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“Gaza sta bruciando: scendi in piazza” Imponente mobilitazione a Napoli contro il genocidio in Palestina
In migliaia hanno sfilato da Piazza del Gesù a Piazza Municipio per chiedere la rottura dei rapporti con Israele, sanzioni ed embargo totale. Una mobilitazione pacifica e partecipata, in contemporanea con molte altre città italiane. In piazza ieri, 16 settembre, in simultanea a Roma, Milano, Napoli e in numerose altre città d’Italia, si sono svolte mobilitazioni a partire dalle ore 18. Migliaia di persone sono scese in strada per chiedere al governo di interrompere tutti i rapporti istituzionali, diplomatici ed economici con Israele e di attuare sanzioni ed embargo totale. «L’ONU ha riconosciuto che le azioni di Israele a Gaza costituiscono a tutti gli effetti genocidio. Da ieri è iniziata l’operazione di terra: i carri armati sono entrati a Gaza City per ridurre in polvere una città che già è un ammasso di macerie. È cominciata la “soluzione finale”», denunciano gli organizzatori della manifestazione di Napoli: l’UDAP – Unione Democratica Arabo Palestinese, la Rete di tutte le Comunità Palestinesi e il Centro Culturale Handala Alì. «Si sta compiendo sotto gli occhi del mondo un’operazione atroce di conquista coloniale e di sterminio di un popolo. Non possono più bastare le generiche dichiarazioni di contrarietà all’offensiva di terra: è il momento di fare chiarezza nei confronti degli italiani. Da che parte sta il governo? Dalla parte del diritto internazionale e della Costituzione, oppure dalla parte del genocidio?» chiediamo con fermezza i referenti del Movimento Globale a Gaza Campania. «È il momento della mobilitazione totale». E Napoli ha risposto con una partecipazione imponente. «Napoli lo sa da che parte sta: Palestina libera!» è stato l’urlo potente che si è alzato da Piazza del Gesù, una voce corale di solidarietà, di protesta ma anche di speranza, pensando alla missione della Global Flotilla in queste ore. Comunità palestinesi, Centro Culturale Handala Alì, Global Flotilla di Terra Campania, sindacati, organizzazioni territoriali, ANPI, collettivi studenteschi, centri sociali, attivisti, militanti e migliaia di cittadini comuni hanno invaso la piazza. Una mobilitazione coordinata in vista della grande manifestazione del 4 ottobre a Roma e dello sciopero generale indetto dai sindacati di base USB e CALP per il 22 settembre, che interesserà anche il blocco del porto di Napoli, delle ferrovie, degli aeroporti e delle università, con presidi in tutte le città italiane. Sugli striscioni campeggiava la scritta: «Bloccheremo tutto». Il corteo, numeroso ma assolutamente pacifico, è partito da Piazza del Gesù sfilando lungo via Monteoliveto e via Medina fino a Piazza Municipio. Una folla immensa, come da tempo non si vedeva, ha riempito le strade con bandiere, cartelloni e slogan. Donne, uomini e bambini – tantissimi, tenuti per mano dalle loro madri – hanno camminato insieme in un clima di forte emozione. Alle 17.30 Piazza del Gesù era già gremita. Le bandiere della Palestina sventolavano insieme ad altri simboli. L’atmosfera si è caricata di rabbia, dolore ma anche di tanta speranza. «Gaza resiste, la Palestina esiste!» è stato lo slogan più gridato. Piazza del Gesù si è trasformata in un simbolo di resistenza. Sumud è la parola che accompagna la missione umanitaria, e sumud – resistenza e resilienza – è quella che il popolo palestinese continua a praticare. «La resistenza resiste! Gli interessi economici e geopolitici non possono valere più delle vite umane», ha gridato un ragazzo al megafono. Il coro collettivo ha accompagnato l’intero percorso, con slogan scanditi in italiano e in arabo. Lungo il tragitto altre persone si sono aggiunte, facendo crescere ulteriormente il corteo: quando la testa è arrivata in Piazza Municipio, la coda era ancora all’altezza della Questura. Gli studenti dei collettivi universitari hanno ricordato di aver chiesto al rettore della Federico II di sospendere ogni accordo accademico con le università israeliane: «Purtroppo non c’è stata alcuna risposta, e vogliamo dirlo qui con forza», ha dichiarato un’attivista. In Piazza Municipio i manifestanti si sono seduti a terra e hanno proseguito il presidio. La mobilitazione non si ferma: «Fermare le armi non è reato». A Napoli le iniziative continuano in preparazione dello sciopero generale di lunedì 22 settembre. – Oggi, 17 settembre: assemblea pubblica alle ore 18 al Parco Ventaglieri a Montesanto. – Giovedì 18 settembre: assemblea pubblica alle ore 17 al Centro Sociale “Carlo Giuliani” in via Rossarol. – Venerdì 19 settembre: manifestazione regionale indetta dalla CGIL alle ore 17.30 a Piazza del Gesù. – Lunedì 22 settembre: sciopero generale. Redazione Napoli
Eirenefest Napoli 2025 – Festival del Libro per la Pace e la Nonviolenza
