Source - InfoPal

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L’Olocausto gazawi continua per il 715° giorno consecutivo. Notte di terrore per i residenti della città di Gaza. Famiglia sterminata. sfollamento forzato di 270.000 palestinesi verso sud
Gaza – InfoPal. Le forze nazi-sioniste di occupazione israeliane (IOF) continuano la loro guerra genocida sulla Striscia di Gaza dopo aver posto fine unilateralmente al cessate il fuoco, sostenuti politicamente, economicamente e militarmente dagli Stati Uniti, dall’Europa e da parte del mondo arabo. Decine di attacchi aerei e raffiche di artiglieria colpiscono implacabilmente tutto il territorio, prendendo di mira case, tende, rifugi civili, auto piene di sfollati, e centri di distribuzione aiuti. La città di Gaza è stata invasa ed è sotto brutale attacco, mentre la popolazione è obbligata a sfollare, in una nuova Nakba. Tuttavia, molti si rifiutano di andarsene, rimanendo nei loro quartieri. Gli obiettivi preferiti dal regime genocida di Tel Aviv sono bambini (neonati inclusi), donne, medici e giornalisti. Mai si era vista tanta barbarie sadica trasmessa “dal vivo” e sotto gli occhi del mondo intero. Lo sterminio dei nativi palestinesi avanza, sia nella Striscia di Gaza sia in Cisgiordania, ma questa campagna sistematica di annientamento degli autoctoni di Palestina, i veri semiti, sta portando Israele, entità ormai disprezzata e boicottata dall’Umanità intera, verso l’autodistruzione. La fine di Israele è vicina e la vedremo tutti. Gli abitanti della città di Gaza hanno trascorso una notte insonne a causa dell’intensificarsi del rumore dei caccia a bassa quota e dei bombardamenti israeliani, uditi anche dalle zone centrali della Striscia. La situazione è tragica per coloro che sono sotto attacco diretto nei quartieri di Sahaba e Daraj, con migliaia di persone in fuga verso sud attraverso l’unica strada autorizzata, Al-Rashid, sovraffollata e lenta. Le persone si spostano in camion, carretti o a piedi, impiegando spesso dalle 5 alle 7 ore per completare un tragitto che una volta richiedeva solo 15-20 minuti, il tutto nel timore di nuovi attacchi aerei. Secondo il ministero della Salute di Gaza, nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 34 palestinesi e 200 feriti a causa degli attacchi israeliani. Tre palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano mentre cercavano alimenti nei pressi di un presunto centro di distribuzione di aiuti a nord di Rafah, a sud della Striscia di Gaza. In un altro massacro israeliano, nove palestinesi sono stati uccisi nel bombardamento di un edificio residenziale nel quartiere di Al-Tuffah, a nord-est della città di Gaza. Famiglia sterminata. Mahmoud Nasser al-Jumla, sua moglie e i suoi figli sono stati uccisi dalle forze di occupazione israeliane in un nuovo massacro a seguito del bombardamento della loro casa nella città di Gaza, cancellando ufficialmente la famiglia dall’anagrafe. Comunicato dell’Ufficio stampa del governo di Gaza (GMO). “Le forze di occupazione israeliane impongono lo sfollamento forzato di 270.000 palestinesi dalla città di Gaza verso sud, sotto la minaccia di bombardamenti e genocidio, mentre oltre 900.000 si rifiutano fermamente di andarsene. “Quasi 270.000 cittadini sono stati costretti a lasciare le proprie case sotto i bombardamenti incessanti. Allo stesso tempo, le squadre governative hanno anche registrato uno sfollamento inverso, con oltre 22.000 residenti che sono tornati nelle loro aree di origine all’interno della città di Gaza, entro sabato a mezzogiorno, a causa della totale mancanza di beni di prima necessità per la sopravvivenza nel sud. “L’area di Al-Mawasi a Khan Younis, e Rafah, che attualmente ospita quasi un milione di civili e che l’occupazione promuove falsamente come ‘zone umanitarie e sicure’, è stata sottoposta a oltre 110 attacchi aerei e ripetuti bombardamenti, che hanno causato la morte di oltre 2.000 palestinesi in massacri successivi. “L’area assegnata dall’occupazione nelle sue mappe come ‘zone rifugio’ non supera il 12% della superficie totale della Striscia di Gaza, eppure cerca di confinarvi più di 1,7 milioni di persone. Ciò fa parte di un piano sistematico per istituire ‘campi di concentramento’ nell’ambito di una politica di sfollamento forzato, volta a svuotare la città di Gaza e la parte settentrionale di Gaza della loro popolazione”. (Fonti: Quds Press, Quds News network, PressTv, PIC, Wafa, The Cradle, Al-Mayadeen; ministero della Salute di Gaza; Euro-Med monitor, Telegram; credits foto e video: Quds News network, PIC, Wafa, ministero della Salute di Gaza, Telegram e singoli autori). Per i precedenti aggiornamenti: https://www.infopal.it/category/genocidio-e-pulizia-etnica-a-gaza
Le Brigate al-Qassam: “Gaza sarà il cimitero dei soldati israeliani”
