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Visite scolastiche alla NATO: propaganda o educazione?
Il fenomeno della militarizzazione delle scuole sta assumendo dimensioni così ampie da rendere sempre più difficoltosa la sua “mappatura”. Apprendiamo in questi giorni di attività svolte nei mesi di febbraio/marzo presso la base N.A.T.O di Lago Patria – Giugliano in Campania, che ha coinvolto le studentesse e gli studenti delle scuole superiori di primo grado dei plessi “Don Salvatore Vitale” Giugliano (Napoli) E “M. Beneventano” di Ottaviano (Napoli) e studentesse e studenti delle scuole superiori di secondo grado delle scuole Don Lorenzo Milani, (Gragnano) e Antonio Serra (Napoli).  Troviamo su internet anche una circolare del liceo Matilde Serao, con in oggetto la stessa visita guidata (con pagamento a carico delle famiglie del bus) fatta rientrare nelle ore di didattica orientativa e di educazione civica, qui). Apprezziamo che non sia stata definita dalla D.S. visita di istruzione, ma visita guidata, cosa che auspichiamo dovuta alla consapevolezza che tale uscita non abbia proprio nulla di istruttivo. Mentre nutriamo forti dubbi che una tale uscita possa rientrare nell’educazione civica, non ne abbiamo alcuno sul suo carattere orientativo, essendo tale uscita finalizzata ad orientare i ragazzi verso nuove “culture” (della difesa, della sicurezza, militare) anche con il fine di un possibile loro arruolamento nelle forze armate. Per quanto riguarda le scuole medie, organizzata in occasione del 70° della N.A.T.O ai ragazzi e alle ragazze è stato ricordato come questa alleanza sia nata per “contrastare quel blocco di Stati che si riunirà qualche anno dopo nel Patto di Varsavia” mostrando già da questo breve incipit dell’articolo pubblicato sul sito della scuola il carattere propagandistico dell’iniziativa. Se storicamente si dovesse rispettare l’ordine cronologico degli eventi si sarebbe dovuto spiegare ai ragazzi esattamente l’inverso come il patto di Varsavia sia nato, 6 anni dopo la N.A.T.O, con il fine di contrastare l’alleanza militare North Atlantic Treaty Organization. In ogni modo, caduto nel 1991 il Patto di Varsavia, perché la  N.A.T.O ha continuato ad esistere? Quale ratio dietro la scelta del suo non scioglimento? Sono state elencate ai ragazzi le innumerevoli guerre che dal 1991 in poi hanno coinvolto o sono state causate dalla N.A.T.O? E’ stato spiegata la richiesta (a febbraio Marzo non ancora certa, non se ne conosceva con certezza la percentuale del 5%, ma si discuteva sull’alzamento del PIL che il vertice N.A.T.O avrebbe richiesto) dell’aumento delle spese per gli armamenti e dei relativi tagli che queste avrebbero comportato? Tagli a istruzione, ricerca, sanità, welfare. Nulla di tutto questo è stato detto alle ragazze e ai ragazzi già vittime della implicita manipolazione che una gita scolastica sottende: in quanto scolastica essa ha fare con la scuola, con la formazione, con l’educazione al pari di una vista ad un museo, ad una città d’arte o ad un convegno disciplinare per fare alcuni esempi. Leggendo tutti i report delle giornate, si scopre come gli incontri siano serviti a promuovere un’immagine della N.A.T.O dual use, con due “rami”: quello militare e quello civile e come tutto l’incontro abbia nei fatti promosso l’importante ruolo della N.A.T.O sul piano civile: giornalismo, salute e ambiente, trasporti, ingegneria civile, con particolare attenzione alla Cyber Security. Il fine degli incontri era proprio quello di riuscire a “mutare” negli studenti l’immagine della NATO che non può continuare a essere percepita come composta di soli “mezzi corazzati” e quindi solo nella sua veste militare, ma va promossa con la costruzione di un aspetto “buono”, il suo essere formata da civili (si fatica a lanciare il ruolo del militare senza armi né guerre evidentemente!) istruiti e preparati pronti a intervenire sul piano civile. La solita operazione di brand washing più volta denunciata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università adottata dalle forze armate e dalle forze dell’ordine. Ovviamente come confermano anche le studentesse e gli studenti degli istituti superiori di secondo grado i temi affrontati sono quelli