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Sul piatto della Shangai Cooperation Organization, innanzitutto, la sicurezza collettiva
Si è svolto ieri a Tianjin, non molto lontano da Pechino, il vertice dei ministri degli Esteri dei paesi membri della Shangai Cooperation Organization (SCO), una delle organizzazioni ‘regionali’ che ha assunto ormai un ruolo centrale negli equilibri del mondo multipolare. Fosse anche solo per il fatto che, pur con […] L'articolo Sul piatto della Shangai Cooperation Organization, innanzitutto, la sicurezza collettiva su Contropiano.
Nelle fabbriche si sciopera contro lo stress da calore. Il Protocollo approvato non è adeguato
I lavoratori della Emmegi di Cassano d’Adda, in provincia di Milano, sono tornati a scioperare per protestare contro le condizioni di lavoro all’interno dei capannoni della fabbrica dove si registrerebbero fino a 36,5 gradi. Le avevano visto un primo sciopero davanti all’azienda mercoledì 2 luglio. Nei giorni scorsi avevano scioperato […] L'articolo Nelle fabbriche si sciopera contro lo stress da calore. Il Protocollo approvato non è adeguato su Contropiano.
ABUSI IN DIVISA: 16 AGENTI A PROCESSO PER I PESTAGGI ALLA QUESTURA DI VERONA
Sono diventati 16 i poliziotti indagati per torture e lesioni che sarebbero avvenute all’interno della Questura di Verona tra agosto e novembre 2022. Nove gli agenti che, dalla scorsa settimana, hanno allungato la lista degli indagati e che compariranno in udienza preliminare il prossimo 22 settembre 2025. L’indagine è partita dopo che i due cittadini fermati per “accertamenti”, hanno denunciato le violenze subite in diversi locali della Polizia in lungadige Galtarossa, in particolare in una stanza denominata “Acquario”. Le immagini delle violenze, già diffuse lo scorso giugno, mostrano tra l’altro i poliziotti delle volanti mentre trascinano un fermato a terra tra le sue urine o mentre sferrano pugni. Due i giudizi immediati già concordati tramite patteggiamento, per altri otto agenti l’inchiesta si era chiusa con l’archiviazione delle accuse. Nell’intervista la ricostruzione della vicenda e il commento di Daniele Todesco, dell’Osservatorio Migranti di Verona, che punta il dito anche sulla gestione della sicurezza in città, in seguito alla recente istituzione delle zone rosse. Ascolta o scarica
Praticare resistenza democratica
-------------------------------------------------------------------------------- Foto di Gianluca Peciola -------------------------------------------------------------------------------- “We refuse to be what you wanted us to be. We are what we are, that’s the way it’s going to be” (“Rifiutiamo di essere quello che volevate che fossimo. Siamo quello che siamo. È così che andrà”, Bob Marley) Sabato 31 maggio eravamo, in migliaia, in piazza a Roma ad opporci al decreto sicurezza voluto dal Governo Meloni. In questi mesi, in migliaia, ci siamo mobilitati in tutto il Paese, dando vita a decine di iniziative; presidi; cortei. È stata una risposta di popolo, larga, plurale, non politicista all’autoritarismo che questo esecutivo sta mettendo in campo. Lo sappiamo bene come, da trent’anni, il tema della “sicurezza” sia usato come specchietto per le allodole. Un paravento funzionale a legittimare leggi violente, impregnate di razzismo, classismo e sessismo. Una colpa equamente distribuita tra i governanti di destra e sinistra. Da Maroni, a Minniti-Orlando fino ai decreti di Salvini e di Lamorgese. Una lunga catena repressiva, che ha causato incommensurabili danni sociali: persone migranti costrette all’irregolarità e detenute, in condizioni inumane, nei CPR (cui, ricordiamolo, Minniti ha dato nuovo vigore); Daspo urbano per senza dimora; venditori ambulanti; sex workers, giovani razzializzati allontanati dai nostri territori come reietti; criminalizzazione delle lotte sociali; restrizione di ogni spazio di dissenso, con l’impossibilità di esercitare il sacrosanto diritto di manifestare. Il Governo Meloni si era già trovato la strada spianata. E proprio per questo ha potuto mettere in campo un provvedimento che segna un ulteriore salto di qualità nelle dinamiche di controllo sociale e di repressione. Un cambio di paradigma nel rapporto tra Stato e società civile, che ci riporta direttamente nei tempi più bui della nostra storia. A dirlo, non sono state solo le migliaia di persone; di associazioni; di spazi sociali; di realtà sindacali scesi in piazza in questi mesi. Non è stata solo la magistratura; i e le docent3 universitarie; gli e le avvocat3. A dirlo sono stati gli stessi organismi