Otto giovani su dieci a disagio nel proprio corpo
Otto giovani su 10 criticano il proprio corpo, più del 50% modifica il modo di vestirsi per paura dei giudizi, quasi 6 adolescenti su 10 subiscono provocazioni e prese in giro legate a peso, altezza, colore della pelle, capelli o altro. È quanto rivela l’indagine Affettività e stereotipi di genere. Come gli adolescenti vivono relazioni, genere e identità”condotta da Webboh Lab per ActionAid e realizzata attraverso i fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, che racconta le nuove generazioni, i loro bisogni urgenti e le criticità che affrontano quotidianamente fuori e dentro la scuola. Sono 14.700 gli adolescenti tra i 14 e i 19 anni che hanno partecipato alla ricerca, divisi tra il 51% maschi, il 43% femmine e il 6% di identità fluide, non binarie o alternative, tutti uniti da una forte domanda di ascolto da parte degli adulti. La pressione estetica esercitata dai social media ha un impatto fortissimo sulla vita di ragazze e ragazzi: oltre 7 su 10 riconoscono come i corpi perfetti o ritoccati proposti online siano irreali, ma nonostante questo sempre 7 su 10 vogliono cambiare il proprio aspetto per apparire all’altezza di questi standard di bellezza irraggiungibili. Le ragazze, più dei ragazzi, sono bersaglio di aspettative rigide. All’80% degli adolescenti viene detto costantemente quali sono le cose giuste da fare “per essere maschi e femmine”. Ancora 7 su 10 non sanno a chi rivolgersi per dubbi su sesso e relazioni. Troppo spesso il porno diventa l’unica “scuola” per loro. Dalla ricerca emerge come oltre il 71% del campione abbia assistito a situazioni di derisione, di discriminazione di una persona per come si veste, si esprime o si muove, perché considerata “troppo femminile” o “troppo maschile”. Allo stesso tempo tra i più giovani c’è crescente consapevolezza critica verso i modelli di genere rigidi e giudicanti che gli vengono imposti anche online: le frasi “Alcuni/e influencer danno messaggi sbagliati su come deve essere una ragazza o un ragazzo” e “Molte canzoni e video musicali fanno sembrare normale che il ragazzo comandi” hanno forte consenso tra la maggioranza dei giovani interrogati. Aspettative digitali e giudizio sociale si intrecciano e rivelano come sia complesso lo spettro dell’esclusione e della violenza. Sono 5 i profili degli e delle adolescenti italiane che scaturiscono dall’analisi di 17 caratteristiche che riguardano stereotipi di genere, pressione sociale, emozioni, media e cultura. Un quadro variegato tra oppositori/sostenitori del cambiamento, ma anche di figure ambigue. I due gruppi più numerosi sono gli Adolescenti anti-stereotipi e i Vigili Culturali, che rappresentano insieme il 46% del campione: una generazione pronta ad accogliere la parità di genere in modo attivo, critico, empatico. “Questi giovani, si legge nel Report, rifiutano con chiarezza la violenza, la disuguaglianza morale e le imposizioni culturali e mostrano consapevolezza dei modelli tossici trasmessi da media e tradizione.” Un gruppo ampio, ma silenzioso invece – i Tradizionalisti Inconsapevoli che rappresentano il 21% del campione – aderisce a ruoli predefiniti in modo apparentemente innocuo, ma riproduce a livello personale gli stereotipi di genere della società patriarcale, sui ruoli definiti nelle relazioni tra uomo e donna. I Giustificazionisti, che rappresentano il 16% del campione, esprimono il lato più problematico, giustificando la violenza come forma d’amore, colpevolizzando le vittime, a riprova di quanto il sessismo interiorizzato sia ancora presente anche tra i più giovani. Infine, il cluster più ambiguo – i Progressisti