Per un Medio oriente libero da armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa. La campagna parte da Napoli
Eirenefest Napoli 20-09-2025 Se siamo qui, oggi, è perché si è scelto di raccogliere le eredità e le proposte; se saremo qui, domani, sarà perché saremo capaci di fare memoria – informazione – futuro. Scriveva padre Alex Zanotelli, presentando un testo di Angelo Baracca (“Per la memoria, l’informazione e il futuro. Scritti per le prossime generazioni”): “Se l’umanità continuerà a camminare sulla strada che ha scelto, rischia di finire in un inverno nucleare oppure in un’estate infuocata. (…) Oggi la minaccia atomica torna a terrorizzare il mondo (…) Oggi rimangono 15.000 testate intatte nel mondo: una minaccia mortale per il futuro dell’umanità e del Pianeta. E i venti di guerra soffiano forti. (…) Baracca è l’autore di vari volumi importanti nel campo del nucleare: “A volte ritornano. L’Italia ritorna al nucleare” e soprattutto “SCRAM”, scritto insieme a Giorgio Ferrari”. Oggi siamo qui, a Napoli, terra su cui insistono le lotte e, nel contesto di questo Eirenefest, le persone, che quel grido di allarme accorato e competente (coerente) hanno lanciato. Continua padre Alex, ricordando Angelo: “Oltre a essere uno scrittore, è anche un impegnato attivista contro il nucleare. Infatti l’informazione deve portare all’azione per essere efficace. E non basta l’informazione individuale, ma deve essere collettiva”. Questo significa poter trasformare l’essere parte di, in termini di appartenenza, ad una dimensione di significato (entro e oltre l’essere religiosi, prima di tutto essendo orientati dentro un orizzonte spirituale, di ricerca del senso delle vite dell’essere donne e uomini in cammino per la costruzione di percorsi di Pace) nell’essere “parte di un grande movimento che, a gran voce, esiga che l’Italia aderisca al Trattato per l’abrogazione del nucleare (TPNA)”, quindi che, in una prospettiva di Utopia, “(l’Italia…) elimini dal proprio suolo tutto l’armamentario atomico”. Ad Angelo Baracca è stata dedicata una giornata, nel novembre 2023: eravamo a Firenze, padre Alex partecipava attraverso un suo contributo registrato ed inviato a noi, Giorgio aderiva ed era attivo sostenitore dentro la proposta di Medicina Democratica – Sez. Pietro Mirabelli, che umilmente contribuii a pro-muovere, nel luglio 2023; come scrivevo, a introduzione del testo – atti di quella giornata: “perché possano trasformarsi in proposte, perché il ricordo non sia pietra scolpita e tenuta a memoria nel tempo che cristallizza le immagini, bensì movimento collettivo che, nascendo dalla simpatia, dall’essere stati (ed ancora oggi essere) in cammino insieme, recupera le pietre e le lavora insieme”. “Uomo di scienza e di pace” e “amico e compagno di lotte”: Angelo così lo avevamo voluto ricordare, nel rappresentare due mondi e due anime: ambiti in cui il pensiero e le prassi si sono venuti contaminando e, restando nella fedeltà alla complessità della storia di Angelo, sceglievamo di tenerli insieme; Angelo negli ultimi (suoi) tempi, era attivo nell’impegno nell’appello, oggi sempre più attuale ed urgente, sempre più contingente: “fermare la guerra e imporre la pace”, consapevole di andare “verso l’apocalisse” e che l’eliminazione delle armi nucleari fosse “unico presupposto per evitarla”, “sull’orlo del precipizio”… Nel marzo 1999, scriveva: “Si pensi alla situazione della Palestina”: “una situazione di grave e sistematica violazione dei diritti individuali più elementari, oltre che di diritti collettivi, negati dalla perdurante politica israeliana di insediamento di “coloni”, e da un regime di segregazione etnica assimilabile all’apartheid” ed anche “una recrudescenza nella repressione della popolazione locale”, “un problema di esodi di massa e di “pulizia etnica” del territorio che va avanti da oltre quarant’anni”, “una serie continua e insistita di risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”. Nel luglio 2020, scriveva la denuncia del rischio nucleare, rischio che oggi teniamo insieme rispetto al rischio (od alla quasi certezza, oltre l’utopia che possa invertire il senso della storia contemporanea) dello sterminio di un popolo attraverso “pulizia etnica”, utilizzo di mezzi – armi di distruzione di massa che difficilmente possono essere legittimate nell’uso pensando alla deterrenza (nucleare e non): “il processo di disarmo si è arenato e addirittura invertito, perché tutti i paesi nucleari hanno intrapreso programmi plurimiliardari di “modernizzazione” del sistema degli armamenti nucleari (avviati dal Nobel per la Pace Barack Obama!)”