che, fino alla visita alla struttura di Lago Patria, credevano “di competenza dei libri di testo o dei telegiornali: tutela della pace, difesa dei Paesi membri, sostegno nelle attività umanitarie, cyber security, conflitto russo ucraino. La parola pace fa riflettere se usata da un’alleanza sulle cui guerre illegali esiste una consistente bibliografia (fra tutti vd. Daniel Ganser) e i cui membri, rivolgendosi ai ragazzi e alle ragazze,   ammettono il solito ossimoro guerrafondaio: Per mantenere la pace, interveniamo in qualsiasi modo possibile, fino al più drastico, cioè con le armi. Dubitiamo che sia stato ricordato alle scuole, come si legge on line, che nel 2015, la base NATO di Lago Patria è stata il centro di coordinamento della più grande esercitazione militare dopo la caduta del Muro di Berlino, chiamata “Trident Juncture“, con la partecipazione di 36.000 militari. Tendiamo più a pensare che tale visite guidate abbiano anche un altro fine orientativo per le/i giovani e l’intera società civile: l’accettazione incondizionata di questa presenza sul proprio territorio in vista di possibili future esercitazioni che acquistano, con questo manipolativo avvicinamento, il carattere di necessità al fine del mantenimento della pace. Ovviamente come sempre non poteva mancare anche qui l’inclusione di genere: Particolare interesse è stato mostrato dalle studentesse sul ruolo delle donne all’interno dell’Alleanza, sia come civili che come militari. Per essere più accattivante la N.A.T.O strumentalizza anche il tema dell’inclusione di genere e della parità. Si legge sul report dell’istituto San Vitale: Tali visite sono molto importanti perché i ragazzi hanno potuto capire che per mantenere alta la sicurezza, mantenere ed attuare cambiamenti radicali di pace nel Mondo ci sono delle persone che lavorano in silenzio tutti giorni in strutture internazionali. La conclusione è agghiacciante. Un’alleanza militare che assicura la sicurezza e cambiamenti radicali di pace è la cosa più lontana da quanto i libri di storia ci insegnano e la nostra contemporaneità ci mostra. Quale docente realmente impegnato sull’educazione alla pace potrebbe fare sua questa conclusione? Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Napoli non archivia Mario Paciolla: in centinaia in piazza per chiedere verità e giustizia
Ho conosciuto Anna e Pino Paciolla durante la presentazione del libro Restare vivi di Valentina Barile, ospitata dalla libreria IoCiSto. Era un’occasione raccolta, intensa, attraversata da parole profonde e sguardi che dicevano molto più di quanto fosse possibile raccontare. In quell’incontro silenzioso ma denso, il dolore si è intrecciato alla dignità e alla determinazione. Da allora, come libreria e come Presidio Permanente di Pace, abbiamo scelto di camminare al loro fianco, con la discrezione che meritano e la convinzione che questa vicenda ci riguardi tutte e tutti. La manifestazione del 15 luglio è nata all’indomani della seconda archiviazione dell’inchiesta sulla tragica morte di Mario, cooperante ONU trovato senza vita in Colombia nel luglio 2020. Il Tribunale di Roma, il 30 giugno 2025, ha confermato l’ipotesi del suicidio, chiudendo definitivamente il fascicolo. Un atto che ha lasciato sgomento e indignazione, rilanciando in modo urgente la mobilitazione civile e politica. L’evento di ieri è stato la risposta a questa archiviazione, una voce collettiva che ha detto con forza: “Noi non archiviamo”. Nel tardo pomeriggio, un corteo composto da centinaia di persone ha attraversato Napoli, da Piazza Municipio a Piazza Dante, fino al Parco Ventaglieri. Una camminata lenta, profonda, composta, fatta di cartelli, passi, silenzi e canti. Una città intera si è riconosciuta attorno a una famiglia che da cinque anni cerca risposte, e non si arrende. Il corteo si è concluso al Parco Ventaglieri, uno spazio urbano che nel tempo è diventato anche luogo di relazione, ascolto e partecipazione. Una scelta non casuale, che riflette il desiderio di tenere insieme memoria, territorio e impegno collettivo. Accanto ad Anna e Pino Paciolla, tra i presenti anche Luigi de Magistris e don Luigi Ciotti, che hanno voluto esprimere pubblicamente la loro vicinanza e l’urgenza di proseguire nella