Distorti che si attestano al 17% – dimostra quanto la cultura digitale possa generare confusione, producendo ragazzi e ragazze che rifiutano gli stereotipi più visibili (differenze nei doveri familiari e di cura, doppio standard e divisione tra maschi forti e ragazze emotive), ma legittimano quelli più gravi: credenze pericolose legate al controllo, alla violenza e al giudizio. Ma gli adolescenti di cosa vorrebbero parlare nei percorsi educativi sulla sessualità? “Al primo posto, si sottolinea nella ricerca, ci sono il consenso e il piacere (32,2%); al secondo una guida su come costruire relazioni positive (25,3%); al terzo posto un percorso su orientamenti sessuali e identità di genere (16,5%); al quarto la richiesta di informazioni su malattie sessualmente trasmissibili (9,8%) e per ultimo una riflessione sugli aspetti biologici della sessualità (5,4%)”. Ma da chi vorrebbero ricevere informazioni i nostri giovani? Per quasi la metà di ragazze e ragazzi sono gli esperti sul tema (educatori, psicologi, medici…) a dover entrare nelle scuole per fare formazione (48,2%), affiancati da persone che hanno vissuto esperienze personali su questi temi (42,2%). I docenti, col 28,5% delle risposte, sono davanti alla famiglia, che resta al 25,6% di chi ha risposto. Coetanei formati (21%) e influencer affidabili (19,6%) sono al fondo della classifica. “Dalle risposte, si legge nella ricerca promossa da ActionAid, emerge con forza la necessità di affrontare a scuola sessualità, affettività e relazioni anche come prevenzione della violenza (punteggio medio 8,25). Oltre la metà dei partecipanti al sondaggio dichiara di non sapere a chi rivolgersi nel caso di dubbi sul sesso, pur riconoscendo l’utilità dei consultori. È il porno a dare risposte per mancanza di alternative sicure. Circa 7 su 10 riconoscono che il porno influenza negativamente l’immaginario su relazioni e consenso, evidenziando la necessità di un’educazione come strumento di consapevolezza, non di censura”. Qui il Report realizzato da Webboh Lab per ActionAid:  https://s3.eu-central-1.amazonaws.com/actionaid.it/uploads/2025/09/Affettivita_e_stereotipi_di_genere.pdf Giovanni Caprio
🖼 Partecipiamo e promuoviamo lo sciopero generale del prossimo 22 SETTEMBRE, indetto da USB e sindacati di base contro il genocidio e l'economia di... https://t.me/nonunadimenoroma/2226
🖼 Stiamo assistendo con grande rabbia e dolore all’attacco finale genocidario su Gaza. https://t.me/nonunadimenoroma/2225
Autodifesa femminile non è contrasto alla violenza di genere
Leggo con sgomento della presentazione (da parte di un movimento politico femminile) dell’ennesimo corso di autodifesa per donne che viene presentato come “un passo concreto nel contrasto alla violenza di genere” aggiungendo che si tratta di “un cammino volto a rafforzare consapevolezza, fiducia e sicurezza”. Proviamo ad analizzare i diversi concetti che emergono: 1. Le donne devono imparare a difendersi, questo è il loro ineluttabile destino a cui non possono sottrarsi perché non sono meritevoli di rispetto al pari degli uomini e, quindi, si devono attrezzare. 2. La violenza di genere che intendono contrastare è la violenza fisica che un uomo può fare ad una donna. Ma sappiamo benissimo che la violenza di genere è ben altro, ha molteplici componenti e, soprattutto, che i percorsi da intraprendere per intervenire in modo concreto sono ben più complessi. 3. Le donne sono deboli infatti lo scopo del corso è di rafforzarle in consapevolezza, fiducia e sicurezza perché il problema sono le donne (vittime) e non gli uomini (aggressori). Insomma, l’ennesima occasione in cui le donne sono considerate i soggetti deboli da proteggere perché hanno poca autostima e vanno protette e aiutate… Si tratta di un approccio al tema maschile e maschilista come l’idea che ad atti di forza si debba rispondere con forza. Aggiungiamo, poi, che le tecniche di autodifesa possono risultare utili in situazioni uno contro uno pressoché paritarie come in tentate rapine mentre le aggressioni a scopo sensuale vengono agite in gruppo o contro vittime che sono state offuscate con alcool o droghe. La libertà che le donne, invece, devono avere è che ogni NO deve essere rispettato a prescindere dal contesto, dalla situazione o dall’abbigliamento. La violenza di genere a cui si riferisco (fisica a scopo sessuale) sarà sconfitta solo quando il NO sarà riconosciuto e rispettato. Infatti il contrasto alla violenza di genere si realizza mediante interventi multidisciplinari finalizzati a cambiare l’approccio culturale degli uomini, delle giovani generazioni e delle donne che subiscono i retaggi patriarcali.   Paola Petrucci Esperta in tematiche di genere Redazione Italia
[2025-09-17] Assemblea pubblica verso il pride No Binary Pride/Euforia non binaria @ Communia
ASSEMBLEA PUBBLICA VERSO IL PRIDE NO BINARY PRIDE/EUFORIA NON BINARIA Communia - via dello Scalo San Lorenzo 33, Roma (mercoledì, 17 settembre 19:30) Vi aspettiamo oggi, mercoledì 17 settembre 2025 a Communia, via dello scalo San Lorenzo 33 per la nostra prima assemblea pubblica * h 19:30 accoglienza * h 20:00 inizio assemblea  Costruiamo insieme il Non-Binary Pride/Euforia non binaria del 18 ottobre, uno spazio di visibilità, voce, espressione delle soggettività non binarie. Uno spazio politico che vive dal basso, senza sponsor, patrocini, bandiere o "cappelli" associativi di alcun tipo e abbraccia pratiche di cura transfemministe. L'assemblea è aperta alla partecipazione di tutte le altre identità trans, queer, nonché persone alleatə (della comunità LGBTQIAPK+ e non solo) che condividono la visione del superamento del binarismo di genere e della patologizzazione e psichiatrizzazione delle nostre identità. Indicazioni di accessibilità: * L'ingresso della sala dove si svolgerà la riunione è privo di barriere architettoniche, tuttavia si segnala che è presente una salita subito dopo il cancello d'ingresso e l'assenza di un bagno accessibile interno.  * Sarà possibile recarsi da "Pinsa e Buoi" (Viale dello Scalo S. Lorenzo, 15/17), che si trova a 100 metri dall'ingresso di Communia e che ha un bagno accessibile.     È possibile partecipare online: scrivici in DM su Instagram (https://www.instagram.com/nonbinarypride_italia/) per avere il link. Vi aspettiamo!!!
#stopthegenocideingaza🇵🇸 Perché un movimento transfemminista parla di #Palestina? Perché non esiste liberazione parziale. https://forms.gle/w1igiRYz57aG6ek66 #FreePalestine #Transfemminismo #Intersezionalità #PurpleSquare #FromTheRiverToTheSea
🖼 Rimandiamo a domani, mercoledì 17, l'assemblea cittadina prevista per oggi. https://t.me/nonunadimenoroma/2220
AGRIPUNK e gli allevamenti della Val d’Ambra
Come assemblea Corpi e Terra ospitiamo l’intervento di Giovanni Cardinali letto il 5 settembre 2025 al convegno No food No science di Mantova nella Tavola rotonda “Petrolio e letame. Fermare gli sponsor di Festivaletteratura” LA CAMPAGNA CONTRO LA RIAPERTURA DELL’ALLEVAMENTO INTENSIVO SUINICOLO DI PODERE MIGLIAIOLO (frazione di San Pancrazio, comune di Bucine – AR) §1 […]
[2025-09-21] FIERE* PER LA PALESTINA @ CSOAT Auro e Marco
