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Non distogliamo l’attenzione
Avevamo dato notizia lunedì scorso, nella rubrica Prossimo Futuro, di un presidio indetto dall’assemblea “Palermo solidale con la Palestina – Blocchiamo tutto” per domenica mattina all’ingresso del porto, per contestare l’attracco di una nave da crociera israeliana. La nave non farà più tappa in Sicilia. Possiamo considerarlo un risultato? Un segnale di una nuova attenzione alle proteste in difesa dei diritti umani e contro le guerre? Non sappiamo… Ecco intanto il comunicato degli organizzatori Stop alle collaborazioni con Israele! Fuori i sionisti dalla nostra terra! La nave Crown Iris, crociera israeliana della compagnia Mano Cruise, domani non attraccherà a Palermo. L’itinerario iniziale, che prevedeva le città siciliane di Catania e Palermo, è stato modificato (forse per timore di contestazioni?): l’unica tappa italiana effettuata finora è stata a Brindisi, dove i sionisti scesi dalla nave hanno trovato un presidio di protesta ad accoglierli. A seguito del diffondersi della notizia, i comitati territoriali avevano prontamente annunciato manifestazioni contro il genocidio e a fianco della popolazione palestinese. Adesso possiamo affermarlo con certezza: la Sicilia ha per il momento respinto la nave, ma non cantiamo vittoria! Le complicità militari, istituzionali e commerciali con Israele sono ancora numerose. Per questo è necessario tenere alta l’attenzione e fare quello che i governi occidentali complici non vogliono fare: blocchiamo gli accordi con la macchina del genocidio e con l’economia di guerra! Invitiamo tutte le persone solidali con la Palestina a tenere alta l’attenzione e a monitorare la Crown Iris: Palermo è pronta a scendere in piazza! Oggi pomeriggio alle 17, resta invece confermato il presidio silenzioso di Palermo per la Palestina in via Ruggero Settimo: È questa la pace in Palestina? Dal “cessate il fuoco” dell’11 ottobre a GAZA sono state uccise da Israele almeno 360 persone e oltre 900 ferite. Ancora bombe e uccisioni indiscriminate (bambini in cerca di pane) o mirate (gli ultimi giornalisti). Le testimonianze di medici e operatori umanitari ancora presenti sono racconti dell’orrore: famiglie accampate nel fango in tende inzuppate di pioggia. Cibo, acqua potabile, medicine ancora bloccati oltre frontiera o disponibili solo da acquistare (per chi non ha più nulla!). Ancora FAME, FREDDO, UCCISIONI, MALATTIE non curate. In CISGIORDANIA le aggressioni dei coloni sono sempre più feroci: case demolite, oliveti devastati, arresti indiscriminati, insediamenti in espansione sui terreni palestinesi e per chi si ribella DECINE di MORTI anche qui. Come è possibile che il mondo taccia e faccia finta che la “guerra” sia finita? Che Israele sia ancora considerato un normale “paese democratico” con cui ancora fare affari e riempire di armi (l’Italia tra i 4 maggiori fornitori). Non ci stancheremo di richiamare i diritti del popolo palestinese, oppresso da 80 anni di occupazione sionista e mai rassegnato. Così come di opporci alle folli spese militari in Europa che alimentano e preparano altre guerre. NO al RIARMO! FINE dell’OCCUPAZIONE! FINE del GENOCIDIO! LIBERTÀ e AUTODETERMINAZIONE per il POPOLO PALESTINESE! Presidio Palermo per la Palestina Redazione Palermo
La nuova Nakba
Rifiuti L’accumulo dei rifiuti attorno ai campi di sfollati è un pericolo per la salute della popolazione. Il municipio di Gaza ha denunciato gli attacchi dell’artiglieria israeliana contro gli operatori impegnati a rimuovere i cumuli di rifiuti. “Oltre ad aver chiuso gli accessi alle discariche che ricadono nella zona sotto l’occupazione, i caccia e l’artiglieria prendono di mira i nostri mezzi”. La politica israeliana mira a rendere impossibile la vita a Gaza, per facilitare la deportazione “volontaria” della popolazione. Il responsabile del municipio di Gaza città addetto all’ambiente ha affermato, in un collegamento con Anbamed, “il significato di una determinazione di Israele a rendere la vita impossibile è quello di costringerci a partire. Vogliono ripetere la cacciata del 1948. Nella sola città di Gaza si sono accumulati 350 mila metri cubi di rifiuti e non abbiamo i mezzi per rimuoverle, anche a causa del blocco di rifornimento di carburanti”. Rifugiati L’Assemblea generale dell’ONU ha innovato l’incarico all’Unrwa per i prossimi 3 anni. 151 a favore, 10 contrari e 14 astenuti. I tentativi israeliani di annientare la memoria storica della Nakba sono falliti. L’attacco frontale del governo di Tel Aviv contro l’Unrwa mira infatti alla cancellazione degli strumenti internazionali che garantiscono i diritti storici dei palestinesi: il diritto al ritorno, lo status di rifugiati, il risarcimento. L’esercito israeliano ha deportato tutti gli abitanti dei campi profughi di Jenin, Tulkarem e Nour Shams, per cancellare la memoria delle deportazioni del 1948. Per ammettere il loro ritorno, i militari hanno proposto la rinuncia allo status di “rifugiato” e il non ritorno degli uffici e scuole dell’Unrwa. Ostaggi La vita di Marwan Barghouti è in pericolo.  