ricerca della verità. Parole forti sono arrivate da de Magistris: “Non è un suicidio. È inutile che ci vogliano convincere di una cosa che non esiste. È un po’ come, tra virgolette, uccidere Mario un’altra volta. Questo non è accettabile. Bisogna riaprire le indagini, non fermarsi e ricercare la verità.” E parole altrettanto nette da don Luigi Ciotti: “Tutto il nostro Paese, l’Italia della civiltà, si deve mettere in moto per cercare la verità. Ci devono restituire il diritto fondamentale per tutte le persone alla verità. Stiamo camminando insieme in questo corteo, ma la coscienza delle persone deve crescere di più. Questo è stato un omicidio mascherato, punto e basta. E allora facciamo in modo che non si suicidi la verità nel nostro Paese.” La madre di Mario ha ribadito con fermezza: “Non ci fermeremo, se servirà andremo alla Corte europea dei diritti umani”. Il padre ha parlato della solitudine di questi anni, della mancanza di risposte da parte del Governo, della necessità che questa vicenda non venga seppellita sotto la polvere delle archiviazioni. Il caso Paciolla, al di là dei dettagli giudiziari, è diventato ormai una questione pubblica e civile. Troppe domande senza risposta, troppe incongruenze rimaste in ombra, troppi silenzi da parte delle Nazioni Unite. La scena del crimine bonificata con fretta, la promozione di funzionari coinvolti, il mancato accesso ai documenti, la mancanza di collaborazione concreta. Eppure, ancora oggi, nessuna vera assunzione di responsabilità. Chi era ieri in piazza non cercava clamore. Cercava verità. E chi ha ascoltato, raccolto e camminato con quella famiglia lo ha fatto sapendo che ogni passo, ogni parola, ogni stretta di mano, è parte di una memoria resistente, che non si spegne e non si rassegna. Il nome di Mario, ieri, è tornato a risuonare nelle voci e nei volti di chi c’era. Un nome che non si cancella, una vita che non si archivia. Il Presidio Permanente di Pace e la redazione italiana di Pressenza, esprimono la loro vicinanza affettuosa e solidale alla famiglia di Mario Paciolla. La loro ricerca di verità e giustizia è anche la nostra.   Lucia Montanaro
[Ponte Radio] Le strane coppie
Nella puntata di oggi, * Aggiornamento sugli arresti tra il Movimento di lotta Disoccupati 7 novembre * Le strane coppie : Presi a Calci- Jorge Andrade e Josephine Beker alle olimpiadi di Parigi 2024; Non siamo razzisti sono loro che sono neomelodici - Enrico Caruso e Vale Lambo * Intervento sulla produzione di un opuscolo sull'impatto di MSC sulla logistica e sul porto di Napoli
Napoli: disoccupati in piazza contro la trappola del click day
Dopo lunghe lotte era previsto per il 10 luglio l’avvio delle procedure – il cosiddetto “click day” – per l’assunzione delle platee di disoccupati e disoccupati storici nell’ambito di lavori di pubblica utilità. Il sistema informatico si è bloccato subito dopo l’avvio della piattaforma, rendendo per ore impossibile l’accesso, e lasciando poi fuori definitivamente una buona parte dei disoccupati e delle disoccupate organizzati, nulla di fatto, insomma, per le centinaia di persone che si erano date appuntamento all’esterno della prefettura per affrontare la procedura. E' esplosa la rabbia in un corteo organizzato durante il quale nuovamente è scesa in campo la repressione poliziesca con cariche e l'arresto di un compagna e un compagno che processati e condannati per direttissima sono stati poi liberati. Ne parliamo con un compagno del Laboratorio Politico Iskra
Le case dei sogni. Inchiesta sul turismo nel centro di Napoli
Sabato 28 giugno alle 15.00 all’interno della tre giorni del Cecco Rivolta verrà presentato il libro Le case dei sogni. Il turismo e la sua industria stanno trasformando radicalmente le nostre città riconfigurando le forme di fruizione dello spazio pubblico: … Leggi tutto L'articolo Le case dei sogni. Inchiesta sul turismo nel centro di Napoli sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Giornata Mondiale del Rifugiato 2025 a Napoli
