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La vergogna dell’Europa
Questa Europa che si prepara alla guerra contro la Russia, che urla frasi di violenza per abituarci al conflitto, questa Europa che non è certo la culla della democrazia si indigna per dei razzi rozzi o uno sconfinamento aereo sulla Lettonia ma non dice nulla e sopratutto non fa nulla contro il genocidio compiuto da Israele sul popolo palestinese. Perché la NATO non protegge il popolo palestinese?  E’ questo il vero volto della libertà propagandata dall’Europa e sopratutto dagli USA?  Come possiamo non soffrire per le donne e di bambini macellati in Palestina? Questa Europa non ha il diritto di esistere come Unione pacifica di popoli perché, a senso unico promuove e prepara una guerra sanguinosa, perché con gli USA ha sempre voluto e preparato il conflitto in Ucraina, ed ora, vergognosamente non fa nulla contro il governo Israeliano che uccide degli innocenti in Palestina.  Sono ormai oltre 10 anni che l’Europa ha attuato l’embargo contro la Russia e da 70 anni non fa nulla contro Israele? Perché pur esistendo due risoluzioni dell’ONU, che obbligherebbero Israele a ritirarsi dalla vallate del Golan, nessuno va a farle applicare?  Dove sono i famigerati  (ricordate pristina) caschi Blu che dovrebbero  difendere gli innocenti? Certo, siamo alla fine  del diritto internazionale, siamo alla fine dei trattati sui diritti dell’uomo. Il becero interesse alla guerra sta vincendo e solo noi possiamo fermarlo. Acquistare, investire in bombe ed armi vuol dire prepararsi alla guerra e forse viene fatto per nascondere e giustificare la crisi  economica devastante che sta per arrivare. Si! Da sempre la guerre sono state un businness e queste ancora di più. Che vergogna l’Europa. Redazione Italia
Eastern sentry: blindare l’est europeo, finanziare le guerre, confondere tra aggredito e aggressore
PERCHÉ NASCE EASTERN SENTRY (SENTINELLA DELL’EST)? COME BLINDARE L’EST EUROPEO, FINANZIARE LE INFRASTRUTTURE DI GUERRA E CREARE CONFUSIONE TRA AGGREDITO E AGGRESSORE “Eastern sentry“, Sentinella dell’est, è la nuova missione NATO in funzione antirussa, è stata lanciata negli ultimi giorni, ma le premesse sono evidenti da mesi, da quando l’Unione Europea aveva deciso di finanziare, con le prossime manovre di bilancio, la grande rete infrastrutturale tra Polonia e Paesi limitrofi aderenti alla NATO al fine di creare rapidi collegamenti per il trasporto di armi e di truppe. È possibile apparire all’opinione pubblica nel ruolo di vittime quando si è invece responsabili del riarmo per deliberate politiche militariste. Le risorse arriveranno dalla NATO e dai Paesi dell’UE, “tutti insieme” come affermando i vertici NATO, del resto come affermava uno storico della Grecia classica esistono cause reali e cause apparenti all’origine di ogni conflitto bellico. La conferenza stampa del segretario generale della NATO merita di essere ascoltata per trarre qualche idea del livello di guardia raggiunto: Nato, Rutte annuncia l’iniziativa Sentinella orientale per difendere il fianco est dell’Alleanza Una fonte autorevole, e lontana dalle nostre posizioni, come Analisi Difesa aiuta a capire gli scenari e a uscire dalla dicotomia aggredito e aggressore per comprendere i reali scenari di guerra: “Secondo il direttore generale di “Mechanical Protection Systems”, Dmitry Dorofeev, la Russia ha sviluppato un metodo innovativo e a basso costo per proteggere oggetti e infrastrutture dagli attacchi dei droni. Il sistema, denominato “Darwin”, consiste in una rete protettiva espandibile in poliammide in grado di catturare i droni in volo. Il sistema si basa su un processo a due fasi per neutralizzare le minacce: una prima fase di riduzione dell’energia, dove nell’impatto, i fili di poliammide della rete si allungano assorbendo così tra il 50% e il 100% dell’energia cinetica del drone. La versatilità della rete la rende adatta alla protezione di una vasta gamma di bersagli, dai nodi di controllo e centri dati a scuole, ospedali e impianti industriali, comprese le industrie a rischio di esplosione o incendio. L’autore dello sviluppo sottolinea l’importanza di trovare soluzioni economiche e fisiche, in un contesto in cui, secondo lui, l’Ucraina e i Paesi NATO hanno consegnato alle Forze armate ucraine oltre 1,3 milioni di droni nel 2024, con una previsione di 4 milioni nel 2025. Fonte: I russi producono una nuova rete per la protezione contro i droni   – Analisi Difesa  E la reazione NATO e UE arriva dopo l’annuncio del muro anti-drone evocato da Ursula von der Leyen per fortificare il fianco est blindandolo militarmente evocando la imminente aggressione Russa. “Sentinella orientale” è, quindi la nuova, l’ennesima, missione NATO annunciata da Mark Rutte e ne fanno parte alcuni dei Paesi che hanno accresciuto maggiormente la spesa militare come Danimarca, Francia, Regno Unito e Germania, altri ancora stanno invece per aderire come anticipato dalla Alleanza Atlantica. L’occasione si presta utile per mettere a punto il nuovo