Gaza – Al Mayadeen. Le Brigate al-Qassam, ala militare della Resistenza palestinese, hanno rivolto un severo monito alla leadership militare e politica dell’entità israeliana, affermando che Gaza non sarà un campo di battaglia facile per quella che chiamano “l’esercito codardo” di occupazione. Nella dichiarazione, le brigate hanno proclamato: “Non vi temiamo. Siamo pronti a mandare le anime dei vostri soldati all’inferno. Abbiamo formato un esercito di martiri, preparato migliaia di imboscate e ordigni esplosivi, e Gaza sarà il cimitero dei vostri soldati”. La Resistenza ha avvertito che l’occupazione è impegnata in una guerra di logoramento brutale che porterà soltanto a ulteriori perdite e prigionieri dalla sua parte. “I nostri mujahidin sono stati addestrati a collocare ordigni esplosivi all’interno dei vostri veicoli militari. I vostri bulldozer diventeranno bersagli primari, e una via per aumentare il numero dei prigionieri che deteniamo”. Le brigate hanno sottolineato che i prigionieri israeliani sono dispersi nei quartieri della città di Gaza, e il loro destino è legato alle decisioni prese dalla leadership dell’entità: “Non ci preoccuperemo delle vite dei vostri prigionieri, fintanto che Netanyahu ha scelto di ucciderli. Il proseguimento e l’espansione di questa operazione criminale garantisce che non riceverete alcuno dei vostri prigionieri, né vivo né morto. Il loro destino sarà lo stesso di Ron Arad”. La dichiarazione si è conclusa con una potente affermazione: “È una lotta per la vittoria o il martirio”. Ciò è avvenuto dopo che i media israeliani hanno annunciato che quattro soldati dell’occupazione sono stati uccisi e altri otto feriti dopo che i combattenti della Resistenza hanno preso di mira il loro Humvee con un ordigno esplosivo. La Resistenza palestinese a Gaza continua a combattere per difendere la propria terra e il proprio popolo, mentre prosegue anche negli sforzi diplomatici per porre fine all’aggressione e alla pulizia etnica della Striscia di Gaza. Traduzione per InfoPal di F.F.
OCHA: le ultime vie fuga della città di Gaza stanno crollando mentre si intensificano gli attacchi israeliani
Gaza – Quds News. Le ultime vie di fuga rimaste per i civili nella città di Gaza, compresi rifugi e valichi di frontiera, stanno crollando mentre Israele intensifica il suo assalto, ha avvertito l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), tra i piani di occupare la città e sfollare con la forza più di un milione di residenti. In cinque giorni, 11 rifugi dell’UNRWA che ospitavano 11.000 persone sono stati colpiti da Israele, ha riferito l’OCHA. Più di un milione di persone sono state sfollate da quando Israele ha rotto la tregua di marzo, tra cui 200.000 nell’ultimo mese e 56.000 solo da domenica, ha aggiunto l’OCHA. Le agenzie umanitarie stanno consegnando farina di grano, pacchi alimentari e quasi 560.000 pasti al giorno, ma l’OCHA ha confermato che Israele sta “bloccando sistematicamente” gli sforzi, citando la chiusura da parte israeliana del valico di Zikim nel nord di Gaza e i divieti su determinati generi alimentari. “Le opportunità di sostenere persone affamate vengono sistematicamente bloccate. Ogni settimana vengono imposte nuove restrizioni”, ha detto l’agenzia. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha anche avvertito che gli ospedali di Gaza sono “sull’orlo del collasso”. Giovedì, il capo dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha detto che l’assalto israeliano, attualmente concentrato sulla città di Gaza, “sta spingendo nuove ondate di sfollamento, costringendo famiglie traumatizzate in un’area sempre più ridotta e inadatta alla dignità umana”. “I feriti e le persone con disabilità non possono spostarsi in sicurezza, il che mette le loro vite in grave pericolo”, ha detto Tedros. “Chiediamo la fine immediata di queste condizioni disumane. Chiediamo un cessate il fuoco”. Secondo i rapporti, solo due ospedali nella città più grande dell’enclave, al-Shifa e al-Ahli, restano parzialmente funzionanti. Cosa sta accadendo nella città di Gaza? Centinaia di palestinesi vengono sfollati con la forza ogni giorno dai bombardamenti indiscriminati in corso di Israele contro la città di Gaza, che uccidono decine di civili quotidianamente. Le famiglie fuggono verso sud, seguendo le minacce israeliane di dirigersi verso la cosiddetta “zona sicura” di al-Mawasi, un’area sovraffollata e colpita ripetutamente dalle forze israeliane. Secondo fonti locali sul terreno, la città di Gaza viene sistematicamente svuotata, edificio dopo edificio, famiglia dopo famiglia. Le fonti hanno aggiunto che le forze israeliane hanno intensificato i loro attacchi contro la città di Gaza, distruggendo decine di edifici residenziali e rifugi. L’Ufficio stampa del governo di Gaza ha dichiarato domenica che Israele ha portato avanti “bombardamenti sistematici di torri, edifici residenziali, scuole e istituzioni civili con l’obiettivo di sterminio e sfollamento forzato” mentre continua la sua offensiva sulla città. “Pur dichiarando di colpire la resistenza, la realtà sul campo dimostra senza dubbio che l’occupazione bombarda deliberatamente e secondo una metodologia chiara scuole, moschee, ospedali e centri medici, distrugge torri e edifici residenziali, tende di sfollati e colpisce le sedi di varie istituzioni comprese istituzioni internazionali che operano nel campo umanitario”, ha spiegato in un comunicato. Il portavoce della Difesa civile Mahmoud Basal ha detto: “Ciò che cade su Gaza non sono solo missili, ma barili di fuoco e lava vulcanica distruttiva che bruciano la terra e tutto ciò che vi è sopra”. Questo avviene nel quadro dei piani israeliani di occupare la città di Gaza e di ripulire etnicamente la città settentrionale dai suoi abitanti attraverso lo sfollamento forzato. Pesanti bombardamenti hanno colpito la città e le forze hanno iniziato ad avanzare dalle periferie dopo settimane di attacchi letali. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha confermato il lancio di “una potente operazione a Gaza” iniziata martedì, chiamata Carri di Gedeone 2. Il letale assalto contro la città di Gaza è stato accolto con celebrazioni in Israele, mentre il ministro della difesa Israel Katz ha detto che “la città di Gaza sta bruciando”. L’offensiva è iniziata lo stesso giorno in cui esperti indipendenti incaricati dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite hanno confermato che Israele sta commettendo genocidio a Gaza. “Catastrofico”. Le Nazioni Unite hanno detto che l’offensiva ha costretto centinaia di palestinesi ad andare a sud, aggravando una crisi umanitaria già catastrofica. Olga Cherevko, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, ha affermato che le condizioni sono “nient’altro che catastrofiche”. “C’è un flusso costante di persone che si spostano dal nord, con molti che percorrono a piedi i 22 km fino alla ‘zona umanitaria’ di al-Mawasi – così etichettata da Israele”. “Le condizioni igieniche sono così gravi che, ovviamente, portano a una massiccia diffusione di malattie, eruzioni cutanee e ogni sorta di crisi di salute pubblica”. Radicati alla loro terra. Nonostante le ripetute minacce israeliane di sfollamento forzato e i bombardamenti incessanti, l’Ufficio stampa del governo di Gaza ha confermato martedì che più di un milione di palestinesi nel nord dell’enclave restano “radicati” alla loro terra. L’Ufficio ha detto che, su 1,3 milioni di persone nella città di Gaza e nelle cittadine a nord, circa 190.000 sono fuggite a sud mentre 15.000 sono tornate a nord a causa delle condizioni disperate nelle aree che l’esercito israeliano aveva designato come “zone sicure”. Le autorità locali hanno osservato che Israele attacca regolarmente Rafah e al-Mawasi vicino a Khan Younis, dove ha ordinato alla popolazione di fuggire. “Queste aree mancano completamente dei beni di prima necessità, senza ospedali, senza infrastrutture e senza servizi essenziali come acqua, cibo, rifugio, elettricità o istruzione, rendendo la vita quasi impossibile”, ha dichiarato l’Ufficio in un comunicato. Quest’area non ammonta a più del 12 percento della superficie totale della Striscia di Gaza, ha aggiunto, osservando che l’occupazione israeliana “sta cercando di confinare con la forza oltre 1,7 milioni di persone in questo spazio limitato, come parte di un piano più ampio per stabilire quelli che di fatto sono ‘campi di concentramento’.” “Questo fa parte di una politica sistematica di sfollamento forzato volta a svuotare il nord di Gaza e la città di Gaza dei loro abitanti, un chiaro crimine di guerra e un crimine contro l’umanità, in flagrante violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale”. Traduzione per InfoPal di F.L.
Lo Yemen lancia attacchi con droni e missili contro siti israeliani “sensibili”
Sana’a – Presstv. Le Forze armate yemenite (YAF) hanno condotto tre operazioni militari “riuscite” contro siti israeliani “sensibili” in ritorsione all’attacco del regime contro lo Yemen e in sostegno ai palestinesi sottoposti da quasi due anni a una guerra genocida. In una dichiarazione di giovedì, il portavoce militare yemenita, generale di brigata Yahya Saree, ha annunciato che il suo paese ha condotto un’operazione militare “qualitativa” contro un “obiettivo militare sensibile” a Yaffa occupata (Tel Aviv), usando un missile balistico ipersonico chiamato “Palestina 2”. “L’operazione ha raggiunto con successo il suo obiettivo”, ha detto, costringendo milioni di coloni a fuggire nei rifugi e portando alla chiusura dello spazio aereo sui territori occupati. Le Forze armate yemenite hanno anche condotto un’operazione contro diversi obiettivi nella città di Umm Rashrash, conosciuta anche come Eilat, utilizzando tre droni, secondo il comunicato. Un altro drone ha colpito un “obiettivo sensibile” a Beer al-Sabe (Be’er Sheva). Il portavoce ha promesso che Umm Rashrash continuerà a essere un obiettivo principale delle operazioni di ritorsione yemenite. “Gli eventi e gli sviluppi hanno dimostrato che questo nemico criminale rappresenta una minaccia per la regione, che colpisce sia i paesi che i popoli, e il suo pericolo non è limitato alla geografia della Palestina occupata. Questo richiede che tutti si assumano la responsabilità”. La dichiarazione ha ribadito che le operazioni pro-Palestina dello Yemen continueranno fino a quando l’aggressione israeliana contro Gaza non finirà e l’assedio non sarà revocato. L’operazione yemenita è avvenuta dopo che, martedì, Israele aveva lanciato 12 attacchi aerei contro la città portuale yemenita di Hudaydah. Alla fine di agosto, un attacco israeliano aveva anche ucciso Ahmed al-Rahawi, che serviva come primo ministro nell’amministrazione guidata dagli Houthi a Sanaa. L’attacco di giovedì è avvenuto solo quattro giorni dopo i raid israeliani sulla capitale e sulla provincia settentrionale di al-Jawf, che avevano ucciso più di 40 persone. Dall’inizio del genocidio, nell’ottobre 2023, le forze yemenite hanno condotto decine di operazioni a sostegno dei gazawi colpiti dalla guerra, colpendo obiettivi in tutti i territori palestinesi occupati, oltre a prendere di mira navi israeliane o imbarcazioni dirette verso i porti dei territori. Il regime ha lanciato la guerra dopo che i combattenti della resistenza di Gaza hanno condotto a sorpresa l’Operazione Al-Aqsa Flood contro l’entità sionista, in risposta alla decennale campagna di massacri e devastazioni del regime contro i palestinesi. La sanguinosa offensiva del regime contro Gaza ha finora ucciso almeno 65.141 palestinesi, per lo più donne e bambini.
