[2025-12-06] Roma Chiama - Disarmiamoci e Disertiamo Guerre e Violenza @ Parco Sangalli
ROMA CHIAMA - DISARMIAMOCI E DISERTIAMO GUERRE E VIOLENZA Parco Sangalli - Parco sangalli (sabato, 6 dicembre 17:00) Come realtà antifascist3 di Roma Est sentiamo la necessità di prendere posizione su un’iniziativa che sta prendendo forma in queste ore. È arrivata notizia che sabato 6 dicembre alle 18, al Parco Sangalli di Torpignattara, Forza Nuova ha convocato una manifestazione con il solito pretesto della “difesa di Roma”: una narrazione tossica, costruita per alimentare paura, razzismo e divisioni, come già visto in altre loro iniziative, comprese quelle legate alla retorica della cosiddetta “remigrazione”. Come realtà antifasciste del territorio riteniamo doveroso non lasciare spazio incontestato a messaggi che dividono e colpiscono chi è più fragile. Il ruolo dei gruppi fascisti, dentro una città segnata da disuguaglianze profonde, è purtroppo sempre lo stesso: farsi braccio armato contro i poveri, spingere verso un clima di guerra sociale verso il basso. Torpignattara è un quartiere ricco di memoria storica, ma oggi soprattutto un luogo multiculturale, attraversato da famiglie, migranti, studenti, associazioni, spazi sociali, scuole, forme di mutualismo e di cultura quotidiana. Ed è proprio questa ricchezza che vogliamo difendere. Un anno fa, sempre in questo parco, si registrò un episodio di violenza ai danni di alcuni immigrati. Anche allora il territorio seppe reagire con dignità e solidarietà, affermando chiaramente che xenofobia e atteggiamenti squadristi non troveranno mai terreno fertile qui. Per questo convochiamo un presidio sabato 6 dicembre alle ore 17 al Parco Sangalli, per affermare un’altra idea di città: aperta, solidale, capace di unirsi contro la barbarie di quattro provocatori che cercano solo visibilità e conflitto. Il nostro presidio vuole chiamare a raccolta l’umanità del quartiere, non solo i gruppi militanti: famiglie, migranti, studenti, insegnanti, associazioni, gruppi culturali, chiunque viva e arricchisca ogni giorno questa zona. Perchè Torpignattara è e rimane antifascista. Ci vediamo sabato alle 17. Partecipate, diffondete, portate la vostra presenza e la vostra voce. Insieme, per un territorio che respinge odio e divisione e afferma convivenza, diritti e dignità per tutte e tutti.
Giovani generazioni, periferie, salute e cura collettiva
Nelle ultime settimane sono tanti i fatti di cronaca che raccontano di episodi di violenza tra pari che riguardano i più giovani. Spesso l’argomento viene affrontato male, in chiave stigmatizzante e razzista. Resta il fatto che questi episodi sono il riflesso di problemi e contraddizioni reali, che non si possono semplicemente ignorare. Per questo, abbiamo deciso di provare a sviluppare un approfondimento sul tema, a partire da un insieme plurale di sguardi. In queste prime interviste, andate in onda nelle ultime due settimane, ci siamo confrontate con il giornalista Gabriel Seroussi e la psicologa Sarah Abd El Monem. Con Seroussi, autore del libro La Periferia vi guarda con odio (Agenzia X, 2025), abbiamo parlato della distorsione mediatica che viene alimentata in Italia verso i giovani delle periferie. Distanziandoci da un discorso di criminalizzazione, gli abbiamo chiesto di raccontarci, a partire dalla sua esperienza e dal suo lavoro, il contesto di cui tenere conto quando parliamo di episodi di violenza in situazioni di marginalizzazione. Ci racconta anche dell’importanza della creazione di spazi di confronto collettivi, che permettono di far fronte alle difficoltà circostanti a partire della propria identità e diritti. Abd El Monem, psicologa clinica con prospettiva transculturale a Milano, ha condiviso informazioni di stampo più prettamente psicologico, dati di cui raramente sentiamo parlare. Sulla base della sua esperienza con le giovani generazioni, in particolare giovani con background migratorio, dipinge un quadro in cui non sempre i servizi di sostegno sono accessibili e adeguati. Questo in situazioni in cui i giovani sono spesso costretti a crescere troppo in fretta e fanno fatica a sentirsi riconosciuti nelle loro identità plurali, elementi che possono generare, tra le tante cose, un senso di allerta costante. Post in aggiornamento con, prossimamente, l’aggiunta di ulteriori interviste e prospettive.