Locandina Eirenefest Napoli, 19 – 20 – 26 settembre 2025 La Libreria IoCiSto e il Presidio Permanente di Pace ospitano per la prima volta a Napoli l’edizione locale di Eirenefest, il Festival del Libro per la Pace e la Nonviolenza, nato a Roma e oggi diffuso in diverse città italiane. Tre giornate – 19, 20 e 26 settembre – per riflettere insieme sul valore della parola e del libro come strumenti di dialogo, costruzione e disarmo, in un tempo segnato da guerre, conflitti e violenze. La pace è un cantiere aperto: Eirenefest porta a Napoli scrittori, attivisti, psicoanalisti, docenti, giornalisti e religiosi che, attraverso incontri, presentazioni e tavole rotonde, apriranno uno spazio comune di confronto. Il programma Si parte venerdì 19 settembre alla Libreria IoCiSto (via Cimarosa 20, Vomero) con un laboratorio sull’educazione alla cittadinanza globale curato da Pietro Varriale e Serena Correro, seguito da un incontro sulla spiritualità nei tempi contemporanei con Andrea Billau, Vincenzo Musolino e Olivier Turquet. Sempre nella stessa giornata, una tavola rotonda promossa dall’Istituto Italiano di Cultura esplorerà il rapporto tra inconscio, guerra e pace con Roberto Pasanisi e altri ospiti. Nel pomeriggio a uscite nuove editoriali: Con Nome e Cognome di Maria La Bianca (Multimage, 2025) e Con loro come loro di Angela Iantosca (Paoline, 2024). Sabato 20 settembre, sempre alla Libreria IoCiSto, il tema centrale sarà il disarmo nucleare e le campagne civili per la pace in Medio Oriente, con la partecipazione di Alex Zanotelli, Emanuela Bavazzano e Giorgio Ferrari. Seguirà una riflessione sulla nonviolenza attiva tra teoria e Vangelo con Giuliana Martirani e padre Zanotelli. La giornata si chiuderà con la presentazione del romanzo Dugo e le stelle di Francesco Troccoli (L’Asino d’Oro, 2025), introdotto dalla docente Valentina Ripa. Venerdì 26 settembre il festival si sposterà alla Libreria Dante & Descartes (piazza del Gesù Nuovo, 14), con un focus sull’obiezione alla leva militare e sul valore educativo della nonviolenza come antidoto al dominio. Tra gli ospiti Annabella Coiro, Cesare Moreno e Aristide Donadio. In chiusura, la presentazione del libro Logiche del bene contro le guerre (Prospettiva edizioni, 2023) e un aperitivo conviviale presso lo Studio ZEN @arte e benessere. Un festival diffuso Eirenefest Napoli nasce grazie alla collaborazione tra la Libreria IoCiSto, il Presidio Permanente di Pace, il Comitato Pace e Disarmo e numerose realtà locali, con il sostegno del network nazionale di Eirenefest. L’obiettivo è trasformare Napoli in un luogo di incontro e confronto, dove i libri diventano semi di pace piantati nel tessuto della città. Info L’ingresso agli eventi è libero fino a esaurimento posti. Per informazioni: Libreria IoCiSto – via Cimarosa 20, Napoli. Redazione Napoli
Boicottaggio e diritti umani: a Napoli cresce il movimento BDS
NEL VENTENNALE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE BDS CRESCE ANCHE A NAPOLI L’IMPEGNO PER I DIRITTI DEL POPOLO PALESTINESE: NASCE UN NODO CITTADINO, SI RAFFORZA LA RETE SPLAI E SI PREPARA L’INCONTRO CON UNO DEI FONDATORI. Nel 2025 il movimento internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni per i diritti del popolo palestinese) ha compiuto vent’anni. La sua nascita risale al 9 luglio 2005, quando sindacati, associazioni accademiche, chiese e movimenti di base in tutto il mondo lanciarono un appello: “La società civile palestinese chiama al Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele fino a quando non rispetterà il Diritto Internazionale ei Principi Universali dei Diritti Umani” . Alla base dell’iniziativa c’è un principio semplice: i palestinesi hanno gli stessi diritti del resto dell’umanità. Ispirato al movimento anti-apartheid sudafricano, il BDS invita ad esercitare forme di pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale. È un movimento globale che sostiene la parità di diritti per tutti e tutti e si oppone ad ogni forma di razzismo, fascismo, sessismo, antisemitismo, islamofobia e discriminazione etnica o religiosa. Importante anche il ruolo di diversi gruppi ebraici progressisti, mentre personalità come l’arcivescovo Desmond Tutu, Naomi Klein, Roger Waters, Angela Davis, Moni Ovadia, Ken Loach e Judith Butler hanno espresso aumentando il loro sostegno. Il focus resta il contrasto all’apartheid e al colonialismo d’insediamento israeliano: “Israele occupa e colonizza la terra palestinese, discrimina i cittadini palestinesi di Israele e nega ai profughi palestinesi il diritto di tornare alle loro case” , si legge sul sito ufficiale del movimento. Gli strumenti principali del BDS si articolano su tre direttrici. Il boicottaggio riguarda le istituzioni sportive, culturali e accademiche israeliane, oltre alle aziende coinvolte nelle violazioni dei diritti umani. Il disinvestimento chiede a banche, consigli locali, chiese, fondi pensione e università di ritirare i capitali da Israele e dalle imprese complici dell’apartheid. Le sanzioni , infine, sono rivolte ai governi, sostenendo pongano fine alla complicità con l’apartheid israeliano, vietino rapporti economici con gli insediamenti illegali, interrompano il commercio militare e sospendano accordi di rappresentanza internazionale. LA RETE SPLAI A NAPOLI A Napoli, campagne di boicottaggio legate al BDS sono attive da tempo. Tra queste spicca SPLAI – Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliano , che promuove una rete di spazi, reali e virtuali, dichiarati liberi da ogni forma di discriminazione e impegnati a non collaborare con sistemi di oppressione. Il primo ad aderire è stato il Caffè Arabo di Piazza Bellini, a cui si sono poi aggiunti numerosi luoghi noti della città: associazioni come il Centro Handala Ali e il Centro di Cucina Consapevole, esercizi commerciali come La Taverna a Santa Chiara, Magma Art, L’Orto va in città, e spazi politici come il Giardino Liberato, l’Ex Opg Je so’ pazzo , Casa del Popolo Civico 7 Liberato e il Mezzocannone Occupato. Oggi, le attività SPLAI in Italia sono oltre 500, testimonianza di una crescente sensibilità verso la crisi umanitaria e della consapevolezza che la solidarietà può trasformarsi in azione politica nei luoghi di vita, di lavoro e del tempo libero. ASSEMBLEE E NUOVO NODO CITTADINO Negli ultimi mesi l’attenzione si è intensificata, anche in seguito al caso legato alla Taverna a Santa Chiara, uno degli spazi SPLAI. Proprio da lì è maturata l’esigenza di un coordinamento cittadino. Il 17 giugno scorso oltre 80 persone si sono ritrovate in Largo