Porto italiano rifiuta di caricare container di esplosivi destinati a Israele
Ravenna – MEMO. Il porto italiano di Ravenna ha rifiutato giovedì di caricare due container pieni di esplosivi per la spedizione verso Israele, a seguito di una richiesta delle autorità locali, secondo una dichiarazione rilasciata dal comune della città. Il sindaco di Ravenna, Alessandro Barattoni, ha dichiarato in un comunicato: “Grazie ai coraggiosi portuali, siamo stati informati ieri sera dell’arrivo previsto oggi di due container al porto di Ravenna”. Ravenna, insieme ai leader provinciali e al governo regionale dell’Emilia-Romagna, è azionista del porto, il che ha permesso di bloccare la spedizione. “Bisogna scegliere da che parte stare, e l’Emilia-Romagna e Ravenna sanno perfettamente quale: quella delle vittime innocenti e degli ostaggi, e non quella dei governi criminali e delle organizzazioni terroristiche”, hanno detto i leader regionali in una dichiarazione. La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha definito “inaccettabile” il piano di Israele di occupare Gaza, ma a differenza di diversi paesi europei come Francia e Spagna, ha escluso il riconoscimento dello Stato di Palestina, sottolineando che tale riconoscimento dovrebbe avvenire solo dopo la creazione di un vero Stato palestinese. All’inizio di giugno, anche i lavoratori del porto di Marsiglia, nel sud della Francia, avevano rifiutato di caricare container di equipaggiamenti militari destinati a Haifa, affermando che non avrebbero “preso parte al genocidio portato avanti dal governo israeliano” né sarebbero diventati “complici di questi massacri”.
Investigatrice ONU Pillay: la responsabilità per il genocidio a Gaza è possibile
Gaza – Al Mayadeen. Navi Pillay, giurista sudafricana a capo della Commissione d’Inchiesta delle Nazioni Unite (COI) sulla Palestina, ha espresso fiducia sul fatto che un giorno i leader israeliani potrebbero affrontare un processo per genocidio a Gaza. Basandosi sulla sua esperienza alla guida del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, la Pillay ha detto di vedere chiari paralleli tra i due casi. La giustizia, ha ammesso, è un processo lungo. Ma ha ricordato le parole di Nelson Mandela: “Sembra sempre impossibile finché non viene fatto”. Parlando all’AFP, Pillay ha sottolineato: “Non considero impossibile che in futuro vi saranno arresti e processi”. La COI indipendente, che non parla formalmente a nome delle Nazioni Unite, ha pubblicato questa settimana un rapporto dichiarando che “un genocidio è in corso a Gaza”. Le conclusioni accusano il presidente israeliano Isaac Herzog, il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Sicurezza Yoav Gallant di incitamento al genocidio. “Israele” ha categoricamente respinto il rapporto, definendolo “distorto e falso”. Paralleli con il Ruanda. Pillay ha sottolineato le somiglianze con il genocidio ruandese del 1994, quando circa 800.000 persone, per lo più tutsi e hutu moderati, furono massacrate. Come presidente del tribunale per il Ruanda, ha affermato che guardare i filmati di civili torturati e uccisi l’ha segnata “per tutta la vita”. “Vedo similitudini con quanto sta accadendo a Gaza”, ha spiegato, indicando “lo stesso tipo di metodi”. Mentre i tutsi erano il bersaglio in Ruanda, ha osservato che ora i palestinesi sono collettivamente presi di mira a Gaza. Ha citato le dichiarazioni di funzionari israeliani che descrivevano i palestinesi come “animali”, paragonando questa retorica alla demonizzazione dei tutsi come “scarafaggi”. “In entrambi i casi, la popolazione bersaglio viene disumanizzata”, ha affermato, “inviando il segnale che è accettabile ucciderli”. Mandati d’arresto della CPI. La Corte Penale Internazionale (CPI) ha già emesso mandati d’arresto contro Netanyahu e Gallant per sospetti crimini di guerra. Pillay ha riconosciuto che la responsabilità non sarà facile da ottenere, sottolineando che la CPI “non ha un proprio sceriffo o forza di polizia per eseguire gli arresti”. Tuttavia, ha evidenziato che la domanda pubblica di giustizia può innescare cambiamenti drammatici, ricordando che nemmeno lei credeva che l’apartheid sarebbe finito durante la sua vita. Una lunga carriera nella giustizia. La carriera della Pillay copre decenni di casi difficili sui diritti umani. Dalla difesa dei prigionieri politici nell’apartheid sudafricano, al ruolo di giudice presso il tribunale del Ruanda e poi come Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, ha sempre assunto incarichi controversi. Oggi, a 83 anni, presiede la COI sulla Palestina dalla sua creazione, quattro anni fa. La commissione ha affrontato costanti accuse di parzialità, antisemitismo e campagne che chiedevano sanzioni contro i suoi membri. Pillay insiste però che la parte più difficile del suo lavoro è rivedere le prove grafiche provenienti da Gaza, compresi i filmati di violenze sessuali e abusi da parte dell’esercito. “Guardare quei video è traumatico. È dolorosissimo”, ha ammesso. La COI prevede di compilare una lista di individui sospettati di crimini a Gaza e di esaminare la possibile complicità di Paesi che sostengono “Israele”. Questo lavoro continuerà sotto una nuova leadership, dato che la Pillay lascerà l’incarico a novembre per ragioni di età e di salute. Prima della sua partenza, intende presentare il rapporto sul genocidio di Gaza all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. “Ho già il visto”, ha detto, osservando che non vi è alcun segnale che possa essere revocato. Traduzione per InfoPal di F.L.
“Complici di genocidio”: il veto degli Stati Uniti al cessate il fuoco di Gaza scatena la condanna
Gaza. Gli Stati Uniti hanno esercitato il loro potere di veto per bloccare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente nella Striscia di Gaza, segnando il sesto veto di questo tipo dall’inizio del genocidio quasi due anni fa. La risoluzione è stata redatta dai dieci membri non permanenti del Consiglio – Algeria, Danimarca, Grecia, Guyana, Pakistan, Panama, Repubblica di Corea, Sierra Leone, Slovenia e Somalia – ed è stata sostenuta da 14 dei 15 membri del Consiglio. Giovedì, gli Stati Uniti hanno posto il veto. La risoluzione chiedeva l’ingresso e la distribuzione senza restrizioni di aiuti umanitari a Gaza e sottolineava il ripristino dei servizi essenziali in un contesto di carestia confermata e di intensificazione delle operazioni militari. La risoluzione esortava tutte le parti a rispettare il cessate il fuoco e chiedeva la distribuzione sicura e senza ostacoli degli aiuti da parte delle Nazioni Unite e dei suoi partner, in conformità con il diritto internazionale umanitario e i principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza. Il veto degli Stati Uniti contro una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza ha suscitato ampie condanne, con il movimento di resistenza di Hamas che ha condannato la complicità di Washington nel genocidio contro i palestinesi. “L’uso del veto da parte dell’amministrazione statunitense nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per ostacolare una bozza di risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza rappresenta una palese complicità e una piena collaborazione nel crimine di genocidio commesso dall’occupazione sionista contro il popolo palestinese”, ha dichiarato Hamas giovedì. Il movimento ha aggiunto che il veto degli Stati Uniti è “un via libera alla continuazione dei crimini di uccisioni, fame e della feroce offensiva criminale contro la città di Gaza”. Esprimendo apprezzamento per i 10 paesi che hanno presentato la bozza, tra cui Algeria, Danimarca e Pakistan, Hamas ha esortato questi paesi e altre nazioni, nonché le organizzazioni internazionali, a fare pressione sul regime israeliano affinché cessi la guerra genocida e chiami i leader israeliani a rispondere dei loro crimini contro i palestinesi. Il movimento di resistenza del Jihad Islamico ha inoltre sottolineato che il veto degli Stati Uniti costituisce “un’ulteriore prova che l’amministrazione [di Donald] Trump è una vera e propria complice e un’importante istigatrice di questi crimini”. Il movimento ha osservato che quanto sta accadendo “rappresenta un disprezzo non solo per il diritto internazionale e le norme umanitarie, ma anche per i popoli e i regimi della regione, divisi tra coloro che sono impotenti e coloro che sono complici”. Anche il Movimento dei Mujahedin Palestinesi ha condannato il veto degli Stati Uniti, definendolo una licenza aperta per Israele di continuare a commettere genocidio a Gaza. Israele ha lanciato la guerra dopo che i combattenti della resistenza di Gaza hanno condotto a sorpresa l’Operazione Al-Aqsa Flood contro l’entità sionista in risposta alla decennale campagna di massacri e devastazioni del regime contro i palestinesi. Il sanguinoso assalto del regime a Gaza ha finora ucciso almeno 65.141 palestinesi, per lo più donne e bambini. (Fonti: PressTV, Quds Press, PIC).