Non distogliamo l’attenzione
Avevamo dato notizia lunedì scorso, nella rubrica Prossimo Futuro, di un presidio indetto dall’assemblea “Palermo solidale con la Palestina – Blocchiamo tutto” per domenica mattina all’ingresso del porto, per contestare l’attracco di una nave da crociera israeliana. La nave non farà più tappa in Sicilia. Possiamo considerarlo un risultato? Un segnale di una nuova attenzione alle proteste in difesa dei diritti umani e contro le guerre? Non sappiamo… Ecco intanto il comunicato degli organizzatori Stop alle collaborazioni con Israele! Fuori i sionisti dalla nostra terra! La nave Crown Iris, crociera israeliana della compagnia Mano Cruise, domani non attraccherà a Palermo. L’itinerario iniziale, che prevedeva le città siciliane di Catania e Palermo, è stato modificato (forse per timore di contestazioni?): l’unica tappa italiana effettuata finora è stata a Brindisi, dove i sionisti scesi dalla nave hanno trovato un presidio di protesta ad accoglierli. A seguito del diffondersi della notizia, i comitati territoriali avevano prontamente annunciato manifestazioni contro il genocidio e a fianco della popolazione palestinese. Adesso possiamo affermarlo con certezza: la Sicilia ha per il momento respinto la nave, ma non cantiamo vittoria! Le complicità militari, istituzionali e commerciali con Israele sono ancora numerose. Per questo è necessario tenere alta l’attenzione e fare quello che i governi occidentali complici non vogliono fare: blocchiamo gli accordi con la macchina del genocidio e con l’economia di guerra! Invitiamo tutte le persone solidali con la Palestina a tenere alta l’attenzione e a monitorare la Crown Iris: Palermo è pronta a scendere in piazza! Oggi pomeriggio alle 17, resta invece confermato il presidio silenzioso di Palermo per la Palestina in via Ruggero Settimo: È questa la pace in Palestina? Dal “cessate il fuoco” dell’11 ottobre a GAZA sono state uccise da Israele almeno 360 persone e oltre 900 ferite. Ancora bombe e uccisioni indiscriminate (bambini in cerca di pane) o mirate (gli ultimi giornalisti). Le testimonianze di medici e operatori umanitari ancora presenti sono racconti dell’orrore: famiglie accampate nel fango in tende inzuppate di pioggia. Cibo, acqua potabile, medicine ancora bloccati oltre frontiera o disponibili solo da acquistare (per chi non ha più nulla!). Ancora FAME, FREDDO, UCCISIONI, MALATTIE non curate. In CISGIORDANIA le aggressioni dei coloni sono sempre più feroci: case demolite, oliveti devastati, arresti indiscriminati, insediamenti in espansione sui terreni palestinesi e per chi si ribella DECINE di MORTI anche qui. Come è possibile che il mondo taccia e faccia finta che la “guerra” sia finita? Che Israele sia ancora considerato un normale “paese democratico” con cui ancora fare affari e riempire di armi (l’Italia tra i 4 maggiori fornitori). Non ci stancheremo di richiamare i diritti del popolo palestinese, oppresso da 80 anni di occupazione sionista e mai rassegnato. Così come di opporci alle folli spese militari in Europa che alimentano e preparano altre guerre. NO al RIARMO! FINE dell’OCCUPAZIONE! FINE del GENOCIDIO! LIBERTÀ e AUTODETERMINAZIONE per il POPOLO PALESTINESE! Presidio Palermo per la Palestina Redazione Palermo
“CURAMI-PRIMA DI TUTTO LA SALUTE”: REGIONE LOMBARDIA SENZA FRENI SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
La trasmissione di sabato 6 dicembre ospita la dottoressa Michela Palestra Consigliera regionale di Patto civico Lombardia e Marco Caldiroli Presidente Medicina Democratica. Puntata dal titolo “la Regione Lombardia senza freni sull’autonomia differenziata:scritta la preintesa col governo”. “Curami. Prima di tutto la salute” è una trasmissione di Radio Onda d’Urto in onda il sabato mattina su Radio Onda d’Urto, dalle 12.00 alle 12.30, di Donatella Albini, medica del centro studi e informazione sulla medicina di genere, già delegata alla sanità del Comune di Brescia, e di Antonino Cimino, medico e referente di Medicina Democratica – Movimento di lotta per la salute – di Brescia. La trasmissione viene replicata il mercoledì alle ore 12.30. La puntata di sabato 6 dicembre Ascolta o scarica
Il capo di Hezbollah: il Libano affronta una “pericolosa ed espansionista aggressione israeliana”
Beirut – PressTv. Il Segretario Generale di Hezbollah, shaykh Naim Qassem, ha sottolineato che il Libano sta affrontando una “pericolosa ed espansionistica aggressione israeliana” che dovrebbe essere contrastata “con tutti i mezzi”. Il capo di Hezbollah ha rilasciato tali dichiarazioni in un discorso televisivo durante una cerimonia in onore degli studiosi martirizzati, venerdì. Qassem ha sottolineato che le azioni di Israele sono “espansionistiche”, sottolineando che il regime occupante non ha rispettato l’accordo di cessate il fuoco raggiunto lo scorso anno, a differenza del Libano e dei suoi movimenti di resistenza. L’aggressione non mira a disarmare la resistenza, ma a occupare il Libano e iniziare ad attuare la cosiddetta visione del “Grande Israele”, ha osservato. La cosiddetta visione del “Grande Israele”, che include i territori palestinesi occupati da Israele e parti di Egitto, Giordania, Siria e Libano, è stata descritta dal primo ministro Benjamin Netanyahu ad agosto come “una missione storica e spirituale”. Ha dichiarato ai media israeliani di sentirsi profondamente legato a “questa visione”. > “Hezbollah was able to be an inseparable part of the Lebanese Resistance” > > Sheikh Naeem Qassem states that Hezbollah serves as the unifying and inclusive > nationalist force of Lebanon that collaborates with all sects. > > Follow Press TV on Telegram: https://t.co/LWoNSpkJSh > pic.twitter.com/p7jWGqsJTs > > — Press TV 🔻 (@PressTV) December 5, 2025 Ricordando che il governo di Beirut ha optato per una soluzione diplomatica per porre fine all’aggressione israeliana, Qassem ha affermato che Hezbollah ha sostenuto gli sforzi compiuti dalle autorità libanesi in tal senso. Tuttavia, ha sottolineato che gli Stati Uniti e Israele non dovrebbero interferire negli affari interni del Paese o nella sua strategia di difesa. Il capo di Hezbollah ha affermato che le armi di resistenza e la capacità difensiva del Paese di affrontare qualsiasi aggressione sono una questione non negoziabile. “Difenderemo noi stessi, il nostro popolo e il nostro Paese e siamo pronti a sacrificarci al massimo e non ci arrenderemo”, ha affermato. Qassem ha sottolineato che il disarmo della resistenza e qualsiasi concessione fatta dal governo libanese non soddisferanno le ambizioni espansionistiche di Israele, aggiungendo che Israele deve rispettare i termini dell’accordo di cessate il fuoco. Le sue dichiarazioni sono arrivate mentre il primo ministro libanese Nawaf Salam, ad agosto, aveva incaricato l’esercito del paese di elaborare un piano per limitare il possesso di armi allo Stato entro la fine dell’anno, una decisione che mira a disarmare il movimento di resistenza Hezbollah che per decenni ha difeso il paese dalle aggressioni esterne, in particolare dal nemico israeliano. I dirigenti del governo libanese hanno anche discusso ulteriormente una proposta statunitense volta a disarmare Hezbollah e ne hanno approvato gli “obiettivi”. “Vogliono disarmare [la resistenza], prosciugare le risorse finanziarie, impedire i servizi, chiudere scuole e ospedali, impedire la ricostruzione, bloccare le donazioni e demolire le case; in altre parole, vogliono abolire la nostra esistenza”, ha detto Qassem, sottolineando l’importanza dell’unità tra il popolo libanese per sventare i complotti del nemico. Ha osservato che il ritiro di Israele da Beirut è avvenuto grazie ai colpi inferti al regime occupante dalla resistenza. Il leader di Hezbollah ha esortato il governo libanese ad assumersi le proprie responsabilità, in particolare nel proteggere la sovranità del Paese, nel ricostruirlo e nel rafforzarne l’economia, aggiungendo che Stati arroganti cercano di eliminare Hezbollah a causa del suo progetto nazionale, che invoca liberazione, indipendenza e dignità. Israele e Hezbollah hanno concordato un cessate il fuoco entrato in vigore il 27 novembre 2024. In base all’accordo, Tel Aviv era tenuta a ritirarsi completamente dal territorio libanese, ma ha mantenuto le sue forze di stanza in cinque siti, in palese violazione della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dei termini dell’accordo del novembre 2024. Dall’attuazione del cessate il fuoco, Israele ha violato l’accordo migliaia di volte attraverso ripetuti attacchi al territorio libanese. Le autorità libanesi hanno avvertito che le violazioni del cessate il fuoco da parte del regime minacciano la stabilità nazionale.