Domani, venerdì 20 giugno 2025, in concomitanza con le celebrazioni globali, Napoli celebra la Giornata del Rifugiato, un evento che mira a sensibilizzare la comunità sul tema delle migrazioni e a celebrare il contributo dei rifugiati alla società. Questa importante giornata, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2000 per commemorare il 50° anniversario della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, sarà scandita da una serie di iniziative culturali, educative e sociali che coinvolgeranno cittadini, associazioni, istituzioni e rifugiati stessi. “Celebrare la Giornata del Rifugiato significa offrire alla città la possibilità di conoscere un pezzo della nostra comunità. Molte sono le persone che, in un periodo storico di grande complessità, di guerre, di emarginazione economica, di crisi climatica, cercano altrove un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie. Come Sindaco, ma anche come Presidente ANCI, ho la responsabilità e il dovere di lavorare per promuovere politiche in grado di offrire gli strumenti necessari a chi desidera costruire, in città e nel Paese, il suo progetto di vita. È un obiettivo comune contrastare la marginalità e intervenire in caso di storture, opportunità impari, difficoltà quotidiane. Napoli ha, in questo, una grande tradizione di inclusione e solidarietà. Ringrazio gli enti del terzo settore che, attivamente e ogni giorno, mettono a disposizione le proprie energie in questo campo. Ringrazio le persone che hanno scelto la nostra città. Ringrazio le istituzioni coinvolte per l’attenzione al tema. Insieme possiamo costruire un futuro migliore.’’ dichiara il Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. “Napoli invita i suoi cittadini e visitatori a partecipare alla Giornata del Rifugiato 2025, un’opportunità unica per riflettere sui valori di accoglienza e per celebrare il contributo dei rifugiati alla nostra comunità“, afferma Luca Fella Trapanese, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli. “Il nostro impegno è rivolto a una città sempre più inclusiva, che promuova l’incontro tra culture e la costruzione di ponti tra comunità, come dimostra il ricco programma costruito in collaborazione con tutti gli attori impegnati per la reale integrazione delle persone con background migratorio. Quest’anno, considerando gli eventi mondiali caratterizzati da spaventosi conflitti, prima causa delle migrazioni forzate, siamo ancora di più invitati a riflettere su un futuro di pace contro ogni forma di violenza e oppressione. Uniti nella diversità, possiamo costruire un futuro di pace e solidarietà”. “Sappiamo quanto siano difficili – ha affermato il Vicesindaco della Città Metropolitana di Napoli, Giuseppe Cirillo, che parteciperà all’apertura dei lavori nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino – le condizioni che i rifugiati affrontano, spesso costretti a lasciare le proprie case e i propri affetti a causa di conflitti, persecuzioni o disastri. Le attività previste, che includono dialoghi, testimonianze, momenti culturali e sportivi, testimoniano l’impegno congiunto del Comune e della Città Metropolitana nel costruire una comunità sempre più inclusiva e solidale, dove ogni individuo possa trovare il proprio spazio e contribuire al benessere collettivo. In particolar modo, voglio ringraziare le scuole che hanno accolto il nostro invito a presentare le loro performance nel corso del Festival Interculturale in programma nel pomeriggio in Piazza Garibaldi, coinvolgendo attivamente i ragazzi in questo importante momento di festa e integrazione“. L’evento è organizzato con il supporto di numerose organizzazioni, tra cui l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), la Regione Campania, la Città Metropolitana, la consulta degli Immigrati, gli Enti del SAI – Sistema dell’accoglienza delle persone rifugiate, le Università cittadine, le Associazioni locali e nazionali impegnate nella tutela dei diritti. Programma delle attività Sala dei Baroni, ore 9,30: la giornata prenderà il via con una conferenza dove rappresentanti istituzionali, esperti, associazioni e rifugiati discuteranno delle sfide e delle opportunità legate all’integrazione. Cortile del Maschio Angioino, ore 10: Mostra fotografica: “Frammenti”, di Mario Badagliacca; esibizione al violino di Gennaro Spinelli e laboratori interculturali per bambini ed adulti. Piazza Garibaldi, ore 17: concerto gratuito con artisti locali e internazionali a partire