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Firenze: commemorazione del genocidio di Rom e Sinti
Oggi 2 agosto presso il Giardino dei Giusti  a Firenzesi è svolta la cerimonia di ricordo del genocidio dei Rom e dei Sinti da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Alla cerimonia, presenziata dal presidente del Consiglio Comunale Cosimo Guccione, hanno assistito cittadini e rappresentanti delle associazioni rom e dell’ANEP, Associazione Nazionale ex deportati. La cerimonia ricorda che il 2 agosto 1944  fu liquidato il “campo zingari” di Auschwitz-Birkenau: oltre 4.000 persone  furono sterminate nelle camere a gas. Per ricordare quella tragedia da alcuni anni si celebra il Roma Genocide Remembrance Day, la Giornata in memoria del genocidio dei Rom e dei Sinti durante la Seconda guerra mondiale. In lingua romanì, questo sterminio viene chiamato Porrajmos o Samudaripen  e causò complessivamente la morte di circa mezzo milione di persone appartenenti a questa popolazione. E’ stata presentata recentemente alla Camera dei Deputati una Proposta di Legge per far dichiarare il Samuradipen Giorno della Memoria; gli atti della conferenza stampa, il testo di legge e vari interventi storici sono stati pubblicati quest’anno, a cura di Andrea Vitello,  da Multimage sotto il titolo Il Samudaripen: genocidio dei rom e sinti nella Seconda guerra mondiale. Redazione Toscana
Guerra alla guerra: dal Festival dell’Alta Felicità in Val Susa il più deciso NO al riarmo e al Genocidio in Palestina
Tra i momenti più importanti all’interno del programma del Festival dell’Alta Felicità che si è concluso pochi giorni fa a Venaus, merita senz’altro una menzione speciale l’assemblea in tema di Guerra alla Guerra, Stop Riarmo, Stop Genocidio, bella e partecipata sotto il tendone-dibattiti di domenica 27 luglio. Guerra alla Guerra  sarebbe in realtà il titolo di un libro che un certo Ernest Friedrich – cittadino prussiano, anarco-pacifista, reduce da un buon numero di anni di prigione per essersi rifiutato di partecipare alla 1ma Guerra Mondiale – decise di pubblicare un centinaio di anni fa per documentare quegli orrori che lui era riuscito a schivare, ma non la maggior parte dei suoi coetanei: i corpi trucidati in trincea senza possibilità di soccorso, le amputazioni, la sofferenza inflitta alle popolazioni, impressionante raccolta di 180 immagini rintracciate in vari archivi militari, che rilegò e pubblicò a sue spese con il titolo appunto Krieg del Kriegel (Guerra alla Guerra),  Riferimento e titolo quanto mai perfetto, dunque, per questa assemblea che era stata per tempo convocata tra il maggior numero di realtà territoriali, in forma di appello “per tutt* coloro che sentono la necessità di sviluppare un percorso il più possibile largo e partecipato contro la guerra, contro il riarmo dell’Europa e per dire NO al genocidio in Palestina; tutt* coloro che già si mobilitano e vogliono condividere i loro percorsi, mettersi in dialogo e convergere, per curvare un destino che sembra ormai ineluttabile (…) confidando nella capacità di far confluire e moltiplicare le occasioni che si potranno aprire nell’accelerazione degli eventi.” Assemblea che si è aperta con il messaggio di solidarietà all’equipaggio della nave Handale della Freedom Flotilla, che solo la notte prima era stata arrestata dall’esercito israeliano, e con gli applausi per la liberazione dell’attivista libanese George Ibrahim Abdullah, dopo una detenzione di 40 anni nelle carceri francesi. Il microfono è passato poi a Nicoletta Dosio che rievocando alcuni momenti cruciali nella storia del Movimento Notav, ha sottolineato il valore della solidarietà e della resistenza “soprattutto nei momenti di sconforto: voglio qui esprimere la gioia di vedere tanti volti giovani, in questo