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New York, la battaglia di Zohran Mamdani
Nell’odierno panorama politico polarizzato, leader in ascesa come Zohran Mamdani si trovano ad affrontare il fuoco di entrambi gli estremi: l’estrema destra e i centristi sostenuti dalle aziende. Accuse di antisemitismo, comunismo ed estremismo gli vengono rivolte in una campagna diffamatoria coordinata. Naturalmente, queste accuse sono infondate, ma come la storia ci ricorda – da Joseph Goebbels ai moderni troll della disinformazione – le voci spesso si diffondono più velocemente dei fatti, soprattutto nell’era dei social media virali. Ciò che rende la recente vittoria di Mamdani davvero storica è che ha sconfitto alle primarie l’establishment del Partito Democratico e il suo candidato di alto profilo, Andrew Cuomo. Sostenuto dai Clinton, dal ricchissimo ex sindaco Michael Bloomberg e da grandi interessi economici, Cuomo rappresentava la vecchia guardia della politica newyorkese. Eppure gli elettori democratici, soprattutto milioni di giovani, hanno scelto Mamdani con un netto margine, quasi dieci punti percentuali. Si è trattato di un coraggioso rifiuto della politica “business-as-usual”. E l’establishment politico dello status quo non è contento. I suoi media non sono contenti. Pertanto, la lotta non è finita. Con Cuomo che si rifiuta di cedere e l’attuale sindaco Eric Adams che si presenterà al voto di novembre, la posta in gioco è più alta che mai. Sia Cuomo che Adams hanno ora un chiaro bersaglio: il crescente movimento socialista democratico rappresentato da Mamdani e da altri in tutti gli Stati Uniti. Per Trump e i suoi, qualsiasi politica che parli di civiltà e uguaglianza viene automaticamente bollata come radicale, di estrema sinistra, comunista… persino terrorista. Purtroppo, molti americani della classe operaia – compresi quelli a cui ho insegnato per molti anni – credono alle loro bugie. Le tensioni sono aumentate ulteriormente in seguito alla recente sparatoria di massa a Manhattan, dove un uomo armato ha ucciso quattro persone, tra cui l’agente di polizia Didarul Islam. All’indomani della tragedia, la richiesta di Mamdani di “tagliare i fondi alla polizia”, avanzata da tempo, è stata distorta e strumentalizzata. I media di destra, il candidato repubblicano e conduttore radiofonico Curtis Sliwa e la macchina Cuomo-Adams non hanno perso tempo per sfruttare la tragedia, accusando Mamdani di essere contro la polizia e ignorando convenientemente la crisi delle armi in America e l’influenza tossica della NRA. Siamo chiari: Mamdani non si è mai espresso contro le forze dell’ordine in quanto tali. Ciò che ha criticato, giustamente, è la militarizzazione della polizia di New York e gli abusi sistematici che hanno portato all’omicidio di George Floyd e di innumerevoli altre persone. Chiede riforme, responsabilità e ridistribuzione dei fondi pubblici a sostegno dell’istruzione, dell’edilizia popolare e della sanità, non brutalità. La stessa distorsione è evidente nella sua posizione sulla Palestina. Mamdani non ha mai parlato contro il popolo ebraico. Anzi, un gran numero di ebrei liberali, tra cui alcuni che conosco personalmente, lo sostengono. Si è espresso contro i crimini di guerra e le politiche di apartheid del regime di Benjamin Netanyahu. Per questo è stato etichettato come antisemita dai difensori dell’estrema destra israeliana, che ignorano la sua chiarezza morale e la sua posizione di principio a favore dei diritti umani. La reazione non è venuta solo dai gruppi filoisraeliani. Anche le forze di destra indù, in particolare i sostenitori del regime indiano di Modi e dell’RSS, sono entrate nella mischia. Il New York