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Condividono saperi verso una cartografia per la vita
Leader indigeni e specialisti provenienti da tre continenti si sono riuniti per condividere conoscenze e costruire un’agenda comune durante il Seminario internazionale sulle Pratiche di Mappatura Indigena tenutosi a Santa Cruz, in Bolivia. Dopo due giorni di dialoghi, le/i partecipanti hanno concordato sulla necessità di costruire reti di cooperazione per rafforzare l’unità dei popoli dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia. FOTO: CENDA “Se lavoriamo collettivamente, potremmo costruire una proposta di vita civilizzatrice, una cartografia per la vita”, ha sottolineato Paspantzhu Vitery, vicepresidente della Nazionalità Kichwa del Pastaza (Pakkiru). Le discussioni sulla cartografia hanno riguardato il suo utilizzo nella gestione e nella governance, nella pianificazione territoriale, nella lotta contro le attività estrattive o per segnalare e denunciare minacce. C’è stato anche spazio per condividere strumenti ed esperienze nella gestione delle tecnologie satellitari al fine di identificare attività illecite e contribuire alla prevenzione della loro diffusione. Da un punto di vista critico, l’incontro è servito a sottolineare come le mappe siano state storicamente utilizzate come strumenti di colonizzazione dei territori del sud del mondo. In contrapposizione a queste spinte egemoniche, le/i partecipanti hanno presentato strategie di appropriazione di questi strumenti da parte delle popolazioni indigene, elaborate a partire dai territori. “La mappa non è sempre stata nostra alleata, ma con il tempo siamo riusciti a utilizzare questi strumenti per esercitare i nostri diritti”, ha affermato Simón Crisóstomo Loncopán, presidente del Coordinamento di Comunità Mapuche Winkul Mapu di Curarrehue. “Le espressioni che condividiamo nascono dalla lotta per il riconoscimento di epistemologie che sono state rese invisibili dal nord del mondo”, ha aggiunto il leader mapuche. FOTO: CENDA Nell’ambito delle discussioni, il leader wampis Shapiom Noningo ha raccontato come il popolo Wampis abbia costruito la propria storia sulla base delle conoscenze, della saggezza e delle pratiche ancestrali. “I nostri nonni erano esperti nel costruire le proprie mappe […]. Erano cartografi empirici. Non scrivevano, ma ne conservavano la memoria, lo spazio del loro territorio, l’occupazione, i camminamenti, i confini di ogni villaggio”, ha sottolineato Noningo. FOTO: CENDA Il Seminario internazionale sulle pratiche di mappatura indigena è stato promosso dal Gruppo di Lavoro Internazionale sulle Questioni Indigene (IWGIA). L’evento è stato realizzato grazie a una collaborazione con l’Organizzazione di Sostegno Legale e Sociale (ORE), il Centro di Studi Giuridici e Ricerca Sociale (CEJIS), il Centro di Comunicazione e Sviluppo Andino (CENDA) e molte altre istituzioni della regione.   TRADUZIONE DI MATILDE MIRABELLA CON L’AUSILIO DI TRADUTTORE AUTOMATICO Redazione Italia
Melissa Parke: «Con la ratifica del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari la Grecia si metterà dalla parte giusta della storia»
I membri dell’ICAN (Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari) e dell’Alleanza antinucleare greca hanno invitato ad Atene Melissa Parke, direttrice esecutiva di ICAN. Durante il suo soggiorno in Grecia Melissa Parke, con il suo ricco curriculum come ministra australiana per lo Sviluppo interno ed esperta delle Nazioni Unite in Kosovo, Gaza, Yemen, Libano e New York, ha tenuto una serie di incontri con i membri del Parlamento greco, il segretario generale dell’Associazione dei Comuni e il sindaco di Atene. Lo scopo principale degli incontri era quello di rafforzare l’Alleanza Antinucleare, con l’obiettivo di ottenere il voto e la ratifica del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari da parte del Parlamento ellenico. In occasione dell’80° anniversario del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti, il 16 settembre si è tenuta una conferenza stampa dal titolo: “Guerra, minacce e