internazionali, dalle Nazioni Unite al Consiglio d’Europa, che hanno affermato chiaramente come l’approvazione di quel provvedimento avrebbe rappresentato per l’Italia una rottura con lo Stato di diritto, traghettandoci direttamente in uno Stato di Polizia, in cui è impedito l’esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali. Davanti a tutto questo, cos’ha fatto questo Governo? In maniera vile, ha strappato il DDL Sicurezza da una discussione parlamentare che durava da oltre un anno e lo ha trasformato in un decreto legge approvato, a colpi di Consiglio dei Ministri, in meno di 48 ore. Perché hanno avuto paura. Paura di non controllare l’opposizione a questo provvedimento, dentro e fuori il Parlamento. Hanno dimostrato la vera pasta di cui sono fatti: vili e codardi. Utilizzando lo strumento del decreto legge come un manganello legislativo. Dando vita a una forzatura istituzionale gravissima, in sfregio a qualsiasi confronto democratico e agli stessi organismi internazionali. Dunque dall’11 aprile, con l’approvazione di questo decreto legge, siamo già in uno scenario distopico, in un delirio repressivo: fino 5 anni di reclusione per una resistenza passiva in carcere o nei CPR; 2 anni di galera per un blocco stradale; 7 anni per l’organizzazione di un picchetto anti-sfratto; 3 anni per l’imbrattamento di un edificio istituzionale. Anni di galera, per condotte inoffensive. Anni di galera per chi pone in essere la benché minima forma di dissenso. Per non parlare di ciò che si prevede per le madri detenute; per chi si trova in una condizione di marginalità sociale; sul settore della cannabis; sulla revoca della cittadinanza e sui privilegi elargiti alle forze dell’ordine… Davanti a tutto questo, non può non cogliersi l’importanza della mobilitazione che si è creata contro questo provvedimento. Una opposizione non solo difensiva ma che ha saputo contrattaccare. Che intende ridare senso alla parola “sicurezza”, sottraendola dalla spirale del securitarismo per ancorarla all’unico significato che dovrebbe avere: la sicurezza sociale. Sicurezza è avere un tetto sopra la testa; non morire sul lavoro; non aspettare mesi per una mammografia; non subire il ricatto di una cittadinanza negata; non perdere la libertà per un permesso di soggiorno che ti hanno impedito di avere. Sicurezza è sapere che, se scendi in piazza, non rischi di finire in galera solo perché hai manifestato il tuo dissenso. Sicurezza è non essere lasciato in balìa dell’arbitrio delle forze dell’ordine, oramai forti della loro impunità e di uno Stato che pagherà anche le spese processuali per i loro abusi di potere. L’abbiamo detto, sabato, in piazza che è solo l’inizio. E ci crediamo veramente. Ora tocca vincere una campagna referendaria fondamentale. Portare tutt3 a votare per un diritto al lavoro degno e per dare cittadinanza a migliaia di italian3 che ne sono stati privati. Sarà lunga. Bisognerà lavorare tanto. Stare nei nostri territori, presidiare i nostri quartieri, opporci alla loro militarizzazione già avvenuta con le ignobili “zone rosse”. Bisognerà continuare a praticare disobbedienza a questi leggi ingiuste. Continuare a tessere quei legami di solidarietà che vogliono, in ogni modo, spezzare. Ma la mobilitazione che abbiamo saputo creare, le convergenze inedite che – finalmente – si stanno realizzando sono ossigeno. Ossigeno puro davanti alle miserie di questo presente. Nei prossimi mesi, davanti a questo attacco inedito, dovremmo continuare a realizzare alleanze inedite, a sperimentare linguaggi e pratiche nuove; ad aprire spazi reali di trasformazione, praticando una resistenza democratica diffusa. Abbiamo imparato a camminare insieme, ora tocca solo non fermarci. Scrive bell hooks in Elogio del margine: “Faccio una distinzione precisa tra marginalità imposta da strutture oppressive e marginalità eletta a luogo di resistenza, spazio di possibilità e di apertura radicale. […]. Noi giungiamo in questo spazio attraverso la sofferenza, il dolore e la lotta. Sappiamo che la lotta è il solo strumento capace di soddisfare, esaudire e appagare il desiderio. La nostra trasformazione, individuale e collettiva, avviene attraverso la costruzione di uno spazio creativo radicale, capace di affermare e sostenere la nostra soggettività, di assegnarci una posizione nuova da cui poter articolare il nostro senso del mondo…”. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI GIULIANO SANTORO Un antidoto al veleno securitario -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Praticare resistenza democratica proviene da Comune-info.
