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Ferrara, diffusione della cultura aeronautica nelle scuole: protagonisti oltre 200 student3
C’era una volta il sogno del volo che affascinava la cultura futurista con la esaltazione della velocità, della tecnologia e l’aeropittura, ma qui non siamo a rievocare le opere artistiche e le teorie futuriste, bensì l’ennesimo sconfinamento di una forza armata nelle scuole di ogni ordine e grado e tutto ciò accade a Ferrara (clicca qui per la notizia). L’aeronautica militare da tempo frequenta le aule e non per decantare il mito dell’aviazione italiana, ma per offrire a studenti e studentesse attività didattiche, laboratori, incontri con esperti e percorsi orientativi finalizzati non solo alla storia dell’aviazione civile e militare, il vero obiettivo è sempre lo stesso: esaltare le forze armate e al contempo proporre la carriera militare come scelta di vita. Le strategie adottate seguono un copione già noto, si utilizza la storia passata per suscitare interesse, curiosità e aspettative verso la vita militare in un periodo storico nel quale il Riarmo palesa la costante ricerca di aumentare gli organici delle forze armate. Centinaia di studenti e studentesse hanno partecipato alle attività dell’Aeronautica militare, dalle medie alle scuole superiori con la presenza anche di amministratori locali. Il mix tra storia recente e passata per arrivare direttamente al vero obiettivo di questa presenza nelle scuole: convincere i/le giovani alla carriera militare, a diventare, come dicono gli studenti tedeschi, carne da macello per i futuri conflitti bellici, assuefare le giovani generazioni alla normalità della guerra presentando la divisa come opportunità lavorativa per le giovani generazioni. Quanto avvenuto nelle scuole di Ferrara è l’ennesima dimostrazione della costante ricerca da parte dell’esercito di reclutare giovani alla vita militare unendo alla propaganda di guerra la promessa di un impiego che in tempi di mancata crescita dell’economia potrebbe rappresentare una alternativa appetibile rispetto al precariato e alla disoccupazione. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Da Unibo, a Unimore fino al Mur: studenti, lavoratori e docenti rifiutano l’elmetto!
Ieri siamo stati in presidio insieme al personale TAB dell’@unionesindacaledibase e ai docenti al MUR, all’Università di Bologna e all’Università di Modena e Reggio Emilia per ribadire al Governo Meloni e alla Ministra Bernini che non c’è posto per l’accademia militare né a Bologna né altrove. La decisione, frutto delle […] L'articolo Da Unibo, a Unimore fino al Mur: studenti, lavoratori e docenti rifiutano l’elmetto! su Contropiano.
No al corso “su misura” all’Università di Bologna per i cadetti dell’Esercito
L’Università di Bologna è nell’occhio del ciclone per le recenti polemiche a mezzo stampa che toccano il tema dei rapporti tra mondo accademico e forze armate. La questione riguarda un corso di filosofia pensato esclusivamente per una quindicina di cadetti dell’Accademia militare di Modena, una proposta che il Dipartimento di Filosofia ha deciso di respingere. Il generale Carmine Masiello, capo di Stato maggiore dell’Esercito, ha criticato pubblicamente la decisione, lamentando che l’ateneo non voglia accogliere gli allievi militari. Mentre la ministra Bernini ha fatto eco parlando di una “rinuncia a missione formativa”. In realtà, la mancata attivazione del corso di studio dedicato non esclude in sé e per sé i cadetti dalla formazione universitaria: questi possono infatti iscriversi ai corsi già attivi presso l’Ateneo. La scelta del dipartimento mira, invece, a difendere l’autonomia dell’università e a evitare che risorse e programmi di studio vengano piegati a finalità militari o propagandistiche. Masiello stesso aveva parlato della necessità di sviluppare “linguaggi e tecniche di persuasione”, chiarendo così la natura selettiva e strumentale del nuovo percorso di studio. Non si tratta di pregiudizio: la decisione riflette una scelta etica, sostenuta anche dagli studenti, dalle studentesse e dal personale universitario che hanno ampiamente