Fosse comuni di massa a Gaza: Hamas sollecita un’azione globale
Gaza. Hamas ha esortato i tribunali internazionali e gli organismi competenti a perseguire i responsabili dopo che un’indagine ha rivelato che le forze israeliane hanno spianato con bulldozer i corpi di palestinesi in cerca di aiuti e li hanno sepolti in fosse poco profonde a Gaza. Il gruppo con base a Gaza, in una dichiarazione di mercoledì, ha invitato in particolare la Corte penale internazionale (CPI) e la Corte internazionale di giustizia (CIG) a seguire il caso di tale crimine efferato, includerlo nei rapporti che documentano i crimini del regime di Tel Aviv e portare i leader israeliani davanti alla giustizia per i loro delitti contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. Hamas ha osservato che l’indagine della CNN, intitolata “Bulldozed corpses and unmarked graves” (“Corpi spianati e fosse comuni senza nome”), fornisce nuove prove documentate di uno degli aspetti del genocidio sistematico di Israele contro i palestinesi e offre ulteriori conferme del suo “tentativo deliberato di trasformare gli aiuti in trappole di morte di massa”. Il movimento di resistenza ha affermato che il crimine “orrendo” è parte dei crimini di guerra e degli attacchi sistematici che Israele sta perpetrando sotto gli occhi della comunità internazionale, con totale disprezzo per il diritto internazionale e i più basilari principi dei diritti umani. Hamas ha sottolineato che queste atrocità avvengono con la complicità dell’amministrazione statunitense e di alcuni governi occidentali, insieme ai tentativi di ostacolare il perseguimento internazionale dei criminali di guerra israeliani, in particolare il primo ministro Benjamin Netanyahu. Più di 2.000 palestinesi risultano uccisi nel 2025 mentre aspettavano di ricevere aiuti dalla cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation, gestita congiuntamente dagli Stati Uniti e da Israele. Il rapporto della CNN, basato su analisi video, immagini satellitari e testimonianze di ex soldati, evidenzia che Israele ha commesso violazioni sistematiche del diritto umanitario internazionale a Gaza. L’indagine rivela la sorte dei palestinesi scomparsi mentre cercavano di raggiungere i convogli umanitari nel nord di Gaza. I sopravvissuti e le famiglie dei dispersi hanno raccontato momenti caotici segnati da spari indiscriminati delle forze israeliane, mentre i civili disperati si affrettavano a procurarsi del cibo. A giugno, Ammar Wadi, un giovane palestinese, aveva lasciato la sua casa in cerca di farina e non è più tornato. Settimane dopo, sul suo telefono è stato trovato un ultimo messaggio alla madre, che diceva: “Perdonami se succede qualcosa”. La sua sorte resta ignota e il suo corpo non è stato ancora recuperato. Filmati video, geolocalizzati nell’area di Zikim, mostrano diversi corpi in decomposizione, alcuni parzialmente sepolti, vicino a un camion di aiuti ribaltato. Si sono osservati cani che rovistavano tra i resti, mentre le immagini satellitari mostrano attività di bulldozer nell’area sia durante che dopo gli incidenti. Le squadre della difesa civile hanno riferito che numerosi corpi non hanno potuto essere recuperati a causa dei continui attacchi israeliani. Un ex soldato israeliano ha raccontato alla CNN che la sua unità aveva sepolto nove palestinesi disarmati senza contrassegnare le tombe né documentarne l’identità con fotografie. Ha descritto come l’odore della decomposizione diventasse insopportabile mentre i cani rovistavano tra i resti. Euro-Med Human Rights Monitor ha documentato tali pratiche attraverso un programma sistematico che utilizza indagini sul campo nel nord e nel sud della Striscia di Gaza. I rapporti sul campo dell’organizzazione indicano che le forze israeliane hanno spesso seppellito corpi palestinesi in spazi pubblici, aree aperte e luoghi vicini a strutture critiche come centri di distribuzione degli aiuti, ospedali e scuole. Queste operazioni venivano spesso condotte dopo che le aree erano state militarmente isolate, con accesso negato a squadre mediche, famiglie e residenti locali. Il gruppo con sede a Ginevra ha sottolineato che questa pratica elimina potenziali prove di uccisioni illegali, ostacola indagini approfondite e nega alle famiglie il diritto di conoscere il destino e il luogo di sepoltura dei loro cari, violando ulteriormente la dignità umana e il diritto internazionale. (Fonti: PressTV, PIC, Quds News, Euro-Med Monitor).
Gruppi legali: Microsoft potrebbe affrontare responsabilità penali per il suo ruolo nel genocidio israeliano a Gaza
PressTv. Una coalizione di gruppi legali e di advocacy internazionali ha avvertito Microsoft che la fornitura di servizi a Israele durante la guerra genocida a Gaza potrebbe esporre il gigante tecnologico statunitense a responsabilità penale davanti ai tribunali statunitensi ed europei, oltre che ad organismi internazionali. In una lettera inviata all’azienda martedì, l’Abolitionist Law Center, Avaaz Foundation, l’European Legal Support Center, il Centre for Research on Multinational Corporations (SOMO), il Center for Constitutional Rights, l’Ekō e Global Legal Action Network (GLAN) hanno criticato Microsoft per aver aiutato, favorito e contribuito all’esecuzione, da parte di Israele, di crimini atroci e violazioni dei diritti umani contro i palestinesi di Gaza. Hanno affermato che la fornitura di servizi da parte di Microsoft, inclusi cloud, intelligenza artificiale ed elaborazione dati, al regime di Tel Aviv espone l’azienda a un’ampia gamma di responsabilità civili e penali. “Esiste una base ragionevole e credibile per ritenere che Microsoft, attraverso la fornitura di tecnologia e servizi all’esercito israeliano, abbia svolto un ruolo diretto nell’esecuzione, da parte di Israele, di gravi crimini contro la popolazione palestinese di Gaza, inclusi, ma non solo, genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, si legge nella lettera. “Inoltre, vi sono ulteriori basi per concludere che la tecnologia di Microsoft supporta la realizzazione, da parte di Israele, di attività illegali di sorveglianza estesa e oppressiva contro la popolazione palestinese”. Le organizzazioni hanno anche affermato che fonti israeliane stesse hanno confermato che l’esercito del regime fa affidamento sui prodotti Microsoft per analizzare e sviluppare “obiettivi da uccidere” a Gaza, oltre che per spiare i palestinesi. Hanno esortato i massimi dirigenti di Microsoft a interrompere la fornitura di servizi utilizzati illegalmente da Israele e ad adottare le misure necessarie per sostenere la responsabilità verso i danneggiati, incluso il risarcimento. Israele ha ucciso almeno 70.117 palestinesi, per lo più donne e bambini, dal 7 ottobre 2023, quando ha lanciato la sua guerra genocida contro Gaza. E’ stato costretto ad accettare un cessate il fuoco a Gaza, entrato in vigore l’11 ottobre 2025, ma da allora ha violato la tregua con attacchi quasi quotidiani contro il territorio palestinese assediato. Inoltre, nella loro lettera, i gruppi hanno affermato che, dopo l’inizio del genocidio israeliano, Microsoft è diventato un importante fornitore di servizi cloud per l’esercito d’occupazione. Nell’aprile 2024, hanno osservato, l’utilizzo da parte dell’esercito israeliano dello storage cloud Microsoft era aumentato di oltre il 155% rispetto al periodo precedente all’assalto brutale su Gaza. Nel frattempo, i gruppi legali hanno fatto riferimento a recenti indagini che hanno rilevato che l’unità di cyber-spionaggio israeliana 8200 conservava grandi volumi di intercettazioni di telefonate palestinesi sui server cloud Azure di Microsoft. La sorveglianza di massa ha permesso al regime usurpatore di raccogliere e mantenere registrazioni delle telefonate quotidiane dei palestinesi nella Striscia di Gaza assediata e nella Cisgiordania occupata, hanno sottolineato. A luglio 2025, circa 11.500 terabyte – equivalenti a 200 milioni di ore di audio – di dati militari israeliani erano conservati principalmente nei data center Microsoft nei Paesi Bassi, con una quantità minore conservata anche in Irlanda. “La dimensione europea è qui tragicamente critica: un’infrastruttura significativa che alimenta il targeting militare di Israele è ospitata ed elaborata in Europa, anche da Microsoft”, ha dichiarato Gearóid Ó Cuinn, direttore fondatore di GLAN. “La legge europea è esplicita: se i tuoi sistemi consentono materialmente crimini atroci o sorveglianza illegale su scala di popolazione, erediti una seria esposizione legale”. In un altro sviluppo, mercoledì Bloomberg ha riferito che l’attivista dell’Irish Council for Civil Liberties ha presentato un reclamo contro Microsoft, sostenendo che il gigante tecnologico sta violando la legge sulla protezione dei dati dell’Unione Europea aiutando Israele a rimuovere prove della sorveglianza del regime sui palestinesi dai data center situati nel continente. “I server di Microsoft fanno parte di una catena che contribuisce alle violazioni in corso del diritto penale internazionale, umanitario e dei diritti umani contro milioni di palestinesi”, si legge nel reclamo. Traduzione per InfoPal di F.F.
Il tesoro di Luisa Muraro
Riprendiamo dal sito della Libreria delle donne di Milano La pubblicazione nell’ultimo dei Quaderni di Via Dogana della conversazione integrale inedita di Luisa Muraro con Clara Jourdan svoltasi nel 2003 (Esserci davvero, Libreria delle donne, Milano 2025) ha anzitutto il pregio di farci scoprire gli aspetti meno scontati e più sorprendenti della personalità della ben nota filosofa della differenza sessuale. Sollecitata con garbata finezza da Clara Jourdan che non si limita a formulare domande ed esporre le proprie osservazioni, ma contestualizza, mette a punto, sottolinea rimandi a vita e opere, Luisa Muraro coglie e accoglie suggestioni, schizza una sorta di autoritratto enunciando i propri pensieri con audacia e nondimeno con sobrietà, si sofferma con franchezza sui tratti spinosi del proprio percorso esistenziale-politico sino ad affievolire l’alone di una certa baldanza caratteriale e a tentare di svelarne il punto cieco. Esserci davvero si apre con il riferimento di Luisa Muraro alla madre che ogni due mesi «sentiva l’esigenza interiore di andare al Santuario di Monte Berico» edificato sui colli di Vicenza e dedicato alla Madonna: un pellegrinaggio in forma di «divertimento autorizzato delle donne»; «una specie di allungamento religioso del cristianesimo, ma, sappiamo, era la religione precristiana della grande dea», data la presenza della Madonna sotto il cui manto trovano rifugio tutti; un viaggio verso un luogo di devozione mantenuto in vita dal sentimento religioso dell’umanità femminile. Ma non c’è traccia di una rappresentazione idealizzata della madre, giacché Luisa Muraro puntualizza: «[…] l’importanza di mia madre nella mia vita e per me è anche problematica e oscura. Io non sono una donna che ha avuto un rapporto buono con sua madre, nel senso di un rapporto felice. Ho avuto un rapporto buono nel senso di un rapporto che c’era effettivamente». Poche pagine più avanti le sue risposte acquisiscono una tonalità sempre più confidenziale: confessa che i suoi studi, in particolare nella giovinezza, sono stati orientati da qualcosa di instabile, nondimeno presente dentro di lei «in una maniera molto segreta»; invece, «per esserci concretamente in carne e ossa», dichiara di aver avuto bisogno di appoggiarsi a delle persone in una relazione, nella quale gioca «una parte non piccola di egocentrismo. Cioè, sono io che ho bisogno, e l’altro, l’altra, sono l’appoggio simbolico. Non è tanto una relazione di scambio. Certo che la relazione si stabilisce, e lo scambio si stabilisce, ma è uno scambio dispari». Così di volta in volta le è capitato di appoggiarsi «a chi ha l’aria di sapersi orientare» (Bontadini, Rosetta Infelise, Fachinelli, Lia Cigarini) e via via di sganciarsene, tranne nel caso dell’incontro con il femminismo della Cigarini, ovvero «una pratica di relazione, il partire da sé e l’efficacia che ha la modificazione di sé, della propria relazione con le cose». Grazie a questo incontro Luisa Muraro è infatti uscita dall’esserci «truccando i dadi», «facendo carte false», e ha avvertito finalmente con felicità un «esserci in prima persona in qualcosa che accade», un esserci davvero. Il desiderio fisiologico di scrittura che caratterizza il suo itinerario esistenziale, o meglio la sua strategia esistenziale, finisce dunque con il trovare casa e dimora nella pratica politica delle donne assunta come forma simbolica che le avrebbe permesso di scrivere. È ciò che le accadde con La Signora del gioco. Episodi della caccia alle streghe (Feltrinelli, 1976), il libro che segna un cambiamento di rotta nella rappresentazione storiografica delle donne: «Avevo un materiale, perché la caccia alle streghe mi interessava da tempo; avevo un materiale emotivo e anche contenutistico, culturale, gli ho dato la forma di una pratica politica che ha reso possibile la scrittura». È ciò che accadrà con le opere che più risolutamente aderiscono a questa strategia esistenziale, ne dà conferma la stessa autrice non senza cercare di snidare un altro suo aspetto radicato in profondità: «Certo, non è solo la scrittura, è l’avere a disposizione una domanda di scrittura – Luisa, scrivi! – che motiva e autorizza che io possa dedicarmi a questa attività che probabilmente fa dentro di me un ordine simbolico. Qualcosa che ha a che vedere con il dare forma, a me». Dopo essere stata sviata dalla ricerca su Della Porta (Giambattista Della Porta mago e scienziato, Feltrinelli 1978) e dopo la virata sulla linguistica che le ha ispirato quel piccolo grande libro che s’intitola Maglia o uncinetto. Racconto linguistico-politico sulla inimicizia tra metafora e metonimia (Feltrinelli 1981), Luisa Muraro racconta come è andata con Guglielma e Maifreda. Storia di un’eresia femminista (La Tartaruga 1985), «una storia di grandezza femminile». Commuove leggere delle relazioni intrattenute con altri studiosi/e, va dritta al cuore la straordinaria passione che ha accompagnato il suo lavoro alla Biblioteca Ambrosiana: «… ero come in perenne estasi, perché ero tutta presa da questa ricerca, proprio in una maniera che dice qualcosa di questo rapporto che ho, quando la materia della storia, o della mia vita, o della vita degli altri, si può trasformare in scrittura». Ammaliata dagli sprazzi narrativi e dai brevi inserti speculativi – un’alternanza-commistione che è la cifra della scrittura di Muraro – vengo così a conoscenza anche del prezioso lavorìo di tessitura che sta dietro la sua composizione di Non credere di avere dei diritti (Rosenberg & Sellier, 1987), una messa in parole di una pratica politica, «una narrazione libera di donne che vogliono raccontare la loro storia», quella vissuta fra il 1966 e il 1986 a Milano e non solo. E questo vale altresì per l’impresa di Diotima, la comunità filosofica femminile nata tra il 1984 e il 1985 all’Università di Verona, e per il primo testo di Diotima, Il pensiero della differenza sessuale (La Tartaruga, 1987) come per quelli successivi. E ovviamente in Esserci davvero non può mancare il riferimento all’apporto fondamentale dato da Luisa Muraro fin dal primo numero, del giugno 1991, a Via Dogana, la rivista della Libreria delle donne di Milano che era stata inaugurata nel lontano 1975 e di cui ricorre quest’anno il cinquantenario. Una rivista di politica delle donne, vale a dire una politica che non mira alla spartizione del potere, perché quando è in gioco la libertà femminile il cambiamento «si sviluppa con la presa di coscienza e questa ha la stessa natura del fuoco, si accende, si alimenta e non diventa possesso» – come si legge sul sito https://www.libreriadelledonne.it/categorie_pubblicazioni/viadogana/. A proposito del libro coevo alla pubblicazione del primo numero di Via Dogana, L’ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, 1991), che segna un taglio nella storia del pensiero, Luisa Muraro ne espone la genesi e riconosce che pur essendo autentico è per lei un libro oscuro: «l’ho scritto in condizioni che me lo rendono non uno specchio per me, e d’altra parte io sono una che non si specchia volentieri. Però le altre donne, non tutte, ma molte altre donne si sono specchiate nel libro e me lo hanno detto, diventando loro lo specchio per me. E allora ho capito. Più che nei miei prodotti io confido nelle lettrici. […] i lettori, le lettrici sono fondamentali per l’esistenza di un’opera – questo viene sempre più riconosciuto – ma possono essere fondamentali anche per la sopravvivenza degli autori». L’ultima tappa di questa conversazione così variegata e piroettante che è Esserci davvero riguarda la decisione di Luisa Muraro di dedicarsi allo studio di Margherita Porete (si veda Lingua materna scienza divina. La filosofia mistica di Margherita Porete, D’Auria M. 1995) e la sua dedizione alla scrittura mistica di donne. Sono pagine nelle quali si percepisce l’intensità del fervore che connota la scoperta della «libertà delle donne [che] diventa proprio un’apertura d’infinito», la scoperta di una teologia in lingua materna – e il pensiero corre a Le amiche di Dio. Scritti di mistica femminile (D’Auria M. 2001) e soprattutto a Il Dio delle donne (Mondadori 2003). La più bella intuizione che grazie a questo suo attraversamento delle mistiche mi/ci viene donata è che «tutto è storia ma la storia non è tutto. C’è qualcosa che eccede e questo qualcosa è vuoto, non è nominabile, non è dicibile, è un niente, è un niente che però io considero un passaggio all’essere». C’è altro, sostiene Muraro, ovvero c’è «il senso della incompiutezza di ogni impresa umana. Non è che vada sanata con la dimensione religiosa che per noi è perduta, ma la consapevolezza del c’è altro, il senso della incompiutezza e della fragilità, va salvaguardato, e senza cadere nel nichilismo e nella disperazione: come nella mistica, è nell’attesa che questo altro venga a noi». Si tratta di disfare la maglia di questo mondo per fare posto ad altro: «Altro, che cosa?». Luisa Muraro ha cercato la risposta nei testi delle scrittrici beghine e delle poetesse preferite e ha trovato, «come risposta, che questo “altro” è l’impossibile: la teologia in lingua materna insegna in pratica (e, entro certi limiti, anche in teoria) a stare al mondo con la certezza che in esso ha luogo, o può trovarlo, anche l’impossibile» (Il Dio delle donne, 2003, p. 84). In tempi di apparente agonia dell’umano imposta dai potenti di turno il tesoro di Luisa Muraro si racchiude in definitiva nella potenza del c’è altro, che tradotto nella nostra quotidianità consiste per l’appunto nella salvaguardia della fragilità e dell’incompiutezza e prepara ogni singolo/a a un altro ordine di rapporti ora, qui, su questa Terra.       Redazione Palermo
TORINO:”DALLA STRAGE ALLA THYSSEN 18 ANNI DI MORTI SUL LAVORO”. PRESIDIO ALLA SEDE REGIONALE DELL’ISPETTORATO SUL LAVORO
Questa mattina, sabato 6 dicembre, si è tenuto un presidio sotto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro in via Arcivescovado 9 a Torino “contro le morti sul lavoro, contro la precarietà che uccide, contro gli appalti che fanno profitti sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici”. Il presidio cade a 18 anni dalla strage operaia alla fabbrica Thyssen del dicembre 2007 ed è stato organizzato da Cub – Usb – SI Cobas – Le radici del sindacato alternativa Cgil – Medicina Democratica – Lavoro e Salute – Sinistra Anticapitalista – Partito Comunista dei Lavoratori – Partito Rifondazione Comunista – Partito Comunista Italiano – Potere al Popolo. Proprio in queste ore sono stati diffusi i dati Censis sulla sicurezza sul lavoro. Nel 2024 sono stati denunciati 518.497 infortuni sul lavoro in Italia, 22 ogni 1.000 occupati, con 1.191 esiti mortali. Negli ultimi dieci anni gli occupati sono aumentati del 9,2% e gli infortuni diminuiti del 10,7%, ma quelli mortali sono in lieve aumento (+0,8%). Nel primo semestre 2025, gli infortuni mortali sono aumentati del 7,1%, arrivando a 495 casi. Le malattie professionali sono state 88.384 nel 2024, un dato in crescita del 54,1% nell’ultimo decennio. Il genere è un fattore di rischio primario, con il 92,0% dei morti sul lavoro di sesso maschile. I lavoratori stranieri e i giovani sono più esposti: gli stranieri, che sono il 10,5% degli occupati, hanno subito il 23,0% di tutti gli infortuni; i giovani 15-24enni, il 4,8% degli occupati, hanno registrato il 12,0% degli infortuni. Nel comunicato diffuso dagli organizzatori si legge: “Da quel dicembre 2007 poco è cambiato: ogni giorno muoiono 4 lavoratori in servizio,1276 nel 2025 e centinaia di migliaia sono coinvolti in infortuni e malattie professionali collegati al lavoro. E in questi anni molto è peggiorato in conseguenza della precarietà dilagante e dell’espandersi degli appalti in tutti i settori, compresi quelli pubblici. Non sono fatalità, sono la scelta dell’economia capitalista che accetta di sacrificare vite pur di non rispettare diritti, di spendere in protezione e formazione, di regolarizzare i dipendenti. Ad essere colpiti sono soprattutto gli anziani, spesso costretti a lavorare dall’allungamento dell’età pensionabile, i giovani, i migranti e le donne, spesso irregolari o precari, fino ad arrivare ai giovanissimi studenti morti in alternanza scuola-lavoro. Muoiono come in guerra dove gli uomini e le donne sono un elemento secondario”. Si chiede quindi una legislazione più stringente sulla sicurezza e una legge sul reato di omicidio sul lavoro per colpire duramente le responsabilità di aziende e appaltatori negli incidenti sul lavoro. Inoltre di dare piu’ potere di intervento ad RLS e rappresentanze sindacali sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di  potenziamo le strutture di controllo dell’ispettorato del lavoro, delle asl e degli organismi di vigilanza sulla sicurezza del lavoro. Dal presidio Lorenzo Giustolisi esecutivo nazionale USB Ascolta o scarica 
Antisemitismo e sionismo reale. Riflessioni sui progetti di legge in corso di esame presso le due Camere – di Gianni Giovannelli
E si perdona per certo ogni offesa ma sempre pur nella memoria resta, e così l’uno all’altro contrappesa.   Luigi Pulci (Morgante, Cantare decimo, Ottava 95)   Il Consiglio Europeo ha approvato già in data 6 dicembre 2018 la risoluzione n. 15.213, esortando gli stati membri che non l’hanno ancora fatto ad approvare la definizione [...]