Times ha recentemente riportato come questi gruppi stiano conducendo una campagna attiva contro Mamdani. Lo vedono come un critico aperto dell’ultranazionalismo indù e un difensore della democrazia laica, sia in India che negli Stati Uniti e questo lo rende un loro nemico naturale. Con l’avvicinarsi delle elezioni di novembre, Zohran Mamdani dovrà affrontare una dura battaglia. Le diffamazioni si intensificheranno. Gli attacchi diventeranno più personali. Ma ciò che egli rappresenta – un movimento popolare per la giustizia, l’uguaglianza e la pace – è più potente di qualsiasi macchina politica. Seguiremo da vicino la situazione. E gli resteremo accanto. Traduzione dall’inglese di Anna Polo Questo articolo fa parte di una serie dedicata alle importantissime elezioni di novembre per scegliere il prossimo sindaco di New York. Il dottor Banerjee è uno scrittore, educatore e attivista per i diritti umani che vive a New York. Ex membro dell’RSS, organizzazione di estrema destra indù, ha in seguito denunciato il loro programma fascista globale attraverso i suoi libri e articoli. Email: thescriptline@yahoo.com       Partha Banerjee
Dazi e scelte politiche, intreccio fatale per un impero in crisi
Il commercio mondiale non deve obbedire più, neanche formalmente, alle incerte leggi dell’”economia di mercato”, ma rispondere approssimativamente al tasso di subordinazione verso l’”impero centrale” accettato dai singoli paesi del resto del mondo. Questa è l’impressione che resta dopo sei mesi di discussioni e trattative frenetiche sull’entità dei dazi che […] L'articolo Dazi e scelte politiche, intreccio fatale per un impero in crisi su Contropiano.
Più di venti rabbini arrestati in Campidoglio per una protesta contro il blocco israeliano di Gaza
Più di venti rabbini sono stati arrestati martedì in Campidoglio mentre occupavano l’ufficio del leader della maggioranza repubblicana John Thune per protestare in modo nonviolento contro il blocco di Gaza da parte del governo israeliano. I manifestanti rappresentano 750 rabbini e membri del clero ebraico e oltre 23.000 ebrei che hanno firmato una dichiarazione che chiedeva aiuti alimentari immediati a Gaza. Provengono da tutte le confessioni della fede ebraica. “Fermate queste morti per fame! Siamo qui come ebrei, perché la nostra religione ci impone di essere qui e di resistere!” ha gridato l’attivista Deborah Zavos mentre veniva portata via dalla protesta di martedì in manette. Democracy Now!
L’Unione Europea è un cane morto
La scena in cui tale Ursula von der Leyen – aristocratica discendente di una famiglia nazista, dedita ai concorsi di equitazione nonché alla nobile missione della madre (7 figli) fin dopo i 40 anni, poi incomprensibilmente scelta per guidare il ministero della difesa di Berlino (con risultati talmente tragici da […] L'articolo L’Unione Europea è un cane morto su Contropiano.
Trump ritira nuovamente gli Stati Uniti dall’Unesco
Il governo di Donald Trump ha annunciato martedì scorso l’uscita degli Stati Uniti dall’UNESCO, lamentando che l’agenzia culturale ed educativa internazionale dell’ONU abbia un pregiudizio contro Israele e promuova cause «divisive», una decisione che l’organismo ha naturalmente smentito. > “Non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti rimanere nell’Unesco”, ha > dichiarato la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce, che ha > descritto l’organizzazione come un’entità che “promuove cause sociali e > culturali divisive” e che si concentra eccessivamente sugli obiettivi di > sostenibilità delle Nazioni Unite, che ha definito come “un’agenda ideologico > globalista”. Bruce ha anche messo in discussione l’ammissione della Palestina > come Stato da parte dell’Unesco. “La decisione dell’Unesco di ammettere lo > ‘Stato di Palestina’ come membro a pieno titolo è altamente problematica, > contraria alla politica degli Stati Uniti e ha contribuito alla proliferazione > della retorica anti-israeliana all’interno dell’organizzazione”, ha dichiarato > la portavoce. Ricordiamo che nel 2017, durante il suo primo mandato, Trump aveva già ordinato l’uscita dall’Unesco, che descrive la sua missione come la promozione dell’educazione, della cooperazione scientifica e della comprensione culturale. Il suo successore Joe Biden (2021-2025) ha poi ripristinato l’adesione degli Stati Uniti. Donald Trump non è stato il primo a ritirare gli Stati Uniti dall’Unesco. Negli anni ’80, il presidente Ronald Reagan pose fine all’adesione degli Stati Uniti, sostenendo che l’agenzia fosse corrotta e “filosovietica”. Gli Stati Uniti sono rientrati nell’agenzia durante la presidenza di George W. Bush (2001-2009). > «Deploro profondamente la decisione del presidente Donald Trump di ritirare > ancora una volta gli Stati Uniti d’America dall’UNESCO», ha dichiarato la sua > direttrice generale, Audrey Azoulay. «Benché sia da rimpiangere, tale annuncio > era atteso, e l’UNESCO si era già preparata a questa eventualità», ha > aggiunto. L’organizzazione inoltre supervisiona una lista di siti del patrimonio avendo come obiettivo quello di preservare gioielli ambientali e architettonici unici, che vanno dalla Grande Barriera Corallina in Australia e il Serengeti in Tanzania fino all’Acropoli di Atene e alle Piramidi d’Egitto, così come le città patrimonio dell’umanità dichiarate di interesse in tutto il mondo. -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dallo spagnolo di Stella Maris Dante. Revisione di Thomas Schmid. Pressenza IPA
Microsoft Francia ammette di non poter proteggere i dati del governo francese dalle richieste statunitensi
Il direttore degli affari pubblici e giuridici di Microsoft Francia ha dichiarato, di fronte a una commissione del Senato francese, che l'azienda non può garantire che i dati dei cittadini francesi custoditi sui server in Europa non verranno trasmessi al governo statunitense. Si tratta di una dichiarazione estremamente importante, in particolare nell'ambito del dibattito attuale legato alla sovranità digitale europea. Era il 10 giugno scorso quando Anton Carniaux, direttore degli affari pubblici e giuridici per Microsoft Francia, ha testimoniato di fronte al Senato francese per parlare degli ordini che l'azienda riceve tramite l'Union des groupements d'achats publics (UGAP), ovvero un ente che si occupa di centralizzare l'acquisto di beni e servizi per scuole e comuni. Carniaux ha affermato, durante la sua testimonianza, che Microsoft non può garantire che i dati dei cittadini francesi non vengano trasferiti verso gli USA a seguito di una richiesta del governo statunitense, ma altresì che una tale richiesta di trasferimento non è mai avvenuta. Il CLOUD Act, diventato legge nel 2018, fa infatti sì che il governo statunitense possa richiedere accesso ai dati contenuti nei data center delle aziende americane, anche quando tali dati sono fisicamente localizzati in altri Paesi. Leggi l'articolo
Piovono pietre: Usa e UE vicini all’accordo sui dazi al 15%
Il 15% , ovvero, una tariffa sui prodotti europei venduti negli Stati Uniti. Al contrario, non ci sarebbero dazi o sarebbero appena del 4,5% per le tutte le merci USA vendute in Europa. Sarebbe un accordo potentemente asimmetrico perché al 15% va sommato l’effetto cambio che raddoppierebbe il vantaggio americano. […] L'articolo Piovono pietre: Usa e UE vicini all’accordo sui dazi al 15% su Contropiano.
La Columbia University accetta di pagare una multa di 221 milioni di dollari all’amministrazione Trump
La Columbia University ha accettato di pagare una multa di 200 milioni di dollari in tre anni all’amministrazione Trump, che aveva accusato l’università di non aver protetto gli studenti ebrei durante le proteste del campus contro l’aggressione di Israele a Gaza. La Columbia pagherà anche 21 milioni di dollari per risolvere le indagini della U.S. Equal Employment Opportunity Commission, accettando di porre fine alla considerazione della razza nelle ammissioni e nelle assunzioni. Gli accordi ripristineranno centinaia di milioni di dollari di sovvenzioni annullate o congelate dal National Institutes of Health e dal Department of Health and Human Services. Come parte dell’accordo, la Columbia si impegna a nominare un rettore senior per supervisionare il dipartimento di studi mediorientali, a reprimere ulteriormente le proteste nel campus e a nominare 36 nuovi agenti di sicurezza con poteri di arresto. L’accordo è stato annunciato un giorno dopo che la Columbia aveva annunciato che 80 studenti erano stati sospesi da uno a tre anni – o espulsi – per aver partecipato alle proteste contro la guerra nel campus. Martedì, uno degli studenti sospesi ha parlato con Democracy Now! Ha chiesto di rimanere anonimo per paura di subire la diffusione di informazioni personali e ulteriori ritorsioni. “Sebbene le sanzioni siano arrivate all’improvviso, i risultati non sono stati una sorpresa. Dopo quasi due anni sotto un’università fascista che sostiene e finanzia interamente il genocidio del popolo palestinese, non ci facciamo davvero illusioni sulle intenzioni della Columbia o sulla sua funzione di macchina da guerra ad Harlem e in Palestina. Non c’è alcun onore nel far parte della missione genocida della Columbia. Non mi vergogno e non mi vergognerò mai di essere stato sospeso per aver protestato per la liberazione della Palestina e per la liberazione di tutti noi” ha affermato.   Democracy Now!
Campagna elettorale per il sindaco di New York City: le sfide di Zohran Mamdani
Zohran Mamdani deve affrontare diverse importanti sfide nella sua candidatura a sindaco di New York. Eccone un elenco. Nei prossimi giorni se ne aggiungeranno di certo altre. A mio parere, il vero problema è che i grandi media, come il New York Times, la CNN, il New York Post e altri creeranno una raffica di bugie per minare la candidatura di Zohran. L’opposizione della comunità imprenditoriale e dell’establishment: il programma democratico-socialista di Mamdani – come il blocco degli affitti, la gratuità dei trasporti, i negozi di alimentari gestiti dalla città e l’aumento delle tasse per chi guadagna di più e per le aziende – ha provocato una forte resistenza da parte della comunità imprenditoriale e dell’establishment di questa potente città, che teme che queste misure possano allontanare gli investimenti e gravare sui contribuenti. I principali interessi economici non si sono consolidati dietro a un unico rivale, ma i gruppi stanno mobilitando ingenti fondi per opporsi a Mamdani. Nelle prossime settimane potrebbero trovare il loro candidato comune, e temo che potrebbe essere il conduttore radiofonico di estrema destra Curtis Sliwa. Wall Street, la lobby della polizia e il potente status quo di Bloomberg e Clinton non avrebbero grandi problemi a sostenere un portavoce della destra radicale, se lo ritengono vincente. Scetticismo sulla fattibilità delle sue politiche: le proposte anti-establishment di Mamdani sono popolari tra la classe operaia e gli elettori più giovani, ma vengono criticate come costose e potenzialmente irrealizzabili senza il sostegno dello Stato, soprattutto perché leader come la governatrice dello Stato di New York Kathy Hochul si oppongono ai suoi piani fiscali. Mamdani avrebbe bisogno della cooperazione statale per attuare parti significative del suo programma. Questa potrebbe essere una sfida seria, dal momento che la legislatura statale, a parte alcuni leader progressisti come Jessica Gonzalez-Rojas, è profondamente radicata nella politica aziendale. Debolezza demografica: Mamdani ha faticato a ottenere l’appoggio degli elettori neri e latini, che rimangono settori chiave nella politica di New York. I rapporti