. Analizza il percorso promosso dalla campagna internazionale ICAN rispetto all’approvazione del TPAN, entrando nel merito di quanto, meglio e soprattutto con maggiore competenza e pertanto titolo a parlare rispetto a me, Giorgio Ferrari analizzerà, nelle evidenze di pericolosità di quelle “vere bombe a orologeria” rappresentate da reattori e testate nucleari e nella proposta politica specifica per la quale siamo qui. Se siamo qui, oggi, è perché riteniamo che il pensiero critico, quello insegnato dentro i luoghi dove si formano le persone, “le prossime generazioni”, ed anche nelle piazze dove si parla attraverso il megafono che amplifica riflessioni ed emozioni distopiche finalizzati a muovere le coscienze (anche attraverso quel rullo di tamburi e quel fare rumore, che, oggi, attraversa i luoghi dove si Urla per Gaza), sia ancora ancoraggio su cui anche questi Eirenefest basano le proposte di incontri – con-fronti, ancoraggio delle lotte alle basi che ne definiscono le ragioni; manifestare richiede alle persone partecipi di conoscere i perché, studiarli, confrontarli, dialogarli, se possibile anche metterli in crisi, mettersi in crisi: dobbiamo avere la Saggezza di tenere insieme e il Coraggio di mettere e mettersi in discussione. Oggi, ancora più di due anni fa, la convergenza è necessaria eppure è fondamentale mantenere i pensieri critici e orientati, non semplicemente messi accanto, ma finalizzati all’attuare proposte che non siano vuote di retorica ed orientati a plagiare le masse a-critiche e obbedienti. Scriveva Angelo Baracca nel suo testo, con il quale ho aperto queste mie brevi riflessioni (“Per la memoria, l’informazione e il futuro. Scritti per le prossime generazioni”), ricordando il proprio metodo di insegnamento, perché oggi siamo qui a fare memoria – informazione – futuro: “iniziavo i miei corsi dicendo: Le mie idee sono spesso diverse da quelle prevalenti (tanto più nel campo della scienza), io le enuncerò sempre nel modo più chiaro e senza reticenze, non intendo in alcun modo plagiarvi, ma sottoporvi a ragionare con la vostra testa: se, alla fine, arriverete a conclusioni opposte alle mie avrò comunque ottenuto il risultato, l’importante è che le idee siano vostre e non uno dei tanti stereotipi”. In un tempo come l’attuale, in cui non è facile trovare Vie, in uno spazio – tempo in cui spesso siamo stati sopraffatti da quell’impotenza derivante dal Che fare, perché la costruzione di percorsi di Pace (non di pacifismo) potesse essere sospinta verso anche solo una minima coscienza di cambiare uno scenario di Apocalisse (data dalle armi, nucleari e di distruzione di massa, particolarmente incidenti in questo), la richiesta di Giorgio Ferrari, al termine di Eirenefest (nazionale, a Roma) a giugno 2024, non poteva non essere accolta: la richiesta di mettere a disposizione conoscenza e scienza perché potesse esserci una spinta verso il governo italiano di un differente posizionamento. Oggi, nel tempo che ci separa da quel giugno 2024 (15 lunghi mesi) in una terra e per un popolo martoriato che sta subendo una pulizia etnica senza precedenti (o, se vogliamo rimettere memoria rispetto all’olocausto, anche se ogni paragone rischia – ed ha rischiato – di ridurre la portata dell’una piuttosto che dell’altra Storia, rischiando di creare una competizione tra drammi cui hanno concorso e stanno concorrendo responsabili diversi e simili perché le storie – purtroppo – si stanno in-consapevolmente ripetendo), siamo tutte e tutti coinvolti, corresponsabili, perché (sia pure giustificandoci attraverso l’impotenza – il non-potere) assistiamo e sentiamo di agire poco o di non agire. E se anche una piccola goccia possa alimentare un fiume di speranza, che sia realismo di utopie concrete, non è sovra- dimensionare la portata del messaggio di Giorgio assumerci la responsabilità di rispondere Sì a questa sua, specifica e motivata proposta, che è diventata collettiva, inizialmente con fatica eppure anche oggi con volontà che le informazioni messe a disposizione possano contribuire a spostare (o fermare) le lancette del Tempo (verso l’inverno nucleare o l’estate infuocata). Vi lascio con le parole di Samah Jabr, un messaggio di speranza, oggi forse di sola utopia: un sogno, frutto di un bisogno di ridare prospettiva al nostro continuo incessante persistente movimento dentro i movimenti di “Urla per Gaza”: “Abbracciando l’amore rivoluzionario dichiariamo che la lotta per porre fine all’occupazione della Palestina è una lotta ispirata dall’amore per l’umanità, non dall’odio – contrariamente a ciò che viene falsamente sostenuto dai nostri avversari. È una richiesta d’azione che incita le persone del mondo a unirsi non come osservatori passivi ma come partecipanti attivi nella lotta per la giustizia. (…) Sostenendo il popolo palestinese non solo contribuite alla nostra lotta, arricchite anche le vostre vite, entrando in connessione con un senso più profondo di scopo e umanità. L’amore rivoluzionario ci insegna che i nostri destini sono intrecciati, che la giustizia per uno è giustizia per tutti”. Emanuela Bavazzano   Eirenefest Napoli Eirenefest Napoli Eirenefest Napoli Cesare Dagliana
AUDIZIONE MCE
per decreto di legge n. 1634 (d-l n. 127/2025 – riforma esame di Stato e avvio a.s. 2025/2026) Il testo della nostra audizione L'articolo AUDIZIONE MCE proviene da Movimento di Cooperazione Educativa.