dalle  17, per   promuovere il dialogo attraverso la musica. In tale occasione saranno premiate le squadre di calcio partecipanti al “torneo interculturale Mariarosaria Cesarino”, in memoria della dirigente del Comune di Napoli venuta a mancare lo scorso dicembre, che tanto si è spesa per il benessere delle persone fragili nella nostra città e alla quale si devono tanti tra i principali progetti comunali in tema d’accoglienza dei rifugiati. Gli eventi sono aperti a tutti e gratuiti. Per maggiori dettagli sul programma e per partecipare alle attività, visitare il sito ufficiale del Comune di Napoli: https://www.comune.napoli.it/giornata-mondiale-del-rifugiato-2025 Fonte: Comunicato Stampa Comune di Napoli Redazione Napoli
Mozione IC “Sauro-Errico-Pascoli” di Napoli contro discriminazione, segregazione e colonizzazione del popolo palestinese
Il Collegio Docenti dell’IC “Sauro-Errico-Pascoli” si dichiara CONTRO la politica di discriminazione, segregazione e colonizzazione che lo Stato di Israele utilizza nei confronti del popolo palestinese e che viola i principi e i dettami del diritto internazionale e le risoluzioni ONU sui Diritti Umani. Oggi in particolare, di fronte ai massacri ed al genocidio in atto nella striscia di Gaza ad opera dell’esercito israeliano, vogliamo evidenziare questa posizione in modo chiaro, aderendo alla campagna internazionale “Spazi Liberi dall’apartheid israeliana” che promuove la creazione di una rete di strutture pubbliche e private libere da ogni forma di discriminazione. Questi luoghi, che prendono ispirazione dalla lotta contro l’apartheid in Sudafrica, e rappresentano una Rete oggi attiva in diversi paesi del mondo, sono contro l’occupazione militare e le politiche di apartheid in Palestina come in ogni parte del globo, e si impegnano a non contribuire in alcun modo alle gravi violazioni delle libertà fondamentali del popolo palestinese. Come Istituzione scolastica impegnata da sempre nella lotta contro ogni tipo di razzismo, discriminazione e segregazione e ispirata, com’è doveroso che sia, ad educare le giovani generazioni ai valori di rispetto, solidarietà, giustizia, spirito critico, propri della nostra Costituzione, intendiamo quindi prendere posizione rispetto al genocidio in atto, impegnandoci a non restare in silenzio ed a continuare nella nostra missione di costruttori di pace e dialogo tra le persone ed i popoli. Napoli, 13/05/2025 Mozione-PalestinaDownload
Incontri sulle devianze giovanili con i Carabinieri: rischio militarizzazione nelle scuole di Napoli
Alla fine dell’anno scolastico appena terminato, il 3 giugno 2025 dalle 9:00 alle 11:00, si è tenuto presso uno storico Liceo del centro di Napoli, il Liceo Statale “Antonio Genovesi”, un incontro rivolto agli studenti e alle studentesse delle prime classi sul tema delle devianze giovanili dal titolo “Oltre il limite. Quando le scelta diventa rischio”, presentato come «un dialogo aperto sulle devianze giovanili e il loro significato. Confronto tra dimensione psicologica, responsabilità legale e prevenzione educativa». Dell’evento, qualche giorno dopo, è scomparsa traccia dal sito dell’Istituto e una ricerca sui più diffusi motori di ricerca, anche tramite immagine, non ha dato risultati; resta quindi solo una foto scattata alla locandina che è stata affissa sul portone della scuola e la testimonianza di alcune persone che l’hanno vista e di una nostra attivista che ne ha parlato con degli studenti e le studentesse all’ingresso della scuola. I relatori dell’iniziativa? Oltre al Dirigente Scolastico per i saluti istituzionali di rito e una docente – si presume dell’Istituto – in qualità di moderatrice, tutti i tre interventi sono a cura di “esperti” dell’Arma dei Carabinieri. Colpisce in particolare che il primo dei tre sia il Comandante del Nucleo di Psicologia della Legione Carabinieri della Campania. Perché uno psicologo interno alle Forze Armate dovrebbe essere preferibile, per dialogare coi giovani all’interno di una scuola, ad un altrə professionista? Quale ragione sta dietro a tale scelta? Per noi dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università il fatto che dei professionisti siano interni ad un corpo militare fa assumere di fatto all’iniziativa