L’Olocausto gazawi continua per il 714° giorno consecutivo. Morti e feriti nelle zone “sicure” del sud della Striscia. Robot esplosivi per distruggere ciò che resta della città di Gaza. Ripristinate le linee telefoniche
Gaza – InfoPal. Le forze nazi-sioniste di occupazione israeliane (IOF) continuano la loro guerra genocida sulla Striscia di Gaza dopo aver posto fine unilateralmente al cessate il fuoco, sostenuti politicamente, economicamente e militarmente dagli Stati Uniti, dall’Europa e da parte del mondo arabo. Decine di attacchi aerei e raffiche di artiglieria colpiscono implacabilmente tutto il territorio, prendendo di mira case, tende, rifugi civili, auto piene di sfollati, e centri di distribuzione aiuti. La città di Gaza è stata invasa ed è sotto brutale attacco, mentre la popolazione è obbligata a sfollare, in una nuova Nakba. Tuttavia, molti si rifiutano di andarsene, rimanendo nei loro quartieri. Gli obiettivi preferiti dal regime genocida di Tel Aviv sono bambini (neonati inclusi), donne, medici e giornalisti. Mai si era vista tanta barbarie sadica trasmessa “dal vivo” e sotto gli occhi del mondo intero. Lo sterminio dei nativi palestinesi avanza, sia nella Striscia di Gaza sia in Cisgiordania, ma questa campagna sistematica di annientamento degli autoctoni di Palestina, i veri semiti, sta portando Israele, entità ormai disprezzata e boicottata dall’Umanità intera, verso l’autodistruzione. La fine di Israele è vicina e la vedremo tutti. Questa mattina presto, le forze di occupazione israeliane hanno fatto detonare un robot carico di esplosivo nel quartiere Tal Al-Hawa di Gaza per demolire un edificio residenziale, nell’ambito del piano di pulizia etnica israeliano in corso contro la città. Sono stati segnalati diversi feriti palestinesi in seguito a un attacco israeliano nella zona “sicura” di al-Mawasi Al-Qarara, a nord-ovest di Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale. Due bambini palestinesi sono stati uccisi in seguito a un attacco israeliano contro una tenda che ospitava famiglie sfollate a ovest di Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale. I caccia israeliani hanno scatenato una cintura di fuoco prendendo di mira diversi quartieri della città di Gaza, mentre l’esercito israeliano stringe il cappio sulla popolazione rimanente per costringerla ad andarsene. Ripristinati i servizi di telecomunicazione e internet. La Compagnia palestinese delle Telecomunicazioni ha annunciato giovedì che le sue squadre sono riuscite a ripristinare i servizi internet e di linea fissa nei governatorati di Gaza e della Striscia di Gaza settentrionale, nonostante le pericolose condizioni del campo. L’Autorità di Regolamentazione delle Telecomunicazioni aveva annunciato mercoledì che i servizi internet e di linea fissa erano stati interrotti nei governatorati di Gaza e della Striscia di Gaza settentrionale a causa della continua aggressione israeliana e degli attacchi a importanti rotte di rete. Dall’inizio dell’attacco israeliano alla Striscia di Gaza, il 7 ottobre 2023, i servizi di telecomunicazioni e internet sono stati ripetutamente interrotti in tutta la regione o in gran parte di essa, a causa degli intensi bombardamenti israeliani o dell’esaurimento del carburante utilizzato per alimentare i generatori di elettricità. (Fonti: Quds Press, Quds News network, PressTv, PIC, Wafa, The Cradle, Al-Mayadeen; ministero della Salute di Gaza; Euro-Med monitor, Telegram; credits foto e video: Quds News network, PIC, Wafa, ministero della Salute di Gaza, Telegram e singoli autori). Per i precedenti aggiornamenti: https://www.infopal.it/category/genocidio-e-pulizia-etnica-a-gaza
Giudice USA ordina la deportazione di Mahmoud Khalil in Siria o Algeria
Washington – Quds News. Un giudice dell’immigrazione negli Stati Uniti ha ordinato la deportazione dell’attivista pro-Palestina e laureato della Columbia University, Mahmoud Khalil, in Algeria o in Siria. Il giudice Comans ha affermato che Khalil non aveva dichiarato i suoi legami con l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) e con Columbia University Apartheid Divest, un gruppo di attivisti che promuove il boicottaggio economico di Israele, nella sua domanda di green card, descrivendo ciò come una “mancanza di sincerità” da parte del richiedente. “Questa Corte ritiene che il convenuto abbia volontariamente rappresentato in modo falso fatti materiali con il solo scopo di aggirare il processo di immigrazione e ridurre la probabilità che la sua domanda potesse essere respinta”, ha dichiarato Comans. Gli avvocati di Khalil hanno risposto affermando di avere intenzione di presentare ricorso contro l’ordine di deportazione e hanno richiamato l’attenzione su un’ordinanza del tribunale distrettuale federale emessa all’inizio di quest’anno che vietava al governo di deportare o detenere immediatamente Khalil mentre il suo caso federale era in corso. La squadra legale di Khalil ha ora 30 giorni dalla data della sentenza di deportazione, il 12 settembre, per fare appello alla Board of Immigration Appeals. I suoi avvocati hanno detto di aspettarsi che il processo di appello sia rapido e che il loro tentativo non abbia successo, poiché ai non cittadini “quasi mai” viene concessa la sospensione della rimozione. Gli agenti dell’immigrazione statunitense hanno arrestato per la prima volta Khalil, ex studente laureato alla Columbia University di New York, l’8 marzo, presentandosi nel suo edificio residenziale per studenti all’interno del campus della città. L’arresto faceva parte di una dura repressione dell’amministrazione Trump contro l’attivismo pro-Palestina nei campus universitari statunitensi, che ha visto diversi