Condividono saperi verso una cartografia per la vita
Leader indigeni e specialisti provenienti da tre continenti si sono riuniti per condividere conoscenze e costruire un’agenda comune durante il Seminario internazionale sulle Pratiche di Mappatura Indigena tenutosi a Santa Cruz, in Bolivia. Dopo due giorni di dialoghi, le/i partecipanti hanno concordato sulla necessità di costruire reti di cooperazione per rafforzare l’unità dei popoli dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia. FOTO: CENDA “Se lavoriamo collettivamente, potremmo costruire una proposta di vita civilizzatrice, una cartografia per la vita”, ha sottolineato Paspantzhu Vitery, vicepresidente della Nazionalità Kichwa del Pastaza (Pakkiru). Le discussioni sulla cartografia hanno riguardato il suo utilizzo nella gestione e nella governance, nella pianificazione territoriale, nella lotta contro le attività estrattive o per segnalare e denunciare minacce. C’è stato anche spazio per condividere strumenti ed esperienze nella gestione delle tecnologie satellitari al fine di identificare attività illecite e contribuire alla prevenzione della loro diffusione. Da un punto di vista critico, l’incontro è servito a sottolineare come le mappe siano state storicamente utilizzate come strumenti di colonizzazione dei territori del sud del mondo. In contrapposizione a queste spinte egemoniche, le/i partecipanti hanno presentato strategie di appropriazione di questi strumenti da parte delle popolazioni indigene, elaborate a partire dai territori. “La mappa non è sempre stata nostra alleata, ma con il tempo siamo riusciti a utilizzare questi strumenti per esercitare i nostri diritti”, ha affermato Simón Crisóstomo Loncopán, presidente del Coordinamento di Comunità Mapuche Winkul Mapu di Curarrehue. “Le espressioni che condividiamo nascono dalla lotta per il riconoscimento di epistemologie che sono state rese invisibili dal nord del mondo”, ha aggiunto il leader mapuche. FOTO: CENDA Nell’ambito delle discussioni, il leader wampis Shapiom Noningo ha raccontato come il popolo Wampis abbia costruito la propria storia sulla base delle conoscenze, della saggezza e delle pratiche ancestrali. “I nostri nonni erano esperti nel costruire le proprie mappe […]. Erano cartografi empirici. Non scrivevano, ma ne conservavano la memoria, lo spazio del loro territorio, l’occupazione, i camminamenti, i confini di ogni villaggio”, ha sottolineato Noningo. FOTO: CENDA Il Seminario internazionale sulle pratiche di mappatura indigena è stato promosso dal Gruppo di Lavoro Internazionale sulle Questioni Indigene (IWGIA). L’evento è stato realizzato grazie a una collaborazione con l’Organizzazione di Sostegno Legale e Sociale (ORE), il Centro di Studi Giuridici e Ricerca Sociale (CEJIS), il Centro di Comunicazione e Sviluppo Andino (CENDA) e molte altre istituzioni della regione.   TRADUZIONE DI MATILDE MIRABELLA CON L’AUSILIO DI TRADUTTORE AUTOMATICO Redazione Italia
Un appello dai lavoratori del porto di Ancona
Ancona 20 settembre 2025 Appuntamento al porto di Ancona alle ore 17.30 alla Mole Vanvitelliana per bloccare il porto di Ancona il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale, di lavoro privato e pubblico impiego, indetto da USB. Lo sciopero generale del 22 settembre rappresenta un prioritario ed irrinunciabile spazio di azione per le pratiche di solidarietà attiva a fianco della popolazione palestinese. La gravissima e costante precipitazione degli eventi a cui stiamo assistendo impone un salto di qualità nelle mobilitazioni e la necessità di oltrepassare il piano meramente simbolico e testimoniale a vantaggio di iniziative in grado di incidere concretamente nella realtà materiale del traffico di armi verso Israele, della evidente complicità di istituzioni e organizzazioni economiche, degli interessi che i responsabili del genocidio nutrono anche nei nostri territori. L’appello con cui i camalli di Genova hanno lanciato il blocco dei flussi e delle attività portuali a tutela della Global Sumud Flotilla e l’indizione dello sciopero generale da parte di Usb per il 22 settembre vanno esattamente in questa direzione. Per questo riteniamo che l’appello lanciato dal Calp di Genova nell’ambito dello sciopero generale del 22 settembre vada accolto e praticato anche nel territorio marchigiano, il che significa chiaramente assumere senza tentennamenti che il 22 settembre anche il porto di Ancona dovrà essere annoverato tra quelli interessati dalle azioni di blocco. In Palestina si sta vivendo una situazione di straordinaria emergenza, in una costante e sempre più grave precipitazione degli eventi: l’esercito israeliano occupante ha intensificato i bombardamenti a Gaza City, costringendo la popolazione civile, ridotta alla fame, a cercare rifugio senza che sia possibile trovarlo, in un territorio che è quasi completamente dichiarato “zona di combattimento” da parte dei militari sionisti dell’Idf che sparano per uccidere, anche agli sfollati in fuga. E’ in atto un genocidio e sono le forze della resistenza, i combattenti partigiani di Gaza ad opporsi. E le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla sono il simbolo della solidarietà globale a questa resistenza. Lo sciopero generale del 22 settembre con l’appuntamento alle ore 17,30 al porto di Ancona sarà uno spazio di azione per le pratiche di solidarietà attiva a fianco della popolazione palestinese. La mobilitazione si sta allargando a una composizione sociale molto variegata: sono già arrivate conferme di partecipazione di lavoratori della logistica, dei trasporti, dei collettivi degli studenti per la Palestina, di tante cittadine e cittadini. Il concentramento al porto di Ancona sarà lunedì 22 settembre alle ore 17,30 Area ingresso Mole Vanvitelliana, lato Fiera della Pesca (area di fronte bar Baccà). LUNEDI’ 22 SETTEMBRE sarà sciopero generale e giornata nazionale di blocco in tutta Italia a sostegno della Global Sumud flottilla, contro il genocidio e dalla parte della resistenza palestinese. Centri Sociali Marche USB Redazione Italia
