Continua la strage degli invisibili nel Mediterraneo in guerra
Mentre nella Striscia di Gaza si sta consumando un vero e proprio genocidio, e
le complicità internazionali con il trumpismo dilagante, inclusa la complicità
del governo italiano, stanno allontanando la soluzione di tutti i numerosi
conflitti in corso nel mondo, continua la serie di naufragi nel Mediterraneo
centrale. Stragi di sistema, frutto degli accordi con il governo tunisino e con
le entità militari e statali che si contendono la Libia, supportate dal
monitoraggio aereo di Frontex e dalle prassi operative di “difesa” dei confini
marittimi e di contrasto dell’immigrazione illegale, attuate nel Mediterraneo
centrale dall’Italia ed i misura minore, dal governo maltese.
In nome della sicurezza dello Stato, e addirittura della lotta al terrorismo, si
violano ormai tutte le norme di diritto internazionale sulla salvaguardia della
vita umana in mare e sulla protezione dei richiedenti asilo. La vicenda
Almasri, ancora torbida nei suoi più recenti sviluppi in Libia, e i tentativi di
insabbiamento in corso per nascondere le gravissime responsabilità
istituzionali, confermano il tracollo dei diritti umani nelle relazioni
bilaterali tra Stati e la crisi di legittimazione delle Corti internazionali.
A nessuno sembra più importare la sorte delle persone intercettate in mare o
arrestate e respinte dalla Tunisia e trasferite nei centri di detenzione diffusi
in tutta la Libia. Negli ultimi mesi sono aumentate le partenze ed i naufragi
dalle coste della Cirenaica. La zona SAR ( di ricerca e salvataggio) “libica”
sembra ormai sfuggita a qualsiasi controllo, a parte le intercettazioni
violente, con l’uso di armi da fuoco, da parte della sedicente guardia costiera
libica.
Le autorità marittime che intervengono, spesso colluse con i trafficanti, ed
alle quali secondo il governo italiano si dovrebbe obbedire, sono prive di
qualsiasi legittimazione internazionale, oltre a commettere gravi crimini. Una
“zona SAR”, quella “libica”, che andrebbe sospesa immediatamente, con il
ripristino degli obblighi di soccorso in acque internazionali a carico delle
autorità italiane e maltesi, con il supporto dell’agenzia europea FRONTEX, che
non può ritirarsi dalle operazioni di ricerca e salvataggio.
Oltre cento rifugiati sudanesi sono morti o risultano dispersi dopo due naufragi
avvenuti sabato 13 e domenica 14 settembre al largo della costa di Tobruk, nella
Libia orientale, come hanno annunciato mercoledì 17 settembre l’Organizzazione
internazionale per le migrazioni (OIM) e l’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati (UNHCR).
Con questi ultimi naufragi, nel 2025 secondo l’Oim sono oltre 500 le persone che
hanno perso la vita e altre 420 risultano disperse lungo la rotta del
Mediterraneo centrale. I dati sono aggiornati, conferma Oim Libia, dall’inizio
dell’anno al 13 settembre. Nello stesso periodo, precisa l’agenzia dell’Onu, i
migranti intercettati in mare e riportati in Libia sono stati 17.402, di cui
15.555 uomini, 1.316 donne, 586 minori e 145 di cui non si conoscono i dati di
genere.
Pochi giorni fa un altro naufragio al largo delle coste tunisine, di cui nessuno
ha scritto. Dopo il capovolgimento del barcone che li trasportava sono morte 39
persone, tra cui diversi cittadini camerunensi. Il 15 settembre una ragazza
ventenne ha perso la vita in un naufragio a 45 miglia nautiche da Lampedusa. Il
barchino di ferro su cui viaggiava insieme a una cinquantina di persone ha
iniziato ad affondare, e secondo i sopravvissuti anche un’altra donna sarebbe
dispersa.