luogo, la piana di Venaus, che è stato il teatro di quell’epica vittoria per il nostro Movimento all’interno di una lotta che all’inizio sembrava impossibile. Un percorso che, a partire dalla fine degli anni ’80, è stato lungo ma è stato soprattutto di crescita collettiva, mentre la guerra ci arrivava in casa, letteralmente. Con i militari reduci dalle guerre in Afghanistan, con i loro strumenti di morte, con i primi Lince che abbiamo visto in Clarea, le zone rosse a interdire il passaggio in territori che erano nostri. E questa è la grande lezione del Movimento No Tav: il territorio è una prima cellula di una realtà che si allarga, che abbraccia tanti problemi. Lo abbiamo detto tante volte. La nostra non è solo una lotta contro un treno, ma l’opposizione a tutto un sistema, che è lo stesso che vuole le guerre. E quindi l’unica possibile risposta a questa aggressione è la ricomposizione delle lotte: mettere insieme i temi del lavoro con le proteste per la casa, nelle università, nelle piazze, contro le solitudini. La lotta contro il Tav è andata avanti per tutti questi anni anche perché è stata una risposta alla sensazione di impotenza, se non di sconfitta, a quella ‘pigrizia del cuore’ che ci fa prende, a volte. (…) E noi dobbiamo imparare a resistere attingendo anche agli esempi del passato, non solo alla lotta partigiana, ma alla storia di continui scioperi dei ferrovieri, delle Officine Moncenisio che ebbe luogo non lontano da qui, nel comune di Condove, come rifiuto di tutti i lavoratori compati nei confronti di una produzione mortifera. La nostra è una Guerra alla Guerra perché come ben sappiamo quel treno è stato progettato come vettore di morte, lungo uno dei tanti corridoi militari che sono stati previsti da chi ci governa, precorrendo i tempi…” Dopo di lei è stata la volta di Marta Collot (Potere al Popolo) che ha ribadito la necessità di andare oiltre il No Rearm Europe: “dobbiamo dire con chiarezza che siamo contrari a qualsiasi progetto di riarmo europeo che ci venga proposto all’insegna della sicurezza, e la lotta alla NATO dovrà essere un elemento centrale della nostra opposizione alla guerra, non solo per la richiesta di aumento delle spese militari, che comporteranno un massacro sociale, ma perché le basi militari nei nostri territori rappresentano già un problema enorme per la sicurezza di tutti noi!”. Dal Movimento No Base di Pisa, da anni in lotta contro l’ennesima base militare, è arrivata una chiara consapevolezza circa l’irreversibilità del progetto “non perché debba considerarsi battaglia persa, ma perché qualunque sia l’opposizione la macchina sta andando avanti, ingenti investimenti sono stati fatti nella crescente cooptazione delle istituzioni comprese scuole e università, in un clima di segretezza che conferma quello che non è uno slogan ma una realtà: le guerre non scoppiano, piuttosto si preparano“. E tuttavia, anche in questo clima di crescente militarizzazione, ecco palesarsi delle opportunità: di reagire, organizzarci, darci degli obiettivi, mobilitarci insieme, nella sempre più capillare conoscenza delle problematiche che caratterizzano i nostri territori e dell’urgenza di costruire alleanze in grado di incidere. Per esempio recentemente abbiamo scoperto un accordo quadro da un miliardo di euro per la realizzazione di 29 infrastrutture militari !!! tra cui la nostra, oltre che in Piemonte, Puglia, Emilia Romagna, nei pressi di Bolzano… su questa traccia intendiamo lavorare, a più mani e a più voci.” Tantissimi gli interventi da parte delle realtà presenti, che per esigenze di spazio ci limiteremo ad elencare. Da Roma è intervenuto Quarticciolo Ribelle che ha ribadito l’importanza di dare voce alla società civile, intesa come realtà di collettivi e movimenti. Tra le realtà che in Italia