un’impostazione diversa da quella che avrebbe con esperti della società civile, improntata a un paradigma securitario, basato cioè sulla norma e la punizione prevista per chi la infrange; un paradigma lontanissimo da quello educativo, che dovrebbe prevedere il dialogo, il pluralismo, la costruzione condivisa di saperi e di valori e una motivazione intrinseca alla base dell’elaborazione personale, da parte degli educandi, di questi ultimi. Nel caso specifico, sul delicato e scivoloso tema delle devianze giovanili (devianze da cosa? da quale norma?) – e in particolare in una città come Napoli e in tempi di “Decreto Caivano” e “Decreto Sicurezza” – ci chiediamo quale dialogo aperto possa essere stato intessuto con gli/le studenti/studentesse da esperti con l’arma d’ordinanza nella fondina. Un altro aspetto di questa iniziativa, ancora poco diffuso e che ci pare assai preoccupante, è la presenza non di semplici Carabinieri, ma di esponenti delle professioni – proprio di quelle professioni che secondo noi sarebbero da preferire ai militari nella scelta di eventuali esperti esterni che intervengano nelle scuole -,  ma interni all’Arma dei Carabinieri. Questo fatto testimonia della crescente militarizzazione delle professioni, evidente anche in alcuni percorsi universitari e post universitari che vengono attivati in alcune facoltà, come ad esempio il master in psicologia militare dell’Università La sapienza di Roma (https://www.uniroma1.it/it/offerta-formativa/master/2025/psicologia-militare). Anche in altre parti d’Italia abbiamo testimonianze di giovani studenti e studentesse che dichiarano di voler lavorare, ad esempio, come biologa/o al RIS di Parma dei Carabinieri oppure psicologa/o nell’ufficio reclutamento della Marina Militare. Il fatto che si stia diffondendo un’attitudine a legare alcune occupazioni alla divisa e quindi all’attività lavorativa nelle Forze Armate è secondo noi il segno evidente che è in atto un tentativo di sovrapposizione tra il mondo civile e quello militare, atto a persuadere che tra l’uno e l’altro non ci sia nessuna differenza; di più: la presenza di queste professionalità nelle iniziative nelle scuole ha come obiettivo quello di aumentare la fascinazione dei giovani per la divisa, come se il mondo militare fosse un luogo in cui tutte le inclinazioni personali e le aspirazioni possono trovare spazio. In territori ad alto tasso di disoccupazione giovanile come il sud Italia, in cui la carriera militare è già vista come una delle poche possibilità di impiego sicuro, ora promette anche la possibilità di realizzarsi in molti campi diversi. Noi crediamo che questa promessa sia ingannevole e vogliamo scuole libere da questa propaganda! È evidente che un professionista stipendiato dal Ministero della Difesa non è più un libero professionista, ma ha l’obbligo di fare gli interessi e di veicolare la cosiddetta “cultura della Difesa”. Alcuni liberi professionisti, come avvocati o psicologi, se assunti da un’azienda devono uscire dall’ordine professionale, a garanzia dell’indipendenza e dell’autonomia che deve caratterizzare queste professioni. Perché, quando si è stipendiati dal Ministero della Difesa e a maggior ragione nel clima culturale denso di militarismo di questi anni, si vorrebbe far credere ai più giovani e alle comunità scolastiche tutte, che questi professionisti in divisa siano davvero liberi nei contesti educativi, e che facciano qualcosa di diverso dal veicolare il militarismo e i suoi valori? Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Napoli
La rabbia non basta
COSA STA SUCCEDENDO AI GIOVANI UOMINI? SIAMO DI FRONTE A UN PROFONDO ANALFABETISMO AFFETTIVO? CHI SE NE OCCUPA? PERCHÉ IL RICHIAMO ALL'”EDUCAZIONE DEI SENTIMENTI” NON È SUFFICIENTE? DOMANDE OLTRE L’INSOPPORTABILE E ILLUSORIA IDEA DI PREVENIRE E SCORAGGIARE I FEMMINICIDI AUMENTANDO LE PENE Bologna, 24 maggio: al Centro Sociale della Pace, con le Cattive maestre si ragiona di scuola a partire dal libro Dietro la cattedra, sotto il banco. Il corpo a scuola -------------------------------------------------------------------------------- Di fronte a un fenomeno quotidiano e allarmante come i femminicidi, soprattutto quando l’età dell’aggressore e della vittima si