«Chinga la migra». Note dalla guerra civile statunitense.
2.3_1.12.25
Collaborazione tra Happy Hour e Ghigliottina (Radio Neanderthal, Napoli), questo
approfondimento tratta delle recenti rivolte contro l’I.C.E. negli Stati Uniti,
che oggi stanno incendiando Chicago, Minneapolis e Charlotte. L’I.C.E.
(Immigration and Customs Enforcement), anche detta la migra, è la polizia
anti-immigrazione creata dall’Homeland Security Act del 2002, dopo l’11
settembre, le cui retate oggi altamente spettacolarizzate hanno fatto sparire,
nella sola Chicago, oltre 3.000 persone dall’inizio dell’operazione “Midway
Blitz” a settembre.
E’ la guerra civile mondiale a riflettersi nella guerra civile interna agli
Stati Uniti, dove la violenza poliziesca cerca di disarticolare le reti di
solidarietà popolare entrando al loro interno. I poliziotti dell’I.C.E. vengono
infatti reclutati e profumatamente pagati all’interno delle stesse realtà
latine, afrodiscendenti e asiatiche che vengono colpite: è per questo che
indossano passamontagna per non essere riconosciuti durante le retate, che
avvengono spesso senza mandato e con mezzi privi di targhe.
Un immaginario, questo, che spesso viene associato alle pratiche dei
paramilitari o dei cartelli, ma che invece esemplifica ciò che è stato
lucidamente espresso oltre trent’anni fa, ovvero che « non solo Stato e Mafia si
alimentano mutuamente, ma che lo spettacolo dello Stato si manifesta in modi
squisitamente mafiosi » (Intorno al drago. La droga e il suo spettacolo sociale,
AAVV, 1990).
Il contesto statunitense ci parla anche di quanto accade qui, dove pure la
detenzione amministrativa è arma di guerra ormai spogliata di qualunque orpello,
e dove la “guerra ai migranti” si intreccia con quella al “terrore”, dal 7
ottobre in modo sfacciato, come dimostrano il caso di Seif a Roma, di Mansour a
L’Aquila, di Ahmad a Campobasso e dell’imam Mohamed a Torino. Questa guerra è
europea, globale, come dimostra anche il caso di Abdulrahman al-Khalidi,
dissidente saudita oggi da 1500 giorni in detenzione amministrativa a Sofia
(Bulgaria), per volontà dell’Agenzia di Stato per la sicurezza nazionale
bulgara, contraria persino ai pareri tribunalizi, e su richiesta del regime
saudita, forse in cambio di favori energetici al cane da guardia delle frontiere
europee.
Con due compagne da El Paso (Texas) e Denver (Colorado) tracciamo un breve
resoconto delle lotte contro la migra nel ventre della bestia, dall’utilizzo
della paura come arma di controllo, alla centralità delle tecnologie che svelano
la continuità tra diversi fronti di guerra, dalla Cisgiordania a Chigaco;
dall’indeterminatezza degli attacchi polizieschi, dove la “guerra ai migranti”
si sovrappone a quella al “terrore”, alle pratiche di autodifesa popolare, che
dalla testimonianza sono passate alla rivolta, e al blocco di snodi strategici
per la macchina delle deportazioni affiancano l’organizzazione di reti di
prossimità in grado di attaccare la violenza statale a partire dagli spazi di
vita quotidiana, in forme estranee alla grammatica politica della destra e della
sinistra.
Canzoni:
Body Count, Cop Killer
Residente y Ibeyi, This is Not America
Krudas Cubensi, Emigrar
Chico Trujillo, Reina de todas las fiestas