Tag - Emilia Romagna

Bologna. Aggressione sionista contro una compagna di Potere al Popolo
Il 29 luglio, durante la manifestazione per Gaza, c’è stata un’ennesima provocazione da parte sionista. Mentre la manifestazione tornava verso Piazza del Nettuno, un uomo prima ha strappato una bandiera palestinese da una bicicletta, poi ha provato a strappare una bandiera che una nostra compagna teneva annodata alla vita, urlando […] L'articolo Bologna. Aggressione sionista contro una compagna di Potere al Popolo su Contropiano.
L’Emilia-Romagna per Gaza
Come in molte altre parti d’Italia, domenica 27 luglio 2025 in Emilia-Romagna si sono svolte diverse iniziative, grandi e piccole, a sostegno della popolazione di Gaza, nell’ambito della campagna nazionale intitolata “Gaza muore di fame: disertiamo il silenzio”. Ve ne segnaliamo alcune di cui abbiamo avuto notizia. Bologna: Il Comune ha aderito alla campagna e in Piazza Lucio Dalla, alle ore 22, si è tenuta l’azione artistica “Esercitazione d’immedesimazione” di Alessandro Bergonzoni, con una sirena antiaerea per richiamare l’attenzione sui conflitti in atto. Si è anche ascoltata la testimonianza di Giorgio Monti, medico di Emergency a Gaza. Il sindaco Matteo Lepore e l’assessore alla pace Daniele Ara hanno invitato i cittadini a “fare rumore nelle piazze, sui balconi e alle finestre” per far sentire la propria vicinanza alla popolazione palestinese. RAI news ha realizzato un accurato servizio con interviste (https://www.rainews.it/tgr/emiliaromagna/video/2025/07/gaza-sirena-protesta-guerra-israele-bologna-f2bef813-0ba4-41cc-8370-c083ca192cb5.html ). Questo gesto si è unito a una precedente dichiarazione congiunta del cardinale Matteo Maria Zuppi (Presidente della CEI) e del presidente della Comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz, che chiede pace a Gaza e la fine delle morti di innocenti (vedi Pressenza.com). Anche alcune parrocchie bolognesi e vari gruppi hanno realizzato altre iniziative analoghe nella città e nella provincia. Faenza e Forlì: le campane di molte chiese delle Diocesi di Faenza e di Forlì hanno suonato alle 22 per chiedere la fine del conflitto a Gaza, su invito dei due vescovi locali. Manifestazioni pubbliche nei due centri cittadini.(vedi Youtube e Facebook) Parma: In Piazza Garibaldi si è svolta una manifestazione di “rumore” per “disertare il silenzio” sulla situazione a Gaza, nell’ambito della stessa campagna nazionale. Nella provincia analoghe iniziative in molte cittadine.(Servizio tv su TV Parma https://www.12tvparma.it/puntata/tg-parma-edizione-del-28-07-2025-ore-1245/ al minuto 7,26) Piacenza Si è registrata un’ampia mobilitazione laica e religiosa. Europe for Peace Piacenza ha rilanciato l’appello a “fare rumore” alle 22, invitando a suonare fischietti, battere pentole e fare il maggior rumore possibile in piazze, sulle spiagge, sui balconi e sui social. Le campane della Cattedrale di Piacenza e di altre chiese in provincia (come Fiorenzuola, Gragnano, Ziano Piacentino, Veleia, San Michele, Rustigazzo, Cerignale) hanno suonato, mentre alla moschea del centro islamico della Caorsana a Piacenza hanno suonato i clacson delle auto. https://www.piacenzasera.it/2025/07/una-serata-di-rumore-laico-e-religioso-in-tutta-la-provincia-fermare-la-strage-di-gaza/604177/ Altre manifestazioni a Ravenna https://www.facebook.com/share/p/15BVLRm9X7/, a Reggio Emilia e provincia, a Ferrara e altre provincie. L’obiettivo comune di queste iniziative era quello di rompere il silenzio sulla situazione a Gaza, e di chiedere ai governi nazionali e all’Unione Europea di agire per fermare il massacro. Redazione Bologna
De Pascale difende ancora la speculazione edilizia
La legge urbanistica regionale, la 24/2017, per noi è da cambiare completamente, lo diciamo dalle regionali del 2020 e durante la scorsa campagna elettorale con Federico Serra sfidammo De Pascale a esplicitare come voleva cambiarla. La risposta arriva oggi, 8 mesi dopo le elezioni, dopo le indagini e richieste di […] L'articolo De Pascale difende ancora la speculazione edilizia su Contropiano.