DL Sicurezza: la repressione del dissenso attraverso la tutela delle forze di polizia
Dallo scorso 11 aprile, il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana italiana si è trasformato in un decreto che si appresta ad essere convertito in legge. Coerentemente con il suo contenuto autoritario e antidemocratico, pensato e disegnato per reprimere il dissenso e colpire duramente le più disparate soggettività già socialmente vulnerabili, le sue modalità di introduzione sono anch’esse antidemocratiche: come al solito emergenziali, motivate da improbabili ragioni di straordinaria necessità ed urgenza, con tanto di voto di fiducia, al riparo da quella che dovrebbe essere la naturale dialettica democratica. D’altronde, i cosiddetti pacchetti sicurezza, varati dai governi di ogni colore e provenienza, hanno da sempre assunto la forma del decreto (ricordiamo i decreti “Maroni”, d.l. 23 maggio 2008, n. 92; “Minniti”, d.l. 20 febbraio 2017, n. 14; “Salvini”, d.l. 4 ottobre 2018, n.113). Non c’è dunque da meravigliarsi, ma neanche da arrendersi. > Uno Stato che a forza di decreti si preoccupa dell’ampliamento delle tutele > delle forze di polizia, relegando all’oblio delle sue agende politiche la > strage che da oltre un anno si sta consumando nelle galere sempre più > sovraffollate, è uno Stato che sta dichiaratamente affinando e ampliando un > potere di sopraffazione sui corpi, utilizzato per incapacitare la > vulnerabilità sociale e reprimere il dissenso. Sotto l’apparente neutralità di approntare una tutela efficace alle forze dell’ordine si introducono nuovi reati, ampliando le pene di quelli già esistenti e aggiungendo senza alcun criterio di ragionevolezza delle nuove circostanze aggravanti. Sempre nel capo terzo del decreto, dedicato alla tutela delle forze di polizia, si prevedono i nuovi reati di rivolta penitenziaria, così come nei luoghi di accoglienza e trattenimento per migranti. C’è da dire, però, che la forza di polizia, nell’adempimento del suo mandato di tutela dell’ordine pubblico, è tutto fuor che neutrale. Mantenere l’ordine, specie nelle piazze o nelle strade dove si svolge una protesta, tanto più quando pacifica, (spazi di libertà, questi sì, che dovrebbero essere tutelati secondo i dettami della nostra democrazia costituzionale) significa conservare un determinato ordine sociale e di classe, che è anche un ordine simbolico. Ed è proprio rispetto all’accaparramento di questo capitale simbolico che si comprende l’inquietudine scomposta del governo nel troncare l’iter legislativo per ragioni, come ammette lo stesso Ministro dell’Interno, “di opportunità”. È un consenso di cui si nutrono i populismi di ogni sorta, in quelle che il filosofo Luigi Ferrajoli chiama demoastenie. Si tratta di un consenso passivo e vacillante, sorretto da una paura artificiale sul quale hanno soffiato e continuano a soffiare i governi preoccupati dalla costante perdita di legittimazione politica. Quest’ordine simbolico viene preservato e nutrito a suon di decreti, nuovi reati, misure di sicurezza e più potere alla polizia che ne è garante. > Si finisce in una forma patologica di democrazia, in cui il popolo è inteso > come soggetto passivo non autorizzato ad attivarsi per concorrere > democraticamente alla politica nazionale. La piazza e le strade, invece, diventano terreno di contesa e di comunicazione unilaterale. Quanti feriti tra le forze di polizia, quanti facinorosi tra le fila dei manifestanti. In questo modo, il corpo degli agenti viene strumentalizzato, divenendo esso stesso mezzo di repressione. Non solo attraverso le braccia armate di scudi e manganelli, ma anche attraverso i referti medici, dal quale conseguiranno anni di galera per i manifestanti. Questi ultimi, magari, individuati in modo approssimativo tramite le bodycam previste dall’art. 21 del decreto, da cui vengono estratte immagini decontestualizzate da utilizzare per risalire ai volti presenti in situazioni concitate, come quelle che si verificano durante una carica della polizia. Dietro la repressione del dissenso e il contenimento muscolare della marginalità sociale, sulle strade, in carcere o nei CPR, c’è un non tanto velato desiderio di disciplinamento e di addocilimento forzato. Manifestare oggi è quindi necessario per poterlo fare anche domani, in ogni luogo. Immagine di copertina di Renato Ferrantini SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo DL Sicurezza: la repressione del dissenso attraverso la tutela delle forze di polizia proviene da DINAMOpress.