Ieri, il figlio del leader incarcerato Marwan Barghouti ha diffuso il seguente grido: “Stamattina mi sono svegliato con una telefonata da un prigioniero rilasciato. Mi ha detto: ‘Tuo padre è stato maltrattato fisicamente. Gli hanno rotto denti e costole, gli hanno tagliato via parte di un orecchio e gli hanno rotto le dita a più riprese per divertimento’. Cosa dovrei fare? Con chi dovrei parlare? A chi dovrei rivolgermi? Viviamo in questo incubo ogni giorno… Mio padre ha 66 anni ormai, oh Dio, da dove prenderà la forza?” La famiglia ha tentato di appurare la veridicità delle informazioni e la reale identità del relatore del messaggio. Ma le autorità carcerarie israeliane non ammettono visite e non forniscono informazioni e respingono ogni richiesta delle istituzioni internazionali di visitarlo. Libertà per Marwan Barghouti Sono oltre 30 gli ospedali che parteciperanno mercoledì 10dicembre alla giornata di mobilitazione “La sanità non si imprigiona” per chiedere la liberazione degli oltre 90 sanitari palestinesi detenuti nelle carceri palestinesi. Da Trento a Palermo si terranno dei flashmob che, ricordiamo, sono aperti a tutti i cittadini. Per leggere tutto l’elenco degli ospedali coinvolti: La sanità non si imprigiona – Anbamed È in corso in Italia ed a livello internazionale, la campagna in favore della liberazione dei prigionieri politici palestinesi e in particolare per mettere fine alle torture e maltrattamenti. Al centro di tale campagna vi è l’obiettivo di salvare il Mandela palestinese, Marwan Barghouti, da 23 anni in carcere.  La campagna viene lanciata alla vigilia della giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese indetta dall’ONU: Campagna internazionale per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi – Anbamed ANBAMED
Le lettere di pace della Flottilla dei Bambini del Mondo
Le Lettere di Pace, inviate da scuole italiane e straniere ai responsabili politici attraverso la “Flotilla dei bambini del mondo” – che continua a solcare il mare – hanno ormai superato le diverse migliaia, trasformandosi in un movimento pedagogico e civile che sorprende per maturità, partecipazione e profondità. Promossa dal Gruppo Educazione alla pace e alla nonviolenza del Movimento di Cooperazione Educativa, con il sostegno di oltre quaranta associazioni nel mondo aderenti alla Federazione Internazionale dei Movimenti di Scuola Moderna, l’iniziativa ha coinvolto insegnanti e classi dagli asili alle scuole superiori, mostrando come l’educazione possa davvero diventare un laboratorio vivo di riflessione sulla pace. I docenti si sono assunti un ruolo ulteriore rispetto a quello tradizionale: non solo trasmettitori di contenuti, ma veri educatori alla pace. Hanno guidato alunne e alunni a interrogarsi sulle guerre che attraversano il pianeta, sulle responsabilità politiche e soprattutto sulle possibilità concrete di reagire, anche con un gesto semplice come la scrittura collettiva di una lettera. È nata così la pratica della “messa in mare” delle Lettere di Pace, un gesto simbolico e al tempo stesso concretissimo, perché quelle lettere sono finite sui tavoli di presidenti di organismi internazionali, figure apicali della politica europea e nazionale, amministratori locali e autorità morali come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Leone XIV, ai quali gli organizzatori sperano di poter chiedere un incontro con gli studenti. Il Presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi, ha incoraggiato apertamente il progetto, sottolineando come sia fondamentale riconoscere ai giovani il diritto di esprimersi sulla pace, sulla guerra e su tutte le questioni che riguardano il loro futuro. È un incoraggiamento che ha trovato eco nel testo con cui il Movimento ha invitato le classi ad aderire: fermare le guerre non è semplice ma la pace