si sono maggiormente impegnati per la Palestina, sono intervenuti i Giovani Palestinesi, Intifada studentesca, Udap. Per il movimento dei lavoratori portuali che concretamente si oppongono al transito di armi sono intervenuti i GAP di Livorno e i CALP di Genova. E poi le realtà transfemministe di Non Una di Meno, oltre a Extinction Rebellion, il Movimento Disoccupati 7 novembre  da Bagnoli e da Vincenza il movimento Notav e vari centri sociali dal Nord Est d’Italia. Della campagna Stop ReARM ha parlato la portavoce di Arci Nazionale che ha ribadito la necessità di una mobilitazione europea: Stop Rearm Europe! E poi ancora la Rete No DL Sicurezza che ha ricordato l’appuntamento del 21 settembre; Reset; gli operi della Tubiflex e di USB; i Movimenti di lotta per la casa di Roma, Militant… Una lunga, densa, ottimamente condotta e davvero importante assemblea che, ha posto le basi per un percorso collettivo che punti alla ricomposizione delle differenze e alla costruzione di un’unità il più possibile ampia e incisiva, con obiettivi condivisi, e in una prospettiva di lungo periodo. E “senz’altro tutti in convergenza” come ha concluso Dario Salvetti della GKN di Firenze, riprendendo il loro storico slogan. Prossimo appuntamento di mobilitazione nazionale: 8 novembre a Roma- E sarà un’ennesima data tra le tante già annunciate di questo molto prossimo autunno che, tra l’Altra Cernobbio (5-6 settembre), la Università Estiva di Attac (12-14 settembre) e vari altri appuntamenti andando verso la Marcia Perugia-Assisi (12 ottobre) si preannuncia bello caldo davvero. Centro Sereno Regis
La Ocean Viking salva 37 naufraghi. La Guardia Costiera libica le intima di lasciare l’area
“Questa mattina la Ocean Viking ha ricevuto un allarme dall’aereo Seabird per una imbarcazione in difficoltà con 37 persone a bordo in acque internazionali nell’area di ricerca e soccorso libica. Dopo aver ricevuto l’ok a procedere dalle autorità di competenza, abbiamo salvato i naufraghi. Una nave della Guardia Costiera libica ci ha intimato di lasciare l’area. I sopravvissuti sono ora a bordo della nostra nave. La maggior parte di loro viene dal Sudan, dove c’è una gravissima crisi umanitaria in corso.” Lo riferisce SOS Mediterranee Italia su X.     Redazione Italia
Con la Palestina contro ogni repressione
Quasi 200 persone al presidio indetto dalla Rete antifascista lecchese il 1° agosto a Como nei pressi dello stadio. L’iniziativa è stata animata per esprimere solidarietà alle cinque persone colpite da un provvedimento di Daspo per avere sventolato una bandiera della Palestina durante la partita Celtic-Ajax a Como il 24 luglio. Negli striscioni e negli interventi, partendo dagli episodi di criminalizzazione delle manifestazioni politiche a Como, a Bergamo e altrove, si è affermato il sostegno alla Resistenza palestinese la condanna dell’orrore del genocidio in atto, il rifiuto della repressione sempre più forte che attraverso decreti sicurezza e retoriche securitarie, restringe lo spazio pubblico, comprime le libertà individuali e collettive e mette a tacere ogni voce fuori dal coro. Free Palestine e Free Gaza certo, ma anche Stop Rearm Europe e la rivendicazione della legittimità di essere antisionisti senza per questo essere accusati di antisemitismo. Nei video gli interventi, aperti da Corrado Conti della Rete antifascista lecchese, della rete Stop al genocidio, dei Giovani palestinesi e in chiusura dell’avvocato Ugo Giannangeli, che ha chiarito l’incongruenza dei provvedimenti repressivi attuati chiarendo tra l’altro che nella legislazione italiana non esiste alcun divieto di sventolare bandiere di altri Paesi. Ecoinformazioni
Manifesto degli insegnanti per Gaza