Tornare e riempire le piazze
Nuovi reati e la colpa del dissenso. Il Dl sicurezza continua il suo percorso, dopo aver superato la discussione in Commissione. Arriva alla Camera inseguito dalle critiche dell’opposizione parlamentare, dalle bocciature di giuristi e costituzionalisti (di vario orientamento politico) del Consiglio d’Europa, in particolare del suo Commissario per i Diritti Umani, da un movimento sociale che da più di otto mesi sta riempendo le piazze del Paese. Più di otto mesi di assemblee, sit-in, scioperi a staffetta, cortei per fermare un provvedimento che vede straripare il pensiero autoritario della Destra sul codice penale, creare nuovi reati, rafforzare i poteri e i privilegi dei corpi di Polizia, limitare le libertà personali. La consapevolezza politica di questo universo civico penso sia uno dei dati più significativi da mettere in evidenza. Si sta assistendo alla crescita di una opposizione politica che riesce a tenere insieme le risposte ai molteplici piani di attacco del Governo sui diversi fronti civili, sociali, economici ed etici. Uno dei meriti della rete No ddl è anche lo svelamento del piano autoritario messo in opera maggioranza al potere, la politicizzazione di un Decreto che nella narrazione ufficiale doveva rimanere distante da aree costituzionalmente sensibili. La Destra ha provato a mascherare il provvedimento schierando la retorica del senso comune, raccontando di una comunità nazionale degli ultimi e dei fragili minacciata da specifiche categorie. Continuano a costruire mediaticamente il nemico per poi montare l’impalcatura penale per reprimerlo. Ma l’obiettivo è la democrazia, le sue infrastrutture. Passo dopo passo stanno edificando uno “Stato organico”, aconflittuale, in cui il dissenso viene percepito come attacco all’autorità e quindi intrinsecamente eversivo. Per raggiungere un obiettivo di così ampia portata stanno procedendo in termini metodici all’aggressione alle zone del dissenso, alle aree sociali e culturali da cui può risorgere, di quei corpi intermedi e quelle strutture istituzionali costituzionalmente centrate sul contenimento delle involuzioni assolutistiche. Come i movimenti sociali, i sindacati, la società civile, la Magistratura. Come le strutture della democrazia, appunto. Per questo motivo è importante tornare e riempire le piazze, costruire la potenza pubblica necessaria per fermare questo progetto. Il 31 maggio costituisce uno degli appuntamenti cruciali di questa battaglia, per tenere insieme la società che si oppone al piano autoritario in corso. Come il 14 dicembre, il giorno in cui abbiamo riempito piazza del popolo contro il ddl sicurezza, il 31 maggio sarà una piazza di popolo, aperta, plurale, includente, capace di accordare tutte le voci, individuali e collettive della rivolta in corso, di una alternativa all’alleanza tra capitalismo e sovranismo che vuole annichilire ogni possibilità di dissenso. Il progetto della Meloni è al servizio di un piano più alto, di una sfida globale ai diritti e alla possibilità stessa di una trasformazione radicale dell’esistente. Sarà una piazza capace di esondare in sogni e speranze. Il contrario dell’orrore a cui vogliono abituarci. Articolo pubblicato anche sul Blog di Articolo 21 -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Tornare e riempire le piazze proviene da Comune-info.