studenti stranieri detenuti e deportati, mentre le università subivano tagli ai finanziamenti federali da parte di Trump per presunte attività antisemite. Le autorità hanno trattenuto Khalil in un centro di detenzione per immigrati in Louisiana per tre mesi, fino a quando non è stato rilasciato, a giugno, in seguito a una sentenza del giudice distrettuale statunitense Michael Farbiarz che ha dichiarato incostituzionale la sua detenzione. Il segretario di Stato USA Marco Rubio e funzionari delle forze dell’ordine avevano ripetutamente descritto l’attivismo pacifico di Khalil come anti-ebraico e a sostegno di Hamas, ma non sono riusciti a fornire alcuna prova a supporto delle loro accuse. Farbiarz ha stabilito che l’amministrazione Trump stava probabilmente violando il diritto alla libertà di parola di Khalil detenendolo e tentando di deportarlo in base a una disposizione dell’Immigration and Nationality Act del 1952, che consente la rimozione di cittadini stranieri che comportino “potenziali gravi conseguenze avverse per la politica estera degli Stati Uniti”. La Casa Bianca è stata implacabile nei suoi tentativi di deportare Khalil, spostando più recentemente l’attenzione sulle presunte violazioni della sua domanda di green card. Gli avvocati di Khalil hanno espresso la preoccupazione, dopo la sentenza di deportazione, che “l’unico ostacolo significativo” alla deportazione del loro cliente fosse ora la “importante ordinanza che vieta la rimozione” emessa dal giudice Farbiarz. In una dichiarazione rilasciata mercoledì, Khalil ha accusato l’amministrazione Trump di usare “tattiche fasciste” per vendicarsi contro di lui per il suo “esercizio della libertà di parola”. “Quando il loro primo tentativo di deportarmi stava per fallire, hanno deciso di fabbricare accuse infondate e ridicole nel tentativo di mettermi a tacere per aver parlato e per essermi schierato fermamente con la Palestina, chiedendo la fine del genocidio in corso [a Gaza]”, ha detto Khalil.
ONU: 75 palestinesi morti in detenzione israeliana in due anni
 Ramallah –  PIC. Almeno 75 palestinesi, incluso un diciassettenne, sono morti in detenzione israeliana dal 7 ottobre 2023, secondo un rapporto pubblicato mercoledì dall’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) nei territori palestinesi occupati. “49 di queste vittime detenute provenivano dalla Striscia di Gaza, 24 dalla Cisgiordania e due erano cittadini palestinesi di Israele. Ulteriori 19 decessi sono stati riconosciuti dalle autorità israeliane senza fornire dettagli sufficienti a verificarne l’identità”, spiega il rapporto. Il rapporto menziona anche altri cinque palestinesi, tra cui un sedicenne, morti in custodia poco dopo essere stati colpiti dalle forze di sicurezza israeliane, alcuni senza aver ricevuto cure mediche tempestive. Il documento accusa le autorità israeliane di torturare sistematicamente i prigionieri palestinesi, sottoponendoli a maltrattamenti deliberati e negando loro l’accesso a cure mediche. “Le autorità israeliane hanno deliberatamente imposto condizioni di detenzione che equivalgono a tortura o ad altre forme di maltrattamento e che hanno contribuito ai decessi dei detenuti, mentre la cultura dell’impunità e la negazione dell’accesso al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno prevedibilmente alimentato  un’estrema violenza contro i palestinesi nelle carceri israeliane”. “Abbiamo documentato la tortura e i maltrattamenti sistematici a cui Israele ha sottoposto i prigionieri palestinesi, inclusi pestaggi ripetuti, waterboarding, posizioni di stress, l’uso di stupri e altre violenze sessuali e di genere, nonché l’imposizione di condizioni deliberatamente disumane come la fame e la negazione di vestiti puliti, beni igienici e cure mediche”. L’OHCHR ha dichiarato che “le autorità israeliane devono urgentemente porre fine alla tortura sistematica e ad altri maltrattamenti dei palestinesi rinchiusi nelle loro prigioni e in altri luoghi di detenzione e devono proteggere e garantire il loro diritto alla vita”. Almeno 22 detenuti morti soffrivano di condizioni di salute che richiedevano cure mediche prima dell’arresto, mentre in almeno 12 casi l’OHCHR ha raccolto testimonianze o prove sotto forma di rapporti autoptici che i detenuti sono morti dopo essere stati picchiati o torturati dalle forze di sicurezza israeliane. L’ufficio ha inoltre richiamato l’attenzione sul rifiuto di Israele di conformarsi a una decisione dell’Alta Corte del 7 settembre che ordinava allo Stato di migliorare la quantità e la qualità del cibo fornito ai prigionieri palestinesi, così come ai tentativi israeliani di nascondere i rapporti sulle condizioni di detenzione. “A meno che non vengano confutate da indagini conformi agli standard internazionali per ciascun caso, Israele rimane responsabile di ogni singolo decesso in custodia”, si legge nel rapporto, avvertendo che tali pratiche possono costituire crimini di guerra o crimini contro l’umanità. “Israele ha l’obbligo di porre fine a tutte le pratiche che equivalgono a tortura o ad altri maltrattamenti e di proteggere tutti i detenuti da tali pratiche, anche garantendo ai prigionieri accesso regolare alle loro famiglie, ai loro avvocati, ai tribunali e affinché organismi indipendenti come il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) conducano ispezioni regolari nei luoghi di detenzione”, ha sottolineato l’ufficio per i diritti umani. “Israele deve proteggere e rispettare il diritto alla vita di tutti i prigionieri e deve fornire accesso a cure mediche adeguate, anche per garantire che i detenuti non muoiano a causa di condizioni preesistenti”, ha aggiunto. Traduzione per InfoPal di F.F.