Riceviamo da Tiziana Guidi, una delle promotrici e volentieri pubblichiamo questo importante documento. In fondo alla lettera al Ministro Valditara si trovano i riferimenti per contatti a informazioni. La scuola è il luogo dove si sviluppano abilità, conoscenze e competenze, e dove si apprendono i veri valori della vita. Oggi il nostro ruolo di educatori non ha senso e non è credibile se non prendiamo una posizione netta contro la risoluzione violenta dei conflitti e il genocidio in corso a Gaza ed in Cisgiordania Non si può rimanere indifferenti di fronte al dramma che sta vivendo la popolazione palestinese e in particolare per le sofferenze indicibili dei bambini e dei ragazzi. La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata nel 1989 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, stabilisce quali sono i diritti inviolabili di bambine, bambini e adolescenti e i doveri degli adulti nei loro confronti: nulla di tutto ciò oggi è possibile in Palestina e Cisgiordania. Ad oggi ai bambini palestinesi  viene negato: il diritto all’istruzione e allo sviluppo il diritto alla protezione dalla violenza e dagli abusi il diritto a un ambiente sicuro e sano, ma soprattutto il diritto all’esistenza! Lanciamo un appello al mondo della scuola invitandolo a sottoscrivere questo documento che così riassume la nostra posizione: Condanniamo la violenza e le violazioni dei diritti umani Ribadiamo l’inalienabilità del diritto all’istruzione e allo sviluppo per tutti i bambini e le bambine palestinesi. Denunciamo la grave crisi umanitaria che avrà conseguenze devastanti a breve ed a lungo termine sulla salute fisica e mentale della popolazione In nome di ciò chiediamo: L’immediato cessate il fuoco e la protezione dei civili. Il riconoscimento dello Stato di Palestina e l’applicazione immediata della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza Il ripristino dei confini antecedenti al 1967, come da risoluzione n. 242 dell’ONU L’immediata cessazione di invio di armi allo Stato d’Israele ed il divieto di qualsiasi collaborazione militare con esso da parte del governo italiano Insieme per una pace giusta e duratura. Promotori e primi firmatari: Tiziana Guidi, Francesca Russo e Alberico Mitrione. Adesioni: Associazioni: La Comunità per lo sviluppo umano- Av, Irpinia in movimento, Insieme per Avellino e l’Irpinia, Unicef- Avellino, L’Angolo delle storie, ASD Taekwondo – Avellino, Controvento, Arci Saviano, Aps Cuore al centro, Pax Christi-AV, Archeoclub d’Italia-Avellino, Zia Lidia Social Club, La mela di Odessa, L’albero vagabondo, Il Bucaneve – edizioni e saggio, Info@Irpinia, Radio Arci Masaniello, L’Albero della vita, Edizioni Disvelare. Gruppi musicali, teatrali e di danza: I Lumanera, Teatro 99 posti, La Bottega del Sottoscala, Puck Teatral, Il Teatro di Gluck, Teatro d’Europa, Barabba Blues, Cantiere Danza, Emian, Muovimenti, Vernice fresca, Teatro Arci Saviano.  Pagine e gruppi FB: Avellino Rinasce, Collettivo Hurriya, Occhi di un Mondo Altro, La Comunità per lo sviluppo umano- Italia, Poesis,  Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza. Sindacati: ANIEF Avellino, FLC-CGIL Il Vescovo di Avellino Monsignor Aiello Le promotrici del manifesto hanno inoltre inviato una lettera aperta al Ministro Valditara: Gentile Ministro Valditara, di fronte  all’immane tragedia che sta colpendo il popolo palestinese non si può non provare un indicibile dolore. Chi le scrive appartiene al mondo della scuola e per noi educatori, in questi mesi, pensare di aver davanti dei giovani, dei bambini e degli adolescenti che possono godere di cibo, istruzione, accoglienza, protezione, assistenza sanitaria, mentre ai loro coetanei palestinesi oggi è negato persino il semplice diritto all’esistenza, è stato fonte di disagio e malessere: ha attanagliato le nostre coscienze condannando spesso le nostre notti all’insonnia. Da questo è nato il “Manifesto degli insegnanti per Gaza”, dalla necessità di non voltarsi dall’altra parte e di ribadire che quei sacrosanti diritti dei bambini e degli adolescenti, affermati nel 1989 dalla Convenzione che li consacrò, non possono continuare ad essere calpestati.  