In una sola settimana dal 6 al 13 settembre, approdavano a Lampedusa oltre 3000
persone. E il 9 settembre venivano sbarcati nell’isola anche i cadaveri di due
donne. Un fallimento su tutta la linea delle politiche migratorie italiane
basate su accordi con governi che non rispettano i diritti umani. Ma in
proporzione aumentano più le vittime che i cosiddetti “sbarchi”. E nei paesi di
transito la condizione dei migranti peggiora sempre di più, nella totale
impunità degli autori di abusi che vanno dalla violenza sessuale alla detenzione
arbitraria ed all’estorsione attraverso torture atroci.
Questa volta non sono arrivate neppure le dichiarazioni contrite ed ipocrite
della presidente del Consiglio, come invece era avvenuto dopo i naufragi a sud
di Lampedusa, lo scorso mese di agosto. Se non si vedono cadaveri, le vittime
non esistono. Ormai l’interesse generale deve essere deviato verso i discorsi
d’odio contro il governo, in vista delle prossime scadenze elettorali, e il
vicepresidente del Consiglio Salvini annuncia l’ennesimo decreto legge contro le
persone migranti. Intanto si rilancia in tutta Europa una violenta campagna
anti-immigrati basata su fake news e manipolazioni con l’intelligenza
artificiale.
Secondo un recente Rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio
d’Europa, Michael O’Flaherty. “La cooperazione esterna in materia di asilo e
migrazione deve essere progettata e attuata con grande attenzione, per non
mettere a repentaglio i diritti umani. I governi che sviluppano politiche di
esternalizzazione in questo campo dovrebbero valutare attentamente il loro
potenziale impatto negativo sui diritti umani, poiché tali politiche possono
esporre donne, uomini e bambini a rischi significativi di gravi danni e
sofferenze prolungate”.
Una valutazione puntualmente elusa dal governo Meloni, dopo il fallimento del
modello Albania, fortemente voluto dalla presidente del Consiglio e da Ursula
von der Leyen, senza l’approvazione da parte del Parlamento europeo e del
Consiglio UE. Un modello perverso e personalistico di gestione delle relazione
esterne dell’Unione europea, che oggi sta mostrando una serie di fallimenti a
catena, purtroppo sulla pelle di persone innocenti.
Mentre continuano i fermi amministrativi delle navi umanitarie e degli aerei
civili, che permetterebbero di salvare migliaia di persone, il governo italiano,
malgrado le pronunce di annullamento o di sospensione dei tribunali, continua a
supportare le autorità di quei governi, o meglio entità statali neppure
riconosciute dalla comunità internazionale, che sparano sulle imbarcazioni
cariche di migranti e sulle navi umanitarie.
Al di là delle gravissime responsabilità che dovranno essere accertate sul caso
Almasri, occorre denunciare i responsabili delle politiche di morte che, in
giorni in cui l’umanità sembra cancellata dal genocidio in corso a Gaza,
continuano a produrre vittime nascoste nel silenzio prodotto dalle prassi di
abbandono sistematico in mare e dalla censura dei canali informativi sui crimini
che si consumano nelle acque del Mediterraneo.
Le imbarcazioni civili dei cittadini solidali, comunque vengano contrastate, non
abbandoneranno quelle zone di ricerca e salvataggio (SAR) in acque
internazionali che, in virtù di accordi bilaterali come il Memorandum
Italia-Libia del 2017, sono diventate spazi di intercettazione e
deportazione. Occhi e voci di operatori umanitari che salveranno quante più vite
possibile, ma anche testimoni inflessibili degli abusi e delle omissioni
perpetrati dalle autorità statali e dalle milizie con la divisa di guardia
costiera. Quelle autorità e quelle milizie che il governo italiano, con il
sostegno dell’Unione europea, continua a finanziare e ad assistere, malgrado le
sentenze che affermano come il Centro di Coordinamento del Soccorso libico e la
Guardia Costiera libica non possano essere considerati soggetti legittimi per le
operazioni di ricerca e soccorso.
Fulvio Vassallo Paleologo