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Manifestazioni a Tel Aviv e a New York per chiedere la fine della guerra a Gaza. La Columbia University sospende studenti pro Palestina
A Tel Aviv, migliaia di manifestanti contro la guerra hanno marciato martedì sul quartier generale militare di Israele, chiedendo la fine dell’assedio di Gaza. “Le agenzie internazionali stanno avvertendo che c’è una crescente carestia all’interno della Striscia di Gaza come risultato dell’inasprimento dell’assedio; la gente sta letteralmente morendo di fame. Siamo venuti qui oggi per chiedere di porre fine all’assedio, di consentire l’ingresso di aiuti umanitari e di porre fine alla guerra su Gaza, che è una catastrofe sia per i palestinesi che per gli israeliani” ha dichiarato l’attivista pacifista israeliano Uri Weltmann. A New York, centinaia di manifestanti si sono radunati martedì in Union Square a Manhattan per chiedere la fine della guerra genocida di Israele contro Gaza. Si sono poi spostati davanti alla sede delle Nazioni Unite chiedendo ai leader dell’ONU di intraprendere azioni più incisive per porre fine all’assedio di Israele. Nel frattempo, la Columbia University ha informato 80 studenti della loro sospensione da uno a tre anni o dell’espulsione. L’università ha inviato gli avvisi agli studenti che in maggio avevano partecipato a un teach-in sulla Palestina in onore dello scrittore e combattente per la libertà Bassel al-Araj, assassinato da Israele nel 2017. L’attivista palestinese e laureato alla Columbia University Mahmoud Khalil ha incontrato i legislatori a Capitol Hill martedì, chiedendo la fine del sostegno degli Stati Uniti all’assalto di Israele a Gaza. “Sento che è mio dovere continuare a difendere i palestinesi. L’amministrazione Trump ha cercato di mettermi a tacere, ma io sono qui per dire che continueremo a resistere. Non ci tireremo indietro e io continuerò a fare il lavoro che sto facendo, ovvero difendere i diritti dei palestinesi” ha dichiarato Mahmoud Khalil. Democracy Now!
Proteste negli Stati Uniti chiedono la fine di retate e deportazioni di immigrati
Migliaia di persone sono scese in piazza in oltre 1.600 località degli Stati Uniti per chiedere la fine delle retate di immigrati, delle deportazioni senza un giusto processo e dell’uso delle forze federali contro le comunità più vulnerabili. Le proteste, indette con lo slogan “Good Trouble Lives On”, hanno anche reso omaggio all’eredità del leader dei diritti civili John Lewis. Mercoledì 17 luglio si sono svolte in tutti gli Stati Uniti oltre 1.600 manifestazioni di protesta contro le politiche migratorie dell’attuale amministrazione. Con lo slogan “Good Trouble Lives On”, le manifestazioni sono state organizzate in omaggio all’eredità del deputato e attivista per i diritti civili John Lewis, a cinque anni dalla sua morte. Le proteste sono state promosse da un’ampia coalizione di organizzazioni civili, religiose e per i diritti umani. Insieme, hanno denunciato l’aumento delle retate nei quartieri latini e asiatici, l’uso di forze militari e di polizia per l’applicazione della legge sull’immigrazione, le deportazioni senza un giusto processo, i tagli al sistema sanitario pubblico Medicaid e il crescente uso di forze militari e di polizia per l’applicazione della legge sull’immigrazione. Concentrazioni in città chiave Tra le città con la maggiore partecipazione si segnalano Chicago, Atlanta, Oakland, St. Louis, Annapolis e Tempe (Phoenix). In quest’ultima decine di persone hanno bloccato a tratti l’autostrada US-60, portando cartelli con messaggi come “#EndICE” e “Immigrants Make Us Great”. Ad Atlanta, centinaia di persone hanno marciato dalla storica chiesa Big Bethel AME alla Ebenezer Baptist Church, simbolo del movimento per i diritti civili. Le attività sono state pacifiche e di natura civica. Hanno incluso veglie a lume di candela, esibizioni musicali, registrazione degli elettori e interventi pubblici. A Chicago, i partecipanti hanno tenuto una veglia interreligiosa con letture di testimonianze di migranti detenuti. In altre città, leader religiosi, operatori sociali e medici hanno alzato la voce contro quella che hanno descritto come una “militarizzazione della politica di immigrazione”. I manifestanti hanno chiesto