sistema di produzione militare, accelerare i processi di sinergia tra imprese belliche europee, evitare la frammentazione dei sistemi d’arma in troppi modelli di cui parlano i documenti ufficiali della Unione Europea che poi ricalcano le analisi redatte dalle imprese strategiche nel settore ricerca e sviluppo. La UE vuole spendere di più e meglio i propri soldi e non subire l’egemonia industrial-militare degli USA e per questo promettono rapidi cambiamenti perché gli armamenti europei costerebbero di più rispetto a quelli Usa avendo spazi di mercato decisamente inferiori. A prescindere dal giudizio sulla Russia, da parte nostra non certo benevolo, è innegabile che in pasto all’opinione pubblica venga data una informazione parziale che stride con i fatti reali e gli avvenimenti in corso, con gli interessi della NATO e di quel vasto apparato industriale e militare per l’ampliamento del quale (ipotizzato dalle imprese europee come nevralgico e strategico) serve appunto una sentinella armata nell’est europeo. Ma è proprio questa sentinella a soffiare sui venti di guerra, altro che strategia difensiva come i servi sciocchi della stampa occidentale si affrettano a scrivere. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
L’Europa che vuole la guerra
Un fantasma si aggira per l’Europa, ma non ha nulla a che fare con un possibile “mondo nuovo” quanto piuttosto con una pratica vecchia, anzi vecchissima come il mondo. È il fantasma della GUERRA (a lettere cubitali per sottolinearne l’orrore) che tutte le classi dirigenti europee agitano come l’inevitabile quotidianità che ci aspetta. Per capire cosa sta avvenendo nel vecchio continente l’Italia non è un buon punto di osservazione. Certo il nostro sciagurato governo non si tira indietro: aumento delle spese militari, rafforzamento dei legami (di subordinazione) con la NATO, continua propaganda militarista con allerta sui pericoli di guerra. Ma più di tanto non si può, visto che la gente comune appare restia a farsi coinvolgere, come avviene d’altra parte nell’intera area mediterranea. Altrove le cose stanno diversamente. Alcuni esempi per capirci. I paesi baltici (a parte il vertiginoso aumento delle spese militari che coinvolge tutto il continente) hanno avviato la Baltic Defence Line che prevede una linea difensiva comune lungo il confine con la Russia, con centinaia di bunker. La Lettonia ha reintrodotto il servizio militare obbligatorio. Tutti i paesi stanno potenziando l’organizzazione dei riservisti. Programmi di educazione di massa sono stati avviati per organizzare la resistenza civile in caso di guerra.  Situazione simile nei paesi scandinavi, con particolare attenzione al coinvolgimento della popolazione e alla costruzione di rifugi antiatomici e antiaerei. Aumento della presenza della NATO e continue esercitazioni congiunte. In Svezia in particolare è stato istituito “il ministero della difesa civile” che organizza (tra l’altro) campi estivi di addestramento militare per gli studenti. Le cose non stanno diversamente nel cuore della vecchia Europa. Giusto per citare solo alcuni provvedimenti particolarmente significativi per il loro impatto “terroristico” sulla popolazione, ricordiamo che in Francia è stato predisposto un piano che prevede che gli ospedali siano pronti, entro marzo del 2026, a curare 250 feriti di guerra al giorno. Il ministero della difesa ha poi dichiarato che potrebbe essere possibile la requisizione di industrie private per potenziare la produzione bellica.  Sul Regno Unito due soli esempi per dire tutto: vengono fatti continui appelli da parte di molti politici perché tutte le famiglie abbiano riserve di cibo e acqua per almeno 72 ore. Ma la cosa veramente inquietante è che si punta a rafforzare di molto la deterrenza nucleare con la costruzione di nuove testate e di sottomarini d’attacco.  In Polonia, oltre a potenziare l’esercito e le difese al confine con la Russia, si punta molto sul coinvolgimento della popolazione civile. Basterà ricordare, tra le tante iniziative, il progetto di addestrare 100.000 riservisti l’anno a partire dal 2027 e il programma scolastico “Education with the Military” che già dal nome dice tutto.  Solo un accenno alla Germania, comunque impegnata nel riarmo, ma soprattutto in un capillare lavoro di persuasione di massa rivolto in particolare ai giovani (appelli e questionari sul “dovere alla difesa” e ipotesi di nuovi programmi scolastici “militarizzati”). Mi scuso per questa sequenza di dati e di esempi (per altro niente affatto esaustiva), ma era necessario per capire il clima politico e i venti di guerra che percorrono il nostro continente. Solo alcune considerazioni finali. Personalmente non credo proprio che la Russia abbia alcun interesse ad aggredire l’Europa. A prescindere dal giudizio che si voglia dare sul suo attuale regime, non riesco a vederne alcuna ragione politica o economica. Sarebbe solamente una follia non solo omicida, ma anche suicida. Naturalmente posso anche capire le preoccupazioni dei paesi confinanti, memori di un passato burrascoso con il loro grande vicino, ma la via della ragione e della ricerca della pace è sempre la via preferibile. Il vecchio detto latino “se vuoi la pace prepara la guerra” nell’epoca attuale non vale più. La deterrenza è un concetto vuoto. La corsa al riarmo si arresta infine solo con la guerra. Più si pronuncia la parola guerra più essa si avvicina.  