Napoli rifiuta la guerra e il riarmo: NO al summit NATO del 26 maggio
Il 26 maggio a Napoli si terrà un summit della NATO sul tema della “Sicurezza nel Mediterraneo”, i movimenti sociali cittadini hanno indetto un contro summit per ribadire la contrarietà alla guerra, l’opposizione al riarmo e al genocidio in Palestina. Di seguito ripubblichiamo il testo della chiamata diffusa da Laboratorio Politico Iskra in cui vengono […]
Digiuno a staffetta contro il decreto sicurezza
SE UN DECRETO CRIMINALIZZA IL DISSENSO OCCORRE ALIMENTARE IN TANTI MODI DIVERSI IL DISSENSO. “RESISTENZA CIVILE CONTRO IL DECRETO SICUREZZA. CATENA DI SOLIDARIETÀ PER I DIRITTI DI TUTTE E TUTTI” È IL TITOLO DELL’APPELLO PROMOSSO, TRA GLI ALTRI, DA ANTIGONE, ARCI, CGIL E CNCA CHE CHIEDE AL PARLAMENTO DI NON PROCEDERE ALLA CONVERSIONE IN LEGGE E LANCIA UN DIGIUNO A STAFFETTA DEI CITTADINI FINO AL 30 MAGGIO, GIORNO PRECEDENTE A QUELLA CHE SI ANNUNCIA COME UNA GRANDE MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA. IL 14 MAGGIO, ORE 13, L’APPELLO E L’INIZIATIVA DI PROTESTA – CHE HA GIÀ COINVOLTO OLTRE TRECENTO PERSONE IN TUTTA ITALIA -, SARANNO PRESENTATI IN UNA CONFERENZA AL SENATO (È POSSIBILE SEGUIRE LA DIRETTA) Tratta da Rete No DDL Sicurezza -------------------------------------------------------------------------------- Resistenza civile contro il Decreto Sicurezza. Catena di solidarietà per i diritti di tutte e tutti L’emanazione del Decreto Legge “sicurezza” è stato un atto antidemocratico. Aver impedito il regolare dibattito parlamentare su norme che cambieranno la vita democratica del paese è un atto di manifesta prepotenza istituzionale del governo. I contenuti del disegno di legge sicurezza sono transitati nel decreto legge senza modifiche sostanziali, se non in senso peggiorativo. Il decreto criminalizza il dissenso anche quando espresso in modo passivo e pacifico, nelle strade come in carcere e nei CPR; costringe in carcere – perché gli ICAM sono carceri – le donne incinte o con prole arrivando anche a prevedere l’allontanamento dei figli piccoli dalle madri come sanzione disciplinare. Introduce nuovi reati arrivando a criminalizzare un intero settore produttivo come quello della canapa senza effetti psicoattivi a soli fini di propaganda Nel decreto si finge di aumentare le tutele per le forze di polizia, acuendo invece simbolicamente la distanza fra queste e il resto della cittadinanza, si inseriscono maggiori garanzie per le agenzie di sicurezza (servizi segreti), mentre coloro che si trovano in uno stabile o un’abitazione occupata o presunta tale, divengono pericoli pubblici. Senza alcuna caratteristica di necessità ed urgenza questo decreto segna solo la novità di una limitazione dello spazio civico e della criminalizzazione del dissenso che è la base del confronto democratico del paese, per questo chiediamo al Parlamento di non procedere alla conversione in legge e lanciamo un digiuno a staffetta della cittadinanza dal 29 aprile al 30 maggio, giorno precedente alla manifestazione nazionale a Roma. Attraverso il digiuno vogliamo solidarizzare con tutte e tutti coloro che stanno già subendo le conseguenze violente del DL sicurezza, e allargare al massimo il fronte della protesta per l’attenzione ai diritti civili, umani e democratici che questo decreto, presentando evidenti profili di incostituzionalità, mette in discussione. Per partecipare al digiuno vi chiediamo di segnalare il vostro nome sul modulo online al seguente link: https://bit.ly/no-dl-sicurezza-digiuno-a-staffetta Il calendario è visibile sui siti dei promotori. Contatti per adesioni e informazioni: campagne.sociali.2025@gmail.com Promossa da: A Buon Diritto, Acli, Antigone, Arci, Cgil, CNCA, Forum Droghe, L’Altro Diritto, La Società della Ragione, Ristretti Orizzonti. Aderiscono: Forum Disuguaglianze e Diversità, Sbilanciamoci! -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Digiuno a staffetta contro il decreto sicurezza proviene da Comune-info.