Così come avviene per il diritto all’autodeterminazione dei popoli, sancito nei trattati di pace al termine della 1* Guerra Mondiale proprio da un presidente americano, Woodrow Wilson,  nei suoi 14 punti,   e che  è oggi disatteso e messo all’angolo quando si parla dello Stato Palestinese. Eppure il rispetto, tra gli Stati come nelle relazioni, non può nascere senza  il riconoscimento dell’altro.   L’iniziativa del “Manifesto degli insegnanti per Gaza” è nata spontaneamente da un gruppo di tre docenti, alla fine di maggio, praticamente ad attività didattica  conclusa, ma nonostante ciò si è estesa a macchia d’olio: dai docenti agli allievi, poi ai loro genitori, al mondo della cultura ed alla società nelle componenti più varie, confermando quella naturale trasversalità che il nostro mondo scolastico ha nelle comunità.                                  Ha finito per coinvolgere in poco più di un mese più di mille persone, 20 Associazioni, oltre 70 tra scrittori, musicisti, artisti, gruppi teatrali, musicali e di danza, diverse pagine FB, un’agenzia stampa, due sindacati ed il sostegno del nostro Vescovo, Monsignor Aiello. Apparteniamo a una piccola città campana in un area interna qual è l’Irpinia, che è certo terra di gente testarda, ma siamo persone comuni, senza alcun superpotere e se tutto questo è stato possibile è perché il nostro disagio trovava rispondenza nel cuore di molti,  si leggeva negli occhi dei tanti che cercavano un modo per poter dire “non nel mio nome”. Perché “la libertà è l’obbedienza alla verità interiore”. C’è una strada obbligata perché le violenze in Medio Oriente si plachino da ogni parte, e questa passa dal riconoscimento dello Stato della Palestina, poiché soltanto dando pari dignità ai due popoli che abitano quei territori essi potranno intraprendere un dialogo autentico e costruttivo.  Abbiamo ascoltato la premier Meloni dire che sarebbe “prematuro” tale riconoscimento e ci viene spontaneo chiederci: quale tempo viene considerato congruo perché la Palestina veda riconosciuto il suo diritto all’autodeterminazione? 77 anni sono un tempo considerato troppo breve? Noi crediamo di no. Così come crediamo necessaria la non collaborazione con lo Stato d’Israele fino a quando non cessi la sua politica di genocidio. Pertanto, gentile Ministro Valditara, le chiediamo di esercitare il suo peso all’interno del governo italiano affinché  l’Italia, seguendo l’esempio del Vaticano e delle altre potenze europee che lo hanno già fatto, riconosca lo Stato di Palestina ed interrompa ogni rapporto di partenariato con Israele fino a quando non muti la sua politica. Professoresse Tiziana Guidi e Francesca Russo. Informazioni di contatto: kefinovanta@yahoo.it francesca.ing.russo@gmail.com    Redazione Italia
Israele: le manganellate non fermano le iniziative del fronte pacifista
‘Massive’, ovvero ‘enorme’, partecipatissima, potente e affollata come non mai di cartelli e fotografie di corpicini gazawi scheletriti, oltre ai ritratti dei bambini morti a migliaia che da mesi riempiono ogni giovedì sera la grande piazza Habima di Tel Aviv. Questa la descrizione che ci arriva dalle varie pagine social del fronte pacifista Israelo-Palestinesi, nonostante le manganellate che hanno colpito alcuni manifestanti che si trovavano in pacifico sit-in ieri sera lungo King George Street. Nonostante tutto, dunque, la coalizione ‘It’s Time’ che si era fatta promotrice del Peace Summit dí Gerusalemme l’8/9 maggio scorso, non si ferma e annuncia una serie