L’Europa evidentemente non ha fatto tesoro della tragedia iniziata col primo conflitto mondiale, quando il clima di reciproco sospetto, l’idea di dovere essere più armati del proprio vicino, la speranza di riuscire a colpirlo in anticipo, fecero sprofondare il nostro continente in un abisso di barbarie che nessuno aveva previsto. Oggi la storia si ripete, ma questo forse non è che un capitolo del lungo autunno che vive il nostro continente. L’unico antidoto alla nostra fatale decadenza dovrebbe essere sganciarsi dagli Usa e proporsi come mediatori indipendenti di pace e interlocutori aperti ad ogni forma di scambio con tutti i soggetti del nuovo mondo multipolare. Cercare la pace in Ucraina e togliere le sanzioni alla Russia. Riaprire il discorso sulla “via della seta” con la Cina. Ed infine, ma non per ultimo, fermare le mani sporche di sangue di Israele, come esempio tangibile del mondo che non vogliamo.  Pretendere tutto questo dall’attuale classe dirigente è ovviamente pretendere l’impossibile. Speriamo soltanto (e lavoriamo fattivamente) per un risveglio dei popoli che parta dal basso e che sparigli le carte in tavola.         Antonio Minaldi
Militarizzazione e spesa pubblica: partiti gli investimenti per il riarmo europeo e italiano
CI SI INDEBITA PER IL RIARMO QUANDO MANCANO I SOLDI PER LE SCUOLE E LA SANITÀ O PER LA MANUTENZIONE DEI TERRITORI Si vanno, giorno dopo giorno, delineando gli scenari dei prossimi bilanci nazionali con un forte impulso alla spesa militare. Ad esempio, l’Italia potrà ricorrere a 14,9 miliardi del fondo Safe (Security Action for Europe)  che ammonta complessivamente a 150 miliardi per progetti dei paesi UE legati alla difesa. https://www.eunews.it/2025/09/09/safe-per-litalia-in-arrivo-prestiti-da-149-miliardi-di-euro-per-rilanciare-la-difesa/ Ad oggi non tutti i Paesi europei si sono avvalsi della possibilità di attingere da questi fondi che poi sono prestiti destinati al riarmo, fondi che dovranno essere spesi nei prossimi 5 anni e restituiti entro 45. Sono 19 i Paesi dell’Unione Europea che hanno deciso di accedere ai prestiti europei per il riarmo e in questi giorni è stata resa la ripartizione dei fondi dalla apposita Commissione (la foto con cui abbiamo aperto l’articolo). I prestiti serviranno anche per investimenti tecnologici in ambito militare, per la produzione di missili e sistemi di arma, per droni e anti drone, non esiste settore escluso nell’ottica di ampliare la produzione nazionale, per acquisire le competenze tecnologiche indispensabili a dare vita a un articolato e sinergico sistema a livello comunitario. Nasce in sintesi una sorta di grande sistema militare europeo adibito all’innovazione tecnologica e alla produzione di armi tecnologicamente avanzato. E questo piano di riarmo è frutto delle decisioni assunte dal vecchio continente. Inizialmente dovevano finanziare progetti comuni in funzione della guerra in Ucraina per poi acquisire caratteristiche diverse che vanno nella direzione auspicata dai grandi interessi economici che ruotano attorno al settore militare. È innegabile che l’Unione Europea voglia fare un salto di qualità e nonostante le iniziali perplessità anche il Governo Italiano ha deciso di accedere ai prestiti per acquistare 24 Eurofighter e 5 batterie Samp-t, il sistema missilistico sviluppato dal consorzio italo-francese Eurosam. La scelta di  applicare il prossimo anno la “clausola di salvaguardia” che scorpora dai vincoli di bilancio le spese per la difesa è data per scontata già nel 2026. Il nostro Paese andrà a spendere in tre anni 40 miliardi in sistemi d’arma, ma le cifre sono in costante crescita e supereranno presto gli ambiziosi obiettivi di marca militarista già noti. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Livelli record della spesa militare nei Paesi UE
 L’Agenzia europea per la difesa (EDA) ha da poco pubblicato il rapporto annuale relativo al biennio 2024-2025 concernente le spese per la difesa sostenute dai 27 Paesi membri della UE (in allegato). È bene sapere che abbiamo raggiunto la cifra record di 343 miliardi di euro per spese militari con un aumento, nel 2024, del 19 per cento rispetto all’anno precedente. Già oggi, con questo aumento abbiamo superato la soglia del 2% del PIL per spesa militare, sapendo che numerose altre voci e capitoli di spesa afferenti il settore della guerra sono a carico di altri Ministeri e non vengono annoverate nelle cifre ufficiali. Altra notizia rilevante è data dal fatto che una buona parte delle spese sostenute sono destinate a investimenti nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie oltre al tradizionale acquisto di nuovi sistemi di