Emilia-Romagna, le radici globali della riconversione bellica. Prima parte

Pressenza - Tuesday, May 20, 2025

Il grande cambiamento che caratterizza l’attuale fase storica non riguarda solo l’ordine internazionale, ma si riflette in profondità anche nelle trasformazioni dei nostri territori. Le mutazioni geopolitiche, dalla crisi dell’egemonia americana al riarmo europeo, non sono eventi lontani, che ci riguardano solamente se ci imbarchiamo in speculazioni teoriche, ma processi che si traducono concretamente in scelte economiche, industriali e ambientali su scala locale. È utile, dunque, ricostruire il legame tra le grandi trasformazioni globali e un caso specifico di riconfigurazione produttiva: quello dell’Emilia-Romagna.

Regione strategica per il suo peso manifatturiero, logistico e infrastrutturale, l’Emilia-Romagna si trova oggi al centro di un processo di riarmo “indiretto” che passa per la riconversione industriale, l’espansione delle aziende che producono materiale dual-use e una nuova centralità della logistica per il loro transito. Leggere il territorio regionale alla luce di questi fenomeni consente di comprendere come le dinamiche della guerra globale possano modellare lo sviluppo locale e ridefinire le priorità economiche e politiche.

Questo legame tra trasformazioni globali e riconfigurazione locale non è un’eccezione, ma il riflesso di una crisi sistemica e per comprenderne le radici, è necessario partire dagli squilibri che stanno ridisegnando l’ordine internazionale.

Il crollo dell’egemonia USA

Il più rilevante tra questi squilibri è senza dubbio il declino dell’egemonia statunitense, un processo che sta scuotendo le fondamenta stesse del sistema globale. Gli Stati Uniti, con un debito pubblico record[1] e il progressivo disimpegno militare dall’Iraq all’Afghanistan, non riescono più sostenere il loro storico ruolo di “controllori” della sicurezza mondiale. La crisi è strutturale: il sistema di egemonia a credito, fondato sul dollaro come valuta globale e su 800 basi militari nel mondo, è in declino: Cina e Giappone riducono l’acquisto di titoli di Stato USA[2], Trump e Biden accelerano il ritiro dal Medio Oriente e minacciano tagli alla NATO[3] e l’Unione Europea, di fronte a questo scenario, promuove la spesa militare come leva di rilancio economico, secondo una logica di keynesismo militare[4]. Il ruolo da protagonista dell’UE all’interno della guerra in Ucraina e nel sostegno diretto e indiretto al genocidio palestinese attraverso il complesso militare-industriale ne è un esempio. 

L’eredità italiana della NATO

Le aziende italiane  hanno beneficiato per decenni dell’imperialismo statunitense: ENI ha sfruttato i giacimenti petroliferi in Iraq[5] e Libia[6] dopo le guerre NATO; Leonardo (ex Finmeccanica) ha fornito elicotteri e tecnologia militare[7]; Impregilo[8] (oggi Webuild) ha costruito infrastrutture in teatri di guerra. Ora, con i riassetti degli equilibri geopolitici, si rende necessario pensare a un imperialismo autonomo, grazie al quale il capitale si possa nuovamente valorizzare: è così che le aziende italiane, soprattutto in Emilia-Romagna, iniziano a convertire le filiere industriali per servire la nuova domanda militare.

Il caso dell’Emilia-Romagna

Tra le regioni più sviluppate dal punto di vista manifatturiero, oggi l’Emilia-Romagna si trova al centro di dinamiche di riconversione legate all’integrazione nelle nuove catene del valore della difesa europea. In particolare, la crisi strutturale dell’automotive europeo, combinata con la prospettiva di incentivi pubblici diretti all’industria della difesa, sta creando le condizioni per un passaggio dal paradigma della sostenibilità a quello della “resilienza bellica”; così come in passato le imprese italiane hanno saputo inserirsi nei circuiti dell’espansione NATO, oggi le aziende emiliane si preparano a rispondere alla nuova domanda militare, offrendo competenze in settori chiave come la meccanica di precisione, l’elettronica, la robotica e la logistica.

Riconversione industriale

Sempre più aziende in Italia colgono il cambiamento dei tempi e vedono nel settore della difesa un’opportunità di ricchezza; è così che il comparto industriale dell’automotive e della componentistica si avvia verso la riconversione al settore bellico, in grado di garantire profitti e di assicurare a molti un posto all’interno del panorama economico internazionale. Se in Emilia-Romagna questo avviene, è perché nel tempo le amministrazioni regionali hanno creato un ecosistema quanto meno favorevole, se non ottimale, per il prosperare di industrie interessate all’inserimento nel settore della difesa.