si costruisce ogni giorno, iniziando proprio a scuola, imparando ad ascoltarsi, a parlarsi, a risolvere i piccoli conflitti nel rispetto reciproco. Se le lettere viaggiano numerose, se i media ne danno conto, allora anche i politici non potranno ignorare il messaggio delle giovani generazioni, che immaginano il loro futuro con una sola parola: pace. In un mondo in cui l’Unione Europea e le Nazioni Unite, nati come strumenti di prevenzione dei conflitti, non riescono più a garantire una prospettiva stabile di disarmo e riconciliazione, la voce dei più piccoli risuona come un monito e un atto di fiducia. Le guerre continuano a devastare territori e vite, a cancellare speranze e diritti, e parlare di disarmo sembra sempre più un’utopia. Per questo le scuole sentono su di sé un compito nuovo e urgente: educare alla pace, alle relazioni nonviolente, alla ricerca della giustizia come fondamento della convivenza. La didattica democratica e cooperativa, tradizione storica del Movimento di Cooperazione Educativa, permette alle classi di discutere, approfondire e confrontarsi su temi di vita reale. Tutti possono contribuire con passione, entusiasmo e sensibilità, sentendosi parte di un percorso collettivo. È questo approccio che ha favorito un’adesione così ampia da rendere necessaria la proroga dell’iniziativa fino al termine dell’anno scolastico. Le classi potranno continuare a partecipare inviando le proprie lettere e condividendone copia all’indirizzo dedicato, mentre sul sito del MCE è disponibile l’area con i materiali didattici utili alle attività. Accanto alle Lettere di Pace proseguirà anche “Facciamo la pace a…”, il progetto nazionale e internazionale che invita bambini e ragazzi a costruire pace nei luoghi quotidiani: in casa, a scuola, con gli amici, attraverso la gestione nonviolenta dei contrasti. È un modo per far comprendere che la pace non è un concetto astratto né un compito delegato solo ai potenti, ma una responsabilità che si esercita ogni giorno nei gesti più semplici. Il percorso è guidato dal Gruppo Nazionale di Ricerca sull’Educazione alla Pace e alla Nonviolenza del Movimento di Cooperazione Educativa, coordinato da Roberto Lovattini. Il MCE è riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione come ente qualificato per la formazione del personale scolastico, e questa iniziativa conferma il valore della sua azione educativa. In un tempo segnato da conflitti e polarizzazioni, le Lettere di Pace ricordano che un altro modo di guardare il mondo è possibile: basta ascoltare la voce limpida e determinata dei più giovani. Laura Tussi
Le nostre lotte valgono più dei vostri profitti
La repressione si abbatte contro il movimento per la Palestina a Catania Piovono a Catania misure cautelari e multe per decine di migliaia di euro nei confronti di attivist3 che hanno partecipato ai blocchi del porto e della stazione durante gli Scioperi Generali del 22 settembre e del 3 ottobre. Migliaia di persone in piazza, equipaggi di terra che hanno accompagnato dall’inizio alla fine la partenza delle navi verso Gaza dai porti siciliani e un corpo collettivo che ha risposto alla chiamata del “blocchiamo tutto”, partita dai portuali di Genova per rifiutare ogni complicità con il genocidio. La Costituzione e il ripudio della guerra ai tempi del genocidio e del riarmo diventano carta straccia; il Diritto internazionale e gli obblighi degli Stati di non concorrere nelle violazioni di diritti umani pure. Il genocidio non deve avere disturbatori: le cose, le merci e l’economia non contano nulla in confronto alle vite umane. Il blocco della produzione e dei transiti, storica pratica di ribellione contro le ingiustizie economico-sociali, diventa una questione di ordine pubblico. La crisi economica morde e il conflitto sociale organizzato va represso sul nascere. Il movimento in solidarietà della Palestina cresce in tutto il mondo e l’unico modo che i Governi hanno per cercare di fermarlo è la sua criminalizzazione. In Italia, come in Germania, in Inghilterra la deriva autoritaria corre alla velocità dei droni che ogni giorno incombono sulle teste di chi subisce l’occupazione coloniale e la distruzione in Palestina e in Cisgiordania. Non a caso sono in discussione disegni di legge che mirano a equiparare antisemitismo e antisionismo con ciò aggiungendo un ulteriore tassello alla deriva repressiva che il nostro Paese sta vivendo. Non è un caso che l’economia di guerra trovi consacrazione nella