. Il primo riguarda il rapporto fra Stato e territorio: la sicurezza nello spazio pubblico va garantita, ma nel rispetto dei diritti costituzionali. L’attuazione di regole di convivenza civile non dovrebbe essere affidata alla discrezionalità di poteri straordinari, come accade quando problemi endemici di ordine pubblico vengono affrontati con strumenti emergenziali invece che con politiche sociali mirate. C’è poi il nostro rapporto con la città: come la viviamo? come vengono trattati i bisogni collettivi dalle istituzioni? E i disagi delle categorie più fragili, come le persone a marginalità economica e sociale, o la questione abitativa? Se sicurezza e decoro diventano le uniche priorità, la città rischia di essere trattata come un luogo da abbellire, dimenticando che – soprattutto a Napoli, come ricorda l’UNESCO – il vero patrimonio è rappresentato dalle persone che la abitano. -------------------------------------------------------------------------------- FONTI * Prefettura di Napoli – Esiti controlli zone rosse, 31/0 * Fanpage, 30 luglio 2025 * Corriere del Mezzogiorno , 16 aprile 2025 (articolo di Alberto Lucarelli) Redazione Napoli
Immobili in affitto sempre più piccoli e a prezzi sempre maggiori
I canoni di affitto crescono ancora del 6,6% annuo e la superficie media scende da 85 a 80 mq, mentre il canone medio è salito a 1.020 €/mese. Le differenze territoriali risultano marcate, nel Centro i canoni crescono più rapidamente e l’accessibilità è ai minimi storici per le famiglie bi-reddito. Per le famiglie mono-reddito l’accessibilità continua a peggiorare, mentre in alcuni grandi centri (Napoli e Bologna) si intravedono segnali di miglioramento. Sono gli ultimi dati resi disponibili da Immobiliare.it Insights. Dati che confermano che sempre meno persone possono permettersi gli immobili in offerta in affitto sul mercato, il che pone un freno all’aumento del canone che i proprietari possono richiedere. “Oggi, sottolinea Immobiliare.it, il costo medio di un affitto mensile in Italia è di 1.020€, con una superficie abitativa media di circa 80 mq. Confrontando i valori con l’inizio del 2024, il canone medio è aumentato del 6,4%, mentre la superficie media è diminuita in misura simile, passando da circa 85 mq agli attuali 80. Questo significa che le case in affitto sono mediamente più piccole e più costose rispetto all’anno scorso. Il quadro che ne emerge è quello di un mercato degli affitti che, pur mostrando alcuni segnali favorevoli per gli inquilini, continua a essere segnato da prezzi elevati e da una crescente difficoltà di accesso, soprattutto per le fasce di popolazione a reddito medio-basso. Trovare soluzioni abitative adeguate e sostenibili resta quindi ancora complesso”. L’aumento dei prezzi in tutte le aree del Paese ha comportato una riduzione dell’accessibilità agli affitti, sia per i singoli che per le coppie. L’area meno accessibile per le coppie risulta essere il Centro, dove una famiglia di due persone può permettersi meno della metà delle abitazioni disponibili in affitto. È proprio il Centro a registrare anche il peggioramento più marcato nell’ultimo anno, con un calo di 6,2 punti percentuali nella quota di abitazioni accessibili alle famiglie bi-reddito. Al contrario, le Isole rappresentano l’area con la maggiore accessibilità: qui, una coppia è in grado di sostenere agevolmente il canone del 68% delle soluzioni presenti sul mercato. In tutte le 12 grandi città italiane il canone unitario medio cresce comunque rispetto all’anno scorso, mentre Milano, in linea con il 1° trimestre 2025, continua a registrare leggere diminuzioni: -0,9%. Nelle città di Palermo, Catania, Torino, Roma, Genova, Bari e Venezia si sono registrare variazioni superiori alla media italiana, con le ultime 4 che hanno registrato variazioni superiori al 10%. Milano, Firenze e Roma restano in cima alla classifica per i canoni unitari più elevati, mentre Palermo, Catania e Genova chiudono la graduatoria, nonostante gli aumenti significativi registrati negli ultimi trimestri. Tra le tre città che Immobiliare.it mette sul podio, Roma è l’unica a mostrare un tasso di crescita ancora in aumento, anche se nell’ultimo periodo il tasso subisce una lieve flessione. A differenza della capitale, Milano ha iniziato a rallentare già dalla fine del 2023, fino a registrare variazioni negative dall’inizio del 2025. Firenze mostra una dinamica simile a quella milanese: i canoni continuano a crescere, ma con un ritmo sempre più contenuto a partire dal 2024. E secondo le previsioni di Immobiliare.it Insights, nel corso del prossimo anno il canone unitario medio in Italia continuerà a crescere a un ritmo sostenuto, con un aumento dell’8,4% rispetto ai valori attuali. Si tratta di una variazione percentuale superiore a quella attesa nei grandi comuni, dove i canoni continueranno sì ad aumentare, ma con tassi inferiori alla media nazionale. Tra le città, la crescita più marcata è prevista a Palermo, con un incremento dell’8,0%, che porterà il canone a 9,9 €/mq. Al contrario, Verona registrerà la crescita più contenuta: da 12,2 €/mq attuali a 12,6 €/mq nel secondo trimestre del 2026, pari a un aumento del 3,0%. L’Unione Degli Universitari – UDU commenta con amarezza e rabbia questi dati: “L’ultimo rapporto di Immobiliare.it Insights conferma ciò che l’UDU denuncia da anni: il caro affitti per gli studenti universitari è fuori controllo. Nel 2025, a fronte di una domanda stabile, i prezzi delle camere singole sono passati da una media di 461€ a 613€ in un anno: +152 euro al mese, frutto di pura speculazione resa possibile dall’assenza di politiche abitative. Il Governo ha sprecato i fondi del PNRR in studentati privati di lusso, inutili per la maggior parte degli studenti. Lo avevamo detto: è tutto sbagliato. Intanto il Ministro Salvini ignora l’emergenza e si concentra sul Ponte sullo Stretto, mentre le città universitarie affondano sotto il peso degli affitti.” Qui per approfondire i dati di Immobiliare.it Insights: https://www.immobiliare.it/news/osservatorio-immobiliare/report-immobiliari/lofferta-di-affitti-continua-ad-aumentare-i-canoni-crescono-66-annuo-ma-meno-degli-anni-precedenti-384477/. Giovanni Caprio
78° Festival del cinema di Locarno. Dal nucleare iraniano al diritto alla casa, tra finzione e realtà. Seconda parte
Come spiegato nell’articolo precedente, tra i film che mi hanno positivamente colpito nei giorni che ho trascorso al Festival, ho scelto di presentare qui due produzioni che affrontano problematiche attuali attraverso una storia di fantasia. Oggi scrivo di un film d’animazione. Olivia y el terratremol invisibile (Olivia e il terremoto invisibile), della regista spagnola Irene Borra, coproduzione Belgio, Cile, Spagna, Francia e Svizzera, è un film destinato ai bambini, ma assolutamente adatto anche agli adulti, perché affronta un tema attualissimo in tutte le grandi città europee e non solo: la casa, l’abitare. Quando la famiglia viene sfrattata, la vita di Olivia, 12 anni, crolla. Con la madre Ingrid e il fratellino Tim è costretta a occupare un appartamento. Decide così di convincere Tim che è tutto solo un film di cui loro sono gli interpreti principali; in un film tutto è permesso, anche quello che non dovrebbe verificarsi nella realtà. Quando la situazione diventa difficile Tim chiede alla sorella di uscire dal film e di tornare alla vita reale; gli viene spiegato che quello che sta vivendo è purtroppo tutto vero, ma il bambino non riesce ad accettare che la realtà possa superare la fantasia che già gli appariva insopportabile. Una storia dura, raccontata nella sua crudezza ma sempre con delicatezza e con gli occhi e le parole dei bambini, i cui comportamenti sono descritti in tutte le loro contraddizioni: accoglienza, discriminazione e solidarietà si susseguono nel tempo in un’evoluzione segnata dall’innocenza di un’età non ancora (almeno non ancora completamente) soggiogata dai valori del potere e del denaro. La solidarietà che si sviluppa tra le famiglie povere che abitano la casa occupata fa da contrasto all’indifferenza dell’ambiente nel quale viveva precedentemente la famiglia di Olivia. Anche in questo caso, il film mostra una realtà ma non colpevolizza, non giudica e in tal modo non allontana a priori una parte del potenziale pubblico, che comunque è condotto per mano a guardare con i suoi occhi l’ingiustizia che si realizza. Un’ingiustizia che man mano che la storia procede passa da una dimensione individuale a una collettiva. Buona l’idea di spiegare, brevemente e con immagini eloquenti, come vivono in Africa, il ruolo della famiglia allargata e della comunità come contenitore sociale anche in sostituzione di un welfare inesistente. Welfare che è invece rappresentato nella città di Olivia da un assistente sociale presente e disponibile, ma succube di regolamenti e prescrizioni incapaci di rispondere a una lettura complessiva dei bisogni. Bisogni qui rappresentati dalla storia di una famiglia autoctona e nella quale quindi molti possono riconoscersi, che incontra gli immigrati in una condivisione inaspettata della propria condizione catapultando adulti e bambini in realtà meticce, quartiere, casa, scuola, molto diverse da quella di provenienza. Un incontro probabilmente imprevisto e inaspettato. Ogni volta che la situazione precipita, che le difficoltà sembrano insormontabili Olivia ha la sensazione di un terremoto destinato a porre la parola fine, ma proprio da questa sensazione terrificante la bambina trova la forza per risalire la china e affrontare le difficoltà; la conclusione non potrà che essere frutto di un’azione corale. Un film attualissimo, pensiamo solo al recente scandalo milanese o alla lotta per la casa che da anni si svolge a Barcellona; non a caso è la città dove lavora la regista e che ha portato nel 2015 Ada Colau, attivista della campagna Stop desahucios (“Stop sfratti”) a diventare sindaca. Un film da vedere insieme a figli e nipoti.   Vittorio Agnoletto
Verona, chiuso il “Ghibellin Fuggiasco”, ma la lotta per il diritto alla casa non si ferma
Lo stabile che dopo oltre 30 anni di abbandono è stato recuperato dal Paratod@s per dare ospitalità e persone senza fissa dimora è stato chiuso dall’associazione stessa dopo quattro anni di occupazione. Nel settembre 2024 era stato annunciato dal Laboratorio Autogestito Paratod@s che lo stabile occupato durante l’inverno del 2021 sarebbe stato chiuso entro breve in quanto non persistevano più le condizioni di sicurezza e di dignità per le persone che ci vivevano. La struttura, nonostante l’auto-recupero e la manutenzione ordinaria eseguita dal Paratod@s in quattro anni di occupazione, era segnato dagli oltre 30 anni di abbandono da parte della proprietà. La storia del Ghibellin Fuggiasco Il Ghibellin Fuggiasco (il nome gli verrà affibiato dal Paratod@s stesso in un secondo momento) era uno stabile vuoto, in completo stato di abbandono da decenni, pieno di sporcizia e degrado. Il Paratod@s, per cercare di dare una risposta emergenziale a una decina di persone costrette a dormire in strada, decide di occuparlo. Era l’inizio del 2021, giorni di particolare freddo a Verona e dormire in strada poteva significare morire assiderati. Quell’occupazione fatta in sordina doveva rispondere a un’emergenza legata appunto al freddo invernale, nella speranza che le persone ospitate trovassero quanto prima una sistemazione più stabile e dignitosa, riuscendo a prendere in affitto una stanza, ad accedere ai dormitori o ad altri sistemi di accoglienza per le persone senza fissa dimora. Passano le settimane e i mesi, l’inverno svanisce, ma per queste persone non sembrava esserci una soluzione. La ricerca di una stanza in affitto era sbarrata per due motivi principali: Per motivi economici, perché, nonostante fossero tutti lavoratori, i loro contratti erano estremamente precari, con rinnovi mensili e con paghe misere che non davano la possibilità di prendere in affitto nemmeno un posto letto in una camera doppia, dati i prezzi sempre più in crescita in una città a forte vocazione turistica come quella di Verona. Ma c’era una altro fattore che impediva a queste persone di trovare una casa: il razzismo. Sono state numerose le volte che sia gli abitanti della casa occupata, sia le persone del Paratod@s che supportavano i ragazzi nella ricerca, si sono sentiti rispondere che i proprietari di casa non avevano intenzione di affittare a persone di colore, soprattutto se africane. Da qui nasce quella che può essere definita la lotta principale del collettivo del Laboratorio Autogestito Paratod@s: la lotta per il diritto alla casa. Il cortile del Ghibellin Fuggisco dopo la tinteggiatura È in quei mesi, nell’enorme difficoltà di trovare una casa, una stanza, un posto letto, che si prende atto e contezza che la casa, nonostante sia un bene primario che permette alle persone di viverci, dormire, ripararsi dal freddo o dal caldo al termine di una giornata di lavoro, sia diventata un bene di lusso. Un bene che, nel concetto di mercato liberale, stava escludendo le persone meno abbienti. Un fenomeno che con il passare del tempo non ha interessato solo persone prive di lavoro, ma anche lavoratori e lavoratrici, genitori divorziati, studenti e studentesse fuori sede che non potendosi permettersi un posto letto esoso si vedevano negato anche il diritto allo studio. È così che l’occupazione da nascosta diventa pubblica. Un lotta pubblica per cercare di sensibilizzare istituzioni, cittadini e cittadine sul fatto che il diritto alla casa stava venendo sempre meno e che le logiche di profitto associate ad un bene così vitale stavano annientando la dignità, e in alcuni casi, la vita, di quelle persone che questa società mette sempre più ai margini. Alla casa abbandonata viene dato quindi il nome Ghibellin Fuggiasco, rievocando il Dante rifugiato, vengono aperte le finestre fino a quel momento tappezzate e viene ridipinta di un celeste vivace che prende il posto del grigio, delle scrostature e dei segni di anni e anni di abbandono. Nei luoghi di lavoro, nei campi, nei cantieri, nei magazzino della logistica, la voce si sparge e chi è costretto a dormire in strada vede nel Ghibellin Fuggiasco una possibile casa in cui poter dormire alla fine di una dura giornata di lavoro. E così, la casa occupata che inizialmente ospitava una decina di persone inizia a ospitarne sempre di più. Il Ghibellin Fuggiasco diventa quindi una comunità che in oltre quattro anni di occupazione ha ospitato più di 150 persone, una comunità che ha dato da dormire a 52 persone in contemporanea, sintomo di un’emergenza abitativa allarmante. Una comunità che ha preso parola ed ha iniziato a lottare per il diritto alla casa, a intervenire nelle piazze, durante le manifestazioni, ma anche nei luoghi istituzionali, perché la lotta per la casa passa da tutti questi luoghi, mettendoci i corpi, i volti e parole. Azione dimostrativa fuori dal Comune di Verona per il diritto alla casa La lotta tramite il Ghibellin Fuggiasco non ha di certo portato a una vittoria universale del diritto alla casa, ma ha comunque il merito di aver messo il tema dell’emergenza abitativa al centro del dibattito politico cittadino, una cosa non da poco in una città ricca e ben pettinata, che ignora un problema che riguarda una fetta di popolazione sempre più ampia. Un problema che ora non si può più ignorare. Trascorsi quattro anni da quel freddo inverno del 2021, il 10 maggio scorso Il Ghibellin Fuggiasco viene chiuso per i motivi di cui abbiamo già parlato. Smette così di vivere un luogo pulsante, un luogo che è stato una casa per oltre 150 persone, un luogo di aggregazione anche per chi in quella casa non ci viveva ma che ci trovava uno spazio di socialità, di chiacchiere e un thè da prendere attorno ad una stufa accesa o nel cortile esterno, spazi umani che una società cinica vuole distruggere nell’indifferenza più totale. Anche questo è stato il Ghibellin Fuggiasco. I numeri della lotta Grazie alle molte battaglie, presidi, manifestazioni e interazione con le istituzioni, molti dei ragazzi che hanno popolato il Ghibellin Fuggiasco adesso hanno trovato un luogo più dignitoso in cui vivere: 15 persone sono stabilmente ospitate in strutture Caritas attraverso l’intervento del vescovo Pompili, tra dicembre 2023 e gennaio 2024. Altre 22 persone hanno avuto accesso a una casa AGEC grazie alla collaborazione con la cooperativa La Casa degli Immigrati. Su questo punto è doverosa una precisazione, anche in risposta alle illazioni di politici che le hanno accusate di aver scavalcato le liste di attesa per accedere alle case Agec. Nessuna lista è stata scavalcata in queste assegnazioni, in quanto gli appartamenti che oggi ospitano queste 22 persone non erano a norma, non avevano abitabilità e non rientravano nel piano di riatto di Agec. Dunque queste case, già vuote da anni, sarebbero rimaste vuote ancora per molti anni. Il regolamento Agec prevede la possibilità di affido ad associazioni del terzo settore che ne fanno richiesta, a patto che queste si accollino i costi di ristrutturazione per metterle poi in affitto a canone calmierato. Nel caso specifico La Casa degli Immigrati ha destinato questi appartamenti, previo pagamento di un canone di affitto, a persone migranti. Una soluzione questa, come le altre, che dovrebbe quindi rendere la società e, nello specifico gli abitanti della città di Verona, contenti che si sia trovato una soluzione per persone che altrimenti sarebbero state costrette a dormire in strada. Altre cinque persone che abitavano al Ghibellin Fuggiasco hanno trovato posti letto attraverso la collaborazione con la cooperativa La Milonga, anche questi tramite pagamenti di affitto, mentre una persona ha ottenuto un posto letto attraverso i servizi sociali del Comune di Verona. A queste persone che oggi hanno un posto sicuro dove poter vivere, ne vanno aggiunte una trentina che hanno ottenuto la residenza fittizia attraverso il dialogo con l’Ufficio Anagrafe del Comune di Verona e la collaborazione con la rete sportelli sociali. Purtroppo, sei persone sono state escluse da qualunque tipo di percorso e soluzione da parte delle istituzioni, nonostante la pressione esercitata nei mesi successivi, affinché si trovasse una sistemazione. Queste persone a oggi sono senza fissa dimora. Questi sono numeri, ma dietro questi numeri ci sono i nomi, i volti e le storie di quelle persone che, anche se parzialmente, grazie ad una lunga battaglia hanno visto riconoscere un proprio diritto, quella di avere un luogo dignitoso in cui vivere, il diritto alla casa, un diritto che molti danno per scontato e che altri addirittura non riconoscono come tale. Ma è necessario guardare oltre questi numeri, conoscere i nomi dei ragazzi, conoscere i loro volti e le loro tormentate storie di un passato fatto dalla fuga dalla guerra, da una dittatura, dalla fame o banalmente dall’impossibilità di avere un’alternativa. Storie di persone che hanno vissuto l’inferno del lager in Libia, dall’attraversamento di un deserto che è un cimitero a cielo aperto, proprio come il fondale del Mar Mediterraneo. Compagni e compagne di viaggio di molti dei ragazzi che hanno attraversato il Ghibellin Fuggiasco, persone che hanno visto in quella casa fatiscente un luogo a cui aggrapparsi per dare un senso ad una traversata disumana, un luogo da cui provare a ricostruire la propria vita. La denuncia La chiusura della casa rappresenta un’azione necessaria perché il valore della vita umana non è minimamente paragonabile al valore della proprietà privata abbandonata; occupare per necessità non può e non deve essere considerato un reato come lo è oggi. Reato per cui il Laboratorio Autogestito Paratod@s, e non chi abitava nella casa, ha subito una denuncia di cui dovrà rispondere legalmente. Una denuncia per aver recuperato un luogo abbandonato da oltre trent’anni, in completo disuso, pieno di sporcizia, topi e degrado, un luogo a cui è stata ridata una seconda vita, un’occupazione per necessità fatta senza togliere niente a nessuno, se non il rischio igienico sanitario che una struttura in quello stato rischiava di diffondere nell’intera zona. “Il Ghibellin Fuggiasco è forse la dimostrazione che l’azione dal basso di auto-recupero di un edificio abbandonato sia una pratica possibile, realizzabile e necessaria.” Una denuncia per aver dato la possibilità ad oltre 150 persone di avere un luogo in cui ripararsi, ed oggi, dopo lunghe battaglie, una casa in cui vivere con dignità e in completa sicurezza. Tra le persone che hanno vissuto e popolato il Ghibellin Fuggiasco c’era anche Moussa Diarra, il ragazzo maliano di soli 26 anni che è stato ucciso in stazione lo scorso 20 ottobre 2024 da un poliziotto della Polfer. Heraldo
Più di un minore su quattro è a rischio esclusione sociale. E la povertà viene ereditata
Il 14 luglio l’Istat ha pubblicato l’aggiornamento sulle condizioni di vita dei minori di 16 anni, con dati riguardanti il 2024. Accanto a questi dati, sono stati diffusi anche quelli sulla trasmissione intergenerazionale degli svantaggi nei paesi dell’UE, che fanno riferimento all’anno 2023. I numeri attestati destano profonda preoccupazione rispetto […] L'articolo Più di un minore su quattro è a rischio esclusione sociale. E la povertà viene ereditata su Contropiano.
Catania, il dormitorio che (ancora) non c’è
Sappiamo che circa 150 persone vivono in strada nella nostra città. Condizione ovviamente più complicata durante i mesi invernali ed estivi. Sappiamo anche che esistono ‘unità di strada’ che parzialmente fanno fronte ai problemi, ma manca una programmazione coerente da parte delle istituzioni, a partire dal Comune. Da tempo varie associazioni cittadine (sociali, sindacali, di settore) si occupano dei senza tetto e hanno aperto una interlocuzione con l’assessore ai Servizi Sociali, Bruno Brucchieri, coinvolgendo – con diverse lettere e solleciti – il sindaco, il prefetto, e anche l’arcivescovo. Un esempio importante di lavoro comune tra associazioni con sensibilità diverse, e con differenti ambiti di impegno, come Lhive che si occupa prevalentemente di salute o il Sunia che si interessa di disagio abitativo. Tutte hanno messo da parte ogni tentazione di protagonismo per portare avanti un impegno condiviso. Hanno scelto una sigla sotto cui organizzarsi, “Rete in Strada”, e sotto questa sigla troviamo singole associazioni e cittadini ma anche raggruppamenti, come l’OULP, di cui fanno parte Centro Astalli, parrocchia Crocifisso della Buona Morte, Casa della Mercede e altre realtà associative. O come la Rete Restiamo Umani/Incontriamoci, che ha prodotto, tra l’altro, un documento che approfondisce il tema dei corposi finanziamenti ricevuti per i senza tetto dall’ente locale, che li ha gestiti senza alcuna trasparenza. E che, talora non li ha nemmeno spesi tutti, tanto da essere ‘bacchettato’ dall’assessorato regionale. L’Assessore Brucchieri, pur dichiarandosi disponibile al dialogo, non ha di fatto avviato il tavolo di lavoro richiesto dalle associazioni, né provveduto a consegnare la documentazione relativa ai progetti finanziati né a quelli in fase di attuazione. Ma la richiesta più urgente avanzata dalle Associazioni riguarda l’attivazione di un dormitorio pubblico “a bassa soglia”, una struttura che accolga le persone che non sanno dove andare a dormire, garantendo l’accesso a tutti, senza porre regole e condizioni che ne limitino l’ingresso. L’unico requisito richiesto per accedere a un servizio di bassa soglia deve essere, infatti, la maggiore età e l’effettiva necessità di fruirne. A Catania un servizio di questo genere attualmente non esiste, l’unico dormitorio pubblico esistente in città, peraltro inaugurato con un certo clamore neanche due anni addietro, è stato chiuso a fine gennaio, in piena emergenza freddo. Un nuovo centro, per lo più diurno ma anche notturno, è stato oggetto di un bando, concluso da mesi ma su cui mancano precise informazioni e di cui non è stato ancora firmato il contratto di appalto. Di bassa soglia, comunque, in questo bando non si parla proprio. E’ inevitabile temere, quindi, che l’accesso non verrà garantito a tutti e che verranno individuati criteri per selezionare coloro che potranno usufruire del servizio. Una scelta decisamente infelice se teniamo conto della estrema fragilità delle persone interessate. Un ulteriore motivo per ritenere inadeguato un bando che, per l’accoglienza notturna, prevede solo trenta posti letto, 12 per le donne e 18 per gli uomini. Un numero assolutamente inadeguato rispetto a quello delle persone che vivono in strada. Anche di questo ha parlato martedì 15 luglio la delegazione ricevuta dall’assessore mentre, sotto gli archi della marina, di fronte all’assessorato, una cinquantina di manifestanti davano vita a un flash mob, con materassi e cartoni poggiati per terra per simulare le condizioni di vita dei senza fissa dimora. Cartelloni esplicativi denunciavano, contestualmente, la drammaticità delle situazioni vissute dai senza tetto. L’assessore ha cercato di rassicurare sul fatto che, nonostante nel bando non se ne faccia parola, il nuovo centro sarà effettivamente a bassa soglia. In attesa della realizzazione della struttura, che dovrebbe essere collocata in via Stazzone, Brucchieri – “visto che l’emergenza è qui e ora” – ha accettato di dialogare con le associazioni (senza dar vita ad un tavolo di lavoro, ha precisato) per confrontarsi sui temi più urgenti e rilevanti e sulla praticabilità (sociale e finanziaria) degli interventi nel breve periodo. ‘Rete in Strada’ non molla. E’ in campo da mesi ed è decisa a far sì che su questi temi si cambi passo, in tempi brevi e in modo radicale. Leggi anche Senza tetto, una pioggia di soldi e nessuna trasparenza e Dormitori a Catania, aperto un confronto con il Comune. Ma la strada è in salita e il nuovo bando inadeguato Redazione Sicilia
Napoli: aggressione camorristica e diritto alla casa
A seguito dell’aggressione delinquenziale consumata nel quartiere popolare di Secondigliano a Napoli, pubblichiamo i comunicati di Potere al Popolo Napoli, dell’esecutivo confederale campano dell’USB e del Presidente della VIII Municipalità, Nicola Nardella. *** AL FIANCO DELLA FAMIGLIA LOPRESTO. PER AFFERMARE IL DIRITTO ALL’ABITARE NEI QUARTIERI POPOLARI E IN TUTTA LA […] L'articolo Napoli: aggressione camorristica e diritto alla casa su Contropiano.
Sgomberata a Milano l’ex ASL occupata di via Brenta 41
Stamattina alle ore 8.30 è avvenuto lo sgombero da parte delle forze dell’ordine della nostra occupazione in viale Brenta 41 a Milano. Decine di famiglie, bambini, lavoratori e lavoratrici immigrati/e vengono rigettati per strada in queste settimane di allerta meteo per caldo e temporali. Da anni la Rete Ci Siamo porta avanti una lotta che pone al centro dei suoi obiettivi la casa e i documenti per migliaia di lavoratori immigrati, sfruttati e marginalizzati da questa città. La colpevole indifferenza del Comune è stata forzatamente allentata solamente grazie alla prosecuzione della nostra lotta, ma la soluzione che ci viene proposta è ridicola:  soggiorno emergenziale nella “casa di accoglienza” Enzo Jannacci di viale Ortles, struttura con condizioni disagevoli e non emancipatorie, ma basata su disciplina, controllo costante e assenza di miglioramento della vita di chi la attraversa. L’occupazione di Brenta 41 nasce proprio dalla necessità di dare una risposta abitativa e di lotta di fronte a questo insulto di proposta, che avrebbe separato le famiglie, ignorato i bisogni materiali dei lavoratori e costretto decine di bambini a un ambiente non idoneo. Lo sgombero di questa mattina avviene, da quanto ci risulta, su richiesta e pressione del Comune di Milano, in un clima di totale militarizzazione del quartiere, chiudendo due fermate della metro, bloccando parzialmente il transito normale delle persone, gestendo il problema abitativo come una questione di ordine pubblico. Lo stesso Comune che propone alle persone presenti stamane nella struttura sgomberata un ingresso temporaneo di 10 giorni nella struttura emergenziale di viale Ortles, mentre tutti gli altri vengono direzionati, nuovamente, al centro Sammartini, dove non potranno fare altro che ricominciare le infinite procedure per (non) ottenere una casa. In questo momento, in cui il governo sta aumentando il clima autoritario dando un giro di vite alla repressione di tutte le lotte portate avanti nel nostro Paese, la giunta guidata da PD e AVS del Comune di Milano forza l’ennesimo sgombero abitativo in città, coerentemente con la posizione di tutela degli speculatori privati e dei loro interessi.  Ricordiamo infatti come questa giunta porti avanti decreti appositi come il SalvaMilano per mantenere la propria politica a favore di questi soggetti. È chiaro a tutti che di fronte alla gestione delle problematiche sociali e politiche, governo e opposizioni si muovano concordi nella difesa dello Stato borghese e dei suoi interessi. Vengono perciò, ancora una volta, lasciate per strada famiglie con bambini e lavoratori necessari all’economia milanese, mentre vengono difesi con la forza gli interessi privati e “pubblici” di chi aveva progetti sulla palazzina di Brenta, fermi da anni, ma che proprio oggi era necessario riavviare. Noi non ci fermeremo finché non verrà avanzata una proposta dignitosa. La nostra lotta per l’emancipazione prosegue. Oggi pomeriggio alle ore 18.30 in piazzale Gabrio Rosa rilanciamo un’assemblea pubblica rivolta a tutti e tutte. Rete Ci Siamo Redazione Milano
BRESCIA: GIORNATA DI MOBILITAZIONE STRAORDINARIA CONTRO GLI SFRATTI E PER IL DIRITTO ALLA CASA
Attiviste e attivisti dell’associazione Diritti per tutti, insieme a Centro Sociale Magazzino 47, Collettivo Onda Studentesca, Collettivo Gardesano Autonomo, hanno lanciato per giovedì 3 luglio 2025 una giornata di mobilitazione straordinaria contro gli sfratti e per il diritto alla casa. Sono infatti ben quattro gli appuntamenti per impedire lo sfratto di altrettanti nuclei nella città di Brescia e nello stesso giorno. Negli ultimi anni, pur essendo diminuto il numero degli sfratti in città e provincia, permane il problema di chi resta senza un’abitazione “e in certi casi diventa anche più difficile da risolvere”, ha detto nei nostri studi Umberto Gobbi dell’Associazione Diritti per tutti. Aumentano infatti gli sfratti per finita locazione. E’ il caso ad esempio di famiglie con reddito e in regola con il pagamento dell’affitto che vengono “cacciate di casa perché la proprietà intende sfruttare per finalità più redditizie il proprio alloggio e quindi magari sfratta una famiglia con una locazione normale per poi fare gli affitti brevi turistici”. Un fenomeno aumentato esponenzialmente non solo nelle “tradizionali” destinazioni turistiche come il lago di Garda, ma anche nella città di Brescia. Oggi il settore privato offre pochissimi appartamenti in affitto e tanti nuclei familiari, anche con contratto a tempo determinato e quindi con capacità reddituale, non trovano assolutamente un altro alloggio quando il contratto scade e non viene rinnovato. L’offerta pubblica invece è largamente insufficiente. Per esempio nella città di Brescia, l’ultimo bando per alloggi pubblici ha messo a disposizione 52 appartamenti a fronte di circa 1000 domande, “significa che un nucleo familiare su 20 potrà avere le chiavi della casa popolare”. Tra questi nuclei familiari, denuncia da tempo l’Associazione Diritti per tutti, “ci sono famiglie con disabili, anziani anche soli” e tantissime altri nuclei familiari senza particolari fragilità ma il cui reddito medio basso non permette di poter avere dei punteggi sufficienti per rientrare nelle graduatorie per le case gestite dal comune di Brescia o dall’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale. Quattro gli accessi degli ufficiali giudiziari nella giornata di giovedì 3 luglio, per l’esattezza a San Polino in via Lucio Fiorentini, in via Albertano da Brescia, nel quartiere del Carmine in vicolo 3 Archi e in via Morosini. Particolarmente attenzionati da attiviste e attivisti per il diritto all’abitare sono lo sfratto previsto in via Albertano da Brescia e in via Morosini, dove “sarà probabilmente presente la polizia ed è quindi richiesta una mobilitazione robusta”. Ai nostri microfoni Umberto Gobbi, dell’Asssociazione Diritti per tutti. Ascolta o scarica