Il Comune di Bologna deve fare chiarezza sull’accelerazione estiva dei cantieri del tram
L’evacuazione notturna di un intero condominio su Via San Felice 55 sta gettando luce sulle criticità dei cantieri estivi in città. Sugli organi di stampa si è sviluppata in particolare una polemica tra la proprietà dello stabile che accusa i lavori del tram per i danni alla colonna e il […] L'articolo Il Comune di Bologna deve fare chiarezza sull’accelerazione estiva dei cantieri del tram su Contropiano.
Piacenza antifascista e antirazzista si mobilita contro le aggressioni
Mercoledì 25 giugno, dopo un corteo indetto dai gruppi nazifascisti piacentini contro “il degrado”, un branco dei loro adepti ha aggredito due ragazzi migranti al grido “i nordafricani non devono stare qui”. I due giovani, figli del nostro Benkara, delegato USB nell’hub di IKEA, sono finiti all’ospedale e secondo le […] L'articolo Piacenza antifascista e antirazzista si mobilita contro le aggressioni su Contropiano.
Servizio Civile Regionale in Emilia Romagna: pubblicato il bando 2025
Servizio Civile Regionale in Emilia Romagna: pubblicato il bando 2025 Con la Comunità Papa Giovanni XXIII 14 posti disponibili nei territori delle province di Bologna, Modena, Forlì-Cesena e Rimini Per giovani dai 18 ai 29 anni. Scadenza per le candidature: 18 luglio E’ stato pubblicato mercoledì 18 giugno il bando di Servizio Civile Regionale in Emilia Romagna: un’occasione per i giovani e le giovani tra i 18 ed i 29 anni per sperimentarsi e mettere in pratica le proprie conoscenze e competenze sviluppandone altre. Con la Comunità Papa Giovanni XXIII ci sono 10 posti disponibili in provincia di Bologna e Modena, 2 a Forlì e 2 a Rimini. Il Servizio Civile Regionale, in caso di selezione positiva, dura 10 o 11 mesi, prevede un impegno di 20/25 ore settimanali, una formazione ed un contributo mensile. IL BANDO IN BREVE – possono partecipare tutti i giovani e le giovani dai 18 ai 29 anni; – una volta scelto il progetto, la candidatura va presentata ENTRO LE 14.00 DI VENERDì 18 LUGLIO sul portale HeliosERGiovani; – è possibile presentare una sola domanda di partecipazione per un unico progetto ed un’unica sede; – sulla guida alla compilazione sono descritti tutti i passaggi per la corretta presentazione della candidatura; – con la Comunità Papa Giovanni XXIII ci sono 14 posti disponibili. I PROGETTI E I POSTI DISPONIBILI CON LA COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII Sono 3 i progetti proposti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, per i quali cerchiamo in totale 14 giovani. Le attività che li/le vedranno coinvolti/e saranno a supporto di minori e/o adulti in condizioni di fragilità a seconda della sede scelta. Nel progetto UN’ALTRA OCCASIONE REGIONALE 2025 cerchiamo 10 giovani interessati/e al supporto di persone adulte con diverse fragilità psico-sociali – senza fissa dimora, persone che soffrono di dipendenza, persone con disabilità psichica – presso case di accoglienza o centri diurni in provincia di Bologna (Bologna, Castel Maggiore, Imola e Ozzano dell’Emilia) e Modena (Mirandola). Nel progetto INSIEME PER CRESCERE 2025 i posti disponibili con la Comunità sono 2, presso il Villaggio della Gioia di Forlì, dove i giovani e le giovani potranno supportare minori in affido e svantaggiati, attraverso attività di studio, ludico ricreative, psicomotorie e di inclusione sociale sul territorio. Nel progetto CONNESSIONI CULTURALI E INTERCULTURALI, cerchiamo infine 2 giovani a Rimini, presso la struttura di accoglienza per minori stranieri non accompagnati “Casa Karibu”, dove volontari e volontarie potranno proporre e coinvolgersi in attività educative, laboratoriali e formative per aiutare i minori stranieri nell’apprendimento della lingua italiana, nell’espressione di sé e nella rielaborazione dei propri vissuti, sostenendo anche l’inclusione sociale. COSA SUCCEDE DOPO LA CANDIDATURA? LE SELEZIONI E L’AVVIO AL SERVIZIO Una volta scelto il progetto di Servizio Civile Regionale e presentata la propria candidatura sul portale HeliosERGiovani, tutti i candidati e tutte le candidate verranno convocati/e ad un colloquio di selezione. Con la Comunità Papa Giovanni XXIII i giorni ed il luogo delle selezioni saranno: – Per il progetto UN’ALTRA OCCASIONE REGIONALE 2025: mercoledì 30 e giovedì 31 luglio dalle 9.30 presso Parrocchia di Sant’Antonio di Savena in via Massarenti 59, Bologna – Per il progetto INSIEME PER CRESCERE 2025: giovedì 24 luglio dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00 presso la Scuola Don Oreste Benzi in Via dei mille, 3 – Forlì – Per il progetto CONNESSIONI CULTURALI E INTERCULTURALI: lunedì 28 o giovedì 31 luglio dalle 9:30 alle 12:30 in via Paduli 39, Rimini. In caso di selezione positiva, i progetti prenderanno avvio tra settembre ed ottobre per una durata di 11 o 10 mesi. Per informazioni: odcpace@apg23.org Redazione Bologna