arma. Solo gli investimenti nella difesa superano il 30% della spesa totale, a fare la parte del leone l’ammodernamento tecnologico del settore militare, senza dimenticare che il capitolo di bilancio relativo alle infrastrutture civili viene in buona parte pensato in funzione del riarmo e di un ipotetico conflitto con la Russia. La spesa complessiva è destinata a crescere sempre più nei prossimi anni nell’ottica di costruire un modello nuovo di difesa europea all’interno della NATO e indipendentemente dalla stessa Alleanza Atlantica e prova ne sia una eloquente dichiarazione dei vertici della EDA che annuncia di volere raggiungere il 3,5% del PIL per spese militare come stabilito dalla NATO. Tradotto in euro, per raggiungere l’obiettivo perseguito dalla Alleanza Atlantica sarebbero necessari oltre 630 miliardi di euro all’anno https://eda.europa.eu/docs/default-source/brochures/2025-eda_defencedata_web.pdf EDA prevede per questo anno una spesa militare di circa 381 miliardi di euro ossia quasi 40 miliardi in più rispetto al 2024 con i cosiddetti investimenti nella difesa che passano da 106 a 130 miliardi di euro nel 2025 e la spesa per la ricerca e lo sviluppo (R&S) che dovrebbe superare i 17 miliardi rispetto ai 13 del 2024. I Paesi UE non sono tutti uguali anche davanti alle spese militari, quelli economicamente più forti hanno fortemente sviluppato gli investimenti in tecnologia e sviluppo, prime tra tutte le nazioni dell’Est oltre alla Germania che recentemente ha inaugurato una fabbrica di munizioni tra le più grandi al mondo capace tra meno di due anni di sfornare oltre 350 mila proiettili di artiglieria annui. Ma limitiamoci a menzionare direttamente le fonti ufficiali che parlano non solo dei risultati relativi all’anno 2024 ma anche delle previsioni per l’anno corrente, previsioni che a fine estate risultano ampiamente raggiunte: https://eda.europa.eu/news-and-events/news/2025/09/02/eu-defence-spending-hits-343-bln-in-2024-eda-data-shows Previsioni per il 2025: * Si prevede che la spesa per la difesa dell’UE raggiungerà i 381 miliardi di euro nel 2025 (rispetto ai 343 miliardi di euro del 2024) * La spesa del Blocco è prevista al 2,1% del PIL nel 2025, superando per la prima volta da quando sono iniziati i registri dell’EDA il precedente obiettivo del 2% della NATO. * Gli investimenti nella difesa dovrebbero raggiungere quasi 130 miliardi di euro nel 2025 (rispetto ai 106 miliardi di euro del 2024) * La spesa per ricerca e sviluppo (R&S) potrebbe aumentare fino a 17 miliardi di euro nel 2025 (rispetto ai 13 miliardi di euro del 2024)  Spesa europea per la difesa nel 2024 – Risultati principali: * Nel 2024, 25 Stati membri hanno aumentato la loro spesa per la difesa in termini reali, uno in più rispetto al 2023, mentre solo due paesi l’hanno leggermente ridotta. Sedici Stati membri hanno aumentato la loro spesa di oltre il 10%, rispetto agli undici del 2023.   * Nel 2024, la spesa totale per la difesa per personale militare attivo ha raggiunto la cifra record di 249.000 euro, in aumento rispetto ai 211.000 euro del 2023 e notevolmente superiore ai 138.000 euro spesi nel 2014.  * Nel 2024, 24 Stati membri hanno raggiunto il parametro di riferimento del 20% per gli investimenti nella difesa, rispetto ai 20 del 2023, una tendenza in accelerazione poiché i paesi destinano una quota sempre maggiore della loro spesa agli investimenti. * Gli acquisti di equipaggiamenti per la difesa sono aumentati del 39% dal 2023 a 88 miliardi di euro nel 2024, con una spesa prevista per il 2025 superiore ai 100 miliardi di euro. Si prevede che la tendenza al rialzo continuerà, poiché diversi Stati membri hanno annunciato ulteriori aumenti di bilancio e firmato importanti accordi di appalto nel 2024. * L’approvvigionamento di equipaggiamenti rappresenta oltre l’80% degli investimenti nella difesa. Mentre le esigenze a breve termine hanno spinto gli Stati membri a dare priorità alle soluzioni esistenti, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono aumentati. * Un aumento significativo della spesa in ricerca e sviluppo è essenziale per sviluppare capacità di nuova generazione e ridurre la dipendenza dai mercati esteri. La cooperazione in ambito di difesa offre vantaggi quali economie di scala, costi inferiori, migliore interoperabilità e riduzione delle duplicazioni. * Nel 2024, la spesa per la ricerca e sviluppo nel settore della difesa è aumentata. L’aumento del 20% nel 2024 rappresenta una notevole accelerazione rispetto alla crescita del 6% registrata nel 2023. La spesa per la ricerca e sviluppo nel settore della difesa ha raggiunto i 13 miliardi di euro nel 2024. Alla luce di questi dati la UE è direttamente protagonista del grande Riarmo all’interno della NATO e indipendentemente dalla stessa, sta costruendo politiche di bilancio destinate a supportare ingenti investimenti in tecnologia e nello sviluppo di sistemi duali o specificamente militari, si tratta ora di capire dove prenderanno invece parte dei soldi mancanti, se i Bilanci nazionali saranno gestiti attraverso i tagli alla previdenza pubblica, al welfare e al sociale come sembra scontato che avvenga. Siamo certi che non si fermeranno alle attuali folli cifre del riarmo, gli incrementi cresceranno in maniera esponenziale anno dopo anno piegando interi settori dell’economia e della società alle logiche e agli interessi di guerra. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