FIERE* PER LA PALESTINA CSOAT Auro e Marco - Viale dei Caduti nella Guerra di Liberazione, 270 (domenica, 21 settembre 17:00) DOMENICA 21/09 🔺Il ricavato di tutte le giornate andrà a sostenere il centro @amalalmustakbal, nel campo profughi di Aida in Cisgiordania! LABORATORI PER BAMBINƏ - H17:00 📕Presentazione del libro “Il mio nome è Amal” con laboratorio - Alla scoperta della Palestina - Di Erica Silvestri Sinossi Il mio nome è Amal, una storia palestinese. La storia della Palestina nella voce di Amal, attraverso il racconto di suo nonno. Una storia illustrata, con un testo semplice. Pensata per parlare, anche ai più piccoli e alle più piccole, di temi complessi senza renderli banali. Il libro è un’esperienza: sfogliando le tavole, da destra a sinistra come nella lettura dell’arabo, il lettore o la lettrice torna indietro nel tempo e “libera”, pezzo dopo pezzo, i territori palestinesi. Da una pagina all’altra, viene “smantellata” l’occupazione militare che le politiche dei governi israeliani hanno costruito per decenni, seguendo i ricordi di chi ha vissuto in una terra differente: la Palestina prima del 1948. Un omaggio a una terra ricca di storia e di umanità segnata da profonde ingiustizie. Attraverso la lettura animata del libro illustrato e fustellato “Il mio nome è Amal, una storia palestinese” e grazie al gioco dell'oca in esso contenuto, si darà modo di conoscere questa terra lontana ricca di storia e cultura. Infine i bambini e le bambine saranno invitate a immaginare le cose importanti e necessarie per vivere bene in un posto, e a collocarle nella pagina finale del libro. Tema Intercultura Consigliato 5+ 1 incontro da 2 h Costo: gratuito 📸 LABORATORIO CAMERA OSCURA "TRA IMMAGINI E RACCONTI: MAPPARE LA PALESTINA" DI DANIELE NAPOLITANO PROIEZIONE - H21:00 * BYEBYETIBERIAS Documentario di Lina Soualem Francia, Palestina, Belgio, Qatar 82 / 2023 L'attrice Hiam Abbass racconta alla figlia, la regista Lina Soualem, la storia del suo esilio dalla Palestina. Un toccante viaggio commemorativo nelle terre della sua gioventù, dove prende forma lo spirito di resistenza di una stirpe di donne segnate da una dolorosa storia collettiva. — Il centro culturale Amal al Mustakbal ("'Speranza nel Futuro") è stato fondato nel 1987 nel campo profughi di Aida, in Cisgiordania. Un asilo per Ix bambinx del Campo: questa l'idea del centro Amal, nata dal desiderio di attivare progetti per strappare le persone più piccole dalle strade e fornire loro una preparazione prescolastica attraverso il gioco, la musica, lo studio e l'arte. *   Fin da subito, il Centro è diventato un punto di riferimento per le persone nel campo e per chi da fuori vuole supportare la Palestina: il centro ha infatti creato un ponte di cultura, informazione e solidarietà tra la Palestina e il mondo, attraversato da moltx volontarx e attivisx internazionali per conoscere e sostenere la vita nel campo. *   Il ruolo internazionale del centro è quello che probabilmente lo ha reso soggetto a continui attacchi da parte dell'esercito di occupazione. A gennaio 2023, quattro attivisti e compagni del Campo profughi di Aida sono stati arrestati e sottoposti a detenzione amministrativa per quasi due anni. Uno di loro, Belal Jado, resiste e lotta ancora dentro quelle maledette galere. • Dopo più di 700 giorni dal genocidio a Gaza, il progetto coloniale sionista avanza a colpi di attacchi sempre più violenti anche in Cisgiordania. Con rastrellamenti nei campi profughi, con l'espansione degli insediamenti illegali dei coloni tra Hebron e Ramallah, fino alla repressione di qualsiasi forma di solidarietà internazionale con il popolo palestinese. • Una ragione in più per ritrovarci insieme, con chi ha la Palestina nel cuore, per rilanciare una campagna di supporto al Centro Amal e ai nostri compagni che dentro e fuori le prigioni del nemico non hanno mai.