aderito agli scioperi contro guerre e per l’autodeterminazione del popolo palestinese. In un contesto di università sottofinanziate, attivare un corso di studio per un numero così esiguo di studenti è inconfutabilmente uno spreco di risorse pubbliche. Se poi pensiamo al fatto che migliaia di ricercatori precari stanno per essere espulsi dagli Atenei italiani a causa della scadenza dei loro contratti e per mezzo delle riforme volute della Ministra stessa, siamo al cospetto di una disfunzione davvero singolare: una ricerca a tempo determinato per tutte/i, contro la proposta di un nuovo corso destinato a essere replicato per anni, solo per pochi privilegiati. Il caso ha messo in luce rischi più ampi: la pressione politica o finanziaria non dovrebbe mai determinare l’offerta formativa di un Ateneo. Il tentativo di ignorare le esigenze interne per soddisfare i desiderata politici del momento, minaccia la libertà accademica e l’autonomia universitaria. La decisione del dipartimento di Filosofia va sostenuta. Si tratta infatti di un atto di responsabilità: le università devono concentrarsi su ricerca, didattica ordinaria e diritto allo studio, non su percorsi pensati per élite ristrette. Difendere questa scelta significa tutelare il sapere come bene comune e proteggere l’università dai privilegi e dalle logiche di potere nonché agire contro la militarizzazione delle università. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Una petizione regionale per il boicottaggio di Israele
Riceviamo e pubblichiamo questo articolo di Fulvia Fabbri, attivista per i diritti umani. Una rete di oltre 30 realtà nazionali ed emiliano romagnole hanno lanciato in occasione delle manifestazioni di protesta per il proseguo del genocidio in Palestina, una petizione indirizzata alla Regione Emilia Romagna per chiedere “il boicottaggio di Israele nei settori in cui la Regione può avere voce in capitolo. Porti, fiere, appalti con ditte israeliane, progetto Eris a Forlì e progetti militari nelle scuole” . Tra i sottoscrittori del documento, che verrà proposto, nei prossimi mesi, per la firma dei cittadini e cittadine che risiedono in regione, figurano Mediterranea Saving Humans e i Giovani Palestinesi di Italia, assieme alle tante realtà associative, che in questi due anni di guerra e di genocidio hanno animato il movimento di protesta dal basso nelle rispettive realtà territoriali. Per citarne alcuni, Faenza per la Palestina, Mercoledì per la Palestina, Fronte Comune, a Faenza; Collettivo La Comune, Ravenna in Comune, SGB Ravenna, Resistenza Popolare, Students for Palestine, a Ravenna; Mani Rosse Antirazziste, Centro Pace, Forlì Città Aperta, Docenti per Gaza, Collettivo studentesco, a Forlì; Sanitari per Gaza, nelle varie province romagnole; Rimini4Gaza, Assopace Palestina, a Rimini, Fondamenta e AVS Cesena, a Cesena, Coordinamento Paradiso e Arci Rastignano a Bologna; AVS di Formigine Modena. Il documento condiviso da queste realtà individua alcuni ambiti problematici per la Regione Emilia Romagna, rispetto alle relazioni di natura commerciale, di ricerca e produzione che avvengono in regione con aziende israeliane e/o con aziende che sono in partenariato con Israele, oppure ambiti nei quali ancora non si configura da parte della Regione stessa un monitoraggio e un controllo efficace che interrompa il commercio di armi verso questo paese accusato dagli organismi internazionali di praticare in modo sistematico attività genocidarie. Preoccupa il tema del contratto in scadenza con l’industria farmaceutica Teva, che nella regione sta distribuendo i farmaci generici: il Contratto è in scadenza a fine anno, quali scelte saranno fatte dai nostri amministratori regionali? Preoccupa inoltre la presenza di aziende israeliane nelle manifestazioni fieristiche regionali, come viene mostrato da un recente dossier sulla fiera “Ecomondo” di Rimini, nella quale su 1800 aziende il 9 % intrattiene rapporti commerciali con Israele e 42 di queste intrattiene scambi di tecnologia militare . La Regione Emilia Romagna ha, inoltre, una quota in Sapir, relativamente alla gestione del Porto di Ravenna. Le recenti indagini giornalistiche hanno dimostrato che da questo porto passano quotidianamente carichi di armi e/o componenti per armamento, nonché prodotti che possono servire da micce per bombe altamente distruttive: si chiede l’istituzione di un osservatorio permanente con cittadini e istituzioni, sul traffico di armi, che sia preventivamente informato su ogni passaggio di armi o “dual use” nel porto di Ravenna, nel rispetto della legge 185/90. Vengono inoltre denunciati progetti che vedono coinvolte aziende che fanno ricerca e produzione in ambito militare: il progetto Eris (Emilia Romagna in Space), guidato da Thales Alenia, joint venture tra Leonardo Spa, fornitore di armi a Israele, e la francese Thales, undicesimo produttore di armi globale, con collaborazioni con una lunga filiera di aziende emiliano romagnole. Il progetto incassa il sostegno del Comune di Forlì, dove sorgerà il polo tecnologico per la produzione di antenne satellitari dual use, e della stessa Regione Emilia Romagna . Il progetto Undersec, finanziato con fondi europei del Programma Horizon che riguarda l’implementazione di tecnologie per la sicurezza marina e sottomarina, con la partecipazione del il Ministero della Difesa israeliano, il colosso Rafael Advanced System e l’Università di Tel Aviv. L’Italia partecipa con l’Autorità portuale di Ravenna, la Fondazione Issnova di Napoli e l’azienda marchigiana Cnt Technologies. I sottoscrittori della petizione – e tutti coloro che la firmeranno – chiedono l’interruzione di questi progetti, il monitoraggio puntuale di quello che accade al porto di Ravenna, l’urgente avvio di azioni di controllo delle attività delle aziende italiane o estere con cui si intraprendono rapporti di fornitura, sulla base della legislazione degli appalti etici, che l’Assemblea regionale ha approvato l’11 Giugno 2024, che impegna la Giunta e gli enti controllati dalla Regione ad adottare i principi e la modalità degli appalti pubblici etici, al fine di tenere conto di eventuali violazioni dei diritti umani e/o del diritto internazionale da parte delle imprese, così da escluderle in fase di valutazione delle loro offerte in risposta ai bandi regionali. Una coscienza civile diffusa nella regione, condivisa anche da tanti Consigli Comunali che dal 2024 ad oggi hanno approvato mozioni a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina e appelli per il cessate il fuoco a Gaza, per l’accesso degli aiuti umanitari, per la fine dell’occupazione illegale in Cisgiordania. Insomma dalla società civile si chiede che alle parole seguano i fatti, agli impegni presi con l’approvazione di proprie normative regionali alle azioni concrete. Da una Regione, che per bocca del proprio Presidente, il 31 Maggio scorso, dichiara la sospensione delle relazioni istituzionali con Israele, ci si aspetta coerenza e non complicità. Redazione Bologna
Vittorie contro la militarizzazione di scuole e università: ritiro delle iniziative di propaganda
Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università sin dall’inizio del nostro impegno ci siamo dati un obiettivo: rompere la normalizzazione del rapporto tra scuole e mondo militare, fare in modo cioè di cambiare di segno alla narrazione che vedeva le scuole vantarsi di progetti svolti con le forze dell’ordine o con i militari. Oggi, con grande soddisfazione, registriamo che tre di questi appuntamenti sono stati annullati a seguito delle pressioni della società civile. Un primo caso si è avuto qualche giorno fa a La Spezia dove un generale della Folgore avrebbe dovuto tenere una conferenza di geopolitica agli studenti e alle studentesse delle scuole superiori dal titolo “La storia non è finita…” (clicca qui per la denuncia). Il timore delle contestazioni annunciate e l’intervento puntuale presso le scuole e i/le docenti affinché non accompagnassero le loro classi ha ottenuto l’annullamento dell’evento, “per problemi organizzativi”, come hanno voluto dire (clicca qui per la notizia). Il secondo caso arriva invece da Udine dove in data 2 dicembre 2025 alcuni docenti della Scuola Secondaria di primo Grado “G. Ellero” avrebbero