di iniziative proprio questo weekend. “E’ venuto il tempo, per tutti coloro che stanno resistendo contro queste crudeltà, di reagire con una voce collettiva contro la criminalità di chi ci governa. Reagiamo tutti insieme per mettere fine a questa sofferenza e per l’inizio della guarigione anche nostra. Basta con le uccisioni, basta con la fame, basta con l’occupazione!” A partire da domenica, dunque, che per Israele coinciderà con “Tisha B’Av” (‘festa’, per modo di dire, del digiuno, in effetti una della date più tristi del calendario giudaico insieme allo “Yom Kippur”) la convocazione sarà per tutti a Piazza Disengoff a Tel Aviv, per un digiuno congiunto tra tutti i movimenti che da tempo si muovono per la co-resistenza e per la pace. E per chi non potrà partecipare di persone, ecco un elenco continuamente aggiornato sui social, di situazioni alle quali dare sostegno: dal progetto “Gaza Soup Kitchen” a numerose altre iniziative promosse dal New Israel Fund, dai Combatants for Peace, da Standing Together… la Piazza insomma non si ferma. Pressenza IPA
Nel mondo 1 persona su 4 in condizione di sfruttamento o schiavitù moderna è minorenne
La maggior parte dei 12,3 milioni di bambini in condizione di sfruttamento o schiavitù moderna, ovvero circa 9 milioni, è coinvolta in matrimoni forzati, mentre i restanti 3,2 milioni sono divisi in sfruttamento sessuale (1,6 milioni), sfruttamento lavorativo o in attività illecite (1,3 milioni) e lavori forzati imposti dalle autorità statali (320.000). Per quanto riguarda la tratta, nel 2022 è minore più di una vittima su 3 (il 38% del totale delle 68.836 persone coinvolte per cui è stata rilevata l’età, cioè oltre 26mila bambini e adolescenti). E’ senz’altro una sottostima, ma in ogni caso il numero di minori identificati come vittime di tratta è aumentato del 31% rispetto al 2019, evidenziando una crescita significativa nella rilevazione del fenomeno minorile a livello globale. L’incremento è attribuibile alla maggiore incidenza delle ragazze tra le vittime trafficate a fini di sfruttamento sessuale e all’aumento dei ragazzi vittime di tratta per lavoro forzato, in particolare in Europa e nel Nord America, e alla forte crescita delle vittime minorenni in Africa Sub-Sahariana. Sono alcuni dei dati della XV edizione del Dossier Piccoli Schiavi Invisibili di Save the Children sul fenomeno della tratta e dello sfruttamento dei minori, un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto una dimensione sempre più complessa e dinamica, alimentata da crisi globali interconnesse. Le ragazze rappresentano il 57% delle vittime minorenni rilevate a livello globale e nel 60% dei casi il loro sfruttamento è di tipo sessuale. I ragazzi, al contrario, risultano maggiormente coinvolti in situazioni di lavoro forzato (45%). I Paesi dell’America Centrale e dei Caraibi si presentano come quelli con la più alta incidenza di vittime minorenni: più di 3 vittime su 5, tra quelle rilevate, sono sotto i 18 anni (67%). Seguono l’Africa Sub-Sahariana e i Paesi del Nord Africa con, rispettivamente, il 61% e il 60% dei minori tra le vittime di tratta. Per quanto riguarda l’Europa, nel 2023 le vittime minorenni di tratta costituiscono il 12,6%, pari a 1.358 bambine, bambini e adolescenti, per lo più identificate in Francia (29,4%), Germania (17,7%) e Romania (16,3%), sfruttate nel 70% dei casi a fini sessuali, mentre il restante 30% è impiegato in lavoro forzato (13%) o in altre forme come l’accattonaggio forzato o attività criminali forzate (17%) come rapine, borseggi o spaccio di sostanze stupefacenti. “Rilevante sottolineare – sottolinea Save the Children –  che, nel periodo 2021-2022, l’81% delle vittime di tratta minorenni (2.401) in Europa era rappresentato da cittadini dell’UE e l’88% di essi (2.120) è stato sfruttato nello Stato membro di appartenenza. Generalmente, i trafficanti cercano di adescare minori che provengono da contesti sociali e familiari fragili, che vivono in condizioni di povertà e in alcuni casi soffrono di disturbi psicologici”. In Italia, invece, la tratta e lo sfruttamento dei minori rappresentano una realtà sommersa, che coinvolge sia flussi migratori internazionali – il Paese si conferma crocevia di transito e destinazione di minori vittime di tratta – sia contesti interni di vulnerabilità sociale.  