Genocidio nella Striscia di Gaza, giorno 792: intensi bombardamenti su varie aree. 6 palestinesi uccisi e 15 feriti nelle ultime 48 ore
Gaza-InfoPal. Israele continua a violare il cessate il fuoco per il 57° giorno consecutivo, bombardando la Striscia di Gaza, uccidendo quotidianamente e distruggendo quel poco di edifici ancora in piedi. Il “piano di pace Trump” è uno specchietto per le allodole per distrarre l’attenzione globale sul genocidio israelo-statunitense a Gaza e per continuare senza troppe interferenze il progetto di occupazione e trasformazione della regione costiera, svuotandola quanto più possibile degli abitanti e convertendola in una impresa commerciale, come più volte annunciato dal presidente USA e dai suoi collaboratori. Il piano reale è portare avanti, come sta accadendo in questi due ultimi mesi, una guerra genocida/olocaustica di bassa intensità, con uso di droni e di artiglieria, meno impattante per i soldati di occupazione, e molto meno visibile mediaticamente. Il resto del meccanismo genocida rimane inalterato, con la prosecuzione del blocco su tutti i lati, dell’ingegneria della fame (creata artificialmente attraverso ingressi minimi di aiuti alimentari), della distruzione di ciò che resta degli edifici, degli ostacoli paralizzanti alle cure mediche e così via. La pulizia etnica genocida, dunque, prosegue, ma l’opinione pubblica mondiale, manipolata dai media egemonici, è anestetizzata e resa cieca dalla propaganda israelo-occidentale che racconta la menzogna del cessate il fuoco. I lettori dei siti di notizie sulla Palestina e sul genocidio sono diminuiti drasticamente, nell’illusione di una “pace” che è solo una farsa. Nelle prime ore di sabato mattina, aerei da guerra israeliani hanno lanciato una serie di intensi bombardamenti contro diverse aree della Striscia di Gaza orientale, accompagnati da colpi di artiglieria e d’arma da fuoco concentrati intorno e all’interno della zona cuscinetto nota come “linea gialla”. Fonti mediche hanno riferito che un civile è rimasto ferito nel nord di Gaza mentre le forze israeliane effettuavano operazioni di demolizione nell’area di Sheikh Zayed, a nord. Gli aerei israeliani hanno anche lanciato cinture di fuoco nella parte orientale della città di Gaza e preso di mira Khan Yunis orientale. Altri bombardamenti hanno colpito la città di Rafah, nella parte meridionale della Striscia, e le aree a est del campo profughi di al-Maghazi, nella parte centrale della Striscia. Demolizione continue. Le forze di occupazione israeliane effettuano demolizioni con esplosivi di edifici residenziali in via Al-Hatabiyah a Beit Lahia, a nord della Striscia di Gaza. Ucciso un operatore della protezione civile. Un operatore della protezione civile è morto, sabato, a causa delle ferite riportate il giorno prima in un attacco aereo israeliano nel nord. Fonti locali hanno riferito che l’agente della protezione civile Suhail Dahman è morto per le ferite riportate quando l’esercito di occupazione israeliano ha preso di mira l’area intorno alla moschea di al-Ribat a Beit Lahia. Anche il figlio di Dahman è rimasto gravemente ferito durante l’attacco, avvenuto mentre si stavano recando a controllare la loro casa nell’area del progetto di Beit Lahia. La sua morte porta il numero totale di agenti della protezione civile uccisi negli attacchi israeliani a Gaza a 142. Sei palestinesi uccisi e 15 feriti nelle ultime 48 ore. Il ministero della Salute di Gaza (MoH) riferisce che gli attacchi dell’occupazione israeliana hanno ucciso sei palestinesi e ne hanno feriti 15 nelle ultime 48 ore. Dal cessate il fuoco dell’11 ottobre 2025, il totale è di 369 morti, per lo più bambini, donne e anziani, 953 feriti e 624 corpi recuperati sotto le macerie. Il bilancio complessivo dell’offensiva israeliana è salito a 70.354 morti e 171.030 feriti dal 7 ottobre 2023. (Fonti: Quds Press, Quds News, PressTv, PIC, Al-Mayadeen; ministero della Salute di Gaza; Euro-Med monitor, Telegram; credits foto e video: Quds News network, PIC, Wafa, ministero della Salute di Gaza, Telegram e singoli autori). Per i precedenti aggiornamenti: https://www.infopal.it/category/genocidio-e-pulizia-etnica-a-gaza
Il diaconato femminile fa paura alla Chiesa
E ancora una volta arriva una sferzata alle donne nella Chiesa Cattolica: no al diaconato femminile. A novembre 2023 intervistai la teologa Selene Zorzi dopo il no categorico della Chiesa al sacerdozio femminile, che già inaugurava un no ferreo al possibile diaconato delle donne. Affermava Zorzi: “I sinodi prospettano idealmente dialogo, ma di fatto sono tristi consessi dalla maggioranza di uomini maschi, di una certa età, abituati a stare al mondo da privilegiati. Alle poche donne che ci sono, trattate in modo paternalistico, sembra venir concessa libertà di parola, ma in un contesto di minoranza ove ogni parola divergente viene guardata con la tenerezza di ciò che alla fine non potrà mai andare a sconvolgere troppo le linee di fondo di un sistema statico, lento e lutulento. In generale la Chiesa cattolica ha tempi tutti suoi, lunghi, non certo quelli della vita delle persone di questo mondo in rapidacion, e quindi non ci si può aspettare da essa risposte in tempo per le questioni delle nostre vite singole e brevi. Ci arriverà, ma con i suoi tempi. Ma per fortuna la chiesa istituzionale non coincide con la chiesa escatologica.” A quanto pare la Chiesa ha davvero tempi suoi e sempre troppo lunghi. Papa Francesco ha eliminato d’amblais l’impedimentum sexus che grava per diritto canonico sull’esclusione delle donne dall’ordine, solo che l’ha eliminato solo per i ministeri. Ciò però dimostra che non ci vorrebbe poi tanto, solo un po’ di buona volontà. come disse la Zorzi: “L’errore è guardare alla tradizione pensando si tratti di qualcosa di monolitico, presente fin dall’inizio in modo unitario e immodificabile. Invece studiando anche solo un po’ la storia della teologia ci si rende conto che la tradizione è andata avanti proprio perché si è sempre modificata riuscendo ogni volta a superare nuove sfide e così a rinnovarsi.” Don Fabio Corazzina La sintesi della Commissione di Studio sul Diaconato Femminile, composta ovviamente da soli uomini, ha sentenziato pochi giorni fa che il diaconato femminile non sa da fare. Senza pretese teologiche ma con un briciolo di esperienza umana, cristiana e pastorale, Don Fabio Corazzina – ex-coordinatore nazionale di Pax Christi, grande sacerdote impegnato nelle marginalità e sui temi dell’ambiente, dell’accoglienza, della pace, della nonviolenza e del disarmo e grande assertore del protagonismo delle donne nella Chiesa – ha condiviso alcune considerazioni sui suoi social in commento alla decisione della Commissione: 1. le motivazioni storiche, bibliche, patristiche dottrinali, tradizionali citate mi sembrano sussurrate ex post, quasi a giustificare a tutti i costi una posizione già decisa. 