Mozione Istituto “Giordano Bruno” di Budrio di condanna massacro nella Striscia di Gaza
I sottoscrittori del presente appello, docenti e personale ATA del “Giordano Bruno” di Budrio (BO), condannano fermamente il massacro indiscriminato messo in atto dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, e chiedono con decisione al proprio governo la cessazione della compravendita di armamenti con l’esecutivo d’Israele. * Massimiliano Martino * Maria Giovanna Di Carlo * Graziella Colagiacomo * Matteo Cardillo * Valentina Morabito * Daniele Auditore * Chiara Cappelli * Raffaella Tacconi * Luca Gulisano * Ilaria Minghetti * Amelio Maria * Martina Garufi * Luca Tosadori * Diana Suriano * Cristina Sciacca * Lorenzo Biagini * Giuseppe Lazzara * Elisa Petri * Anna Gnudi * Francesco Savino * Federica Rimondi * Erika Panaccione * Chiara Marcovecchio * Luna Martelli * Alessia Martorana * Annalisa Sepe * Alessandra Bottino * Elena Iotti * Sandra Alzani * Fabio Barbagallo * Elena Gnudi * Maria Lucia Mastrolia * Nadia Arena * Silvia Lodini * Ilaria Santi * Silvia Dalferro * Valeria Giglia * Paolo Patruno * Massimo Mantovani * Elisabetta Simoni * Chiara Lorenzi * Marcello Malpensa * Mariangela Cesari * Alessandro Velonà * Caterina Fiore * Margherita Guerra * Claudia Scavariello * De Vita Toni * Rita Nerini * Manuela Montalbano * Roberta Bariola * Federica Magro * Roberto Perotti * Laura Orsi * Nicola Cenni * Cinzia Simoni * Giorgia Pavlica * Lisa Amore * Fatima Zahra Bendya * Simone Bertelli * Sandra Paradiso * Giovanni Figliuzzi * Riccardo Barilli * Lucia Caramanico * Roberta Panzini * Andrea Paupini * Beatrice Minotta * Alessio Vizzini * Simona Zagni * Serena Ragogna * Marina Melotti * Anna Rita Ramazzotti * Elisa Di Gennaro * Stefania Perino * Marie T. Caroli * Annalisa Cacciatore * Michela Fabbri * Anna Sarmenghi * Paola Romeo * Michela Gregorace * Chiara Diazzi * Daniela Bressan * Maria Chiara Neri * Alberto Botti * Ilaria Zambetta * Anna Teresa Masanelli * Roberta Triberti * Antonella Maria Lateana * Giancarlo Marra * Valeria Andrenacci * Dorotea Pisani * Massimo Zichella * Valentina Sartucci Marco Moretti * Benedetta Cervieri * Caterina Origlia * Carlo Giulio Sarnizzi               * Davide Valentini * Rossella Parente * Rosa Baroncini * Patrizia Angelone * Elisa Rossini * Marchione Roberta Alessandra * Masina Graziella * Marta Napoli * Cristian Pintacorona * Bartolini Annunziata * Gualtiero Via * Fabiola Frongia * Elisabetta Marsigli -------------------------------------------------------------------------------- Budrio, 26 maggio 2025
Osservatorio aderisce all’appello di CambiareRotta a Unibo per il ritiro delle denunce
Venerdì 30 maggio si è svolta una tavola rotonda nel Rettorato dell’Università di Bologna, promossa da CambiareRotta per la grave vicenda degli studenti e delle studentesse denunciate, una settimana prima delle elezioni studentesche di metà aprile, per l’occupazione di un’aula laboratorio abbandonata da 5 anni: ben 5 mesi dopo che era stata occupata ed intitolata a Shadia Abu Gazaleh (attivista palestinese) e restituita dagli studenti e dalle studentesse alla comunità accademica con attività di studio, dibattiti e iniziative culturali (musica e proiezioni di film e documentari sulla Palestina). Anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha aderito all’appello lanciato dagli studenti e dalle studentesse per chiedere al Rettore ed alla governance di UNIBO il ritiro delle denunce ai/alle dieci studenti e studentesse, di cui ben otto candidate/i nelle elezioni studentesche e tutte/i coinvolte/i nella campagna elettorale. Naturalmente, sia per la tempistica sia per l’accanimento speciale, questo grave atto ha il sapore amaro della repressione e della criminalizzazione del dissenso di cui CambiareRotta si è protagonista in questi ultimi anni, denunciando tutto ciò che non va in Ateneo: dal carovita alla mancanza di spazi e democrazia, dal diritto allo studio agli accordi con la filiera bellica (Esercito, NATO, Leonardo, etc.) e con le istituzioni sioniste di Israele.  Nell’economia di guerra nella quale stiamo sprofondando gli studenti e le studentesse di CambiareRotta sono in tutta Italia l’avanguardia del dissenso che il sistema vuole reprimere e censurare, una vera e propria censura di guerra. Alla tavola rotonda hanno partecipato e sono intervenuti diversi docenti dell’Ateneo, ma anche lavoratori del personale tecnico amministrativo e studenti/studentesse ed è stato trasmesso un messaggio in video di Carlo Rovelli (fisico ed ex studente di UNIBO), che ha evidenziato come queste denunce siano un gesto vergognoso e che bisognerebbe invece premiare il contributo degli studenti e delle studentesse. Per l’Osservatorio è intervenuto Giuseppe Curcio, portando solidarietà attiva agli studenti e alle studentesse, confermando come la governance dell’Ateneo col ritiro delle denunce abbia un’occasione unica per smarcarsi dalla repressione del Governo, prendendo così le distanze dal clima repressivo accentuato dal Decreto Sicurezza appena approvato. Ma l’invito dei/delle tante/i docenti e lavoratori/lavoratrici di Unibo, oltre che di alcuni avvocati presenti, è stato ignorato dal delegato del Rettore Prof. Condello (Prorettore degli studenti), il quale per il momento ha solo espresso la volontà di avviare un percorso di dialogo per trovare uno spazio alternativo al laboratorio occupato, ma senza esprimersi rispetto al ritiro delle denunce e rispetto alla possibilità che il Rettore faccia una dichiarazione pubblica a favore degli studenti e delle studentesse denunciate/i. Gli studenti e le studentesse a questo punto mirano a portare le loro rivendicazioni al Senato Accademico nella seduta del 17 giugno. Altri dettagli nell’appello al link di seguito, che invitiamo tutte e tutti a sottoscrivere anche individualmente: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSfPKj0xl73MZgLdaR44XJDqgO1jIgChS8ZjstLLlVbjQiceLA/viewform Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Emilia-Romagna, infrastrutture, energia e il prezzo della militarizzazione. Seconda parte
La Regione Emilia-Romagna nel 2020 aveva lanciato il Patto per il Lavoro e per il Clima, presentato come un modello di sviluppo sostenibile per coniugare crescita economica e decarbonizzazione. Una retorica green, però, che si è scontrata con la realtà dei fatti: gli investimenti concreti della giunta Bonaccini prima e De Pascale poi hanno puntato su grandi opere logistiche e infrastrutturali, le quali sono andate a costituire un ecosistema ideale per  un’economia sempre più militarizzata, in piena contraddizione con gli obiettivi climatici dichiarati. Ma quali sono i progetti e le infrastrutture, frutto di precise scelte politiche da parte dell’amministrazione regionale e quelle locali, che hanno fatto sì che fosse così conveniente per le industrie meccaniche pensare di inserirsi all’interno del mercato della difesa? L’allargamento del porto di Ravenna, il rigassificatore, l’inserimento di Piacenza nel retroporto di Genova e la creazione di Zone Logistiche Semplificate rivelano un approccio preciso, descritto dalla Rete Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna (RECA ER) come “protezionista nei confronti dell’industria non sostenibile, senza obiettivi concreti di breve e medio periodo, che lascia libertà di scelta ai privati negli obiettivi e nelle strategie[1]”. Questi progetti non solo consumano suolo e aggravano l’inquinamento, ma dimostrano come la Regione, nonostante il linguaggio ufficiale, stia di fatto creando un ambiente che si sposa perfettamente con la corsa europea al riarmo, trasformandosi in un hub strategico per la logistica, ideale anche per il transito di materiale bellico, e l’energia fossile. Il Patto per il Lavoro e per il Clima, in questo contesto, appare più come un’operazione di facciata che come un reale cambio di rotta. Le Zone Logistiche Semplificate: il collegamento tra il porto di Genova e quello di Ravenna Inizialmente pensate come spazi destinati all’esportazione, le Zone Logistiche sSmplificate (ZLS) sono diventate veri e propri laboratori di sperimentazione politica, amministrativa e normativa, che hanno comportato, nei territori in cui sono state istituite (compresa l’Emilia-Romagna) industrializzazione rapida e sfruttamento del lavoro. Le ZLS sono innanzitutto spazi di deregolamentazione economica, ma anche nodi logistici fondamentali per garantire efficienza e prontezza nell’approvvigionamento di materiali, funzionando in modo efficace anche nel supporto alle aziende che decidono di riconvertire la propria produzione in senso militare: flussi di componenti meccanici, elettronici e materiali dual-use transitano in deroga a vincoli ambientali e fiscali. Studiosi come Aiwa Ong[2], Saskia Sassen[3] e Sandro Mezzadra[4] hanno offerto letture differenti, ma convergenti nel riconoscere come le zone producano forme di sovranità frammentata o “graduata”, contribuendo alla ridefinizione del ruolo dell’attore statale, o regionale in questo caso, moderno, che non scompare ma si riconfigura, oscillando tra il ruolo di facilitatore del capitale globale e quello di garante residuale della legittimità politica. Il caso dell’Emilia-Romagna è paradigmatico: una delle regioni più colpite dalla crisi climatica, con eventi estremi continui e un’enorme perdita di suolo, nel 2024 ha approvato la creazione della Zona Logistica Semplificata (ZLS), che destinerà mille ettari di terreno all’espansione della logistica. Questo progetto prevede incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche per attrarre investimenti, soprattutto stranieri: l’obiettivo è sviluppare il settore logistico aggirando i vincoli sul consumo di suolo. La ZLS dell’Emilia-Romagna parte dal porto di Ravenna e si estende fino a Piacenza, città inclusa sempre nel 2024 nell’altra Zona Logistica Semplificata presente in Emilia-Romagna, ovvero quella del retroporto di Genova, e comprende 28 Comuni e 25 aree produttive; le imprese che si insediano nelle “aree libere” godono di incentivi fiscali[5]. La creazione, dunque, di spazi in cui le regole fiscali e di organizzazione del lavoro sono differenti rispetto al resto del territorio regionale fa emergere il tema della trasformazione radicale del ruolo svolto dal potere politico ed economico e dunque quello della democraticità della gestione del territorio. Questa riconfigurazione del territorio, però, riguarda anche un’altra infrastruttura che nel tempo ha assunto sempre più importanza all’interno degli equilibri economici e geopolitici del Nord Italia: il porto di Ravenna. Il progetto enorme di allargamento e potenziamento del porto di Ravenna rappresenta un salto in avanti infrastrutturale che si colloca esattamente lungo questa scia, con l’obiettivo di consolidare il ruolo del porto come un hub logistico strategico per il Mediterraneo. Oltre a servire l’espansione del traffico commerciale, l’ammodernamento del porto di Ravenna risponde anche alla necessità di garantire un’infrastruttura portuale in grado di accogliere flussi di materiali sensibili, inclusi armamenti o componentistica strategica. In un contesto in cui le linee tra logistica civile e militare si fanno sempre più sfumate, Ravenna si propone come snodo marittimo duale per l’economia di guerra europea, come dimostra l’avvenimento di pochi mesi fa, in cui il Tribunale di Ravenna ha ordinato il sequestro in porto di un carico di 14 tonnellate di componenti di armi dirette a Israele provenienti da una ditta di Lecco e destinate alla IMI System, principale produttore di armi e munizioni per l’esercito israeliano[6]. A promuovere e sostenere l’iniziativa di allargamento del porto di Ravenna, con un forte impegno istituzionale, sono stati in particolare l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e l’ex sindaco di Ravenna, ora non a caso presidente della regione, Michele De Pascale. Bonaccini e De Pascale hanno fatto del potenziamento del porto una priorità politica, puntando a rafforzare la competitività dell’Emilia-Romagna nel contesto europeo e globale, con dichiarazioni chiare sull’importanza di questi interventi per il futuro del sistema logistico regionale. Il progetto ha visto lo scavo dei fondali e la costruzione di nuove banchine; proprio per garantire la sicurezza anche digitale durante il transito di materiale dual-use, sono state potenziate le misure di sicurezza contro i cyberattacchi, con Itway e Radiflow, aziende strettamente intrecciate con lo Stato e l’esercito israeliani, a fornire protezione digitale. Il rigassificatore di Ravenna e il gasdotto adriatico Se la logistica è il sistema circolatorio di questa trasformazione, l’energia ne è il carburante. Il rigassificatore rientra nella nuova strategia dell’Unione Europea di riduzione della dipendenza dal gas russo, che include anche la sicurezza degli approvvigionamenti per industrie critiche, come ad esempio quella aerospaziale; la sua localizzazione a Ravenna lo rende funzionale al polo logistico regionale. Il rigassificatore di Ravenna, sostenuto da Stefano Bonaccini, ex presidente di regione, e Michele De Pascale, ex sindaco di Ravenna e attuale presidente della regione, non si configura soltanto come un impianto per la riconversione del gas naturale liquefatto, ma anche come un tassello strategico di un nuovo