Le vittime sono spesso coinvolte in forme multiple di sfruttamento: sessuale, lavorativo, forzato in ambito domestico, fino al coinvolgimento in attività criminali forzate o accattonaggio coatto. La digitalizzazione della società contemporanea ha profondamente trasformato il panorama della tratta e dello sfruttamento minorile. In questo contesto, si parla sempre più spesso di “e-trafficking”, che include tutte le forme di tratta e sfruttamento di esseri umani che si avvalgono in modo determinante delle tecnologie digitali, sia per il reclutamento, l’adescamento e il controllo delle vittime, sia per la gestione logistica, il pagamento e la distribuzione dei profitti. “L’e-trafficking, sottolinea Save the Children, caratterizzato dall’uso sistematico di piattaforme online, social network, app di messaggistica e strumenti digitali, consente di abbattere le barriere geografiche, rendere più rapidi ed efficienti i processi di tratta e sfruttamento e ridurre i rischi per gli sfruttatori. Questa modalità – utilizzata sia per sfruttamento sessuale che per il coinvolgimento dei minori in attività criminali forzate, il lavoro forzato e la produzione e/o distribuzione di materiale di abuso online – permette di raggiungere un numero molto più ampio di potenziali vittime, di agire in modo anonimo e di rendere più difficile l’individuazione e il contrasto da parte delle autorità”. Una nuova frontiera è la “gamification” dello sfruttamento, una strategia che utilizza gli sviluppi della tecnologia – che ha trasformato le esperienze di gioco online facendole passare da piattaforme chiuse a spazi virtuali che consentono un’ampia gamma di interazioni sociali – e la risposta psicologica associata alle fasi del gioco – come il progresso (es. Il passaggio a un livello successivo del gioco) o i premi e le ricompense (es. i badge che si ottengono quando si completa un’attività o si vince una sfida) – per rendere più accettabile e “normale” la partecipazione a reti criminali, mascherando lo sfruttamento dietro dinamiche ludiche e sociali apparentemente innocue. Qui il Rapporto: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/piccoli-schiavi-invisibili-2025. Giovanni Caprio
Riconoscimento dello Stato di Palestina e solidarietà in Italia
Ci sono 14 Stati disponibili al riconoscimento dello Stato di Palestina. Dopo Francia e Regno Unito, ora anche Finlandia, Australia, Portogallo, Germania e Canada annunciano che a settembre riconosceranno lo Stato di Palestina in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Lo scorso maggio, l’Assemblea dell’Onu, con un voto di 143 favorevoli, 9 contrari (Argentina, Repubblica Ceca, Ungheria, Israele, Stati Federati di Micronesia, Nauru, Palau, Papua Nuova Guinea, Stati Uniti) e 25 astensioni, ha stabilito che lo Stato di Palestina è qualificato per l’adesione alle Nazioni Unite. L’Italia del governo delle destre è un fanalino di coda, in compagnia di Ungheria e Micronesia. In Italia, il successo dell’iniziativa di Milano davanti alla sede del consolato USA, organizzata da “Maiindifferenti, ebrei per la pace” e altre associazioni non ha trovato la meritata copertura mediatica,  forse perché non ci sono state vetrine rotte o scontri. Potete trovare il link alla diretta social