2. sostenere nella tesi 3 che: “si può ragionevolmente affermare che il diaconato femminile non è stato inteso come il semplice equivalente femminile del diaconato maschile e non sembra avere rivestito un carattere sacramentale” lo definirei stucchevolmente irragionevole. 3. ma, questa stucchevole irragionevolezza giustifica la tesi 5 che “esclude la possibilità di procedere nella direzione dell’ammissione delle donne al diaconato inteso come grado del sacramento dell’Ordine.” 4. il top è la tesi della terza sessione, stupendamente incomprensibile perchè parla di mascolinità sacramentale: «La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che ricevono l’Ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura del significato nuziale della salvezza». E io credevo che sia l’uomo che la donna fossero sacramentalmente immagine di Dio, soprattutto se si amano! 5. dolcetto finale, di speciale interesse, nell’ultima sessione: “è oggi opportuno ampliare l’accesso delle donne ai ministeri istituiti per il servizio della comunità”. Le donne esulteranno e organizzeranno una festina lady-ministeriale. 6. questa sintesi mi mostra una chiesa intimorita dalle donne, dal femminile, per il solo fatto che esiste, e dalla imperdonabile e insopportabile pretesa di partecipare ai ministeri ordinati. Don Corazzina ha aggiunto: “Non è la chiesa che amo e che vivo”. Come dagli torno. Una Chiesa retrograda che è ancora ferma alla gerarchia dei sessi nella struttura di potere della Chiesa. Una Chiesa che considera ancora degno di nota il “duplice principio petrino-mariano”, un concetto antiquato coniato dal teologo Balthasar per definire i ruoli ecclesiali delle donne e degli uomini all’interno della Chiesa. Come ha ben dimostrato la grande teologa Marinella Perroni, ci sono diversi livelli di problematicità di questo topos teologico che inventa e distingue un principio petrino da uno mariano: * il primo problema è che Balthasar conia il concetto con la finalità di integrare il primato di Roma in tutta la Chiesa; * il secondo problema è che questo dualismo si basa su una forma di universalizzazione per la quale tutti i singoli devono identificarsi in quanto maschi con Pietro e in quanto femmine con Maria; * il terzo problema deriva dal fatto che questo dualismo oppositivo si costruisce attorno ad una ideologia dei generi che si alimenta di stereotipi patriarcali facendoli diventare archetipi del maschile e femminile. All’archetipo del femminile vengono applicate caratteristiche quali l’amore, il nascondimento, il focolare, l’accoglienza, lo spirituale; mentre al maschile si applicano caratteristiche di autorità, potere, ministerialità e agire pubblico. Fare di Pietro e Maria dei simboli in base altresì al loro sesso, è una operazione problematica. I due sono concepiti in senso gerarchico e dicotomico e tale narrazione è tesa a mantenere i privilegi maschili perché le forme di esaltazione del femminile (“mistica della femminilità”)servono ad escludere il riconoscimento dell’una autorità pubblica delle donne. Ciò che risulta interessante e problematico allo stesso tempo è che mentre la sessualizzazione femminile, riguardando la chiesa tutta (“la Chiesa è donna!!” – viene ripetuto), può essere applicata sia a uomini che a donne, quella maschile –non si capisce bene perché – riguarda solo gli uomini maschi. Nella Chiesa si reprime sistematicamente il ruolo delle donne e quando lo si vuole esaltare lo si sublima: nulla di più discriminante. Pur nella sua illuminazione su moltissimi temi, Papa Francesco affermava che una donna non può accedere al sacerdozio “perché non le spetta il principio petrino, bensì quello mariano, che è più importante (…) Il fatto dunque che la donna non acceda alla vita ministeriale non è una privazione, perché il suo posto è molto più importante”. Parole che racchiudono clericalismo, patriarcato, potere, ma soprattutto la trappola della sublimazione: le donne – secondo questa logica – non potrebbero accedere ai posti di potere perchè il loro ruolo “è più importante”. Ciò ricorda un po’ il “genio femminile”[1] di cui parlava Papa Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem. Ma nulla è più fallace di questa narrazione. Oggi la Chiesa di Leone XIV non sembra dare segnali di evoluzione in tal senso. La verità è che la Chiesa, nel 2025 – mentre una miriade di altre Chiese cristiane ospitano il sacerdozio e il diaconato femminile – ha paura solo di concedere un grammo di potere o di protagonismo alle donne. Fin quando non si farà questo passo, la Chiesa deciderà di escludere più della metà dei sui fedeli da forme di protagonismo e decisione.   [1]Benedetta Selene Zorzi, Al di là del “genio femminile”. Donne e genere nella storia della teologia cristiana, Carocci Editore, marzo 2014 Ulteriori informazioni: https://www.queriniana.it/blog/ritorno-del-principio-mariano-petrino–291 https://www.alzogliocchiversoilcielo.com/2022/12/marinella-perroni-il-duplice-principio.html https://www.cittadellaeditrice.com/munera/von-balthasar-e-la-gerarchia-dei-sessi/ https://www.cittadellaeditrice.com/munera/sulla-formula-principio-marianoprincipio-petrino-m-perroni/ Lorenzo Poli