conflitti: il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari come strumento di pace”. Melissa Parke ha avuto l’opportunità di riferire sugli sviluppi internazionali relativi alla ratifica del Trattato e al suo utilizzo come mezzo per esercitare pressione sui paesi che possiedono armi nucleari. Nel giugno 2025 ICAN ha pubblicato una scheda informativa dal titolo “Costi nascosti: la spesa per le armi nucleari nel 2024”. Uno dei fatti principali evidenziati è che lo scorso anno, mentre oltre 750 milioni di persone vivevano in condizioni di povertà, i nove Stati dotati di armi nucleari hanno speso per i loro arsenali nucleari 100 miliardi di dollari, quasi 3.169 dollari al secondo. Cinque di essi sono attualmente coinvolti in conflitti armati (Stati Uniti, Russia, Israele, India e Pakistan). Qual è stato il risultato di questa visita? Melissa Parke e i partner greci hanno compreso che i membri del Parlamento ellenico e il rappresentante del Presidente del Parlamento sono desiderosi di creare e partecipare a una commissione interparlamentare per ratificare il Trattato. Inoltre, il Segretario Generale della KEDE (unione dei Comuni greci) dedicherà una sessione parallela durante la loro riunione nazionale annuale nel 2026 a questo tema. Ad oggi, a seguito della mobilitazione dell’organizzazione World Without Wars and Violence, 93 comuni in Grecia hanno approvato una risoluzione all’interno dei loro consigli dichiarando la volontà che il Trattato sia ratificato dal Parlamento ellenico. Il Comune di Atene, che ha anch’esso approvato la risoluzione, è tra le dodici capitali del mondo che stanno aprendo la strada con azioni per la pace e per la proibizione delle armi nucleari. Qui sotto è possibile guardare il discorso di Melissa Parke nella conferenza stampa moderata dall’ufficio greco di Pressenza.   Pressenza Athens
Arrestate attiviste di Ultima Generazione in sciopero della fame per Gaza
Quattro donne di Ultima Generazione sono state arrestate questa mattina a Montecitorio, mentre annunciavano l’inizio dello sciopero della fame affinché il governo Meloni riconosca il genocidio dei palestinesi. Le forze dell’ordine con due auto della polizia le hanno circondate e poi le hanno prese di peso, nonostante si trattasse di un’azione di protesta nonviolenta. Trovo scandaloso questo spiegamento di forze contro quattro donne pacifiche che manifestano solidarietà alla Global Sumud Flotilla, movimento di resistenza civile nonviolenta che è partito ieri dalle coste siciliane per rompere il blocco criminale agli aiuti umanitari per Gaza. Voglio esprimere tutto il mio rammarico, la mia apprensione e lo sconcerto che ho provato di fronte ad una sproporzionate repressione della polizia, che voleva impedire anche il lavoro dei giornalisti, allontanando chi si avvicinava per documentare l’arresto delle 4 donne. Oltre alle tre in sciopero della fame, è stata arrestata anche quella che documentava la protesta con video e foto. Al momento le quattro donne si trovano ancora nel commissariato Trevi. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e a privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza” ha dichiarato Alina, madre di tre figli. Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse. Metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza; il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione, le persone partite tornino a casa senza un graffio e il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri a unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.” Rayman
Chiamata per il Weekend di azione globale BDS 18-21 settembre