Banchi Nuovi per una pubblica assemblea. L’esito dell’incontro è stato chiaro: costruire un nodo napoletano del BDS , capace di mettere in rete le diverse realtà già attive e di reagire in modo tempestivo contro il genocidio in corso a Gaza. Un secondo appuntamento si è svolto l’11 settembre presso l’Asilo Filangieri, bene comune cittadino. Anche qui la partecipazione è stata ampia e trasversale. Tra i temi emersi, il rafforzamento del boicottaggio accademico, la pressione sull’Autorità portuale per impedire il transito di imbarcazioni con materiale bellico (in collaborazione con il nodo BDS di Salerno) e la campagna internazionale “No room for genocide” , rivolta ai piccoli operatori del settore ricettivo. Quest’ultima campagna richiama gli obblighi sanciti dal diritto internazionale: gli Stati terzi devono interrompere ogni forma di complicità nella commissione di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Ciò significa negare il passaggio e l’asilo ai responsabili e perseguirli per i loro crimini. Considerati i grandi flussi turistici che attraversano Napoli ei collegamenti diretti con Tel Aviv, la città può diventare un punto strategico per dare concretezza a questo impegno. L’ARRIVO DI OMAR BARGHOUTI Il prossimo appuntamento annunciato ha un valore particolare: l’arrivo a Napoli di Omar Barghouti , membro fondatore della Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI) e co-fondatore del movimento BDS. Barghouti sarà presente per una tappa di due giorni nell’ambito di un tour italiano. L’incontro è fissato per sabato 20 settembre alle 18:30 presso lo Zero81 – Laboratorio di Mutuo Soccorso, in Largo Banchi Nuovi . Sarà un’occasione per dialogare con uno dei principali ideatori del movimento, porre domande, proporre collaborazioni e costruire azioni comuni. La serata si concluderà con una cena sociale. UN INVITO APERTO L’appello alla cittadinanza resta aperto: chiunque condivida i valori ei principi fondanti del BDS è chiamato a partecipare. In ogni luogo, in ogni modo, dal basso. -------------------------------------------------------------------------------- FONTI * http://Cos’è il BDS – sito ufficiale BDS Italia * Elenco aderenti SPLAI – BDS Italia * http://L’Espresso – Archiviazione caso Taverna Santa Chiara Redazione Napoli
Arte e pace nelle Madonne di Rosita
A Mirabella Eclano l’inaugurazione della mostra di Rosita Caiazzo: un percorso che restituisce voce e luce al femminile come potere di trasformazione e accoglienza. Mirabella Eclano, 13 settembre 2025 – Al Museo di Arte Sacra si è tenuta l’inaugurazione della mostra Le Madonne di Rosita , opere di Rosita Caiazzo che reinterpretano le icone mariane popolari, rivestendole di gioielli, strass, perle e fili luminosi. La sala ha accolto un pubblico numeroso e la presenza del sindaco Giancarlo Ruggiero, segno del valore riconosciuto dalla comunità a un evento capace di intrecciare tradizione e contemporaneità. Durante la presentazione qualcuno ha chiesto: «C’è la Madonna del sorriso, quella della luce, dell’amicizia… ma dov’è la Madonna della pace?». Rosita ha sorriso e ha risposto: «Sono tutte di Pace». Queste parole racchiudono il cuore della mostra. La pace non è assenza di conflitto, ma la sua trasformazione: differenze e tensioni che convivono senza distruggersi. Le Madonne di Rosita ci dicono che possiamo essere adornati e profondi, fragili e luminosi, senza che una dimensione annienti l’altra. Il 20 settembre Mirabella Eclano vivrà un altro momento collettivo: la Tirata del Carro , rito antico che unisce sacro e profano, fede e festa. Come le Madonne di Rosita, anche il Carro ricorda che la pace non è un concetto astratto ma un’esperienza di comunità: la libertà di espressione che diventa coralità. È la partecipazione condivisa a rendere vive le tradizioni, trasformandole in patrimonio comune. Là dove la guerra distrugge il sacro e l’arte, questi gesti comunitari – una mostra, una festa, un carro che si solleva – mostrano che la pace abita qui: nella capacità di un popolo di esprimersi insieme, custodire memoria e futuro, trasformare il conflitto in appartenenza. E forse questo è anche il tempo in cui le donne vanno riscoperte come Madonne: non immagini lontane e intoccabili, ma vivi del femminino come potere curante dell’umanità. In loro si rivela una forza che non divide ma unisce, che non domina ma accoglie, che non giudica ma trasforma. Ritrovare questo femminino significa aprire strade nuove di cura e di pace, là dove l’umanità può ritrovare la propria possibilità di salvezza. Rosita Caiazzo, nata a Napoli e residente a Sorrento, è artista visiva formatasi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. La sua ricerca intreccia pittura, scultura e installazioni, con una particolare attenzione al linguaggio popolare e religioso. Con Le Madonne di Rosita restituiscono voce e luce a immagini devozionali familiari, trasformandole in simboli di bellezza, appartenenza e cura collettiva. Stefania De Giovanni
Mille bandiere per Gaza sul Pontile di Bagnoli