l’immediata sospensione delle retate a sfondo razziale, la fine delle deportazioni senza revisione giudiziaria e il ripristino dei programmi sociali di base, come Medicaid, che sono stati tagliati per motivi di bilancio. Hanno inoltre denunciato l’uso della Guardia Nazionale e del Corpo dei Marines nell’applicazione delle leggi sull’immigrazione, definendolo un segno di crescente autoritarismo. L’eredità di John Lewis Lo slogan della giornata, “Good Trouble Lives On”, fa riferimento alla famosa frase di John Lewis: “La buona lotta continua”. Gli organizzatori hanno invocato la sua memoria come simbolo di lotta pacifica e disobbedienza civile di fronte a leggi ingiuste. Per molti partecipanti, le attuali politiche di immigrazione non rappresentano solo un passo indietro dal punto di vista legale, ma anche un attacco alla dignità umana e al tessuto sociale del Paese. Informazioni tratte da The Guardian e Az Family Questo materiale è condiviso con il permesso di Prensa Comunitaria. Desinformémonos
LEVANTE: APPROFONDIMENTO SULLA SITUAZIONE POLITICA IN BANGLADESH A UN ANNO DALLA RIVOLTA DEL LUGLIO 2024. INTERVISTA A ROMANE CAUQUI
Levante: la puntata di luglio 2025 dell’approfondimento mensile di Radio Onda d’Urto sull’Asia orientale, in onda all’interno di “C’è Crisi”, trasmissione dedicata agli scenari internazionali in onda ogni giovedì dalle ore 20 alle ore 21. In collegamento Dario Di Conzo, collaboratore di Radio Onda d’Urto, co-curatore di “Levante”, assegnista di ricerca alla Scuola Normale Superiore e docente a contratto all’Università Orientale di Napoli, e Romane Cauqui, dottoranda in Scienze politiche e sociali alla Scuola Normale Superiore, dove si occupa di condizioni di lavoro nel settore dell’abbigliamento nelle catene di produzione globali in Bangladesh e in Turchia. Romane Cauqui si è collegata con noi direttamente da Dacca. Con Romane Cauqui abbiamo parlato della storia recente e dell’attualità del Bangladesh, dove la ricercatrice si trova in questo momento proprio per condurre il proprio studio. In un primo momento le abbiamo chiesto una panoramica sulla realtà di questo paese del quale si sente parlare poco sui media alle nostre latitudini. L’estate scorsa, nel luglio 2024, il Paese è stato attraversato da un’ondata di proteste e mobilitazioni di massa contro il governo. Le manifestazioni, guidate dagli studenti, sono scoppiate in un primo momento per protestare prima contro un sistema di quote nei concorsi pubblici. Una repressione violenta da parte delle autorità ha però contribuito a trasformare la mobilitazione in un movimento nazionale contro l’autoritarismo. Il 5 agosto 2024, la prima ministra Sheikh Hasina, al potere da oltre 15 anni, ha lasciato il Paese. Questi eventi hanno aperto un nuovo capitolo nella vita politica del Bangladesh, che a distanza di un anno si sta ancora definendo. Da un anno, al potere c’è un governo provvisorio guidato da Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace e figura di spicco dell’opposizione ad Hasina. Il governo di transizione è incaricato di portare a termine alcune riforme strutturali e di creare delle commissioni tematiche (sul lavoro, sulle questioni di genere, sulla riforma strutturale). Il lavoro dell’esecutivo risulta però molto lento e sta ricevendo critiche da tutte le forze politiche. In generale, si registra una forte frammentazione politica e, mentre si preparano le celebrazioni del primo anniversario della rivolta dell’estate 2024, tensioni e violenze tra gruppi e fazioni politiche diverse sono in aumento. La puntata di luglio 2025 di “Levante” su Radio Onda d’Urto con Dario Di Conzo e Romane Cauqui, dedicata alla situazione politica in Bangladesh. Ascolta o scarica.
Specchia (Lecce): La Sindaca vieta qualsiasi iniziativa politica nel centro storico
Per garantire un’estate all’insegna della serenità, della cultura e del turismo, il Sindaco di Specchia ha emesso un’ordinanza che vieta comizi, manifestazioni politiche, volantinaggi e l’esposizione di bacheche o materiale a contenuto politico nel centro storico della città. Con questa ordinanza è vietata anche una iniziativa di volantinaggio e sensibilizzazione […] L'articolo Specchia (Lecce): La Sindaca vieta qualsiasi iniziativa politica nel centro storico su Contropiano.