Eirenefest Napoli, “Il processo al libro”
19 Settembre 2025, Eirenefest Napoli – Presidio Permanente di Pace Il primo laboratorio di apertura: “Il processo al libro” La prima giornata dell’Eirenefest – edizione napoletana 2025, ospitata dal Presidio Permanente di Pace presso la Libreria IoCiSto, si è aperta con un’immagine potente: il sangue di San Gennaro. Le parole di saluto e presentazione hanno richiamato questo simbolo senza sapere che poche ore prima il vescovo di Napoli lo aveva legato al sangue innocente dei bambini di Gaza. Una coincidenza che ha reso la riflessione ancora più incisiva: la pace non è un miracolo da attendere, ma una responsabilità che ci tocca da vicino, nella carne viva delle vittime. Dopo questa apertura, la mattina si è accesa con il laboratorio “Il processo al libro”, condotto da Pietro Varriale, educatore e formatore di Global Districts, insieme a Serena Dolores Correrò, operatrice del progetto. L’iniziativa si inserisce nel percorso di WeWorld, organizzazione internazionale che da cinquant’anni lavora per i diritti di donne, bambini e persone ai margini; con Global Districts punta a superare le barriere che ostacolano la cittadinanza attiva delle nuove generazioni. Il laboratorio ha avuto la forza del teatro partecipato: i presenti, divisi in gruppi, hanno interpretato ruoli inediti — pubblica difesa, accusa, giuria, giudici — mettendo in scena un vero processo a tre libri. Due dei testi scelti, “Mediterraneo” di Armin Greder e “Io non sono razzista ma…” di Marco Aime, hanno fatto da specchio a due ferite brucianti del nostro tempo: la tragedia dei migranti nel Mediterraneo e la violenza del razzismo. Il momento più commovente è arrivato quando la difesa di due libri è stata affidata a una ragazza di appena 14 anni: voce incerta, pensieri forti. In quella fragilità si è fatta strada una forza che ricordava l’eco delle giovani vittime delle guerre evocate in apertura: voci che chiedono di essere ascoltate, nonostante tutto. Di fronte a lei, l’accusa era impersonata da adulti — rappresentanti di associazioni, volontari, operatori sociali — chiamati a indossare i panni di chi nega il dramma del Mediterraneo o legittima la discriminazione razziale. La dinamica ha prodotto un ribaltamento sorprendente: difendere il giusto è apparso difficile e faticoso, mentre accusare con argomenti razzisti e nazionalisti ha offerto una sorta di liberazione catartica, permettendo di esprimere odio e frustrazione senza pagarne le conseguenze. Qui è emersa la valenza psicoanalitica del laboratorio: il gioco di ruolo ha messo i partecipanti di fronte alle proprie ombre, mostrando come l’identificazione con l’aggressore possa attrarre e, al tempo stesso, destabilizzare; un passaggio che costringe a misurarsi con i lati oscuri della convivenza civile. L’esperienza ha confermato che l’educazione alla pace non può essere solo predicazione: deve passare attraverso il corpo, la voce, la possibilità di sentire dentro di sé anche la parte avversa. È in questo attraversamento che si sviluppano consapevolezza critica e capacità di scelta. La giornata si è chiusa con un clima di forte partecipazione: emozione, riso liberatorio, consapevolezze nuove. In questo spazio, anche piccolo e quotidiano come una libreria di quartiere, i libri si sono rivelati non solo oggetti da leggere, ma strumenti di confronto, specchi delle contraddizioni del presente e catalizzatori di immaginazione collettiva. È proprio questo il cuore dell’Eirenefest e del Presidio di Pace: fare della parola scritta e condivisa un terreno comune di resistenza e di costruzione. Seguendo lo slogan scelto per il festival dal Presidio, “ la pace è un cantiere aperto”, il primo mattone è stato posato. Stefania De Giovanni
Si è si ripetuta a Cagliari la manifestazione Can’t stay silent, la corsa dell’indignazione per dire Stop al genocidio
Ieri, 19 settembre 2025, si è si ripetuta a Cagliari la manifestazione Can’t stay silent, “La corsa dell’indignazione”. «Con poco preavviso – diceva il comunicato stampa del 17 settembre – perché non c’è più tempo: Israele accelera la devastazione per “finire il lavoro”». La convocazione a scendere in piazza questa volta è stata diramata dal Comitato “Can’t stay silent”, dal Comitato sardo di solidarietà con la Palestina e dall’Associazione Amicizia Sardegna Palestina. Una manifestazione davvero imponente che ha visto circa 10 mila persone, tra cui molti/e giovani, famiglie con bambini/e, partecipare al corteo per dire ancora una volta “Stop al genocidio!” del popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania. Perché di questo si tratta: quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza sotto gli occhi di tutte le nazioni e che la Commissione indipendente dell’Onu ha dichiarato essere  un genocidio in atto. Parola questa che gran parte degli intellettuali italiani non vuole usare, ma che descrive la realtà che sotto gli occhi di tutti: uccisioni di decine di migliaia di civili sotto i bombardamenti, procurata carestia sull’intera Striscia, morti per fame, a causa di mancanza di medicinali, sfollamento forzato di 450 mila persone da Gaza city. E non solo genocidio, ma ecocidio e archeocidio con la distruzione totale non solo delle abitazioni, di scuole, ospedali, moschee, ma anche delle vestigie del passato, della storia millenaria di Gaza. Le persone si sono radunate in Via Roma davanti al Palazzo del Consiglio Regionale, da cui è partito il corteo intorno alle 19:00 che ha percorso tutta la strada fino al congiungimento di Viale Trieste, da cui ha raggiunto il Corso Vittorio Emanuele fino a Piazza Yenne,  e salendo per Via Manno ha confluito in Piazza Costituzione.  