Difendi le barche della Global Sumud Flotilla Domenica 14 settembre corteo e manifestazione a Napoli a sostegno della Global Sumud Flotilla “ Difendi le barche della Global Sumud Flotilla ” è lo slogan lanciato dal Global Movement to Gaza per la Campania, che ha promosso per domenica 14 settembre una manifestazione con corteo per le strade di Bagnoli . Il corteo partirà alle ore 11:00 da Viale Campi Flegrei e si dirigerà verso il Pontile di Bagnoli , dove intorno alle ore 12:00 accoglierà le imbarcazioni provenienti da Torre Annunziata e Torregaveta. Ancora una volta, come un’onda inarrestabile, si scende in piazza per sostenere il popolo palestinese ed essere al fianco della missione umanitaria della Global Sumud Flotilla . La scelta di Bagnoli non è casuale: quartiere operaio che negli anni ’60 e ’70 è stato all’avanguardia del movimento di solidarietà con il popolo vietnamita in lotta contro il colonialismo, come ricordano gli attivisti del Movimento. I cittadini di Bagnoli sono chiamati a testimoniare concretamente quei valori e quella storia, a schierarsi senza ambiguità con la resistenza del popolo palestinese contro l’aggressione genocida del governo di Israele. È una chiamata all’agitazione permanente, in linea ea fianco della mobilitazione mondiale di solidarietà contro l’aberrante progetto di morte che cresce nel mondo ogni giorno, e al sostegno degli oltre mille attivisti provenienti da 44 Paesi che si stanno dirigendo verso Gaza con l’obiettivo di rompere l’assedio e portare aiuti concreti a una popolazione stremata, mentre le imbarcazioni subiscono pesanti attacchi dal cielo nelle acque tunisine. La Global Flotilla di terra della Campania chiede al governo di tutelare e proteggere i cittadini a bordo delle imbarcazioni, il ripristino della legalità internazionale e l’applicazione di sanzioni contro Israele. Nessuno può più rimanere inerme: è una chiamata rivolta a tutti. C’è bisogno come non mai di una voce collettiva che si levi sempre più alta, un grido contro cui devono infrangersi le minacce alla vita stessa degli attivisti. Bagnoli e l’Area Flegrea , territori di pace e di accoglienza, anche questa volta saranno in prima fila. Redazione Napoli
Stefano Benni, o del resistere sorridendo
Un ricordo dello scrittore bolognese, capace di unire satira e poesia, che ritroveremo presto insieme in libreria.   Ci siamo incontrati più di cinquant’anni fa, sulle pagine de Il Mago , la rivista di fumetti diretta da Fruttero & Lucentini, per anni l’unica alternativa alla più celebre e celebrata Linus . Lettore non ancora ventenne, scoprii e amai subito il giovane scrittore bolognese che pubblicava, quasi nascosti tra le strisce di Mafalda e quelle di BC e Mago Wiz, quelli che qualche mese dopo sarebbero diventati gli esilaranti capitoli di Bar Sport . Fu amore a prima vista, mai tradito, anche se poi da libraio non sono riuscito ad avere con noi alla libreria IoCiSto: ma questa è un’altra storia, legata a logiche editoriali e commerciali estranee all’autore. Un amore senza incontri, senza lettere né selfie. Per noi, la generazione nata e cresciuta in un’Italia che cercava ancora di fare i conti con le macerie morali e materiali della guerra, passata velocemente tra le illusorie speranze del boom economico degli anni ’60 e già proiettata nell’orrore degli anni di piombo, quella di Benni è stata la voce che sapeva mischiare la satira politica con la poesia, la risata con la malinconia, la denuncia con il sorriso. Nel tempo dell’informazione gridata e della cultura omologata, Stefano Benni ha rappresentato una rara forma di resistenza letteraria. Una voce che, senza mai salire in cattedra, ha insegnato a pensare con leggerezza e a ridere con profondità. Era capace di smontare i potenti e la loro impunita tracotanza con una battuta e di dare dignità letteraria e morale agli ultimi attraverso storie surreali eppure verissime. Con i suoi personaggi strampalati, baristi filosofici, gatti anarchici, uomini e donne al limite dell’assurdo fisico e psicologico, parlava in realtà di noi, della nostra società, delle nostre paure e delle nostre speranze. In quegli anni bui molti ragazzi seguirono più o meno consci maestri più o meno cattivi, ma tanti si avvicinarono alla letteratura e alla coscienza civile attraverso le porte dei suoi libri. Nei suoi bar sport, nei suoi paesi impossibili, nei suoi bambini visionari, c’era un intero Paese raccontato meglio che in mille editoriali; la sua ironia leggera ma tagliente aveva reso accessibile la letteratura a chi diffidava dei “grandi autori” e cercava una voce vicina, popolare ma non banale. Benni ci insegnò a ridere delle nostre fragilità ea non piegarci davanti all’omologazione culturale che, negli anni del boom economico, rischiava di trasformarci in semplici consumatori. Per oltre cinquant’anni è stato per chi lo ha amato molto più che un autore: era un compagno di viaggio. Nei suoi testi regalava la libertà di immaginare un mondo diverso, di credere che l’ironia fosse una forma di resistenza e che la fantasia potesse diventare strumento politico. Non era evasione: era un modo per sopravvivere e, soprattutto, per non smettere di sperare. E quanto ne abbiamo, e ne avremo, bisogno in questo scorcio abominevole di guerra e distruzione! Per un libraio gli scrittori sono un po’ famiglia, con tutti i pregi ei difetti, le intemperanze e le assenze dei parenti più o meno stretti. Stefano mi mancherà, ma non tanto: mentre sistemo le sue opere sullo scaffale, così che ogni copia diventa una piccola eredità lasciata a vecchi e nuovi lettori, la possibilità di ridere, di indignarsi e di immaginare un futuro migliore. E mi piacerebbe incontrarli, nuovi e vecchi lettori, come sarebbe piaciuto a lui, non per una commemorazione ma per avere la conferma, mentre leggeremo le sue pagine, in ogni sguardo complice, in ogni sorriso, di quello che penso riponendo Bar Sport : “Tranquillo Stefano, non ti dimentichiamo, sei più eterno della Luisona.” E infatti, tra poche settimane ci ritroveremo in libreria per ricordarlo insieme, leggendo ancora le sue parole e sorridendo della sua ironia. Perché Benni non si celebra: si legge, si condivide, si vive. Alberto Della Sala, bibliotecario e direttore di IoCiSto Redazione Napoli
Poggioreale, privacy violata e diritto d’asilo negato
Il 19 agosto 2025 il deputato Francesco Emilio Borrelli pubblicava su Facebook e Instagram le foto dell’arresto di Elokla Mohmed Kazem. L’immagine ritraeva il ragazzo, richiedente asilo, apparentemente ammanettato, inconsapevole dello scatto e con il volto non oscurato. Il post, commentato con la frase “preso uno dei due evasi da Poggioreale”, ha avuto migliaia di interazioni, alimentando una gogna mediatica di tenore xenofobo e fortemente violento. Successivamente, il deputato pubblicava altri due post con altre immagini del sig. Elokla e del sig. Mahrez Souki, non opportunamente oscurate, ritratti nell’immediatezza dell’arresto. È a partire da questo episodio che diverse associazioni hanno inviato un esposto, redatto dall’avvocata Martina Stefanile di ASGI 1, al Garante nazionale e regionale delle persone private della libertà, al Garante della privacy e all’UNHCR per denunciare due questioni: la diffusione illecita delle immagini dei detenuti Elokla Mohmed Kazem e Mahrez Souki, e la violazione dei diritti fondamentali all’interno della Casa Circondariale “Giuseppe Salvia” di Napoli – Poggioreale, in particolare la sospensione di fatto del diritto d’asilo per i cittadini stranieri detenuti. A firmarlo sono la Clinica Legale per l’Immigrazione dell’Università Roma 3, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – ASGI, Antigone Campania, Melting Pot Europa, Spazi Circolari, Le Carbet, Attiva Diritti, Chi Rom e…chi no, La Kumpania, Mem.Med – Memoria Mediterranea per LasciateCIEntrare e Gridas. La pubblicazione delle foto, riporta il documento, viola diverse norme nazionali e internazionali, dal diritto alla privacy sancito dalla CEDU al divieto previsto dall’articolo 114 del codice di procedura penale di diffondere immagini di persone private della libertà in stato di coercizione. Ma è tutta la vicenda che, tra esposizione mediatica sensazionalistica e ostacoli burocratici, porta alla luce la condizione fragile e spesso invisibile dei detenuti stranieri in Italia, il cui diritto a chiedere protezione internazionale rischia di restare impossibile da dietro le sbarre. A rendere ancora più evidente la vulnerabilità di Elokla sono le parole del giornalista e volontario della Comunità di Sant’Egidio Antonio Mattone, che lo aveva incontrato di persona: «A chi lo ha conosciuto il ragazzo siriano di 23 anni fuggito da Poggioreale etichettato dalla cronaca come un rapinatore, è sembrato essenzialmente un ragazzo di estrema fragilità». Il giovane, ricostruisce Mattone, «viveva in un paese ai confini con la Turchia ed è scappato a piedi fino a giungere in Italia. Quando gli è stato chiesto della sua famiglia gli sono scesi due lacrimoni: erano tutti morti, uccisi in quell’infinita guerra civile che insanguina la Siria dal 2011. Arrivato nel nostro Paese, senza riferimenti e legami, ha vissuto per strada dove ha iniziato a drogarsi e a compiere gesti di autolesionismo, quasi a volersi lasciare andare. Poi una rapina per avere qualche soldo ed è così finito in carcere». Un quadro che per le associazioni firmatarie avrebbe dovuto imporre maggiore cautela nella tutela della dignità del ragazzo, piuttosto che un’esposizione pubblica capace di aggravare ulteriormente la sua condizione. L’altra denuncia contenuta nell’esposto riguarda il diritto d’asilo, che all’interno di Poggioreale risulta di fatto sospeso. «Su queste premesse, si apre uno scenario gravissimo che vede sistematicamente lesi i diritti dei rifugiati e richiedenti asilo all’interno del penitenziario napoletano», scrivono le associazioni. Secondo le segnalazioni raccolte, i detenuti stranieri possono esprimere la volontà di chiedere protezione internazionale soltanto tramite i loro avvocati, che trasmettono le istanze via PEC all’Ufficio Matricola e alla Questura di Napoli. Se un detenuto tenta di presentare la richiesta autonomamente, ciò è consentito solo a ridosso del fine pena. Ma anche in questi casi le domande rimangono “congelate” per tutta la durata della detenzione. È accaduto anche a Elokla, che nell’aprile 2025 aveva presentato tramite la propria legale una formale richiesta di protezione internazionale. A distanza di mesi, non ha ancora ricevuto un appuntamento né sostenuto l’audizione davanti alla Commissione territoriale, in palese violazione dell’articolo 26 del decreto legislativo 25/2008, che prevede tempi stringenti per la formalizzazione delle domande. Gli esempi citati nell’esposto sono numerosi: cittadini sudanesi e ciadiani che hanno protocollato le loro istanze tra il 2024 e il 2025, senza alcun seguito. Tutti profughi di guerre civili e situazioni drammatiche che avrebbero dovuto garantire loro almeno un rapido accesso alla procedura. Per le associazioni firmatarie, siamo davanti a «violazioni intollerabili dell’impianto normativo posto a tutela dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo». L’appello è rivolto ai Garanti, alla Questura e alle Commissioni territoriali: serve «un urgente superamento effettivo delle violazioni di diritto rappresentate, anche previo esercizio dei poteri ispettivi propri dell’Ufficio del Garante». L’invito è a stabilire un coordinamento stabile tra amministrazione penitenziaria e autorità competenti per «assicurare ai detenuti stranieri l’esercizio di tali diritti e facoltà, che possono essere limitati solo con un provvedimento espresso». Infine, le associazioni chiedono all’UNHCR un parere tecnico e un monitoraggio costante della vicenda, mentre al Garante della privacy sollecitano «l’immediata cessazione, mediante rimozione delle immagini diffuse sulle pagine social del deputato, delle condotte lesive dei diritti fondamentali dei ritratti». 1. Leggi l’esposto inviato ↩︎
Napoli, stop alle “zone rosse”: cittadini e giuristi vincono contro i provvedimenti repressivi
Il TAR annulla le ordinanze prefettizie che delimitavano aree a regime speciale di sicurezza. Il Coordinamento denuncia: “La sicurezza urbana non si costruisce con misure emergenziali, ma con politiche sociali e partecipazione”. -------------------------------------------------------------------------------- I FATTI A dicembre 2024, il Prefetto della Provincia di Napoli ha istituito, per un periodo di tre mesi, le cosiddette “zone rosse”: aree della città in cui vige un regime speciale di sicurezza, con divieto di stazionamento per coloro che siano stati segnalati per alcuni reati e che assumono atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti, tali da determinare un pericolo concreto per la sicurezza pubblica e ostacolare la libera e piena fruibilità di quelle aree. L’ordinanza (n. 505525 del 31 dicembre 2024) viene poi prorogata per ben due volte, l’ultima il 30 giugno 2025. La misura è finalizzata a implementare la sicurezza della cittadinanza in alcune aree della città, sulla base dell’art. 2 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che attribuisce all’Autorità di Pubblica Sicurezza il potere di adottare misure indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico. I reati indicati sono spaccio di stupefacenti, lesioni, reati predatori, detenzione abusiva di armi e altri; sono invece esclusi l’omicidio e le molestie a sfondo sessuale. Il provvedimento si presenta dunque come misura straordinaria, ma soprattutto istituisce confini all’interno della città. LA REAZIONE È questo aspetto, in particolare, a destare preoccupazione in alcuni componenti della società civile. Nasce così un coordinamento di giuristi, abitanti, associazioni e spazi politici che temono una cristallizzazione delle divisioni sociali attraverso l’uso spinto di provvedimenti speciali. Il 13 marzo si riuniscono in un’assemblea pubblica presso lo Zero81 – laboratorio di mutuo soccorso. I componenti del Coordinamento – si legge nel primo comunicato – affermano che tali atti sono lesivi delle libertà fondamentali sancite dall’ordinamento democratico, senza garantire una migliore vivibilità della città. Pur riconoscendo che la sicurezza è un tema concreto che incide sulla qualità della vita degli abitanti e di chi attraversa lo spazio urbano, osservano che i problemi sociali vanno affrontati con interventi preventivi su servizi, istruzione, sanità, lavoro e casa, e non risolti attraverso modalità repressive. Il timore principale è che il provvedimento colpisca categorie sociali ed economiche marginali, come i migranti. Per questo viene lanciata una campagna informativa nei quartieri interessati. Alla campagna aderiscono A Buon Diritto Onlus, attiva dal 2001 per la tutela dei diritti fondamentali e l’assistenza a persone private della libertà, e ASGI, associazione nata nel 1990 che riunisce avvocati e giuristi esperti di immigrazione, asilo e cittadinanza. Particolarmente critica è la posizione dei consiglieri della II Municipalità Chiara Capretti e Pino De Stasio, che evidenziano il mancato rispetto del principio di sussidiarietà. A loro si aggiunge la voce del professore Alberto Lucarelli che, in un articolo del Corriere del Mezzogiorno del 16 aprile 2025, si dichiara sostenitore della campagna, sottolineando che, in base al provvedimento, gli agenti possono ordinare l’allontanamento anche solo a persone destinatarie di una denuncia o di una segnalazione per reati minori. “Per la presunzione di pericolosità – scrive Lucarelli – non è richiesta neppure una sentenza di primo grado. Emergono caratteristiche da stato di polizia: la gestione ordinaria dell’ordine pubblico si trasforma in permanente gestione dell’emergenza, utilizzando con enorme discrezionalità provvedimenti repressivi che mirano soprattutto a garantire il decoro urbano. L’ordinanza del Prefetto e le sue proroghe si presentano come repressive e liberticide e, tra l’altro, non sono pensate come reale controllo del territorio contro reati riconducibili alla criminalità organizzata”. I PRIMI DATI Il 7 aprile il Ministero dell’Interno ha pubblicato i risultati dei controlli effettuati fino al 31 marzo in applicazione dell’ordinanza: a Napoli, su un totale di 81.235 persone controllate, risultano 120 ordini di allontanamento, di cui 10 a carico di stranieri; a San Giorgio a Cremano, su 4.976 persone controllate, un solo ordine di allontanamento. Secondo la Prefettura, “i dati evidenziano i positivi risultati raggiunti al fine della prevenzione e del contrasto alla criminalità e a ogni forma di illegalità. Infatti, alla scadenza dei provvedimenti adottati per Napoli, Castellammare di Stabia, Pompei, Pozzuoli e San Giorgio a Cremano, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto Michele di Bari, ne ha disposto la proroga per ulteriori tre mesi. Non si esclude l’adozione di analoghi misure per altre comuni dell’area metropolitana”. IL BRACCIO DI FERRO TRA ASSOCIAZIONI E PREFETTURA Le associazioni non concordano e si preparano alla battaglia giuridica. Il 4 giugno viene depositato ricorso al TAR di Napoli dagli avvocati Stella Arena (Foro di Nola) e Andrea Eugenio Chiappetta (dottorando in Diritto costituzionale presso l’Università Federico II). Ricorrenti: ASGI, A Buon Diritto, residenti, cittadini, associazioni e consiglieri della II Municipalità. Il 17 giugno il TAR rigetta il ricorso, poiché l’ordinanza era in scadenza, attestandone però la fondatezza, ravvisando un difetto nell’esercizio di potere. Le associazioni tornano alla carica e, con la seconda proroga, ripresentano ricorso per motivi aggiunti. Il 22 luglio il TAR emette una sentenza di annullamento, riconoscendo che “difettano i presupposti per l’esercizio di potere e risulta comunque violato il principio