Mobilitazioni per la Palestina
In tutto il mondo si sono svolte grandi mobilitazioni per la Palestina, da Sidney in Australia, a Toronto in Canada, da Londra a Parigi, Istanbul, Rabat, Amsterdam. In Italia, a Milano e Roma sono proseguite le mobilitazioni di ogni sabato. Importantissima la mobilitazione in provincia di Messina, a Milazzo, che ha visto la partecipazione di migliaia di cittadini dietro lo striscione “Basta genocidio!”. Presidio oggi, domenica 6 luglio, a Sigonella, in Sicilia. Tantissime sigle, partiti, sindacati, associazioni e comitati hanno indetto una manifestazione contro il genocidio in Palestina. Hanno scritto: “È arrivato il momento che il popolo della pace in Sicilia riprenda la Lotta e la Resistenza con una nuova, grande mobilitazione popolare per fermare le micidiali spirali guerrafondaie, alimentate dai criminali aumenti delle spese militari e dai paralleli tagli alle spese sociali”. clicca! Continua a Milano l’azione giornaliera di flash-mob in piazza Duomo contro il genocidio a Gaza. L’8 luglio serata #NoBavaglio a Roma. Il 9 luglio, presidio davanti al Municipio di Torino in occasione della discussione della mozione sul boicottaggio di Israele.     ANBAMED
SERBIA: DOPO L’ULTIMATUM AL GOVERNO PIAZZE SEMPRE PIU’ OCEANICHE
IL 28 giugno, data della battaglia di Kosovo Polje nel 1389, ricorrenza fondamentale in Serbia, è stato lanciato dagli studenti serbi un ultimatum al governo presieduto da Vučić: elezioni anticipate o manifestazioni oceaniche con nuove forme di azione di piazza.  La richiesta di dimissioni del governo e le conseguenti mobilitazioni straordinarie vanno avanti da primo […]
SERBIA: “NUOVA E RADICATA FASE DELLA DISOBBEDIENZA CIVILE DELLA PIAZZA”, REPRESSA DURAMENTE NEL FINE SETTIMANA. L’ANALISI DI GIORGIO FRUSCIONE
In Serbia la polizia è intervenuta durante la notte tra domenica e lunedì per togliere una serie di blocchi stradali a Belgrado e in numerose altre località del paese. I blocchi erano stati attuati dagli studenti e studentesse in agitazione che protestavano contro l’arresto di decine di loro colleghi nel corso degli scontri di piazza al termine della manifestazione antigovernativa di sabato 28 giugno nella capitale, che ha provocato decine di feriti e almeno 77 arresti. Contro di loro annunciate “dure punizioni” dal presidente conservatore Aleksandar Vučić, alleato di ferro di Mosca, che con il ministro degli esteri Lavrov minaccia: “l’Occidente non intervenga sostenendo l’ennesima rivoluzione colorata”. L’intervista con Giorgio Fruscione, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). Ascolta o scarica
USA: 2MILA MANIFESTAZIONI E MILIONI DI PERSONE IN PIAZZA PER IL “NO KINGS DAY” CONTRO LE POLITICHE DI TRUMP
Trump annuncia una mano ancora più dura contro i migranti. “Dobbiamo ampliare gli sforzi per detenere e deportare i migranti A Los Angeles, Chicago e New York, dove vivono milioni di immigranti senza documenti”, ha detto, mentre per le strade di Los Angeles restano migliaia di caschi della Guardia Nazionale e 700 Marines, che hanno effettuato il primo arresto nei confronti di un civile statunitense. Contro le deportazioni dell’amministrazione Trump e le sue politiche guerrafondaie, si sono svolte lo scorso sabato 14 giugno migliaia di manifestazioni convocate dal movimento “No Kings day”. Milioni le persone in strada in tutto il Paese, mentre Donald Trump, nel giorno del suo compleanno, si trovava a Washington per festeggiare i 250 anni dell’esercito. Di repressione globale dei migranti si parla anche al G7 al via oggi a Kananaskis, in Alberta, Canada. La sessione sui migranti sarà affidata all’italiana Meloni. Al centro del vertice, oltre alle guerre, ci sono soprattutto i dazi. “Evitare il protezionismo” è il monito della Commissione Europea, pronta ad accettare un dazio fisso del 10% sugli scambi commerciali con gli Usa, a patto che “l’accordo sia definito con criteri chiari e condivisi” L’obiettivo è evitare tariffe più elevate su automobili, farmaceutica ed elettronica. Abbiamo anche fatto il punto sulla posizione del governo statunitense in seguito all’escalation dei conflitti in Medio Oriente, nell’intervista con Marina Catucci, giornalista e corrispondente da New York per Il Manifesto. Ascolta o scarica