NATO e UE preparano nuove grandi infrastrutture a fini militari
La prossima manovra di bilancio europeo dedicherà ampi spazi alla difesa, alle tecnologie e alle infrastrutture, per queste ultime il fabbisogno stimato è di 17 miliardi di investimenti per trovarsi preparati in un eventuale scontro con la Russia. Prima del Bilancio pluriennale comunitario, per lunghi mesi, è stata focalizzata l’attenzione sugli interventi necessari e sulle cosiddette tecnologie duali, la logistica viene annunciata come una necessità per l’economia del vecchio continente, ma è indubbio che l’investimento guarderà soprattutto ai pesi prossimi al confine russo Fino a prova contraria non ci sembra che la UE sia in lotta con la Russia, anzi se acquistasse il gas e il petrolio dalla Russia (che poi è lo stesso ad arrivare in Ucraina dopo alcuni giri) ne trarrebbe un indubbio vantaggio economico, del resto la crisi economica è indissolubilmente legata al costo dell’energia (e gli USA ben sapevano che, diventando i rifornitori ufficiali dell’Europa, avrebbero messo questa in ginocchio). Come avvenne con la guerra nei Balcani e i corridoi energetici ridefiniti dopo quell’aggressione al popolo della ex Jugoslavia, si torna a parlare di corridoi da potenziare come la Rete Trans-Europea di Trasporto (Ten-T) a cui aggiungere il vecchio, risale al 2017/8 ossia prima della guerra in Ucraina, Piano di azione per la mobilità militare Piano d’azione sulla mobilità militare: un’iniziativa concreta per un’Unione della difesa. La nuova Manovra pluriennale di bilancio dedica ampio spazio alle infrastrutture e alla tecnologia e lo fa con grande attenzione all’utilizzo duale per evitare sul nascere polemiche interne ad alcuni Paesi, in grave difficoltà, che mal sopporteranno i tagli al sociale. E per questa ragione tra i papaveri di Bruxelles si parla di rafforzare le politiche di rilancio della difesa e degli investimenti strategici, prevedendo, da qui al 2030, una guerra su larga scala per affrontare la quale serve un ammodernamento della logistica e già nel gennaio 2024 la Germania con altri Paesi europei (Paesi Bassi e Polonia ad esempio) aveva sottoscritto una intesa per dare vita a una grande e rinnovata rete di logistica e mobilità militare, oltre a fatto che da tempo si studia un progetto destinato a integrare i tre mari ossia Baltico, Adriatico e Mar Nero. In questa grande opera il ruolo di Germania e Polonia dovrebbe essere quello di guida e non è casuale visto che stiamo parlando dei Paesi che più degli altri hanno accresciuto la spesa bellica.  Solo poche settimane fa la Rete di infrastrutture è tornata al centro della attenzione del Parlamento UE e della NATO, prova ne sia la pubblicazione di alcuni documenti ufficiali che il pacifismo italiano ignora o preferisce dimenticare per riproporci in autunno, la solita sequela di luoghi comuni Military mobility. La manovra di Bilancio è quindi risultata della sinergia tra UE e NATO, dalla cooperazione per dare vita a una grande rete infrastrutturale a fini di guerra, è del resto uno degli impegni assunti da Bruxelles per disimpegnare gli Usa da parte delle spese sostenute  per la difesa proprio come chiesto da Trump E se qualcuno ha già parlato di una sorta di “Schengen militare” (PIANI MILITARI UE: L’ITALIA SNODO CRUCIALE, Ue, avanti tutta sulla mobilità militare), l’Italia non sta a guardare come dimostra il grande accordo, che opera da battistrada nella UE, tra Leonardo e Rete Ferroviaria Italiana di quasi due anni: L’asse Leonardo-Rete Ferroviaria Italiana per la mobilità militare, Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Proposta di pace per l’Ucraina e pensiero nonviolento
“L’origine di tutte le cose buone ha mille forme” (F. Nietzsche). Ovvero elogio della scienza della nonviolenza e constatazione dell’inefficacia della guerra (insensata, gratuita, assassina voluta da tutte le parti coinvolte, comprese le terze parti schierate a favore delle armi.) Mi pare che gli ultimi giorni provino abbondantemente la correttezza di quanto espresso nella citazione. Infatti, anche da criminali come Trump (e Putin, perché sembra di capire che siamo davanti a quella procedura che in mediazione si chiama “a testo unico”, cioè una bozza di testo elaborato dal mediatore dopo l’incontro con una parte e poi con l’altra che ne propone un eventuale aggiustamento) è potuta venir fuori una proposta di pace equa. Si tenga conto del fatto che l’equità non si misura con la bilancia della giustizia, che a sua volta è spessissimo anche una bilancia truccata e … ingiusta e non un valore in sé, bensì con la soddisfazione delle parti che si vengono