Una manifestazione composta, ma partecipata con slogan ripetuti e anche cantati per la presenza nel corteo del gruppo musicale “La banda sbandati”: Free free Palestine!, Palestina libera!, Gaza libera!, Siamo tutti/e palestinesi! A ripetere gli slogan con tutta la voce in gola anche bambini e bambine. Non siamo ancora diventati ciechi per non vedere, né sordi per non ascoltare il dolore di famiglie martoriate, di bambini e bambine strappati alla vita, resi invalidi e orfani per sempre, né muti per non gridare “Stop al massacro!”. Piazza Costituzione, scalinate del Bastione di Saint Rémy – Foto di Pierpaolo Loi Arrivati in piazza Costituzione, sulle scalinate del Bastione di Saint Rémy, si sono succeduti gli interventi conclusivi. Ecco il testo del breve ma accorato intervento di Vania Erby, portavoce del Comitato Can’t stay silent: «Ringrazio anche oggi tutti voi per essere qui al fianco dei fratelli palestinesi. Abbiamo scelto le parole “non c’è più tempo” perché sotto i nostri occhi si sta consumando una tragedia che sta buttando l’intera umanità in un baratro senza fine. Non credo che il mondo potrà più essere lo stesso dopo queste atroci barbarie. Abbiamo capito che chi ci governa non ci vuole ascoltare, ma vuole continuare a perseguire logiche di guerra e di profitto.  Il mondo, quello che pulsa, quello che ancora ha un’anima, noi che siamo qui oggi non ci arrendiamo, non chiudiamo gli occhi e continueremo ad urlare che non possiamo accettare che un popolo venga sterminato. Noi non vogliamo rimanere impotenti. Cerchiamo di costruire pace intorno a noi, perché la pace come la guerra è contagiosa, ogni nostra azione conta anche nella quotidianità delle nostre vite. Giorno dopo giorno le piazze del mondo stanno prendendo coraggio e il messaggio che oggi dobbiamo mandare chiaro ai nostri governanti è che noi non ci faremo dividere e che continueremo a stare dalla parte di chi ingiustamente viene perseguitato. Rimaniamo uniti, rimaniamo umani ….continuiamo a credere che una Palestina libera potrà esistere. Palestina libera!». Il presidente dell’Associazione Amicizia Sardegna Palestina, dott. Fawzi Ismail, sempre in prima linea, ha ribadito ancora volta che il popolo palestinese non abbandonerà la sua terra. La grande folla che camminato per le strade di Cagliari testimonia – come succede in tante città italiane, europee e del Mondo intero – che i popoli non seguono i loro governi complici e chiedono di porre fine a questo immane crimine contro l’umanità, a questo ennesimo genocidio. E non a parole, come quando si propone il riconoscimento di uno Stato palestinese come un diritto concesso, mentre è il diritto primario di un popolo che vive nella propria terra. Infine, la richiesta alle alle istituzioni regionali di prendere posizione attraverso azioni concrete per porre fine al massacro, per es. chiudere il Porto di Cagliari al traffico di armi della fabbrica RWM di Domusnovas-Iglesias. Al microfono Fawzi Ismail – Foto di Pierpaolo Loi Non solo a Cagliari, ma anche in altre città della Sardegna, in queste ancora calde giornate di fine estate, tante persone si stanno mobilitando per testimoniare la loro solidarietà al popolo palestinese e la vicinanza alla Global Sumud Flotilla, finalmente in viaggio verso la Striscia di Gaza per rompere l’assedio e portare viveri e medicinale alla popolazione martoriata. Pierpaolo Loi
Melissa Parke: «Con la ratifica del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari la Grecia si metterà dalla parte giusta della storia»
I membri dell’ICAN (Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari) e dell’Alleanza antinucleare greca hanno invitato ad Atene Melissa Parke, direttrice esecutiva di ICAN. Durante il suo soggiorno in Grecia Melissa Parke, con il suo ricco curriculum come ministra australiana per lo Sviluppo interno ed esperta delle Nazioni Unite in Kosovo, Gaza, Yemen, Libano e New York, ha tenuto una serie di incontri con i membri del Parlamento greco, il segretario generale dell’Associazione dei Comuni e il sindaco di Atene. Lo scopo principale degli incontri era quello di rafforzare l’Alleanza Antinucleare, con l’obiettivo di ottenere il voto e la ratifica del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari da parte del Parlamento ellenico. In occasione dell’80° anniversario del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti, il 16 settembre si è tenuta una conferenza stampa dal titolo: “Guerra, minacce e conflitti: il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari come strumento di pace”. Melissa Parke ha avuto l’opportunità di riferire sugli sviluppi internazionali relativi alla ratifica del Trattato e al suo utilizzo come mezzo per esercitare pressione sui paesi che possiedono armi nucleari. Nel giugno 2025 ICAN ha pubblicato una scheda informativa dal titolo “Costi nascosti: la spesa per le armi nucleari nel 2024”. Uno dei fatti principali evidenziati è che lo scorso anno, mentre oltre 750 milioni di persone vivevano in condizioni di povertà, i nove Stati dotati di armi nucleari hanno speso per i loro arsenali nucleari 100 miliardi di dollari, quasi 3.169 dollari al secondo. Cinque di essi sono attualmente coinvolti in conflitti armati (Stati Uniti, Russia, Israele, India e Pakistan). Qual è stato il risultato di questa visita? Melissa Parke e i partner greci hanno compreso che i membri del Parlamento ellenico e il rappresentante del Presidente del Parlamento sono desiderosi di creare e partecipare a una commissione interparlamentare per ratificare il Trattato. Inoltre, il Segretario Generale della KEDE (unione dei Comuni greci) dedicherà una sessione parallela durante la loro riunione nazionale annuale nel 2026 a questo tema. Ad oggi, a seguito della mobilitazione dell’organizzazione World Without Wars and Violence, 93 comuni in Grecia hanno approvato una risoluzione all’interno dei loro consigli dichiarando la volontà che il Trattato sia ratificato dal Parlamento ellenico. Il Comune di Atene, che ha anch’esso approvato la risoluzione, è tra le dodici capitali del mondo che stanno aprendo la strada con azioni per la pace e per la proibizione delle armi nucleari. Qui sotto è possibile guardare il discorso di Melissa Parke nella conferenza stampa moderata dall’ufficio greco di Pressenza.   Pressenza Athens
La vergogna dell’Europa
Questa Europa che si prepara alla guerra contro la Russia, che urla frasi di violenza per abituarci al conflitto, questa Europa che non è certo la culla della democrazia si indigna per dei razzi rozzi o uno sconfinamento aereo sulla Lettonia ma non dice nulla e sopratutto non fa nulla contro il genocidio compiuto da Israele sul popolo palestinese. Perché la NATO non protegge il popolo palestinese?  E’ questo il vero volto della libertà propagandata dall’Europa e sopratutto dagli USA?  Come possiamo non soffrire per le donne e di bambini macellati in Palestina? Questa Europa non ha il diritto di esistere come Unione pacifica di popoli perché, a senso unico promuove e prepara una guerra sanguinosa, perché con gli USA ha sempre voluto e preparato il conflitto in Ucraina, ed ora, vergognosamente non fa nulla contro il governo Israeliano che uccide degli innocenti in Palestina.  Sono ormai oltre 10 anni che l’Europa ha attuato l’embargo contro la Russia e da 70 anni non fa nulla contro Israele? Perché pur esistendo due risoluzioni dell’ONU, che obbligherebbero Israele a ritirarsi dalla vallate del Golan, nessuno va a farle applicare?  Dove sono i famigerati  (ricordate pristina) caschi Blu che dovrebbero  difendere gli innocenti? Certo, siamo alla fine  del diritto internazionale, siamo alla fine dei trattati sui diritti dell’uomo. Il becero interesse alla guerra sta vincendo e solo noi possiamo fermarlo. Acquistare, investire in bombe ed armi vuol dire prepararsi alla guerra e forse viene fatto per nascondere e giustificare la crisi  economica devastante che sta per arrivare. Si! Da sempre la guerre sono state un businness e queste ancora di più. Che vergogna l’Europa. Redazione Italia
Perche Trump non fermerà mai Netanyahu
Se ancora qualcuno ingenuamente spera che Trump possa contribuire alla fine del genocidio a Gaza o all’occupazione illegale in Cisgiordania coltiva una fatua illusione. Un coacervo di ragioni economiche, politiche e familiari, avvalorate da esternazioni di Trump o figure a lui referenti, rendono ad oggi assolutamente impossibile l’avverarsi di tale auspicio di pacificazione. Ecco le  ragioni e dichiarazioni che dimostrano quanto Trump sia un ferreo sostenitore di Netanyahu: 1. 1. Trump ha dichiarato a fine 2024: «… se volete che Israele sopravviva dovete votare Donald Trump. Siete sotto attacco come mai prima. Io sono il presidente più pro-Israele, Kamala Harris è anti-Israele….» 2. L’ultima campagna elettorale di Trump è stata finanziata dalla miliardaria israeliana Miriam Adelson, la quinta donna più ricca degli USA, per 100 milioni $ mentre  nella campagna del 2016 i coniugi Adelson finanziarono Trump per 25 milioni $. 3. Uno dei primi atti firmati dal neoeletto presidente USA a fine gennaio 2025 è stato quello di revocare il blocco imposto alcuni mesi prima da Biden sulla fornitura a Israele delle super-bombe da 2.000 libbre (900 kg). 4. Il 5.02.2025 Netanyahu è stato il primo leader straniero a visitare la Casa Bianca dall’inizio del secondo mandato di Trump e lo ha così ringraziato:  “Sei il nostro più grande amico” . 5. Il padre del genero di Trump, Charles Kushner, ospitava a casa propria l’amico di famiglia Netanyahu in occasione dei suoi viaggi negli USA, ancor prima che divenisse primo ministro. 6. A gennaio 2025 il neo nominato ambasciatore degli USA in Israele, Mike Huckabee, ha dichiarato alla radio dell’esercito israeliano che “Trump appoggerà il governo israeliano nell‘annessione degli insediamenti in Cisgiordania.” 7. A gennaio 2025 la neo nominata ambasciatrice degli USA all’ONU, Elise Stefanik ha affermato che Tel Aviv ha un “diritto biblico sull’intera Cisgiordania e che  “gli Stati Uniti devono stare incondizionatamente con Israele all’Onu”. 8. A febbraio 2025 Trump ha dichiarato “Mi impegno ad acquistare e controllare Gaza” precisando che la vorrebbe trasformare nella “riviera del medio oriente” e che “I palestinesi non avranno diritto a ritornare perché avranno alloggi molto migliori.” Il Jerusalem Post il 3.05.2024 rivelava on line la visione di Netanyahu di Gaza al 2035, che poi si rivelerà condivisa con Trump, così immaginata: Gaza pullula di lussuosi grattacieli, ferrovie, corsi d’acqua, campi solari e stazioni di estrazione del gas dal giacimento marino “Gaza Marine” ubicato nella porzione di mare che gli accordi di Oslo hanno assegnato alla Palestina. E’ impossibile poi non citare l’osceno video creato da Trump con l’IA che lo raffigura a Gaza flirtare con una ballerina del ventre seminuda e quindi sorseggiare un cocktail con Benjamin distesi in costume su due sdraio con lo sfondo dei nuovi, lussuosi grattacieli di Gaza. Infine a fine agosto anche la ministra della scienza israeliana realizza un nuovo video con l’AI, dove si vedono Trump e Netanyahu passeggiare con le mogli sul lungomare di Gaza, privo di palestinesi, e con lo sfondo una scintillante Trump Tower. 9. A gennaio 2025 il genero di Trump Gerard Kuschner, ebreo di famiglia, viene ricevuto a  Tel Aviv da Netanyahu e diventa primo azionista  del colosso israeliano Phoenix Financial Ltd, attivo nei finanziamenti immobiliari nei territori occupati. 10. L’inviato speciale USA per il Medio Oriente, Witkoff, prima della seconda elezione di Trump si è recato in Cisgiordania per inaugurare una colonia illegale israeliana sui territori occupati. Profeticamente sulla facciata di una casa della nuova colonia illegale campeggiava la scritta “We’ll make Israel great again.” 11. Trump ha sanzionato a febbraio 2025 tutti i componenti della Corte Penale Internazionale dell’Aia in quanto avevano osato emettere il 21.11.2024 un mandato di cattura internazionale per l’amico Netaniahu per crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza. 12. A maggio 2025 per volere di Trump e Netanyahu è stata creata la Gaza Humanitarian Foundation imposta da Israele come unica distributrice degli aiuti nella striscia di Gaza. Dopo poche settimane, e centinaia di gazawi assassinati in fila per ricevere cibo, l’ONU e decine di ONG hanno accusato la GHF di essere un’arma di pressione politica e militare. 