per cui i provvedimenti contingibili e urgenti devono avere durata limitata nel tempo”. Il Prefetto, in una dichiarazione alla stampa, afferma di rispettare la pronuncia ma annuncia che “la sentenza sarà appellata innanzi al Consiglio di Stato”. GLI SVILUPPI Il Coordinamento No Zone Rosse Napoli continua il suo lavoro. La decisione della Prefettura di adottare nuove misure straordinarie relative ad altre zone della città – come lungomare e Coroglio – viene definita dai giuristi una forzatura, che rischia di trasformare Napoli in una città a spazi controllati e libertà ridotti, con provvedimenti eccezionali reiterati che il Tribunale ha già dichiarato illegittimi. Il 5 settembre si è svolta una nuova assemblea a Zero81 (Largo Banchi Nuovi, Napoli) per denunciare – si legge nel comunicato diffuso sul profilo Instagram @nozonerosse.napoli – l’uso distorto dei poteri prefettizi, l’assenza di trasparenza nelle ordinanze e per riaffermare che la sicurezza urbana non si costruisce con zone rosse, ma con politiche sociali, partecipazione democratica e cura dei territori. Il Coordinamento rivolge anche un appello al sindaco Gaetano Manfredi: chiarire se intenda governare una città aperta, inclusiva e rispettosa della Costituzione o condividere logiche emergenziali che limitano lo spazio pubblico. Il team legale annuncia nuove impugnazioni: “La Costituzione non ammette scorciatoie sui diritti”. ALCUNE RIFLESSIONI Questa vicenda non è solo una questione giuridica per addetti ai lavori: sono in gioco principi fondamentali. Il primo riguarda il rapporto fra Stato e territorio: la sicurezza nello spazio pubblico va garantita, ma nel rispetto dei diritti costituzionali. L’attuazione di regole di convivenza civile non dovrebbe essere affidata alla discrezionalità di poteri straordinari, come accade quando problemi endemici di ordine pubblico vengono affrontati con strumenti emergenziali invece che con politiche sociali mirate. C’è poi il nostro rapporto con la città: come la viviamo? come vengono trattati i bisogni collettivi dalle istituzioni? E i disagi delle categorie più fragili, come le persone a marginalità economica e sociale, o la questione abitativa? Se sicurezza e decoro diventano le uniche priorità, la città rischia di essere trattata come un luogo da abbellire, dimenticando che – soprattutto a Napoli, come ricorda l’UNESCO – il vero patrimonio è rappresentato dalle persone che la abitano. -------------------------------------------------------------------------------- FONTI * Prefettura di Napoli – Esiti controlli zone rosse, 31/0 * Fanpage, 30 luglio 2025 * Corriere del Mezzogiorno , 16 aprile 2025 (articolo di Alberto Lucarelli) Redazione Napoli
Napoli, al Molo Beverello un presidio per la Global Sumud Flotilla: “Rompiamo l’assedio a Gaza”
Napoli – 7 settembre 2025. Domenica 7 settembre alle ore 18.00 il Molo Beverello di Napoli ospiterà un presidio in solidarietà con la Global Sumud Flotilla , la flottiglia internazionale che si prepara a salpare per rompere simbolicamente e politicamente l’assedio a Gaza. L’iniziativa invita cittadine e cittadini a partecipare portando bandiere della Palestina, pentole e cucchiai per fare rumore, in un gesto collettivo che vuole dare voce a chi a Gaza vive da anni sotto blocco militare e privazioni quotidiane. Lo slogan scelto, “Per mare e per terra siamo la flotta dell’umanità” , sottolinea la natura globale del movimento: non una battaglia militare, ma un atto di resistenza civile e nonviolenta che lega porti e piazze di tutto il mondo. Il presidio napoletano sarà uno dei momenti pubblici di mobilitazione che accompagneranno la partenza della flottiglia, composta da attivisti, ong, associazioni e singole persone impegnate nella difesa dei diritti umani. Con questo gesto, Napoli ribadisce il suo ruolo di città aperta e solidale, capace di far risuonare la sua voce contro ingiustizie e oppressioni. Per informazioni:  http://globalsumudflotilla.org Lucia Montanaro
La Flotilla dell’umanità è in viaggio sotto un cielo stellato; le stelle, però, sono droni
Partita da Barcellona per Gaza, la Global Sumud Flotilla affronta sorveglianza militare, minacce e sostegno internazionale . Il 2 settembre, le prime barche della Global Sumud Flotilla erano partite da meno di 48 ore da Barcellona, quando, intorno alle 22:30 ora italiana, mentre navigavano a circa novant miglia nautiche dall’isola di Minorca, sono state intercettate da tre droni. Ma cos’è la Global Sumud Flotilla? È un’azione civica, nata dal basso, nell’ambito del Movimento Globale a Gaza, composta da circa cinquanta imbarcazioni civili, con a bordo attivisti provenienti da quarantaquattro paesi del mondo. L’obiettivo è creare un corridoio umanitario per Gaza, sotto assedio israeliano da mesi. Sulla flottiglia è puntata l’attenzione di quella parte di mondo che riconosce i diritti umani e il valore della vita; purtroppo, però, non soltanto di quella. La presenza dei droni sulla flottiglia è stata comunicata dall’attivista Thiago Avìla attraverso una diretta lanciata sul profilo Instagram del movimento @globalmovementtogaza. Thiago è ormai un volto noto per chi segue la causa palestinese: climattivista e militante per i diritti umani, è stato protagonista di una precedente spedizione della Freedom Flotilla, membro dell’equipaggio della barca Madleen, bloccata illegalmente dall’IDF, sempre attraverso droni e quadcopters (quadricotteri militari). Nella diretta, Thiago ha evidenziato, mettendo in allerta il resto dell’equipaggio, che i droni potevano essere lì per una ricognizione di sorveglianza ordinaria dell’autorità marittima competente su quelle acque; oppure per un attacco militare. A chi non abbia seguito attentamente gli