clicca! Il Comune di Venezia ha votato un documento per il riconoscimento dello Stato di Palestina e di boicottaggio alle istituzioni israeliane. Il Consiglio Comunale di Trofarello (To), su proposta avanzata dall’associazione Cuoche e Sarte Ribelli, impegnata su temi sociali e nel sostegno ai bambini di Gaza con le adozioni a distanza, ha approvato  l’interruzione delle relazioni commerciali e istituzionali con il governo israeliano fino al totale cessate il fuoco totale e permanente. Il Centro studi Paolo e Rita Borsellino esprime apprezzamento per l’iniziativa di solidarietà a favore dei bambini della Striscia di Gaza, promossa proprio in questi giorni dal Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Paolo e Rita Borsellino, dott. Maurizio Carandini. L’istituto di Valenza (AL), infatti, ha deciso di dedicare “nel corso di questa estate, un’ora al giorno alla memoria dei bambini uccisi o ridotti alla fame nella Striscia di Gaza, a partire dal 28 luglio”. Di tutte queste mobilitazioni e iniziative, la stampa scorta mediatica del genocidio non dà informazioni. Rivendichiamo 60 mila kefieh in Senato, una per ogni civile palestinese ucciso dall’esercito israeliano a Gaza.   ANBAMED
Afghanistan. Come cambiare la percezione senza cambiare la sostanza
Siamo quasi all’anniversario della presa del potere dei talebani del 15 agosto 2021, che ha portato in Afghanistan a una precipitazione dei diritti delle donne e delle condizioni di democrazia e di vita per tutti per la svolta estremamente fondamentalista che l’interpretazione restrittiva della Sharia dei Talebani ha comportato. In questi giorni il poco interesse che i media esprimono per l’Afghanistan si concretizza in una notizia che rimbalza praticamente uguale in tutti i brevi articoli che la narrano: esiste una nuova possibilità per le donne afghane rappresentata dalla ripresa del turismo, poiché a Kabul si possono fare tour gestiti da donne e rivolti alle donne. In realtà si tratta di un’unica esperienza di questo genere  e riguarda la visita al museo di Kabul  guidata da una giovane donna e fruita da un piccolo gruppo di straniere, tutte con il velo in testa ma, sorprendentemente – e la cosa salta agli occhi nel grigio panorama delle strade frequentate soprattutto da uomini e da poche donne nascoste in lunghi vestiti neri – vestite con abiti colorati, come mostra un servizio di Rai News.it. Significa che sta cambiando qualcosa nel fondamentalista e repressivo Afghanistan dei Talebani? E’ proprio come la racconta il servizio di Rai News, che commenta il suo documentario con un giudizio positivo e quasi entusiasta sulla possibilità di “cambiare, un passo alla volta, la percezione del Paese”? In realtà, l’ingenuo commento non afferra il vero significato di questi tour, e cioè l’interesse dei Talebani di cambiare la percezione negativa che il mondo ha dell’Afghanistan senza cambiare la sostanza delle condizioni di segregazione e privazione dei più elementari diritti delle donne, che continua invece a essere raccontata da innumerevoli testimonianze e dalle più svariate fonti. Permettere a una manciata di donne di usare un briciolo di libertà serve ai Talebani per mostrare il presunto “volto umano” del loro governo, che invogli il resto del mondo al riconoscimento della “normalità” del loro sistema di governo, in realtà fondamentalista, violento, liberticida e di apartheid verso le donne. Non si tratta, quindi, di avere il coraggio di sfidare i divieti, ma invece di essere strumento, più o meno consapevole, di un’operazione pubblicitaria di camuffamento della realtà. Mentre si danno notizie di “novità” come questa, bisognerebbe sempre ricordare il contesto in cui avvengono, se si vuole davvero fare informazione.   CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane