
La Global March to Gaza smentisce il comunicato della Farnesina
Pressenza - Friday, June 6, 2025In merito a quanto pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, insieme all’ambasciata d’Italia al Cairo, la Global March to Gaza ci tiene a fare alcune precisazioni e correzioni rispetto a quanto scritto.
L’iniziativa non ha mai avuto come scopo quello di “trasportare aiuti via terra direttamente dentro la Striscia di Gaza”, come si legge nel comunicato. Abbiamo sempre spiegato che la marcia sarà pacifica, non intende entrare nella Striscia e raggiungere Gaza, come non intende trasportare aiuti. Il programma prevede invece di raggiungere Al-Alrish, luogo turistico e di libero accesso, e da lì marciare a piedi per circa 50 km fino a raggiungere il valico di Rafah da cui passano pochissimi aiuti umanitari destinati alla popolazione palestinese stremata. Non soltanto un sostegno simbolico: l’obiettivo è di negoziare l’apertura del terminal con le autorità egiziane, in collaborazione con Ong, diplomatici e istituzioni umanitarie, che marciano con noi, in modo pacifico e senza forzare alcuna barriera.
Il tratto da Al-Arish, come comunicato ai partecipanti alla marcia, è una zona militarizzata, impossibile da attraversare se non con permessi speciali. A oggi non abbiamo questa autorizzazione. In caso di diniego o di blocco abbiamo sempre comunicato che mai forzeremmo la decisione del governo egiziano o dei militari ai checkpoint: non è nostra intenzione mettere in pericolo le persone che si sono affidate a noi per questa impresa di solidarietà verso i palestinesi.
Al momento non esiste una comunicazione ufficiale da parte delle autorità egiziane né sulle misure di sicurezza, né sull’autorizzazione alla marcia. Di recente il Ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, ha ribadito l’urgente necessità di un accesso illimitato e completo agli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e ha condannato l’uso della fame come arma contro il popolo palestinese.
Da fonti egiziane ci risulta che, dopo aver mandato la nostra richiesta per l’autorizzazione alla marcia per tutte le delegazioni che parteciperanno, alcuni degli scenari potrebbero essere i seguenti: 1) inserimento delle persone che arrivano al Cairo in una black list che non permette di rientrare nel paese 2) espatrio 3) che sia permessa la marcia accompagnati dalle forze militari egiziane.
Gli incontri che altre delegazioni hanno avuto con le ambasciate egiziane sono stati positivi e di apertura all’evento. Con l’augurio che la marcia riceva tutti i permessi necessari. Proprio ieri è giunta la notizia che venti parlamentari europei marceranno con noi verso Rafah, tra questi anche tre rappresentanti italiani. I membri europei hanno scritto una lettera indirizzata al presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi chiedendo l’autorizzazione ufficiale e la facilitazione della marcia attraverso il territorio egiziano.
Nella sua storia l’Italia si è sempre distinta per aver promosso azioni pacifiche in conflitti di guerra, per sensibilizzare l’opinione pubblica e per chiedere la fine delle guerre laddove i governi non hanno trovato il modo di impedire la strage di innocenti. Da mesi invece tutto questo accade a Gaza, nel complice silenzio dei governi, italiano compreso, che mai hanno chiesto la fine dei bombardamenti. Ricordiamo le carovane della pace a Sarajevo, promosse dal movimento pacifista italiano nel 1991.
Sappiamo che il governo italiano ha interessi a mantenere saldi i rapporti con Israele al quale fornisce armi che poi servono a compiere il genocidio del popolo palestinese e per questo cerca di scoraggiare e sabotare una marcia pacifica, abbandonando di fatto i propri cittadini e non garantendo loro una protezione in territorio straniero.
«Non sarà una passeggiata: per questo motivo, tutti i partecipanti hanno compilato un modulo di adesione in cui vengono informati della possibilità di essere rimpatriati, interrogati o arrestati. Questo è dovuto all’indifferenza dei politici italiani. Come ben sappiamo, la causa palestinese per molti è diventata propaganda e quindi probabilmente il sapere che non avranno un podio da esporre sui social media ha portato i politici italiani a voltarsi dall’altra parte, senza rendersi conto dell’enorme errore che stanno commettendo. Perché gli italiani questo lo ricorderanno» ha dichiarato alla stampa Antonietta Chiodo, referente per l’Italia della Global March to Gaza.
Siamo 52 delegazioni da altrettanti Paesi con centinaia di persone che mosse dalla causa palestinese hanno deciso di riunirsi pacificamente per mandare un messaggio forte: fine del blocco su Gaza e un corridoio umanitario garantito. Ci sostengono decine di associazioni in tutto il mondo, la lista completa si trova sul nostro sito marchtogaza.net. Il nostro gruppo è composto da persone che da decenni lavorano in situazioni di conflitto e crisi, a sostegno dei popoli e dei diritti umani.
Ad affiancare via mare la marcia “per rompere l’assedio” ci sarà anche la Freedom Flotilla Coalition, con cui la Global March to Gaza ha firmato una dichiarazione congiunta, che è partita il primo giugno dal porto di Catania in Sicilia con a bordo anche Greta Thunberg e la deputata europea Rima Hassan, insieme ad altri attivisti. Oggi la Madleen si è imbattuta in una nave della guardia costiera libica, che si è prima identificata come egiziana, mentre stava riportando alcune persone verso le coste della Libia, contrariamente a quanto dice il regolamento internazionale sull’accoglienza dei rifugiati. Quattro persone per sfuggire a un destino di torture e prigione si sono gettate in mare, rischiando di annegare, e sono state portate in salvo dalla Flotilla. I centri libici sono finanziati dal governo italiano in barba a ogni diritto umano per le persone che lì sono in trappola.
«I palestinesi, compresi quelli della Cisgiordania, sono topi in gabbia a cui è negato da sempre di potere conoscere il mondo. Il Valico di Rafah è l’unico budello di congiunzione con Gaza per uscire – continua Chiodo – ho documentato negli anni passati come reporter l’umiliazione di chi si accampava al valico in attesa di uscire nonostante fosse stato approvato il permesso mesi prima, e per giorni vi erano donne, uomini, anziani e bambini sdraiati per terra in attesa di questa apertura. C’è una vergogna più grande di questa? Non penso. Il valico va aperto, non si può tenere in ostaggio una popolazione».
Aggiungiamo infine che il nome corretto dell’iniziativa è Global March to Gaza, non “March for Gaza” come erroneamente scritto nel comunicato.