La creazione del consorzio Anser è un esempio lampante del ruolo che l’attore pubblico ha ricoperto in questo processo. Sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna e da Confindustria, promuove l’internazionalizzazione di aziende riconvertite come Curti, attiva nella produzione di componenti per elicotteri militari e carri armati, o la sua controllata Npc, impegnata nella realizzazione di nanosatelliti anche per usi militari. Altre realtà come Bucci Composites, Poggipolini e Tekne Srl hanno seguito lo stesso percorso, passando da settori ad alta tecnologia civile a fornitori strategici per colossi dell’aerospazio e della difesa, sia italiani che internazionali, grazie anche all’inserimento all’interno del consorzio. A completare la costellazione di attori istituzionali che sostengono il processo di riconversione c’è l’Università di Bologna, che garantisce collaborazione con il progetto attraverso la creazione di master e corsi di laurea ad hoc, e attraverso l’inserimento nel management del consorzio di professori universitari di Unibo[9]. Proprio quest’anno la Bologna Business School ha deciso di ideare un nuovo master di 12 mesi dedicato alla “New Space Economy”. La pagina istituzionale del corso e la locandina di un evento di presentazione, chiamato “L’innovazione al servizio dell’integrazione economica tra Emilia-Romagna e Francia”, chiariscono quali sono i protagonisti della riconversione in senso bellico dell’apparato produttivo emiliano-romagnolo e quali sono i suoi attori privati e pubblici: “aziende leader nel settore aerospaziale, sia in ambito produttivo (Poggipolini S.p.A.; Zephyr S.r.l.; AdapTronics S.r.l.; Galvani Power S.r.l.) che economico (consorzio ANSER-AeroNautics and Space in Emilia-Romagna)[10], interagiscono con colossi internazionali come Airbus, Leonardo, Dassault Aviation e Thales Alenia Space[11].

La Regione Emilia-Romagna è dunque protagonista in questo processo: la maggior parte delle accelerazioni in questo senso avvengono poco prima dell’abbandono del ruolo di presidente di regione da parte di Stefano Bonaccini, il quale continua a occuparsi delle relazioni con attori economici interessati alla riconversione industriale anche nella nuova veste di parlamentare europeo. Oltre ad aver votato senza esitazione e sostenuto pubblicamente il piano Rearm Europe presentato dalla Commissione Europea, Bonaccini ha partecipato anche a diversi incontri con portatori di interesse[12] di aziende dell’automotive attratte dalla possibilità di riconvertirsi in senso bellico: Volkswagen, il cui AD ha specificato di essere pronto a contribuire al riarmo[13], IVECO, la più grande casa produttrice di automezzi militari in Italia, Autopromotec, grandissima fiera di componentistica che potrebbe beneficiare in modo importante delle commissioni di aziende interessate al riarmo.

Mentre l’Unione Europea accelera il suo riarmo, abbiamo visto come l’Emilia-Romagna si stia lentamente trasformando in un laboratorio di riconversione produttiva, dove la domanda militare ridefinisce priorità industriali e infrastrutturali.

[1] Per una lucida analisi di Emiliano Brancaccio: https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2025/03/10/momento-lenin-trump-cina-europa-riarmo/.

[2] https://www.ft.com/content/fdad7e0b-aa23-4b7b-8f1a-fc1d48468631.

[3] https://www.theguardian.com/us-news/2025/mar/07/donald-trump-nato-alliance-us-security-support.

[4] https://www.progettometi.org/analisi/dal-welfare-al-warfare-il-keynesismo-militare/.

[5] https://www.pressenza.com/it/2025/04/dalliraq-a-falconara-lodissea-di-un-barile-di-petrolio-prima-parte/.

[6] https://www.eni.com/en-IT/actions/global-activities/libya.html.

[7] https://www.peacelink.it/disarmo/eldorado-afghanistan-per-finmeccanica

[8] https://reports.salini-impregilo.com/it/2014-fy/relazione-gestione/andamento-gestione-area-geografica/libia

[9] https://www.anser-it.it/management/dario-modenini/.

[10] https://www.bbs.unibo.it/master-business-management-new-space-economy/#gref

[11] https://www.linkedin.com/posts/anser-aeronautics-and-space-in-emilia-romagna_grazie-ad-anna-masutti-per-questo-interessantissimo-activity-7312931072529342466-mp4b?originalSubdomain=it

[12]”https://www.europarl.europa.eu/meps/en/257108/Stefano_BONACCINI/meetings/past#mep-card-content”>https://www.europarl.europa.eu/meps/en/257108/Stefano_BONACCINI/meetings/past#mep-card-content

[13] https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/03/12/volkswagen-riarmo-produzione-veicoli-militari/7911478/.

Emiliano Palpacelli