abbassano, non mi meraviglia l’indignazione e la rabbia che, soprattutto sui social, fanno seguito. Mi meraviglia invece che si possa pensare di prevenirli, scoraggiarli, aumentando le pene fino all’ergastolo. L’abbassamento dell’età, della vittima e dell’aggressore non può non interrogarci innanzi tutto su che cosa sta succedendo a giovani uomini, che cosa può spingere un abbandono, un rifiuto, la fine di una relazione quando si è ancora poco più che adolescenti, a un’azione così feroce di annientamento dell’altra. Al di là delle tante ragioni sociali, che sicuramente incidono – ambiente degradato, clima di guerra, predominio del più forte, ecc. -, non c’è dubbio che il peso maggiore viene dal cambiamento del rapporto tra i sessi. Le donne, già dall’adolescenza, sono oggi più consapevoli di quella che è stata storicamente la loro condizione, più decise nell’affermare la loro libertà. Il femminismo degli anni Settanta ha fatto fare un salto della coscienza storica e, se anche non ha cancellato la cultura patriarcale, il sessismo dominante, lo ha tolto dalla “naturalità” con cui è arrivato fino a noi. È di fronte a questa novità, imprevista, inaspettata, che scatta la reazione vendicativa di chi ha creduto, più o meno inconsapevolmente, di poter contare su corpi femminili, erotici e materni, obbedienti, sottomessi, attenti, come scriveva già Jean-Jacques Rousseau, a “rendere loro buona la vita”. L’ambiguità di un dominio particolare come quello maschile, intrecciato e confuso con le vicende più intime, viene oggi allo scoperto, e se è l’odio contro il femminile a prevalere, non è solo per un “possesso” che l’uomo si vede sfuggire, ma per la scoperta di una fragilità e dipendenza coperte finora dall’esistenza di corpi sociali rassicuranti riguardo a un privilegio millenario di superiorità “naturale”, intoccabile. È già accaduto, all’inizio del Novecento, che la comparsa dei movimenti femminili e femministi di emancipazione delle donne risvegliasse, insieme alla misoginia, la virilità guerriera che ha portato a due guerre mondiali e al nazifascismo. Dietro a quello che viene superficialmente definito “bullismo”, come sanno le donne che oggi insegnano, ci sono sessismo e razzismo, pregiudizi antichi e precoci per la storia millenaria che li ha trasmessi quasi inalterati. E c’è l’analfabetismo affettivo che ha la sua radice negli interrogativi che si pongono, spesso dolorosamente, nell’adolescenza per quanto riguarda il corpo e le passioni che lo attraversano, e cui nessuno risponde. Non la famiglia, che in qualche modo li crea, né la scuola, dove restano il “sottobanco”, il “fuori tema”. Nei tanti articoli e dibattiti che hanno fatto seguito al femminicidio di Martina Carbonaro, il richiamo all'”educazione dei sentimenti” di cui dovrebbe farsi carico la scuola, è ricorrente. Ma poco o niente si dice che l’educazione non è neutra, che sentimenti, sogni, emozioni, pulsioni, portano il segno delle costruzioni di genere, del diverso “destino” assegnato a un sesso e all’altro. Ancora meno si dice che chi, all’interno della scuola, prova ad affrontare la violenza maschile da questo punto di vista, viene osteggiato e ostacolato, a partire da decreti ministeriali repressivi, volti alla restaurazione di quegli stessi “valori” tradizionali che hanno garantito la durata storica della cultura patriarcale. -------------------------------------------------------------------------------- LIBRI Un suggerimento di lettura per chi tenta oggi coraggiosamente e faticosamente un cambiamento della scuola: Dietro la cattedra, sotto il banco. Il corpo a scuola, scritto da Lea Melandri insieme a Cattive Maestre e pubblicato da Prospero Editore. . . -------------------------------------------------------------------------------- Testo dell’intervento raccolto da “Tutta la città ne parla”, programma di Radio Tre, giovedì 29 maggio. Ospiti di Pietro Del Soldà, insieme a Lea Melandri: Dario Del Porto (giornalista), Maria Teresa Manente (avvocata), Matteo Lancini (psicologo e psicoterapeuta). Lea Melandri ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE: > Forse era il suo primo grande No -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La rabbia non basta proviene da Comune-info.