13. A marzo 2025 Marco Rubio ha annunciato l’espulsione dagli USA di 300 studenti nell’ambito del programma “Catch and Revoke” finalizzato ad espellere studenti stranieri che hanno semplicemente partecipato a manifestazioni a favore della Palestina. 14. Il genero di Trump Gerard Kuschner e l’ex premier inglese Tony Blair il 28.08.2025 hanno presentato in un incontro riservato con Trump alla Casa Bianca, presenti anche l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff e Marco Rubio, le loro idee sul dopoguerra a Gaza, ovvero i dettagli del piano “Aurora”, che prevede la ricostruzione della striscia in una lussuosa Gaza-riviera previa deportazione di tutti i gazawi. 15. Trump ha sanzionato, alla stregua dei peggiori terroristi, anche la nostra Francesca Albanese, rea di aver scritto il rapporto intitolato Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio, evidenziando il ruolo complice che 44 grandi “entità aziendali” mondiali hanno nel sostenere il progetto coloniale israeliano di sfollamento e occupazione. 16. A fine agosto Trump ha revocato ai membri dell’OLP e dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) i visti per partecipare all’assemblea dell’ONU di settembre, come ritorsione agli annunci del riconoscimento della Palestina in quell’occasione da parte di alcuni Stati europei. 17. Da ricordare infine che nel 2020 Trump ha promosso la stipula degli Accordi di Abramo per “aprire” i rapporti tra Israele e alcuni Paesi arabi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti. Redazione Italia
Il veto USA alla risoluzione ONU sul cessate il fuoco a Gaza scatena proteste a New York
> Il 18 settembre gli Stati Uniti hanno nuovamente posto il veto su una > risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un > cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza, suscitando condanne diffuse e > scatenando proteste fuori dalla sede delle Nazioni Unite a Manhattan. La risoluzione, co-sponsorizzata da tutti i 10 membri eletti del Consiglio, ha ricevuto 14 voti a favore, ma è stata bloccata dagli Stati Uniti. Essa chiedeva un “cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente”, il rilascio di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e la revoca delle restrizioni israeliane agli aiuti umanitari in entrata a Gaza. Un rappresentante degli Stati Uniti ha difeso il veto, sostenendo che la bozza era “inaccettabile” perché non condannava Hamas né riconosceva il “diritto all’autodifesa” di Israele. PROTESTE ALLE NAZIONI UNITE A poche ore dal voto, centinaia di persone si sono radunate davanti alla sede delle Nazioni Unite per denunciare la decisione di Washington. I manifestanti hanno portato cartelli con la scritta “Pace per Gaza” e “Non un bersaglio”, chiedendo la fine della guerra e l’accesso illimitato agli aiuti umanitari. La manifestazione ha attirato una folla eterogenea: il cofondatore dei Pink Floyd Roger Waters, la candidata presidenziale del Partito dei Verdi statunitense Jill Stein e membri della comunità ebraica chassidica di New York si sono uniti al personale delle Nazioni Unite, agli attivisti e ai newyorkesi comuni per chiedere la pace. Una manifestazione, organizzata dagli stessi dipendenti delle Nazioni Unite, ha messo in luce la crescente frustrazione all’interno dell’istituzione nei confronti della politica statunitense. Lo stesso giorno, alcuni documenti interni hanno rivelato che sia gli Stati Uniti che Israele avevano inviato lettere di protesta alla leadership delle Nazioni Unite accusando il personale di parzialità riguardo alle loro posizioni su Gaza, alimentando ulteriormente le tensioni. CRESCENTE DIVISIONE INTERNAZIONALE Questo è stato il sesto veto degli Stati Uniti su una risoluzione relativa a Gaza dall’inizio del conflitto nell’ottobre 2023. La mossa ha sottolineato il crescente isolamento internazionale di Washington e Tel Aviv: solo pochi giorni prima, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva approvato a larga maggioranza una risoluzione a sostegno della soluzione dei due Stati, una misura osteggiata solo dagli Stati Uniti e da Israele. Con l’indignazione globale in aumento, New York è diventata il punto focale del dissenso, con i manifestanti che hanno promesso di mantenere la pressione sul governo degli Stati Uniti fino al raggiungimento di un cessate il fuoco. Foto di Anthony Donovan Pressenza New York
Intervento di Giorgio Canarutto al convegno Peace TO Gaza a Torino
Intervento di Giorgio Canarutto al convegno Peace TO Gaza del 18 settembre 2025 presso la Sala delle Colonne del palazzo del Comune di Torino. In corsivo quanto detto a braccio. -------------------------------------------------------------------------------- Sono Giorgio Canarutto, appartengo alle organizzazioni ebraiche Laboratorio Ebraico Antirazzista, Mai Indifferenti, Gruppo Studi Ebraici; parlo a titolo personale. Ricordo che circa 20 anni fa in questa sala o in una qui vicino si celebrava il gemellaggio tra la città di Torino e le città di Haifa e di Gaza. Credo che questo possa voler dire una maggiore responsabilità della città di Torino riguardo a Gaza. Israele si presenta come rappresentante dell’ebraismo ma io considero l’ebraismo una cosa diversa. Avevo imparato che Hillel avesse detto che per riassumere l’ebraismo mentre si sta su una gamba sola fosse “Non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te. In Cisgiordania villaggi beduini sono distrutti e i loro abitanti cacciati; l’anno scorso insieme all’organizzazione Center for Jewish Non Violence ho vissuto per una decina di giorni nel villaggio beduino di Umm Al-Khair. Awdah Hathaleen, il capo villaggio, è stato ucciso da un colono quest’anno a fine luglio. L’assassino, filmato mentre sparava, è