reciprocamente incontro. Zelensky si è mostrato incline, nelle sue dichiarazioni di ieri, ad accettare quella proposta – pur sospendendo il giudizio sulla questione dei territori che, diciamolo chiaro, a questo punto, 1. è secondaria, se pensiamo al fatto che già la Crimea era stata persa dall’Ucraina molto prima di tre anni e mezzo fa; 2. è comprensibile che Putin voglia risolvere non sappiamo bene come ma certamente in qualche modo a suo favore, dato il vantaggio che gli ha fatto acquisire la guerra portata avanti parimenti da lui e dai suoi avversari – in primis Biden e i succubi europei, tutti manipolatori di Zelensky, che a sua volta non mi sembra avere brillato per intelligenza. L’alternativa sarebbe la continuazione di una guerra che giornalisti a mio parere del tutto faziosi, attestati su un pensiero bellicista (come Federico Fubini e Tonia Mastrobuoni e, ieri sera a “In Onda”, una politologa come Arianna Farinelli, con ‘approvazioni facciali’ di Marianna Aprile – ma ce ne sono molti altri, lo so), dicono che l’Ucraina non sta perdendo, e che sappiamo che intanto provocherebbe senza alcuna probabilità di vittoria finale ancora morti e devastazioni. Zelensky, dicevo, si è mostrato incline ad accettare queste proposte – e non dovrebbe tornare indietro, a meno che non si faccia ancora manipolare dai governi europei guerrafondai, come prima si faceva manipolare da questi, da Biden e dalla Nato. Inutile dire che bisogna vedere anche se Putin continuerà a stare alle proposte attuali, che in sostanza sono queste: l’Ucraina accetta di non entrare nella Nato, come dal Presidente russo richiesto fin da prima dell’invasione del 2022, e la Russia accetta la clausola di garanzia della sicurezza dell’Ucraina, consistente in una variazione dell’art. 5 della Nato, per cui ci sarà un intervento armato a difesa dell’Ucraina, nel caso che questa sia di nuovo attaccata, anche senza l’entrata di quest’ultima nel Patto Atlantico. A proposito, i nostri media di guerra non hanno risparmiato fiato nell’interpretare immediatamente la variazione dell’art. 5 nel senso che esso implicherebbe la presenza di forze militari ‘nostre’ sul suolo ucraino: senonché, questo 1. non pare affatto implicito nella proposta originale, 2. sarebbe esattamente, sotto altra forma, ciò che Putin, non voleva quando chiedeva che l’Ucraina non entrasse nella Nato, ovvero truppe non ucraine già schierate davanti a casa sua! Un’interpretazione che potrebbe indurre Putin a non accettare la pace e così giustificare negli europei bellicisti la loro richiesta di continuare la guerra degli ucraini contro di lui “fino alla vittoria”. Allo stato attuale della faccenda, rilevo soltanto che le proposte di cui sopra (nella forma originale, non nell’interpretazione bellicista europea) sono pienamente in linea con il pensiero della nonviolenza. Sia chiaro: non credo che siano nate dalla conoscenza diretta del pensiero nonviolento. Ipotizzo che possano rifarsi a studiosi, che invece credo che il pensiero della nonviolenza lo conoscano anche se non lo abbracciano nella sua interezza. Mi riferisco, in particolare, a studiosi come Roger Fisher e William Ury, autori dell’ottimo libro L’arte del negoziato (tr. it. Mondadori, Milano 1995), che nel 1978-79 furono consulenti di Jimmy Carter, mediatore nelle trattative di Camp David tra Egitto ed Israele, che in tredici giorni riuscì ad evitare la guerra che stava scoppiando, e che sicuramente sono noti ai diplomatici esperti di mediazione. È un libro la cui lettura mi permetto di suggerire, purché, una volta letto, non si trascurino altri testi scientifici nonviolenti che aggiungono molto altro[1]. Gli elementi di confluenza tra scienza della gestione nonviolenta dei conflitti, studio di Fisher e Ury appena citato e pensiero chiaramente sottostante alle proposte di pace sul tavolo odierno sono i seguenti due (Ury e Fisher ne presentano anche altri tre, la nonviolenza diversi altri, ma non è possibile qui dire di più: chi vuole può leggere, per cominciare, i testi già indicati): 1. distinzione tra persona e azione, per cui il mediatore accoglie benevolmente entrambe le parti in conflitto, rinunciando al moralismo inutile e presuntuoso tipico delle terze parti che si sono schierate unilateralmente e hanno favorito così il contrario di ciò che è utile all’intesa, cioè la polarizzazione – i social ne pullulano etichettando la cosa, presuntuosamente, come “giustizia” come se avessero in mano una bilancia, piuttosto che adoperarsi per l’incontro tra le parti (a Trump, dopo l’orribile trattamento da lui riservato a Zelensky nel primo ‘incontro’, qualcuno deve averlo spiegato ed egli è riuscito, almeno in questo momento, a regolare in questo senso la sua condotta); 2. attenzione rivolta ai “bisogni” (le loro concrete esigenze) delle parti, al di là delle “posizioni” che esprimono (la soluzione che ciascuna di esse richiedeva, senza tener conto delle esigenze dell’altra). Un particolare: evidentemente su consiglio di qualche esperto diplomatico, qualche giorno fa Trump