paradigma economico che risponde a logiche emergenziali, in un’Europa tornata a ragionare in termini di guerra e sicurezza, sacrificando tutti gli obbiettivi di transizione ecologica[7]. In un’economia di guerra che si struttura anche attorno alla sicurezza energetica, il rigassificatore diventa parte integrante della logistica militare invisibile, assicurando continuità operativa agli impianti industriali riconvertiti e riconvertibili in senso bellico e proteggendo i flussi energetici dai rischi geopolitici legati alla dipendenza da attori non allineati agli interessi NATO. Reso operativo in tempi record grazie a procedure straordinarie, fuori dai normali iter di valutazione ambientale, l’impianto è stato classificato “opera di interesse nazionale”, a testimonianza di una virata decisa verso un’economia dove energia, industria e Stato si preparano per un’eventuale “resilienza”, in uno scenario geopolitico che l’Unione Europea ha contribuito a rendere instabile. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e a causa della nuova strategia europea di azzeramento delle forniture energetiche dalla Russia, l’Italia ha rimodulato le sue priorità, abbracciando una strategia di presunta indipendenza energetica attraverso il GNL importato da Paesi allineati agli interessi euro-atlantici, come Stati Uniti e Qatar. Il gasdotto adriatico gestito da SNAM Sulmona–Minerbio completa il disegno di una nuova infrastruttura energetica nazionale che, dietro la facciata della transizione e della resilienza, risponde a una logica pienamente integrata nell’economia di guerra. Il gasdotto, che attraversa l’Appennino abruzzese per connettere il Centro Italia con l’Emilia-Romagna, costituisce l’asse portante della cosiddetta dorsale adriatica: un corridoio energetico strategico che consente al gas rigassificato sulla costa adriatica di alimentare i poli industriali del Nord, oltre che di interfacciarsi con la rete europea. È grazie a questa infrastruttura, come chiarisce anche la stessa SNAM[8], che il gas proveniente dagli alleati NATO può fluire stabilmente verso i distretti produttivi riconvertiti in ottica dual-use, garantendo la continuità operativa delle industrie che sempre più si avviano alla riconversione in senso militare. Come il rigassificatore, anche il gasdotto è stato imposto ai territori con una procedura straordinaria e commissariale, eludendo il confronto democratico e ambientale in nome dell’interesse nazionale. In questa convergenza tra energia, industria e sicurezza, la dorsale Sulmona–Minerbio non è semplicemente un’infrastruttura civile, ma una linea logistica invisibile al servizio anche di una riconversione bellica del Paese, che trasforma l’Italia, ma soprattutto l’Emilia-Romagna, in un hub energetico-militare dell’Europa. Emilia-Romagna avamposto militare? Davanti a questa accelerazione, una domanda si impone: l’Emilia-Romagna sta diventando un avamposto dell’industria militare europea? I progetti infrastrutturali, gli incentivi pubblici e le partnership industriali suggeriscono dei passi in questa direzione, ma a quale prezzo? In questo scenario, la transizione ecologica sembra sempre più sacrificata sull’altare della difesa e della competitività militare e l’Emilia-Romagna, invece di rappresentare un modello di sostenibilità e giustizia climatica, va sempre più consolidandosi come avamposto industriale dell’economia di guerra europea. Link alla prima parte dell’articolo [1] Si veda il Patto per il Clima e per il Lavoro della Rete Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna, nell’intento della rete “un manifesto per aprire e allargare alla società civile la discussione che lega i temi del clima e del lavoro”. [2] Ong A. (2006), Neoliberalism as Exception. Mutations in Citizenship and Sovereignty, Duke University Press, Durhan-London. [3] Sassen S. (2014), Expulsions. Brutality and Complexity in the Global Economy, Belknap Press, Cambridge-London. [4] Sandro Mezzadra, Brett Neilson (2021), Operazioni del capitale. Il capitalismo contemporaneo tra sfruttamento ed estrazione, manifestolibri, Roma. [5] https://altreconomia.it/limpatto-delle-zone-logistiche-semplificate-sui-territori-il-caso-dellemilia-romagna/. [6] https://ilmanifesto.it/pezzi-di-armi-italiane-a-israele-il-carico-bloccato-a-febbraio-non-e-un-caso-isolato [7] https://ilmanifesto.it/ravenna-il-rigassificatore-divide-il-centrosinistra. [8] https://www.snam.it/it/noi-snam/chi-siamo/le-nostre-infrastrutture/la-rete-di-trasporto/la-linea-adriatica.html. Emiliano Palpacelli
Emilia-Romagna, le radici globali della riconversione bellica. Prima parte
Il grande cambiamento che caratterizza l’attuale fase storica non riguarda solo l’ordine internazionale, ma si riflette in profondità anche nelle trasformazioni dei nostri territori. Le mutazioni geopolitiche, dalla crisi dell’egemonia americana al riarmo europeo, non sono eventi lontani, che ci riguardano solamente se ci imbarchiamo in speculazioni teoriche, ma processi che si traducono concretamente in scelte economiche, industriali e ambientali su scala locale. È utile, dunque, ricostruire il legame tra le grandi trasformazioni globali e un caso specifico di riconfigurazione produttiva: quello dell’Emilia-Romagna. Regione strategica per il suo peso manifatturiero, logistico e infrastrutturale, l’Emilia-Romagna si trova oggi al centro di un processo di riarmo “indiretto” che passa per la riconversione industriale, l’espansione delle aziende che producono materiale dual-use e una nuova centralità della logistica per il loro transito. Leggere il territorio regionale alla luce di questi fenomeni consente di comprendere come le dinamiche della guerra globale possano modellare lo sviluppo locale e ridefinire le priorità economiche e politiche. Questo legame tra trasformazioni globali e riconfigurazione locale non è un’eccezione, ma il riflesso di una crisi sistemica e per comprenderne le radici, è necessario partire dagli squilibri che stanno ridisegnando l’ordine internazionale. Il crollo dell’egemonia USA Il più rilevante tra questi squilibri è senza dubbio il declino dell’egemonia statunitense, un processo che sta scuotendo le fondamenta stesse del sistema globale. Gli Stati Uniti, con un debito pubblico record[1] e il progressivo disimpegno militare dall’Iraq all’Afghanistan, non riescono più sostenere il loro storico ruolo di “controllori” della sicurezza mondiale. La crisi è strutturale: il sistema di egemonia a credito, fondato sul dollaro come valuta globale e su 800 basi militari nel mondo, è in declino: Cina e Giappone riducono l’acquisto di titoli di Stato USA[2], Trump e Biden accelerano il ritiro dal Medio Oriente e minacciano tagli alla NATO[3] e l’Unione Europea, di fronte a questo scenario, promuove la spesa militare come leva di rilancio economico, secondo una logica di keynesismo militare[4]. Il ruolo da protagonista dell’UE all’interno della guerra in Ucraina e nel sostegno diretto e indiretto al genocidio palestinese attraverso il complesso militare-industriale ne è un esempio.  L’eredità italiana della NATO Le aziende italiane  hanno beneficiato per decenni dell’imperialismo statunitense: ENI ha sfruttato i giacimenti petroliferi in Iraq[5] e Libia[6] dopo le guerre NATO; Leonardo (ex Finmeccanica) ha fornito elicotteri e tecnologia militare[7]; Impregilo[8] (oggi Webuild) ha costruito infrastrutture in teatri di guerra. Ora, con i riassetti degli equilibri geopolitici, si rende necessario pensare a un imperialismo autonomo, grazie al quale il capitale si possa nuovamente valorizzare: è così che le aziende italiane, soprattutto in Emilia-Romagna, iniziano a convertire le filiere industriali per servire la nuova domanda militare. Il caso dell’Emilia-Romagna Tra le regioni più sviluppate dal punto di vista manifatturiero, oggi l’Emilia-Romagna si trova al centro di dinamiche di riconversione legate all’integrazione nelle nuove catene del valore della difesa europea. In particolare, la crisi strutturale dell’automotive europeo, combinata con la prospettiva di incentivi pubblici diretti all’industria della difesa, sta creando le condizioni per un passaggio dal paradigma della sostenibilità a quello della “resilienza bellica”; così come in passato le imprese italiane hanno saputo inserirsi nei circuiti dell’espansione NATO, oggi le aziende emiliane si preparano a rispondere alla nuova domanda militare, offrendo competenze in settori chiave come la meccanica di precisione, l’elettronica, la robotica e la logistica. Riconversione industriale Sempre più aziende in Italia colgono il cambiamento dei tempi e vedono nel settore della difesa un’opportunità di ricchezza; è così che il comparto industriale dell’automotive e della componentistica si avvia verso la riconversione al settore bellico, in grado di garantire profitti e di assicurare a molti un posto all’interno del panorama economico internazionale. Se in Emilia-Romagna questo avviene, è perché nel tempo le amministrazioni regionali hanno creato un ecosistema quanto meno favorevole, se non ottimale, per il prosperare di industrie interessate all’inserimento nel