ultimi sviluppi dell’invasione di Gaza potrebbe sembrare un’affermazione forte. Invece, la seconda ipotesi è molto plausibile. Infatti, come chi scrive sottolineava poco prima, all’enorme e commovente solidarietà che è giunta da ogni parte del globo (è notizia recente che anche Emergency sosterrà la flotta e affiancherà le imbarcazioni con natanti di supporto logistico e medico), si sono contrapposte le dichiarazioni del governo israeliano: sul Jerusalem Post di tre giorni fa, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, annunciava che stava per presentare un piano al governo secondo cui «tutti gli attivisti arrestati saranno trattenuti in detenzione prolungata, a differenza della precedente prassi, nelle prigioni israeliane di Ketziot e Damon, utilizzate per detenere i terroristi in condizioni rigorose tipicamente riservate ai prigionieri di sicurezza. Non permetteremo a chi sostiene il terrorismo di vivere nell’agiatezza». Tale piano è stato considerato illegittimo da vari giuristi esperti di diritto internazionale. La relatrice speciale Onu per i territori palestinesi, Francesca Albanese, ha definito l’azione della Global Sumud Flotilla «pienamente conforme al diritto internazionale». Secondo Albanese, «ogni tentativo di fermare o intercettare le imbarcazioni nelle acque internazionali costituirebbe una violazione della libertà di navigazione sancita dal diritto marittimo». È questo il clima in cui naviga oggi la flotta per Gaza, la flotta dell’umanità. Ma torniamo ai droni, ai quadricotteri. Tutti e tutte ne abbiamo sentito parlare. Vengono usati come regalo per i bambini al compleanno, dai fotografi per i matrimoni, dalla protezione civile per la prevenzione degli incendi. Eppure, facendo una ricerca su AI Overviews, leggiamo che sono “piccoli aerei a pilotaggio remoto, utilizzati per ricognizione, sorveglianza e attacchi mirati, che offrono una maggiore protezione delle forze armate grazie alla fornitura di dati in tempo reale e riducendo la necessità per i soldati di accedere ad aree pericolose. Dotati di sensori e telecamere avanzati, questi droni possono operare di giorno e di notte e alcuni modelli sono dotati di funzionalità sull’intelligenza artificiale per l’edge computing e la navigazione avanzata. Le loro dimensioni ridotte e laità rapida di impiego li rendono ideale per le unità di fanteria, sebbene la loro proliferazione, in particolare nei conflitti come quello di Gaza, abbia sollevato anche significative preoccupazioni etiche riguardo all’impatto sulla popolazione civile e al potenziale uso improprio”. Non bisogna essere esperti di ingegneria aerospaziale per capire, quindi, che i droni sono l’esempio perfetto delle tecnologie dual use, cioè di quell’insieme di dispositivi e sistemi operativi che, nati per scopo pacifico, sono oggi largamente utilizzati nelle attività belliche. Un tema che solo di recente è giunto alla ribalta della cronaca, soprattutto per l’uso che se ne sta facendo in Palestina. Che la questione sia delicata lo dimostra il fatto che l’unica base giuridica che prova a disciplinare la materia sia il Regolamento (UE) 821/2021, attraverso cui le produzioni di questi dispositivi vengono supervisionate dall’Unione Europea. I primi droni, però, da ciò che ci dicono le fonti, sono stati impiegati già nel XX secolo, in particolare dagli Inglesi nella Prima guerra mondiale. Non è un po’ tardi arrivare, solo nel 2021, all’adozione di un regolamento europeo per questa materia? Sì, lo è: se, nel secolo scorso, a Sarajevo, durante l’assedio, per sparare alla popolazione civile in mezzo alle strade venivano assoldati mercenari che si posizionavano sui tetti dei palazzi o sulle colline circostanti, nel terzo millennio il cecchinaggio avviene attraverso la tecnologia. Le testimonianze su come l’IDF usi i droni contro la popolazione civile non si contano più, da parte della stampa, dei medici, dei sanitari. La robotizzazione della sparatoria aumenta esponenzialmente la distanza tra la bocca e la vittima e, quindi, trasporta l’atto omicida verso una derivazione di disumanizzazione che non ha precedente. Così, il lavoro delle bombe intelligenti viene coadiuvato perfettamente dai droni killer. La Global Sumud Flotilla, flotta dell’umanità, naviga verso la spiaggia di Gaza che, ricordiamolo sempre, rispetto all’Italia è soltanto dall’altra parte del Mediterraneo; come per i Gazawi, anche per gli attivisti della Sumud il pericolo può arrivare dall’alto, silenzioso e imprevedibile, sotto forma di una piccola lucina nel cielo, che però non è una stella. Non c’è protezione dai droni, per i civili disarmati di Gaza come per gli equipaggi delle imbarcazioni. Forse, però, i nostri occhi possono farsi luce, diventare fari. Tenerli aperti su Gaza e sulla flottiglia può essere una missione, per chi crede che questo massacro vada fermato. La difesa del diritto alla vita dei Gazawi e della permanenza dignitosa sulla loro terra è difesa del diritto internazionale e, quindi, delle nostre stesse esistenze. Ogni cosa è connessa. Da terra, si può e si deve costruire una flotta, che attraversi tutti i paesi e che faccia pressione sui governi, come un’azione internazionalista tra i popoli, a protezione delle barche. È quello che sta facendo il GMTG in tantissime città. Seguiamola, quest’onda, portiamo i nostri corpi nelle piazze e rispondiamo numerosi alla chiamata per le flotte di terra che ci sarà il 4 settembre. Sulle pagine del GMTG ci sono tutti gli appuntamenti: a Napoli, ci vediamo alle 18:00 in Largo Berlinguer. Sosteniamo la Global Sumud Flotilla Fonti Jerusalem Post, 30 agosto 2025 – http://link https://www.jpost.com/israel-news/article-865898 La Repubblica, 1 settembre 2025 Redazione Napoli