degli analisti suggeriscono che  la sua popolarità è maggiore tra gli elettori bianchi più giovani, progressisti e benestanti, mentre i gruppi di base, come gli elettori neri, hanno appoggiato Andrew Cuomo, il suo rivale alle primarie. Tuttavia, il lato positivo è che gli elettori neri sarebbero divisi tra Eric Adams e Cuomo, mentre la base di Mamdani è solida. Pregiudizio religioso-etnico e attacchi alla sicurezza nazionale: Mamdani, musulmano dell’Asia del Sud e sostenitore dei diritti dei palestinesi, deve affrontare campagne diffamatorie che lo accusano di essere contro Israele o di voler imporre la legge islamica, narrazioni amplificate da milioni di pubblicità negative che prendono di mira la sua identità e le sue opinioni. Una parte di elettori ebrei e moderati lo guarda con diffidenza a causa delle polemiche sulle sue passate dichiarazioni riguardo alla politica mediorientale. Anche in questo caso, i grandi media, che avrebbero potuto smentire questa propaganda, hanno deciso di proposito di rimanere in silenzio o, peggio, di prendere una posizione anti-Zohran, proprio come hanno trattato Bernie Sanders nel 2016. Opposizione frammentata: gruppi repubblicani, democratici centristi e indipendenti si stanno unendo per impedire la vittoria di Mamdani, con figure come Andrew Cuomo ed Eric Adams (il sindaco in carica che si candida come indipendente) che attirano risorse e attenzione nel tentativo di negare a Mamdani la maggioranza. Questo ha il potenziale per creare dinamiche imprevedibili nelle elezioni generali di novembre. Il più grande punto di forza di Mamdani è la sua base giovanile, attiva durante le primarie democratiche. Ora dovrà impegnarsi ancora di più per mobilitarla. Inesperienza politica: i critici sostengono che la scarsa esperienza legislativa di Mamdani e la sua giovane età lo rendano impreparato a gestire le complesse realtà del governo di New York, alimentando ulteriormente le resistenze dell’establishment. È uno stratagemma che hanno usato contro altri politici di nuova generazione, come Barack Obama. Eppure, Obama ha dimostrato che si sbagliavano tutti. L’altro punto a favore di Mamdani è il sostegno ottenuto dai grandi sindacati come quello degli infermieri. Anche il New York City Labor Council, organizzazione ombrello di tutti i sindacati AFL-CIO, si è fatto avanti per sostenerlo. In sintesi, Zohran Mamdani si presenta alle elezioni per il sindaco di New York come candidato di punta in una città profondamente democratica, ma deve superare le resistenze dell’establishment, lo scetticismo nei confronti dei suoi programmi, gli attacchi identitari, le debolezze demografiche e un’opposizione ampia e ben finanziata determinata a bloccare la sua campagna.   Io sostengo questo politico progressista giovane, onesto e brillante affinché diventi il mio prossimo sindaco. Traduzione dall’inglese di Anna Polo. Partha Banerjee è autore di Gandhi’s Killers India’s Rulers (RBE, Kolkata, 2020) e In the Belly of the Beast: Hindu Supremacist RSS and BJP of India (Ajanta Books International, Delhi, 1998). Banerjee ha conseguito il dottorato di ricerca in biologia presso la Southern Illinois University e il master in giornalismo presso la Columbia University. Vive a Brooklyn, New York.   Pressenza New York
Freedom Flotilla Coalition in diretta su Instagram: unire le lotte per porre fine al genocidio
Huwaida Arraf, organizzatrice della Freedom Flotilla Coalition e avvocato internazionale, e Chris Smalls, fondatore ed ex presidente dell’Amazon Labour Union, a bordo dell’Handala, saranno raggiunti dal corrispondente di Al Jazeera e membro del Sindacato dei giornalisti palestinesi Hani Abuishaiba, direttamente da Gaza. In diretta su Instagram – 25 luglio, ore 17 CET https://instagram.com/gazafreedomflotilla/ Dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti, la famosa scrittrice palestinese Susan Abulhawa e il poeta Saul Williams aggiungono le loro voci a questo urgente dialogo globale e discutono le connessioni tra le diverse lotte e i legami di solidarietà che le uniscono. Insieme esploreranno le profonde connessioni tra la liberazione globale, dalla Palestina agli Stati Uniti, e il motivo per cui la solidarietà internazionale non è mai stata così urgente.   Redazione Italia