dovuto partecipare alla “simulazione di interazione tra contesto scolastico e coloro che operano in difesa dei civili in teatro estero per condurre operazioni nel settore della cooperazione civile-militare a supporto dei contingenti della NATO”. D’altra parte, questa è una precisa raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2025, laddove si indica la necessità di formare i/le docenti sulle questioni della sicurezza e dunque si prevedeva un’esercitazione con tanto di mezzi militari nel cortile della scuola. Sulla vicenda di Udine AVS ha annunciato un’interrogazione parlamentare (clicca qui per la denuncia) e l’iniziativa è stata annullata (clicca qui per la notizia). Il terzo caso riguarda, invece, l’università, in questo caso l’Università di Bologna. Qui è accaduto che il generale Masiello abbia chiesto all’Alma Mater di avviare un corso di filosofia per un gruppo di 10-15 militari al fine di “sviluppare un pensiero laterale“, ma i docenti dell’Università di Bologna, molto avanti nel processo di consapevolezza e di smilitarizzazione dei luoghi della formazione, anche grazie alla lotta condotta dagli studenti e dalla studentesse, hanno risposto picche e il corso non si fa! Cosa ci dicono queste tre vicende? Ci parlano sicuramente di tre vittorie, per niente scontate e che infatti finora non si erano verificate. Ma ci dicono anche che la diffusione della “cultura della difesa” ha bisogno di muoversi con lentezza e senza fare rumore; il danno che le contestazioni pubbliche possono fare è enorme, i guerrafondai lo sanno benissimo e preferiscono ritirarsi quando capiscono il danno che ne potrebbero ricevere. Se la cultura della difesa per diffondersi ha bisogno di costruire un consenso lento e silenzioso, cari signori della guerra, noi continueremo a fare rumore e a gioire di ogni vostra ritirata strategica! Serena Tusini, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Bologna. Studenti in tenda fuori ergo: dove sono le borse di studio?
Qualche giorno fa è arrivata questa comunicazione da ErGo l’azienda per il diritto allo studio, in cui si dice che quest’annoa moltissimi idonei per il momento non verrá erogata la borsa di studio per mancanza di fondi, mettendo gli studenti di fronte al fatto compiuto, causando enormi difficoltá. Per questo […] L'articolo Bologna. Studenti in tenda fuori ergo: dove sono le borse di studio? su Contropiano.
Emilia Romagna Regione di Pace che ripudia la guerra
Documento d’intenti della Rete pace e nonviolenza dell’Emilia Romagna  Premessa  L’umanità sta attraversando un passaggio storico epocale, caratterizzato contemporaneamente dalla crisi  sistemica globale – climatica, economica, energetica, idrica, migratoria – dalla ridefinizione bellica degli  assetti di potere mondiali, da una corsa agli armamenti senza precedenti, da un genocidio in mondovisione.  Questi processi generano crescenti conflitti internazionali, che degenerano in guerre, i cui indicatori sono  sempre più preoccupanti: le spese militari – globali e nazionali – non avevano mai raggiunto l’accelerazione in  corso (dati SIPRI: 2719 miliardi di dollari nel 2025; dati Censis per l’Italia: 35,6 miliardi di euro) e i conflitti  armati sono passati da 86 nel 1989 a 185 nel 2024 (dati Uppsala Conflict Data Program). Anche il pericolo di  guerra nucleare – ad ottanta anni da Hiroshima e Nagasaki – non è mai stato così alto (Bollettino scienziati  atomici: 89 secondi alla mezzanotte nucleare). Ma il piano di riarmo europeo da un lato e l’obbedienza alla  Nato dall’altra per portare le spese militari al 5% del PIL nazionale, fondati sulla formula magica della  deterrenza militare, sottraggono e sottrarranno sempre più ingenti risorse agli investimenti civili e sociali degli  Stati, ridefinendo economie di guerra: dal welfare al warfare.   Dai vertici della Nato ai governi europei, al Censis, non passa giorno che non venga ribadito che dobbiamo  riprogrammare l’immaginario collettivo, passando dall’orizzonte di pace alla “mentalità di guerra” (Mark  Rutte), preparandoci a combattere contro il nuovo “nemico”. È la preparazione di un sistema di guerra che,  come profezia che rischia di autoavverarsi, prepara e legittima questo esito: è il punto di esplosione di una  lunga e articolata filiera di guerra, che parte dal costituirne la legittimazione culturale, passa dal suo  finanziamento e può finire con una nuova guerra mondiale, non più a pezzi.   