Memoria viva, lotta quotidiana. A Napoli, 33 anni dopo Capaci
Napoli si è fermata questa mattina per ricordare. In piazza Municipio, davanti alla lapide che onora Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e le loro scorte, sono stati deposti dei fiori. Un gesto semplice, ma necessario. Perché in un tempo che corre veloce, fermarsi a ricordare è già una forma di resistenza. Il sindaco Gaetano Manfredi, intervenuto alla cerimonia insieme al prefetto, ai rappresentanti della magistratura, agli studenti e a numerose realtà civiche, ha sottolineato l’urgenza di un impegno collettivo: “La legalità si afferma solo con la partecipazione di tutti”. Un messaggio che risuona forte, soprattutto oggi, a 33 anni dalla strage di Capaci. Oggi più che mai, è evidente che la criminalità organizzata ha cambiato forma. Meno visibile, più insinuata nel tessuto economico e sociale. Secondo l’ultima relazione semestrale della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), le mafie si infiltrano nei settori dell’edilizia, della logistica, degli appalti pubblici e del gioco online, riciclando capitali e conquistando consenso sociale. Secondo il rapporto 2023 di Transcrime, l’Italia è uno dei paesi europei con il più alto numero di segnalazioni per operazioni finanziarie sospette, oltre 140.000 nel solo 2022. Secondo dati ISTAT, oltre 11.000 beni immobili confiscati sono stati trasferiti ai comuni per usi sociali, ma solo il 60% è effettivamente utilizzato. Le regioni con il più alto numero di beni assegnati sono Sicilia, Campania e Calabria. Questo evidenzia un potenziale ancora inespresso nella lotta alla criminalità attraverso il riutilizzo dei beni confiscati. A Napoli, alcuni beni confiscati sono stati trasformati in presidi di legalità e cittadinanza attiva. Come il Centro La Gloriette, a Posillipo, oggi sede di un progetto di inclusione per persone con disabilità. O le cooperative che, nei quartieri difficili, creano lavoro dove prima c’erano solo silenzi e minacce. Solo pochi giorni fa, la città ha ricordato un’altra vittima della camorra: Gelsomina Verde, uccisa a 22 anni nel 2004. Torturata e bruciata perché amava la persona sbagliata agli occhi di chi fa della vita umana un mezzo per il potere. Anche in quell’occasione c’erano i familiari, i compagni di scuola, le associazioni, le voci che non vogliono dimenticare. Le mafie non sono finite. Hanno solo cambiato volto. E combatterle significa restare svegli, informati, solidali. Significa proteggere chi denuncia, sostenere chi educa, rafforzare chi amministra nel silenzio e nella fatica. Secondo l’associazione Libera, nel solo 2023 sono stati registrati oltre undici episodi di vandalizzazione di beni confiscati alle mafie, con danneggiamenti che vanno dagli incendi dolosi agli imbrattamenti intimidatori. Si tratta di immobili già assegnati a finalità sociali, come sedi associative o comunità educative, spesso ubicati in territori ad alta densità mafiosa. Questi atti non sono semplici gesti di teppismo: sono messaggi diretti, tentativi di delegittimare chi porta avanti percorsi di legalità concreta nei quartieri. La stessa Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC) segnala che oltre 40.000 beni in Italia sono ancora in attesa di destinazione definitiva, mentre il 40% dei beni già trasferiti ai Comuni risulta in stato di abbandono o sotto-utilizzo. Un vuoto che espone molte strutture a rischio di degrado o sabotaggio. In un’indagine 2023 di Avviso Pubblico, il 60% dei Comuni coinvolti ha dichiarato difficoltà nella gestione dei beni confiscati, spesso per mancanza di fondi, personale o supporto tecnico. Rafforzare la rete istituzionale e civile attorno a questi presidi è oggi una priorità, se si vuole rendere la memoria una leva di trasformazione duratura e non solo un esercizio di rito. Inoltre, secondo l’ANBSC (Agenzia Nazionale per l’Amministrazione dei Beni Sequestrati e Confiscati), più di 40.000 beni sono ancora in attesa di destinazione definitiva, spesso a causa di lungaggini burocratiche o opposizioni legali. Nel campo dell’educazione alla legalità, progetti come “Scuola e legalità” promossi da MIUR e associazioni antimafia hanno coinvolto oltre 500.000 studenti negli ultimi dieci anni, con attività di formazione, teatro civile e incontri con testimoni di giustizia. Il Comune di Napoli, attraverso il programma “Scuole Aperte”, ha sostenuto 50 istituti in attività pomeridiane contro la dispersione scolastica e l’illegalità diffusa. Ogni volta che ricordiamo i nomi di chi non c’è più per mano mafiosa o camorrista, ogni volta che ci fermiamo a nominarli, a raccontarli, è un’occasione per risvegliare quelle emozioni sopite che ci tengono vigili. È così che la memoria ci salva dall’indifferenza. E non ci stancheremo mai di scriverne. Perché è uno dei pochi strumenti veri che abbiamo per cambiare direzione. Lucia Montanaro   Fonti: Libera – “Beni confiscati: il potere del riuso”, 2023 – www.libera.it ANBSC – www.benisequestraticonfiscati.it Transcrime – Rapporto 2023 – www.transcrime.it ISTAT – Dati su beni immobili confiscati – www.istat.it Avviso Pubblico – “Amministratori sotto tiro” 2023 – www.avvisopubblico.it MIUR – Progetti “Scuola e Legalità” – www.miur.gov.it Credits fotografici: Tutte le foto sono tratte dal sito ufficiale del Comune di Napoli.  Lucia Montanaro