settore della difesa. La creazione del consorzio Anser è un esempio lampante del ruolo che l’attore pubblico ha ricoperto in questo processo. Sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna e da Confindustria, promuove l’internazionalizzazione di aziende riconvertite come Curti, attiva nella produzione di componenti per elicotteri militari e carri armati, o la sua controllata Npc, impegnata nella realizzazione di nanosatelliti anche per usi militari. Altre realtà come Bucci Composites, Poggipolini e Tekne Srl hanno seguito lo stesso percorso, passando da settori ad alta tecnologia civile a fornitori strategici per colossi dell’aerospazio e della difesa, sia italiani che internazionali, grazie anche all’inserimento all’interno del consorzio. A completare la costellazione di attori istituzionali che sostengono il processo di riconversione c’è l’Università di Bologna, che garantisce collaborazione con il progetto attraverso la creazione di master e corsi di laurea ad hoc, e attraverso l’inserimento nel management del consorzio di professori universitari di Unibo[9]. Proprio quest’anno la Bologna Business School ha deciso di ideare un nuovo master di 12 mesi dedicato alla “New Space Economy”. La pagina istituzionale del corso e la locandina di un evento di presentazione, chiamato “L’innovazione al servizio dell’integrazione economica tra Emilia-Romagna e Francia”, chiariscono quali sono i protagonisti della riconversione in senso bellico dell’apparato produttivo emiliano-romagnolo e quali sono i suoi attori privati e pubblici: “aziende leader nel settore aerospaziale, sia in ambito produttivo (Poggipolini S.p.A.; Zephyr S.r.l.; AdapTronics S.r.l.; Galvani Power S.r.l.) che economico (consorzio ANSER-AeroNautics and Space in Emilia-Romagna)[10], interagiscono con colossi internazionali come Airbus, Leonardo, Dassault Aviation e Thales Alenia Space[11]. La Regione Emilia-Romagna è dunque protagonista in questo processo: la maggior parte delle accelerazioni in questo senso avvengono poco prima dell’abbandono del ruolo di presidente di regione da parte di Stefano Bonaccini, il quale continua a occuparsi delle relazioni con attori economici interessati alla riconversione industriale anche nella nuova veste di parlamentare europeo. Oltre ad aver votato senza esitazione e sostenuto pubblicamente il piano Rearm Europe presentato dalla Commissione Europea, Bonaccini ha partecipato anche a diversi incontri con portatori di interesse[12] di aziende dell’automotive attratte dalla possibilità di riconvertirsi in senso bellico: Volkswagen, il cui AD ha specificato di essere pronto a contribuire al riarmo[13], IVECO, la più grande casa produttrice di automezzi militari in Italia, Autopromotec, grandissima fiera di componentistica che potrebbe beneficiare in modo importante delle commissioni di aziende interessate al riarmo. Mentre l’Unione Europea accelera il suo riarmo, abbiamo visto come l’Emilia-Romagna si stia lentamente trasformando in un laboratorio di riconversione produttiva, dove la domanda militare ridefinisce priorità industriali e infrastrutturali. [1] Per una lucida analisi di Emiliano Brancaccio: https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2025/03/10/momento-lenin-trump-cina-europa-riarmo/. [2] https://www.ft.com/content/fdad7e0b-aa23-4b7b-8f1a-fc1d48468631. [3] https://www.theguardian.com/us-news/2025/mar/07/donald-trump-nato-alliance-us-security-support. [4] https://www.progettometi.org/analisi/dal-welfare-al-warfare-il-keynesismo-militare/. [5] https://www.pressenza.com/it/2025/04/dalliraq-a-falconara-lodissea-di-un-barile-di-petrolio-prima-parte/. [6] https://www.eni.com/en-IT/actions/global-activities/libya.html. [7] https://www.peacelink.it/disarmo/eldorado-afghanistan-per-finmeccanica [8] https://reports.salini-impregilo.com/it/2014-fy/relazione-gestione/andamento-gestione-area-geografica/libia [9] https://www.anser-it.it/management/dario-modenini/. [10] https://www.bbs.unibo.it/master-business-management-new-space-economy/#gref [11] https://www.linkedin.com/posts/anser-aeronautics-and-space-in-emilia-romagna_grazie-ad-anna-masutti-per-questo-interessantissimo-activity-7312931072529342466-mp4b?originalSubdomain=it [12]”https://www.europarl.europa.eu/meps/en/257108/Stefano_BONACCINI/meetings/past#mep-card-content”>https://www.europarl.europa.eu/meps/en/257108/Stefano_BONACCINI/meetings/past#mep-card-content [13] https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/03/12/volkswagen-riarmo-produzione-veicoli-militari/7911478/. Emiliano Palpacelli