Rispetto a questo scenario sempre più inquietante, se i territori locali e regionali non possono fermare  direttamente la violenza delle guerre una volta avviata, possono però contribuire attivamente a decostruirne la  filiera, sui piani culturale, strutturale e normativo, e a costruire le alternative. Per questo le reti pacifiste e  nonviolente territoriali della nostra regione hanno dato vita alla Rete pace e nonviolenza dell’Emilia Romagna.  Riferimenti  Le Carte fondative delle Nazioni Unite e dell’UNESCO, la Costituzione italiana, la Dichiarazione Universale  dei Diritti dell’Uomo e anche la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, redatte dopo la fine della  seconda guerra mondiale, indicano concordemente e responsabilmente – seppur con accenti diversi – la strada  del ripudio della guerra e della costruzione della pace con mezzi pacifici, a cominciare dalla mente degli esseri  umani, per continuare con gli strumenti che la rendono possibile, come unica via di futuro per l’umanità  Il pensiero razionale – laico e religioso, scientifico e filosofico, pedagogico e politico – ha indicato  unanimemente, nei decenni scorsi, nell’impegno per il disarmo la via maestra della costruzione della pace. E  infatti è stato il processo di disarmo che ha salvato l’umanità dal conflitto nucleare tra Est e Ovest, prima che  i popoli abbattessero il Muro di Berlino.  Nel settantesimo anniversario del Manifesto Einstein-Russell per il Disarmo rimane più valida che mai  l’alternativa cruciale nella quale si trova, qui ed ora, anche la nostra generazione: “Questo, dunque, è il  problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si può sfuggire: metteremo fine al genere  umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?”. Impegni  1. La nostra azione è orientata al progressivo superamento di ogni violenza – istituzionale, di gruppo,  individuale – di ogni guerra e atto di terrorismo, impegnandoci nell’eliminazione delle cause e degli strumenti,  attraverso l’azione politica capace di adottare la nonviolenza sui diversi piani, quale metodo di liberazione  dalla violenza e risoluzione dei conflitti.   2. Ci impegniamo nella costruzione e diffusione di una cultura di pace e di educazione e formazione al disarmo  e alla nonviolenza per la costruzione di relazioni interpersonali, sociali e internazionali fondate sulla  trasformazione nonviolenta dei conflitti, sull’incontro creativo delle differenze, sul superamento dei miti della  violenza, della guerra, del nemico, della vittoria.   3. Rispetto a ogni conflitto armato e a ogni atto di violenza e terrorismo, stiamo sempre dalla parte di tutte le  vittime e dei disertori della compattezza bellica, capaci di costruire ponti e abbattere muri – come gli obiettori  di coscienza russi, ucraini, israeliani e gli attivisti nonviolenti palestinesi – dichiarandoci, a nostra volta,  obiettori di coscienza alla guerra. Operando per il suo boicottaggio.   4. La guerra è, in sé, un crimine contro l’umanità: rifiutiamo la logica della deterrenza e ci impegniamo per la  tutela del diritto delle persone alla vita, alla dignità, alla libertà, in coerenza con la nostra Costituzione e con la  Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Esprimiamo, pertanto, la irriducibile contrarietà a qualsiasi piano di  riarmo nazionale, europeo, Nato e mondiale, indicando – al contrario – nei processi di disarmo la via maestra per  la pace. La sicurezza di cui il mondo e il nostro paese hanno bisogno è sociale, climatica e democratica.  5. Rifiutiamo e contrastiamo la propaganda bellica di ogni tipo, da quella pervasiva che si manifesta attraverso i  media, a quella attuata attraverso una sempre più frequente presenza delle forze armate nelle scuole e nelle  università. Ci impegniamo a decostruirne i presupposti e i contenuti, ad approntarne le alternative culturali e  organizzative.  