Il 18 settembre il Gruppo BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) ha effettuato alcune azioni di boicottaggio a Milano nell’ambito del “Global Weekend of Action” (GWA) indetto dal BNC in tutto il mondo per il periodo 18-21 Settembre 2025. La data del 18 settembre ha un forte significato, dato che è la scadenza fissata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come termine ultimo in cui Israele deve porre fine all’occupazione illegale e all’apartheid nei Territori Palestinesi Occupati. È importante ricordare che anche in questo caso Israele, in completo spregio e violazione del diritto internazionale, non ha rispettato la sentenza come peraltro più volte avvenuto con risoluzioni ONU sin dal 1948 dimostrando ancora una volta di essere uno “stato canaglia”. Per ricordare l’importanza della sentenza della CIG il BDS ha voluto mettere in atto delle azioni di disobbedienza civile che ricordino alle istituzioni italiane che l’Italia non vuole e non può essere complice di un genocidio. Come parte delle nostre azioni abbiamo messo in atto un “percorso delle complicità” che si è sviluppato a partire da una breve occupazione della sede del Parlamento Europeo, alle sedi di alcune banche complici di finanziare l’esercito israeliano, ed infine un intervento nel Consiglio Comunale di Palazzo Marino, dove abbiamo voluto ricordare alla Giunta ed ai Consiglieri che Milano, Città Medaglia d’Oro della Resistenza, non può più essere complice di uno stato genocidario. Ricordiamo che tutti possono partecipare con azioni di boicottaggio e disobbedienza civile per fermare il genocidio del popolo palestinese per mano dell’entità sionista di Israele. Alcuni esempi includono: * Bloccare, occupare o comunque interrompere il funzionamento di autostrade strategiche, ponti, porti, strutture di aziende complici nel settore delle armi, della tecnologia, dei media, della finanza e altro; * Proteste di massa e azioni pacifiche di disturbo presso sedi governative (ad esempio ministeri del commercio, dei trasporti o degli affari esteri) o parlamenti, chiedendo che rispettino i loro obblighi legali ai sensi del diritto internazionale. Trovate altre proposte di azioni sul sito BDS: https://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/comunicati/2964-weekend-di-azione-globale-18-21-settembre Il boicottaggio massiccio e capillare di tutti noi può bloccare l’apartheid di Israele! Andrea De Lotto
Bloccati al porto di Ravenna container con armi dirette in Israele: lo stop deciso dal sindaco
Il sindaco di Ravenna Alessandro Barattoni ora chiede “una azione del Governo italiano, che fa finta di non sapere che dai nostri porti continuano a transitare armi destinate ad azioni contrari alla nostra Costituzione” BOLOGNA – Bloccati a Ravenna due contanier di armi destinate ad Israele. Lo rivela il sindaco della città Alessandro Barattoni che in seguito ad una segnalazione arrivata nella serata di ieri “da alcuni lavoratori” del porto ha ottenuto, insieme a Provincia e Regione, lo stop dalla società di gestione dello scalo. Si trattava, racconta il primo cittadino, di “due container contenenti esplosivi con destinazione Israele“. Ricevuta la segnalazione “ci siamo attivati per verificare la cosa e abbiamo avuto conferma”. IL CONTAINER È STATO STOPPATO SU RICHIESTA DEL SINDACO In qualità di soci pubblici, gli enti locali hanno “evidenziato la loro contrarietà a Sapir”, la società che gestisce il porto di Ravenna, ottenendo lo stop al passaggio dei container. La società ha raccolto l’invito e espresso la propria “indisponibilità a fare entrare nei propri terminal” quei carichi, che pertanto “oggi non transiteranno dal porto di Ravenna”. Ora, è il messaggio spedito però da Barattoni nel corso di una conferenza stampa tenuta in municipio, “serve una azione del Governo italiano, che fa finta di non sapere che dai nostri porti continuano a transitare armi destinate ad azioni contrari alla nostra Costituzione”.   Agenzia DIRE
A Varese ogni domenica sera da due mesi si fa rumore per Gaza
Anche domenica 14 settembre 2025 a Varese, come accade ogni domenica sera da due mesi si è rotto il silenzio. In piazza Montegrappa si sono radunate circa 300 persone, di tutte le età, uomini, donne e bambini, di diverse provenienze, tutte munite di pentole, sonagli, tamburelli e svariati strumenti per la produzione di rumore. L’iniziativa lanciata dal Comitato varesino per la Palestina – ma subito accolta da varie associazioni, gruppi e singoli cittadini e famiglie – nasce per non rimanere in silenzio di fronte alla terribile strage che lo Stato criminale di Israele sta perpetrando nella Striscia di Gaza e non solo, perché ricordiamo bene che l’occupazione riguarda tutta la Palestina. Alle 21.00 la piazza ha cominciato ad animarsi, la gente si è incontrata e hanno cominciato a sventolare bandiere della Palestina e della pace in mezzo ai saluti, ai cenni e agli abbracci: sì, perché la piazza è il luogo delle persone, dei cittadini e delle cittadine che con i loro corpi si riprendono gli spazi pubblici, luoghi di autodeterminazione e di dialogo. È stato allestito, come ormai di abitudine, lo spazio per i bambini e le bambine: una tovaglia distesa a terra e diversi fogli e colori per dare spazio alla loro fantasia e al loro modo di comunicare solidarietà ai piccoli di Gaza. Novità di quest’ultima domenica è stato l’Arabic corner, iniziativa in collaborazione con Language Nights Varese che si è rivelata tutt’altro che “angolo”, data la partecipazione di moltissime persone della piazza. Con l’aiuto di alcune ragazze di madrelingua araba di diversi dialetti (marocchino, egiziano, libanese e palestinese) si sono allestiti alcuni tavolini e un tappeto a terra con l’invito alle persone ad avvicinarsi e imparare qualche parola di arabo, familiarizzare con suoni che non sono facili per chi è italofono, suoni che talvolta ad alcuni suscitano diffidenza e addirittura spavento. Questo momento d’incontro invece è stato un luogo caldo e accogliente in cui cominciare ad abbattere tutti quei costrutti che spesso ci vengono imposti da una società che ci vuole separati e isolati, un luogo dove sperimentarsi e rigiocarsi; imparare parole in arabo è utile per intuire gli slogan durante le manifestazioni, ma anche semplicemente per salutare i commercianti arabi quando si entra nei negozi della città di Varese. Il microfono e la cassa sono stati a disposizione del pubblico, da parte degli organizzatori c’è stato un breve momento introduttivo in cui si è fatto il resoconto dei fatti della settimana, di ciò che è successo in Palestina e poi chi desiderava dire qualcosa ha chiesto di parlare. Anche questa domenica, come spesso accade, si è avvicinata una bimba che ha lanciato il coro “Free Free Palestine”. Alle 22.00 è cominciato il rumore: tutte le persone hanno battuto per 15 minuti le pentole, i mestoli e gli strumenti per risvegliare le coscienze anche più addormentate su quello che sta accadendo a Gaza e, per ricordare alla società civile che non è possibile rimanere immobili e subire, soltanto subire le decisioni dei potenti: noi cittadini e cittadine possiamo fare qualcosa, in primis… RUMORE! Alle persone presenti in piazza è stato poi proposto di anticipare l’incontro alle ore 20.00 per permettere anche a chi va a scuola il lunedì mattina di partecipare all’iniziativa, che andrà avanti anche durante i prossimi mesi. Cosa ci si augura ora rispetto a questa iniziativa? La diffusione: si chiede a tutti i Comuni, a tutte le amministrazioni e alle parrocchie, in tutta Italia e anche oltre, che nelle maggiori piazze di ogni città e paese si battano le pentole, si suonino le campane e si produca il rumore che faccia eco alla popolazione di Gaza, con cadenza regolare, finché a Gaza non cesserà il genocidio, finché la Palestina non sarà libera. fare Ci vediamo quindi domenica 21 settembre, alle ore 20.00, in piazza Montegrappa a Varese! Per informazioni, per chi volesse supporto per replicare nelle proprie città l’iniziativa scrivete a: comitatovaresinopalestina@gmail.com o sui social Instagram e Facebook: Comitato varesino per la Palestina Redazione Varese
21 settembre a Germignaga (Varese): un lago d’amore, un lago di pace
Domenica 21 settembre, Giornata Internazionale della Pace, dalle 10:00 alle 19:00 Boschetto di Germignaga Un invito al cuore, alla creatività, alla speranza. Viviamo tempi difficili, di paure e incertezze, ma è proprio in questi tempi che l’uomo deve trovare il coraggio di esprimere la propria luce, di dare forza alla creatività e generare speranza per sé e per gli altri. “Se vogliamo la pace, dobbiamo imparare a condividerci.” UBUNTU – Io sono perché noi siamo Una giornata per ritrovarsi, ispirarsi, condividere. Un evento gratuito, inclusivo e aperto a tutti: artisti, poeti, musicisti, educatori, famiglie, bambini, sognatori. Un’occasione per incontrare culture, condividere visioni, ascoltare storie, ballare insieme e gustare sapori dal mondo, tra performance, laboratori, spiritualità e tanta bellezza. Porta con te… una poesia, un dolce, una bottiglia, un pensiero, un libro, una passione… qualsiasi cosa tu voglia condividere con il mondo. Programma completo Mattina 10:00 | Yoga con Emergency presso Colonia– Corpo, respiro e consapevolezza per aprire la giornata. 11:30 | Marco Rodari (Claun Pimpa) – Intervento di pace con uno dei clown umanitari più amati. 12:00 | Apertura mostra d’arte “Senza Memoria, Senza Pace” – immagini, testimonianze e riflessioni per non dimenticare. 12:15 | Pranzo Assaggia piatti e sapori da tutto il mondo! Pomeriggio Spazio incontri. Parole, storie, memoria. 14:30 | Presentazione del libro “Sorella Inchiostro” con Kossy Komla Ebri e Pap Krouma – voci afro-italiane tra cultura e identità. 15:15 | Intervento del’Avvocato Ugo Giannangeli – Memoria, diritti, futuro. Parco. Bambini, famiglie, spiritualità 15:00 | Spettacolo di bolle giganti con Emile Bolle – per stupire grandi e piccoli! 15:45 | Preghiera interreligiosa – uno spazio di silenzio, ascolto e spiritualità condivisa. Gran finale. Palco e spettacolo 16:00 |Ballafon band – Ritmi e percussioni dal cuore dell’Africa. Balli tradizionali del Salvador – colori e suoni delle radici. 16:30 | Lettura di poesia a cura di Gaetano Blaiotta, Maria Elena Daneli e Sandro Sardella – Diario dalla Palestina di Gisa Legatti 17:00 |Teatro con la Compagnia Fiori Blu Elettrico Lettura di poesia di GAZA “Il loro grido la mia voce” a cura di Estro-Versi – parole che toccano l’anima. 18:00 | Spettacolo di danza a cura di Sara Garzoni e i giovani di Villa Chiara. Cristina Barzi chiude in musica e brindisi finale. Info utili Il ricavato andrà a sostegno dell’associazione PER FARE SORRIDERE IL CIELO Parcheggio disponibile | Pranzo | Attività per bambini Info & contatti: 3927225802 “Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di aver vinto.” Giordano Bruno Redazione Italia
“Gaza sta bruciando: scendi in piazza” Imponente mobilitazione a Napoli contro il genocidio in Palestina
In migliaia hanno sfilato da Piazza del Gesù a Piazza Municipio per chiedere la rottura dei rapporti con Israele, sanzioni ed embargo totale. Una mobilitazione pacifica e partecipata, in contemporanea con molte altre città italiane. In piazza ieri, 16 settembre, in simultanea a Roma, Milano, Napoli e in numerose altre città d’Italia, si sono svolte mobilitazioni a partire dalle ore 18. Migliaia di persone sono scese in strada per chiedere al governo di interrompere tutti i rapporti istituzionali, diplomatici ed economici con Israele e di attuare sanzioni ed embargo totale. «L’ONU ha riconosciuto che le azioni di Israele a Gaza costituiscono a tutti gli effetti genocidio. Da ieri è iniziata l’operazione di terra: i carri armati sono entrati a Gaza City per ridurre in polvere una città che già è un ammasso di macerie. È cominciata la “soluzione finale”», denunciano gli organizzatori della manifestazione di Napoli: l’UDAP – Unione Democratica Arabo Palestinese, la Rete di tutte le Comunità Palestinesi e il Centro Culturale Handala Alì. «Si sta compiendo sotto gli occhi del mondo un’operazione atroce di conquista coloniale e di sterminio di un popolo. Non possono più bastare le generiche dichiarazioni di contrarietà all’offensiva di terra: è il momento di fare chiarezza nei confronti degli italiani. Da che parte sta il governo? Dalla parte del diritto internazionale e della Costituzione, oppure dalla parte del genocidio?» chiediamo con fermezza i referenti del Movimento Globale a Gaza Campania. «È il momento della mobilitazione totale». E Napoli ha risposto con una partecipazione imponente. «Napoli lo sa da che parte sta: Palestina libera!» è stato l’urlo potente che si è alzato da Piazza del Gesù, una voce corale di solidarietà, di protesta ma anche di speranza, pensando alla missione della Global Flotilla in queste ore. Comunità palestinesi, Centro Culturale Handala Alì, Global Flotilla di Terra Campania, sindacati, organizzazioni territoriali, ANPI, collettivi studenteschi, centri sociali, attivisti, militanti e migliaia di cittadini comuni hanno invaso la piazza. Una mobilitazione coordinata in vista della grande manifestazione del 4 ottobre a Roma e dello sciopero generale indetto dai sindacati di base USB e CALP per il 22 settembre, che interesserà anche il blocco del porto di Napoli, delle ferrovie, degli aeroporti e delle università, con presidi in tutte le città italiane. Sugli striscioni campeggiava la scritta: «Bloccheremo tutto». Il corteo, numeroso ma assolutamente pacifico, è partito da Piazza del Gesù sfilando lungo via Monteoliveto e via Medina fino a Piazza Municipio. Una folla immensa, come da tempo non si vedeva, ha riempito le strade con bandiere, cartelloni e slogan. Donne, uomini e bambini – tantissimi, tenuti per mano dalle loro madri – hanno camminato insieme in un clima di forte emozione. Alle 17.30 Piazza del Gesù era già gremita. Le bandiere della Palestina sventolavano insieme ad altri simboli. L’atmosfera si è caricata di rabbia, dolore ma anche di tanta speranza. «Gaza resiste, la Palestina esiste!» è stato lo slogan più gridato. Piazza del Gesù si è trasformata in un simbolo di resistenza. Sumud è la parola che accompagna la missione umanitaria, e sumud – resistenza e resilienza – è quella che il popolo palestinese continua a praticare. «La resistenza resiste! Gli interessi economici e geopolitici non possono valere più delle vite umane», ha gridato un ragazzo al megafono. Il coro collettivo ha accompagnato l’intero percorso, con slogan scanditi in italiano e in arabo. Lungo il tragitto altre persone si sono aggiunte, facendo crescere ulteriormente il corteo: quando la testa è arrivata in Piazza Municipio, la coda era ancora all’altezza della Questura. Gli studenti dei collettivi universitari hanno ricordato di aver chiesto al rettore della Federico II di sospendere ogni accordo accademico con le università israeliane: «Purtroppo non c’è stata alcuna risposta, e vogliamo dirlo qui con forza», ha dichiarato un’attivista. In Piazza Municipio i manifestanti si sono seduti a terra e hanno proseguito il presidio. La mobilitazione non si ferma: «Fermare le armi non è reato». A Napoli le iniziative continuano in preparazione dello sciopero generale di lunedì 22 settembre. – Oggi, 17 settembre: assemblea pubblica alle ore 18 al Parco Ventaglieri a Montesanto. – Giovedì 18 settembre: assemblea pubblica alle ore 17 al Centro Sociale “Carlo Giuliani” in via Rossarol. – Venerdì 19 settembre: manifestazione regionale indetta dalla CGIL alle ore 17.30 a Piazza del Gesù. – Lunedì 22 settembre: sciopero generale. Redazione Napoli
Co-resistenza nonviolenta: le proteste del Venerdì a Beit Jala
Venerdì 12 settembre 2025 si è svolta a Beit Jala la settima settimana consecutiva di protesta congiunta di attivisti-e israeliani e palestinesi di Combatants for Peace, provenienti da tutta la regione, contro la guerra e il genocidio a Gaza, la pulizia etnica e la crescente violenza dei coloni in Cisgiordania, e per un futuro di giustizia e pace per entrambi i popoli. Durante le manifestazioni, il movimento ha denunciato che, dalla settimana precedente, l’esercito israeliano ha installato un cancello giallo vicino al luogo dell’incontro, destinato a fungere da ulteriore checkpoint all’ingresso di Betlemme. Si tratta di uno dei centinaia di nuovi checkpoint istituiti in Cisgiordania, che limitano ulteriormente la libertà di movimento dei palestinesi – per recarsi al lavoro, a scuola, visitare parenti o raggiungere ospedali. Non si tratta di una misura di sicurezza, ma di un atto politico volto di fatto ad annettere ulteriormente la Cisgiordania. Avner Wishnitzer, un attivista israeliano, storico e cofondatore dell’organizzazione Combatants for Peace (CfP), da Beit Jala, ha ripetuto che la condizione per la fine del conflitto israelo-palestinese è la fine dell’occupazione e ha detto “saremo uniti-e, insieme, in modo nonviolento, finché non finirà”. Altre foto dell’evento https://www.instagram.com/p/DOqYFNBCLuW/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==   #FreePalestine #GazaUnderAttack #SolidarityProtest #NonviolentResistance #PeaceForAll Ilaria Olimpico
No ad una sanatoria sugli abusi della RWM
Si è svolto il 16 settembre a Cagliari, davanti al palazzo della Regione in viale Trento, un sit-in di protesta, per scongiurare la possibilità che l’amministrazione regionale sarda decida di sanare gli abusi ambientali causati dall’ampliamento illegittimo dello stabilimento RWM del Sulcis. La RWM Italia, industria di armamenti bellici con sede legale a Ghedi in provincia di Brescia, da circa quattro anni ha svolto ingenti lavori di ampliamento nello stabilimento di Domusnovas-Iglesias, in Sardegna. Questo per aumentare la propria produzione di bombe d’aereo, d’artiglieria pesante e di droni killer, questi ultimi su licenza e sotto controllo di una società israeliana. L’aumento delle richieste, dovuto alle numerose guerre in corso, l’ha spinta ad iniziare subito i lavori ed a portarli rapidamente a termine, pur non avendo avuto tutte le autorizzazioni necessarie, prima fra tutte la VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale). In seguito alle proteste e ai ricorsi alla giustizia amministrativa, da parte di numerose associazioni ambientaliste, pacifiste e disarmiste, il Consiglio di Stato ha bocciato gli ampliamenti come non legali, vietandone quindi l’uso produttivo. La contromossa dell’azienda di armamenti è stata quella di presentare alla Regione Sardegna una richiesta di valutazione ambientale ex post, con l’intento di sanare gli abusi edilizi ed ambientali perpetrati. A tre anni di distanza dalla richiesta della RWM, il servizio Valutazione Impatti ambientali della Regione sarda ha terminato l’istruttoria relativa ed esiste il rischio concreto che venga concessa una valutazione positiva, pur con possibili prescrizioni. L’ultima parola spetterebbe comunque alla Presidente della Regione, Alessandra Todde. Alla quale la rete di associazioni e sindacati ha indirizzato una lettera aperta, affinché non avvalli una sanatoria assai dubbia dal punto di vista legale e molto imbarazzante dal punto di vista politico, per non parlare del senso etico, che semplicemente rabbrividisce. La lettera chiede anche un confronto diretto con la premier regionale, per capire meglio la distanza, o la vicinanza delle posizioni. In assenza della Todde, una delegazione dei manifestanti è stata comunque ricevuta dal capo-gabinetto ed ha potuto illustrare i motivi della propria posizione, dimostrando dati tecnici alla mano, che i danni provocati al territorio non possono portare ad una valutazione d’impatto ambientale favorevole per l’azienda. E’ stato chiesto anche un prossimo e urgente incontro con la Presidente Todde, per cercare di affrontare la difficile situazione attraverso il confronto. Settori importanti del governo italiano, tra cui il ministero della difesa, stanno intensificando la pressione verso la Regione Sardegna, affinché dia l’avvallo all’ampliamento della fabbrica di morte. L’industria bellica, in tempo di guerre crescenti, deve poter stare dietro alle richieste. Forse aveva fiutato il vento e proprio per questo aveva così tanta fretta di aprire nuove unità produttive, anche a costo di infischiarsene delle regole che dovrebbero valere per tutti. Sicuramente, senza l’impegno dei comitati, dei movimenti, dei sindacati di base durante quest’ultimo decennio, questa industria che sforna prodotti di distruzione e morte avrebbe di sicuro fatto il bello e il cattivo tempo ed avrebbe da tempo aumentato ancor più il suo fatturato, già in ampia salita. Ora si attendono le prossime mosse politiche. A livello regionale, certo, ma anche con la possibilità di ingerenze governative nazionali. I movimenti che lottano per la chiusura della fabbrica o per la sua riconversione a scopi civili, sanno che ci sarà ancora tanto da fare. Carlo Bellisai