ha fatto consegnare dalla moglie Melania a Putin una lettera in cui questa chiede al Presidente russo la restituzione dei bambini ucraini rapiti. L’intervento mediatore non ufficiale e affidato alla donna (potente) cui non sarebbe bello negare una ‘gentilezza’ rientra nella migliore tradizione della mediazione. Infatti, non solo Gandhi chiamava in causa le donne come adatte a tale ruolo, ma già gli antichi greci avevano praticato questa tecnica nonviolenta: per esempio, tale ruolo era stato svolto, anche se in modo diverso, da Damarete, moglie di Gelone, che aveva chiesto al marito clemenza per i cartaginesi vinti (480 a.C.), e ancor prima, nella seconda metà del VII sec. a.C., le mogli degli arconti intercedettero presso i loro mariti per quelli che avevano partecipato alla congiura di Cilone e che per questo erano stati condannati a morte. Torniamo alla mediazione in corso a Washington. Dopo centinaia e centinaia di migliaia di morti militari e civili, mutilati, profughi, dopo sofferenze di massa, devastazioni di città, distruzione dell’ambiente e inquinamento, dopo la costruzione dell’odio tra due popoli che chissà quando cesserà, si giunge all’ipotesi, che in questo momento sembrerebbe accettata sia dalla Russia sia dall’Ucraina, di tutto quello che era raggiungibile già settimane prima del 24 febbraio 2022, con nessunissima vittima e con i territori ucraini tutti mantenuti, e che qualsiasi amante della pace e anche solo non pienamente succube della cultura di guerra dominante presso i governi e i loro media (quasi tutti) sapeva: era sufficiente che l’Ucraina rinunciasse ad entrare nella Nato e cercare una salvaguardia anche per essa. Quello proposto non è il miglior accordo possibile in assoluto; manca, in un’ottica nonviolenta, una serie di misure indispensabile per un efficace peacemaking e peacebuilding dopo l’interruzione della guerra, “cioè sostanzialmente, manca di mediazione, aiuto umanitario, rafforzamento della fiducia tra i belligeranti e disarmo, stabilizzazione di legami economici e politici, informazione e creazione di programmi d’istruzione comunitaria”[2]. E’ questa aggiunta che farebbe veramente la differenza. P.S. 1.: Ultimi personaggi faziosi del giorno (oltre ai giornalisti e alle giornaliste che hanno fatto costantemente, e continuano a fare, propaganda di guerra): Giorgia Meloni e gli europei che hanno fomentato la guerra per tre anni e mezzo, laddove tutto ciò che al momento sappiamo sulle proposte di pace era fattibile già prima del 24 febbraio 2022, e che oggi dicono: “Visto a cosa stiamo costringendo Putin grazie al fatto che abbiamo messo in grado l’Ucraina di resistere con le armi?” (!). P.S. 2.: Ultime facce da funerale: quelle di Marianna Aprile e Luca Telese a “In Onda” di ieri sera, che non hanno trovato di meglio che rimarcare per tutta la serata dettagli insignificanti sulle battute di Trump e altre sciocchezze per non dovere ammettere che la cosa più sensata è venuta fuori da Trump e da Putin e che la loro (di Aprile e Telese) visione guerrafondaia di questi anni si è mostrata palesemente tale. [1] In particolare, almeno: G. Sharp, Verso un’Europa inconquistabile”, tr. it. EGA, Torino 1989, J. Galtung, Ci sono alternative! Quattro strade per la sicurezza, tr. it. EGA, Torino 1986, e, dello stesso Galtung, Pace con mezzi pacifici, tr. it. Esperia, Milano 2000; mi permetterei anche il rinvio al mio Conflittualità nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa, Mimesis, Milano 2004, purtroppo esaurito e rintracciabile solo nelle biblioteche; di carattere introduttivo alla gestione nonviolenta dei conflitti è A. Cozzo, La nonviolenza oltre i pregiudizi. Cose da sapere prima di condividerla o rifiutarla, in collab. con A. Cavadi e M. D’Asaro, DG, Trapani 2022. [2] Andrea Cozzo, La nonviolenza oltre i pregiudizi, op. cit., pp. 35-36. Redazione Italia
La filiera della morte. Vertice #NATO #nowar “Faremo La NATO ancora più grande. Oggi, tutti noi alleati, abbiamo posto le fondamenta per rendere la NATO più forte, più equa e più letale”. La conclusione del vertice all’#Aia https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2025/08/la-filiera-della-morte-vertice-nato.html
Conflitti globali e guerre in corso, un video
Il mondo sta affrontando un numero di conflitti che è il più alto dalla Seconda Guerra Mondiale, con 56 conflitti attivi che coinvolgono 92 Paesi. Solo nel 2024 si contano più di 233mila vittime e oltre 100 milioni di persone costrette a fuggire dalle proprie case. A commentare in studio il tema caldo del momento Jeff Hoffman de “La Casa del Sole TV”, la giornalista Margherita Furlan, Angelo d’Orsi, già ordinario di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Torino e Antonio Mazzeo, giornalista, docente e attivista dell’Osservatorio, reduce dall’espulsione ad opera del governo israeliano per avere cercato di portare aiuti umanitari a Gaza a bordo della nave Handala di Freedom Flotilla. Qui il video della trasmissione  SCACCO MATTO 01.08.2025 – Il mondo in guerra –  Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Tra leggittima aspirazione all’indipendenza ed etnonazionalismo
Leopoli, per quanto possa sembrare strano é una città molto frequentata da turisti che fanno foto e selfie davanti alle chiese e alle piazze più belle. Ci sono anche diversi musei e tour organizzati, birrerie, ristoranti e locali sono affollati, (molti sono quelli “italiani” con nomi come “Limoncello” e “Celentano”). Nel pomeriggio la piazza antistante il Municipio si riempie di persone, mi fermo, convinto che si tratterà di una manifestazione folkloristica, un coro con i costumi tradizionali, perché questi sono indossati da molti, ma si tratta di un segno patriottico, legato alla propria identità culturale. Arriva però un furgone particolare, si ferma. Il silenzio é interrotto dal suono inconfondibile del silenzio fuori ordinanza. Le centinaia di persone presenti mettono la mano sul cuore. È l’omaggio civico e patriottico ad un soldato morto al fronte. “La meglio gioventù va sotto terra”. Tuttavia io credo che la migliore gioventù sia quella che trova il modo di disertare questa guerra fuggendo all’estero oppure evitando di rientrare quando viene richiamata alle armi, oppure semplicemente nascondendosi… Nonostante ciò fuori dalla chiesa cattolica della Trasfigurazione una mostra permanente dove militari e prelati vanno a braccetto da secoli per affermare che “Dio è con noi”. Peccato che la stessa cosa afferma il Patriarca di Mosca Cirillo I, fervente sostenitore di Putin e della sua guerra contro l’Ucraina Occidentale. Per Cirillo I si tratta addirittura di una crociati per contro l’Occidente corrotto che… difende le demoniache rivendicazioni dei gay. Insomma Cattolici e Ortodossi Ucraini benedicono il proprio esercito e la stessa cosa fanno gli Ortodossi Russi, la cui religione, fatto unico da secoli in Europa, è stata peraltro messa al bando da Kiev, nonostante le centinaia di migliaia di fedeli. Dio è con noi è stato il leitmotiv della grande manifestazione in cui mi sono imbattuto per caso nella piazza centrale di L’viv. Non nerboruti skinheads tatuati con svastiche, ma gente assolutamente comune: giovanissimi con i capelli colorati, donne, uomini, famiglie intere con bambini piccoli e tutti reggevano cartelli di cartone, striscioni e bandiere (queste erano il segno più inquietante) che chiedevano a gran voce, riuniti intorno ad una grande scritta formata da lumini, “la liberazione dei nostri difensori: i coraggiosi miliziani del Battaglione Azov prigionieri dei Russi durante la difesa e conquista di Mariupol'” !!! Quella di Mariupol’ è stata, finora, una delle battaglie più sanguinose di questa guerra, combattuta casa per casa lasciando macerie, morti, mutilati e sfollati che hanno hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni distrutte. Resto letteralmente basito mentre fotografo numerosi volti, indisturbato poiché mostro il tesserino da reporter volontario. Per noi, in base alle numerose testimonianze raccolte nel Donbas e alle foto scattate da loro stessi sui loro corpi tatuati da svastiche, sono criminali di guerra, fanatici ultranazionalisti simpatizzanti del collaborazionista Stephen Bandiera che commise innumerevoli crimini contro l’umanità contro polacchi, ebrei e rom sognando, da vero nazionalista suprematista, una Ucraina etnicamente pura. Alla fine venne imprigionato dai nazisti tedeschi che alla fin fine odiavano e consideravano inferiori tutti gli slavi senza fare troppi distinguo. L’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina Occidentale, non solo non ha abbattuto il governo ultranazionalista di Kiev, sostenuto anche da formazioni minori neonaziste, unico caso in tutta Europa se non nel mondo intero, ma ha permesso di dare il colpo di grazia a tutte le voci critiche, democratiche, non nazionaliste, ma semmai sostenitrici di una Ucraina plurinazionale ponte tra Unione Europea e Federazione Russa. Le armate russe hanno compattato gran parte del popolo ucraino di lingua e cultura ucraina regalando paradossalmente, almeno per ora l’egemonia ai banderisti che hanno buon gioco nel mischiare la legittima difesa dell’indipendenza dell’Ucraina al peggior nazionalismo etnico. In tutto questo la Nato ha fatto la sua parte aizzando i nazionalisti ucraini nell’odio antirusso, distruttivo e devastante per l’unità dell’Ucraina. Un film che abbiamo già visto svolgersi in tutta la sua crudeltà nelle guerre che hanno distrutto la Repubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia trasformata in ininfluenti 6 nazioncine. Ora come allora l’Italia ufficiale era ed è dalla parte della guerra mentre molti pacifisti, forse più allora che oggi, tentavano e tentano dal basso di favorire e sostenere le molte persone che qui, come allora nei Balcani, rifiutano la guerra in mille modi diversi, anche sottraendosi alla chiamata alle armi con la fuga. Sta a tutte e a tutti noi, rifiutando ogni campismo, sostenere i loro sforzi dando loro l’occasione di fare sentire la loro chiamata alla Pace. Mauro Carlo Zanella