6. Ci opponiamo all’uso del territorio emiliano-romagnolo ai fini dell’industria bellica e armiera e delle sue  manifestazioni espositive. Contrastiamo la ristrutturazione militare delle industrie civili e ci impegniamo – al  contrario – per la riconversione civile delle industrie belliche o collegate, direttamente o indirettamente, alle filiere  di guerra. Anche attraverso il necessario confronto con le organizzazioni sindacali delle lavoratrici e dei lavoratori.   7. Ci impegniamo per il superamento dello strumento militare come unica forma di difesa del Paese e  dell’Europa e operiamo per la costruzione della Difesa civile, non armata e nonviolenta – in una prospettiva di  sempre maggiore integrazione europea, all’interno di un rinnovato ruolo delle Nazioni Unite – che prevede  anche la costituzione dei Corpi civili di pace come mezzo di intervento nei conflitti, l’Istituto di ricerca per la  Pace e il Disarmo e il diritto all’opzione fiscale per il suo finanziamento.   8. Ci impegniamo per la liberazione del territorio dell’Emilia Romagna dalle servitù e basi militari, presenti e  future, di qualunque forma e nazionalità, e promuoviamo la liberazione del nostro Paese dalle armi nucleari  attraverso l’adesione al Trattato internazionale per la proibizione delle armi nucleari (TPNW).  9. Siamo per politiche di accoglienza e convivenza nel nome della comune umanità, per la costruzione di una  società aperta e inclusiva di tutte le differenze, sia sul piano interno sia sul piano internazionale. A cominciare dal  dare rifugio, protezione e accoglienza a tutti gli esseri umani che fuggono da guerre e violenze, repressioni e povertà.  10. Contrastiamo le leggi liberticide che spacciano per “sicurezza” misure repressive che alimentano la paura  e la cultura del nemico, mentre limitano la libera espressione del dissenso. A questo scopo, siamo pronti – se  necessario – a sostenere e mettere in campo pratiche di disobbedienza civile, come forma di partecipazione  attiva dal basso.  Parma, 5 ottobre 2025 Sottoscrizioni ./. LE RETI TERRITORIALI FONDATRICI:  Rete Europe for Peace – BOLOGNA   Rete Portico della Pace – BOLOGNA  Rete Cittadini contro la guerra Alto Reno – BOLOGNA APPENNINO  Comitato PacificAzioni – CARPI   Centro Pace Cesena Aps – CESENA  Rete Overall Faenza Multiculturale – FAENZA   Rete per la Pace – FERRARA   Centro per la Pace Forlì intitolato ad Annalena Tonelli Aps – FORLI   Comitato Pace e Diritti del circondario imolese – IMOLA   Rete Tam Tam Tavolo Associazioni Modena di Pace – MODENA   Casa della Pace Parma Aps – PARMA   Rete Europe for Peace – PIACENZA   Rete La Via Maestra Insieme per la Pace – RAVENNA  Rete Europe for Peace Reggio Emilia – REGGIO EMILIA   Rete Pace Rimini – RIMINI Redazione Romagna
Bologna. Sulla partita con il Maccabi non si può più stare in silenzio
Dopo settimane di silenzio e chiusura istituzionale, è stata la questura a prendersi la responsabilità di parlare in pubblico della partita di Eurolega Virtus Bologna – Maccabi Tel Aviv. Per il questore non si può garantire la sicurezza in città il 21/11 con la partita al PalaDozza e propone di […] L'articolo Bologna. Sulla partita con il Maccabi non si può più stare in silenzio su Contropiano.
Incontro a Bologna contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Si è svolto a Bologna mercoledì 12 novembre un incontro tra Serena Tusini e Giuseppe Curcio dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e alcuni/e docenti e pacifisti/e della città. La questione della militarizzazione delle scuole ha suscitato interesse e molte sono state le domande del pubblico. La discussione si è allargata anche alle università, alla situazione di guerra internazionale, alle attività didattiche percorribili dentro le aule, al contributo che internamente ed esternamente alle scuole può dare chi alla guerra e alla militarizzazione vuole opporsi. L’incontro si è concluso con la volontà di proseguire il percorso sul territorio di Bologna e costruire altri appuntamenti. Qui alcuni scatti della giornata a Bologna.