NYT: “Israele” sfrutta la guerra a Gaza per impadronirsi delle terre in Cisgiordania
New York – Al Mayadeen. Un editoriale pubblicato giovedì sul New York Times da Philip H. Gordon, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Kamala Harris, ha lanciato l’allarme sull’accelerazione dell’annessione delle terre palestinesi in Cisgiordania da parte di Israele, un progetto che, secondo lui, seppellirebbe la prospettiva di uno Stato palestinese e aggraverebbe lo status di paria di “Israele” a livello mondiale. Mentre lo sguardo del mondo resta fisso sull’assalto devastante a Gaza, Gordon avverte che il governo israeliano sta sfruttando il caos per portare avanti un’agenda coloniale in Cisgiordania. Sottolinea che le figure dell’estrema destra nella coalizione di Benjamin Netanyahu, incoraggiate dall’indifferenza statunitense, stanno cogliendo il momento per consolidare un controllo permanente su territori che appartengono ai palestinesi. Da decenni, i palestinesi vedono la loro terra essere costantemente erosa dagli insediamenti. La popolazione dei coloni, osserva Gordon, è cresciuta fino a circa 740.000 persone a fronte delle appena 10.000 degli anni ’70, e solo nell’ultimo anno sono stati istituiti oltre 100 nuovi avamposti. L’ultimo punto critico è il piano E1, definito un insediamento “apocalittico” dagli avvocati della soluzione dei due Stati, che separerebbe fisicamente Gerusalemme Est dalle città palestinesi come Ramallah e Betlemme. Il ministro delle Finanze di Israele, Bezalel Smotrich, ha ammesso senza mezzi termini che il progetto “seppellisce l’idea di uno Stato palestinese”, mentre Netanyahu ha dichiarato: “Adempiremo alla nostra promessa che non ci sarà uno Stato palestinese. Questo posto appartiene a noi”. Violenza dei coloni protetta. L’espansione non è guidata solo dalla burocrazia, ma anche dall’aumento della violenza dei coloni. I palestinesi subiscono intimidazioni sistematiche: raccolti distrutti, auto incendiate, interruzioni d’acqua e omicidi. L’ONU ha registrato oltre 1.000 episodi solo quest’anno, il numero più alto da quando il monitoraggio è iniziato, nel 2006. Gordon mette in evidenza il caso del colono radicale Yinon Levi, ripreso in un video mentre sparava all’attivista Awdah Hathaleen. Israele ha ritardato la restituzione del corpo di Hathaleen per più di una settimana, mentre Levi è stato rapidamente rilasciato da un tribunale per “insufficienza di prove”. Il ruolo degli Stati Uniti è centrale. A differenza delle amministrazioni precedenti, la squadra di Trump ha offerto copertura alla campagna di annessione di Israele. Il Segretario di Stato, Marco Rubio, ha descritto l’annessione come “non definitiva”, mentre l’ambasciatore Mike Huckabee ha dichiarato che gli Stati Uniti “non hanno mai chiesto a Israele di non applicare la sovranità” in Cisgiordania. Washington ha anche revocato le sanzioni contro i gruppi di coloni violenti e vietato ai leader dell’Autorità Palestinese, compreso Mahmoud Abbas, di partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Espansione dell’apartheid. Secondo Gordon, solo un’azione internazionale coordinata può fermare l’espansione dell’apartheid di Israele”. Gli Emirati Arabi Uniti hanno già avvertito che l’annessione rappresenta una “linea rossa”, mentre Francia e Arabia Saudita stanno portando la questione all’ONU. La scelta, conclude Gordon, è chiara: Israele può mantenere i legami con la comunità internazionale oppure perseguire il dominio sui palestinesi nei territori occupati della Cisgiordania, ma non entrambe le cose.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU vota su una risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza
New York.  Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato giovedì su un progetto di risoluzione che chiede un cessate il fuoco a Gaza e un accesso umanitario senza ostacoli all’enclave assediata e devastata. Alla fine di agosto, i membri eletti hanno avviato discussioni sulla bozza di risoluzione in risposta alla dichiarazione ufficiale delle Nazioni Unite sulla carestia nella Striscia di Gaza. Il progetto di risoluzione, messo ai voti il 18 settembre, chiede la fine delle restrizioni all’ingresso degli aiuti umanitari e richiede un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente a Gaza, nonché il rilascio immediato e incondizionato dei detenuti. Ad agosto, esperti partner dell’ONU hanno confermato il verificarsi della carestia in una parte della Striscia, mentre una commissione ONU ha dichiarato che Israele sta commettendo un “genocidio” a Gaza. Nel 2024, la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati d’arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Dal 7 ottobre 2023, l’occupazione israeliana sta commettendo crimini genocidari nella Striscia di Gaza, che hanno provocato l’uccisione di 65.062 palestinesi, con quasi 165.697 feriti registrati, per lo più bambini e donne, e una carestia che ha causato la morte di 432 persone, tra cui 146 bambini. (Fonti: Wafa, PIC, Quds News).