stato in carcere un solo giorno e in detenzione domiciliare per pochi altri; questa settimana questa medesima persona, Yinon Levy, al comando di altri, ha interrotto l’approvigionamento di acqua ed elettricità del villaggio e ha posato nuove case container per i coloni in modo da circondare Umm Al-Khair. Senza acqua, senza spazio, Umm-Al-Khair non può sopravvivere. A Tulkarem pochi giorni fa sono stati arrestati senza motivo centinaia di abitanti. In questi giorni Israele ha cominciato a distruggere Gaza City. Centinaia di migliaia di persone spesso non hanno i mezzi per scappare né una destinazione da raggiungere; il ministro della difesa di Israele Israel Katz esulta dicendo “Gaza brucia”. Il livello di sofferenza e distruzione è insostenibile allo sguardo, figuriamoci per le persone che vi vivono. I massimi organismi sanitari a livello mondiale hanno detto che c’è fame a Gaza. Dopo che una quantità di studiosi di fama internazionale l’aveva affermato, anche una commissione dell’ONU ha detto in questi giorni che a Gaza è genocidio. Con quali parole descrivere quello che Israele fa a Gaza se non pulizia etnica e genocidio? La volontà di cacciare i palestinesi da Gaza è stata dichiarata fin dall’inizio. Leggo che il ministro Smotrich ha detto che Gaza sarebbe un ottimo investimento immobiliare. Israele dichiara il diritto di distruggere perché si sentirebbe vittima. (I progetti immobiliari farebbero pensare ad altro). “Siamo vittime dell’olocausto, vittime del 7 ottobre”. Il 7 ottobre è una cosa enorme, l’olocausto è una cosa enorme. Ma l’oppressione dei palestinesi viene prima del 7 ottobre e i palestinesi non sono responsabili dell’olocausto. C’è un tentativo di far passare i palestinesi come responsabili dell’olocausto al posto dei tedeschi e magari degli italiani. La Germania oggi è tra i più acritici e inflessibili sostenitori di Israele, proprio perché non venga troppo rinvangato il suo passato nazista. In Germania vengono arrestati quelli che sventolano la bandiera palestinese, in Germania è stata annullata la premiazione del film No Other Land perché avrebbero dovuto premiare il regista palestinese Basel Adra oltre a quello Israeliano Yuval Abraham. La destra, e Israele in questo ambito, con il suo linguaggio violento riesce spesso a zittire le voci democratiche. C’è un fascismo globale che avanza, pensiamo a Putin, a Trump e a Netanyahu, e dobbiamo prepararci alla resistenza. Se i nostri governi sono inerti, deve rispondere la società civile. Oggi c’è la Flottilla, le auguro buon vento, ha una funzione politica, come ha detto Enzo che mi ha preceduto ha l’obbiettivo di far intervenire i nostri governi; a fine luglio le parrocchie hanno suonato le campane per Gaza, so che anche la chiesa valdese è attiva sull’argomento. Il cardinale Pizzaballa e il suo omologo greco-ortodosso Teofilo III hanno annunciato che Israele aveva sollecitato ad andarsene da Gaza, invece ci resterà, il cardinale Zuppi, a Monte Sole, ha letto i nomi di 18000 bambini uccisi a Gaza. Le organizzazioni ebraiche Mai Indifferenti e LeA cui appartengo tengono manifestazioni a Milano tutte le settimane con cartelli su cui è scritto ad esempio “Voci ebraiche dicono stop al genocidio”. In una conferenza Zoom organizzata dal Gruppo Studi Ebraici il rabbino Joseph Levi, purtroppo senza più incarichi ufficiali, dicendo che Israele a Gaza non sta rispettando gli insegnamenti dell’ebraismo, ha ricordato Deuteronomio 20:10: “Quando ti avvicinerai ad una città per combattere contro di essa dovrai offrirle la pace”. Devono parlare le voci palestinesi e con piacere vedo che domani parlerà qui Omar Bargouthi, credo anch’io a questo punto che si debba passare alle sanzioni, sabato pomeriggio ci sarà una manifestazione regionale per Gaza qui a Torino indetta da organizzazioni per il BDS. Tutti i sabati[1] grandi folle in Israele scendono in piazza contro il governo, per la liberazione degli ostaggi e, anche se in misura minore, per la fine del massacro a Gaza. Israele, con Netanyahu ed il suo governo, mostra di volere essere il solo padrone tra mare e Giordano. In manifestazioni pro Palestina non è sempre chiaro che si dia valore ad una presenza ebraica in quel territorio.  Tra sionismo e antisionismo vorrei che si andasse al di là di queste parole, vorrei che si dicesse chi è che ha diritto di viverci e con quali diritti. Al centro degli obiettivi secondo me si dovrebbe dire che non importa se con due stati, una confederazione di stati od uno stato solo, i due popoli devono vivere sotto il chiaro principio di libertà e uguaglianza. Partiti arabi e arabo ebraici come Balad e Hadash sembrano essere più aperti ad un futuro condiviso che gran parte dei partiti ebraici. Condivido i principi di una coalizione chiamata CAPI che mi hanno segnalato. È composta da più di 60 organizzazioni, movimenti, attivisti ebrei e palestinesi che si ritrovano sotto questi principi: finire la guerra[2], un accordo di scambio di tutti i prigionieri da entrambe le parti, una soluzione politica sostenibile, la fine della persecuzione politica e razzista e piena uguaglianza civile e nazionale per tutti. Concludo citando il direttore d’orchestra israeliano Ilan Volkov che ha interrotto il suo concerto alla BBC e ha detto: “Israeliani, ebrei e palestinesi, non siamo capaci di fermare questo da soli. Vi chiedo, vi imploro tutti di fare qualsiasi cosa sia in vostro potere per fermare questa follia.” [1] Un’amica israeliana mi ha avvisato che dopo che Netanyahu ha ripreso gli attacchi su Gaza le manifestazioni ci sono tutti i giorni [2] Lo stesso direttore il 19 settembre è stato arrestato mentre partecipava ad una marcia al confine della Striscia, Etan Nechin su X: “Israeli conductor Ilan Volkov, who last week called for an end to the war during a London concert, was arrested at a demonstration on the Gaza border against the war. “Stop the genocide. It’s ruining everything. Stop it now.” https://t.co/7gzi8eCrF9” / X   Redazione Torino