Verona, chiuso il “Ghibellin Fuggiasco”, ma la lotta per il diritto alla casa non si fermaLo stabile che dopo oltre 30 anni di abbandono è stato recuperato dal Paratod@s
per dare ospitalità e persone senza fissa dimora è stato chiuso
dall’associazione stessa dopo quattro anni di occupazione.
Nel settembre 2024 era stato annunciato dal Laboratorio Autogestito Paratod@s
che lo stabile occupato durante l’inverno del 2021 sarebbe stato chiuso entro
breve in quanto non persistevano più le condizioni di sicurezza e di dignità per
le persone che ci vivevano. La struttura, nonostante l’auto-recupero e la
manutenzione ordinaria eseguita dal Paratod@s in quattro anni di occupazione,
era segnato dagli oltre 30 anni di abbandono da parte della proprietà.
La storia del Ghibellin Fuggiasco
Il Ghibellin Fuggiasco (il nome gli verrà affibiato dal Paratod@s stesso in un
secondo momento) era uno stabile vuoto, in completo stato di abbandono da
decenni, pieno di sporcizia e degrado. Il Paratod@s, per cercare di dare una
risposta emergenziale a una decina di persone costrette a dormire in
strada, decide di occuparlo. Era l’inizio del 2021, giorni di particolare
freddo a Verona e dormire in strada poteva significare morire assiderati.
Quell’occupazione fatta in sordina doveva rispondere a un’emergenza legata
appunto al freddo invernale, nella speranza che le persone ospitate trovassero
quanto prima una sistemazione più stabile e dignitosa, riuscendo a prendere in
affitto una stanza, ad accedere ai dormitori o ad altri sistemi di accoglienza
per le persone senza fissa dimora.
Passano le settimane e i mesi, l’inverno svanisce, ma per queste persone non
sembrava esserci una soluzione. La ricerca di una stanza in affitto era
sbarrata per due motivi principali: Per motivi economici, perché, nonostante
fossero tutti lavoratori, i loro contratti erano estremamente precari, con
rinnovi mensili e con paghe misere che non davano la possibilità di prendere in
affitto nemmeno un posto letto in una camera doppia, dati i prezzi sempre più in
crescita in una città a forte vocazione turistica come quella di Verona.
Ma c’era una altro fattore che impediva a queste persone di trovare una casa: il
razzismo. Sono state numerose le volte che sia gli abitanti della casa occupata,
sia le persone del Paratod@s che supportavano i ragazzi nella ricerca, si sono
sentiti rispondere che i proprietari di casa non avevano intenzione di affittare
a persone di colore, soprattutto se africane.
Da qui nasce quella che può essere definita la lotta principale del collettivo
del Laboratorio Autogestito Paratod@s: la lotta per il diritto alla casa.
Il cortile del Ghibellin Fuggisco dopo la tinteggiatura
È in quei mesi, nell’enorme difficoltà di trovare una casa, una stanza, un posto
letto, che si prende atto e contezza che la casa, nonostante sia un bene
primario che permette alle persone di viverci, dormire, ripararsi dal freddo o
dal caldo al termine di una giornata di lavoro, sia diventata un bene di lusso.
Un bene che, nel concetto di mercato liberale, stava escludendo le persone meno
abbienti. Un fenomeno che con il passare del tempo non ha interessato solo
persone prive di lavoro, ma anche lavoratori e lavoratrici, genitori divorziati,
studenti e studentesse fuori sede che non potendosi permettersi un posto letto
esoso si vedevano negato anche il diritto allo studio.
È così che l’occupazione da nascosta diventa pubblica. Un lotta pubblica per
cercare di sensibilizzare istituzioni, cittadini e cittadine sul fatto che il
diritto alla casa stava venendo sempre meno e che le logiche di profitto
associate ad un bene così vitale stavano annientando la dignità, e in alcuni
casi, la vita, di quelle persone che questa società mette sempre più ai margini.
Alla casa abbandonata viene dato quindi il nome Ghibellin Fuggiasco, rievocando
il Dante rifugiato, vengono aperte le finestre fino a quel momento tappezzate e
viene ridipinta di un celeste vivace che prende il posto del grigio, delle
scrostature e dei segni di anni e anni di abbandono.
Nei luoghi di lavoro, nei campi, nei cantieri, nei magazzino della logistica, la
voce si sparge e chi è costretto a dormire in strada vede nel Ghibellin
Fuggiasco una possibile casa in cui poter dormire alla fine di una dura giornata
di lavoro. E così, la casa occupata che inizialmente ospitava una decina di
persone inizia a ospitarne sempre di più.
Il Ghibellin Fuggiasco diventa quindi una comunità che in oltre quattro anni di
occupazione ha ospitato più di 150 persone, una comunità che ha dato da dormire
a 52 persone in contemporanea, sintomo di un’emergenza abitativa allarmante. Una
comunità che ha preso parola ed ha iniziato a lottare per il diritto alla casa,
a intervenire nelle piazze, durante le manifestazioni, ma anche nei luoghi
istituzionali, perché la lotta per la casa passa da tutti questi luoghi,
mettendoci i corpi, i volti e parole.
Azione dimostrativa fuori dal Comune di Verona per il diritto alla casa
La lotta tramite il Ghibellin Fuggiasco non ha di certo portato a una vittoria
universale del diritto alla casa, ma ha comunque il merito di aver messo il tema
dell’emergenza abitativa al centro del dibattito politico cittadino, una cosa
non da poco in una città ricca e ben pettinata, che ignora un problema che
riguarda una fetta di popolazione sempre più ampia. Un problema che ora non si
può più ignorare.
Trascorsi quattro anni da quel freddo inverno del 2021, il 10 maggio scorso Il
Ghibellin Fuggiasco viene chiuso per i motivi di cui abbiamo già parlato. Smette
così di vivere un luogo pulsante, un luogo che è stato una casa per oltre 150
persone, un luogo di aggregazione anche per chi in quella casa non ci viveva ma
che ci trovava uno spazio di socialità, di chiacchiere e un thè da prendere
attorno ad una stufa accesa o nel cortile esterno, spazi umani che una società
cinica vuole distruggere nell’indifferenza più totale. Anche questo è stato il
Ghibellin Fuggiasco.
I numeri della lotta
Grazie alle molte battaglie, presidi, manifestazioni e interazione con le
istituzioni, molti dei ragazzi che hanno popolato il Ghibellin Fuggiasco adesso
hanno trovato un luogo più dignitoso in cui vivere: 15 persone sono stabilmente
ospitate in strutture Caritas attraverso l’intervento del vescovo Pompili, tra
dicembre 2023 e gennaio 2024. Altre 22 persone hanno avuto accesso a una casa
AGEC grazie alla collaborazione con la cooperativa La Casa degli Immigrati. Su
questo punto è doverosa una precisazione, anche in risposta alle illazioni di
politici che le hanno accusate di aver scavalcato le liste di attesa per
accedere alle case Agec. Nessuna lista è stata scavalcata in queste
assegnazioni, in quanto gli appartamenti che oggi ospitano queste 22 persone non
erano a norma, non avevano abitabilità e non rientravano nel piano di riatto di
Agec.
Dunque queste case, già vuote da anni, sarebbero rimaste vuote ancora per molti
anni. Il regolamento Agec prevede la possibilità di affido ad associazioni del
terzo settore che ne fanno richiesta, a patto che queste si accollino i costi di
ristrutturazione per metterle poi in affitto a canone calmierato.
Nel caso specifico La Casa degli Immigrati ha destinato questi appartamenti,
previo pagamento di un canone di affitto, a persone migranti. Una soluzione
questa, come le altre, che dovrebbe quindi rendere la società e, nello specifico
gli abitanti della città di Verona, contenti che si sia trovato una soluzione
per persone che altrimenti sarebbero state costrette a dormire in strada.
Altre cinque persone che abitavano al Ghibellin Fuggiasco hanno trovato posti
letto attraverso la collaborazione con la cooperativa La Milonga, anche questi
tramite pagamenti di affitto, mentre una persona ha ottenuto un posto letto
attraverso i servizi sociali del Comune di Verona.
A queste persone che oggi hanno un posto sicuro dove poter vivere, ne vanno
aggiunte una trentina che hanno ottenuto la residenza fittizia attraverso il
dialogo con l’Ufficio Anagrafe del Comune di Verona e la collaborazione con la
rete sportelli sociali.
Purtroppo, sei persone sono state escluse da qualunque tipo di percorso e
soluzione da parte delle istituzioni, nonostante la pressione esercitata nei
mesi successivi, affinché si trovasse una sistemazione. Queste persone a oggi
sono senza fissa dimora.
Questi sono numeri, ma dietro questi numeri ci sono i nomi, i volti e le storie
di quelle persone che, anche se parzialmente, grazie ad una lunga battaglia
hanno visto riconoscere un proprio diritto, quella di avere un luogo dignitoso
in cui vivere, il diritto alla casa, un diritto che molti danno per scontato e
che altri addirittura non riconoscono come tale.
Ma è necessario guardare oltre questi numeri, conoscere i nomi dei ragazzi,
conoscere i loro volti e le loro tormentate storie di un passato fatto dalla
fuga dalla guerra, da una dittatura, dalla fame o banalmente dall’impossibilità
di avere un’alternativa. Storie di persone che hanno vissuto l’inferno del lager
in Libia, dall’attraversamento di un deserto che è un cimitero a cielo aperto,
proprio come il fondale del Mar Mediterraneo. Compagni e compagne di viaggio di
molti dei ragazzi che hanno attraversato il Ghibellin Fuggiasco, persone che
hanno visto in quella casa fatiscente un luogo a cui aggrapparsi per dare un
senso ad una traversata disumana, un luogo da cui provare a ricostruire la
propria vita.
La denuncia
La chiusura della casa rappresenta un’azione necessaria perché il valore della
vita umana non è minimamente paragonabile al valore della proprietà privata
abbandonata; occupare per necessità non può e non deve essere considerato un
reato come lo è oggi.
Reato per cui il Laboratorio Autogestito Paratod@s, e non chi abitava nella
casa, ha subito una denuncia di cui dovrà rispondere legalmente. Una denuncia
per aver recuperato un luogo abbandonato da oltre trent’anni, in completo
disuso, pieno di sporcizia, topi e degrado, un luogo a cui è stata ridata una
seconda vita, un’occupazione per necessità fatta senza togliere niente a
nessuno, se non il rischio igienico sanitario che una struttura in quello stato
rischiava di diffondere nell’intera zona.
“Il Ghibellin Fuggiasco è forse la dimostrazione che l’azione dal basso di
auto-recupero di un edificio abbandonato sia una pratica possibile, realizzabile
e necessaria.”
Una denuncia per aver dato la possibilità ad oltre 150 persone di avere un luogo
in cui ripararsi, ed oggi, dopo lunghe battaglie, una casa in cui vivere con
dignità e in completa sicurezza.
Tra le persone che hanno vissuto e popolato il Ghibellin Fuggiasco c’era
anche Moussa Diarra, il ragazzo maliano di soli 26 anni che è stato ucciso in
stazione lo scorso 20 ottobre 2024 da un poliziotto della Polfer.
Heraldo