legge di bilancio. La guerra non è lontana: entra nelle nostre vite, nelle nostre buste paga, nei tagli ai servizi pubblici, nelle infrastrutture a pezzi, nella precarietà, nell’ipoteca del futuro delle giovani generazioni. La Palestina non solo è un laboratorio di colonialismo, violenza, società fondate sull’ipercontrollo tecnologica e lo sfruttamento delle risorse ma anche lo squarcio del velo sulla linea che i Governi non sono disposti a tollerare quando le piazze iniziano a dire “non nel nostro nome”. USB fa della solidarietà una pratica di lotta reale e rigetta al mittente l’antica tecnica del divide et impera che mira a spaccare i movimenti. Per queste ragioni siamo a fianco di tutti i multati e denunciati a Catania, tra cui nostri dirigenti sindacali e attivisti, ai quali abbiamo già offerto piena tutela legale: se toccano uno, toccano tutt3. Non ci faremo intimidire. Dal fiume al mare la solidarietà non la cancellate. Le nostre lotte valgono più dei vostri profitti.   Unione Sindacale di Base
Modica presidio per la Palestina
Ad agosto di quest’anno decido di partecipare a un viaggio in Cisgiordania con Assopace Palestina, guidato dalla impareggiabile e inossidabile Luisa Morgantini, che si sarebbe svolto il mese successivo. Mi sentivo paralizzata nel senso di impotenza riguardo ciò che stava accadendo a Gaza. Soprattutto, mi sentivo isolata. C’era un movimento di protesta che rilanciava notizie sui social, ma mi sembrava che fuori il mondo girasse come sempre, nella completa indifferenza di quasi tutti. A fine agosto, alla prima manifestazione per Gaza nel mio paese, eravamo i soliti quattro gatti che si mobilitano in ogni occasione. Il viaggio è stato una esperienza sconvolgente, che ha cambiato per sempre il mio modo di guardare il mondo che mi circonda. Torno con gli sguardi e i sorrisi dei palestinesi nel cuore, in tasca una promessa ripetuta ad ogni incontro: parleremo di voi, racconteremo la vostra storia, non lasceremo che il silenzio ricopra ancora una volta gli orrori dell’occupazione sionista nella terra di Palestina. Il rientro in Italia è una ubriacatura e una sorpresa: dall’aeroporto di Fiumicino alla stazione Termini e poi fino a Catania, un fiume di bandiere e cartelli, una incredibile atmosfera di gente che finalmente può uscire allo scoperto e contarsi, ritrovarsi. È il 22 settembre, il giorno della grande mobilitazione. La tristezza di lasciare la Palestina si trasforma in incredibile energia, tutti noi ci diamo da fare per raccontare in ogni occasione quello di cui siamo stati testimoni: l’oppressione feroce del sionismo da una parte, il Sumud dignitoso dei palestinesi dall’altra. Per due settimane viviamo l’euforia di essere parte del cambiamento, la sensazione che un altro mondo sia davvero possibile. Nel mio tranquillo e un po’ sonnacchioso paesello siciliano é nato in quei giorni un comitato spontaneo per la Palestina, e lo stesso è avvenuto un po’ in tutta l’isola. Con il comitato in questi due mesi si organizzano rassegne cinematografiche, mostre ( a dicembre ci sarà a Modica una collettiva che vede tra gli autori anche la pittrice gazawi Malak Mattar), pranzi solidali, incontri nelle piazze e nelle scuole. Stiamo portando avanti al Comune una mozione di gemellaggio tra Modica e Gaza. Il gruppo boicottaggio sta promuovendo una campagna di sensibilizzazione nel comparto agricolo, dove le aziende israeliane dominano il mercato di sementi e materiali per l’irrigazione. In uno dei miei viaggi a Milano, la mia città adottiva dove ho trascorso la maggior parte dei miei vissuti decenni, prima di trasferirmi nella campagna iblea, prendo contatti con attivisti locali. Sono di passaggio, ma voglio partecipare al presidio in piazza Duomo del quale avevo avuto notizie sui social. Chiedo a una compagna di viaggio come me siculo-milanese, ma lo fanno ancora? Certo, ogni giorno! Chiedi di Andrea. E così, un tardo pomeriggio freddino di ottobre mi presento in piazza Duomo, dove sono già schierati i compagni con cartelli e bandiere. Scelgo tra tanti cartelli messi a disposizione quello che più mi assomiglia, e prendo posizione. Nel via vai della piazza ancora affollata dai turisti questa ventina di personaggi fermi immobili con i cartelli e le bandiere, formano uno strano contrasto. La gente ci guarda, molti sorridono, fotografano, fanno un cenno d’intesa, qualcuno sussurra un ‘grazie’. Una signora francese mi abbraccia con le lacrime agli occhi, dice che a Parigi non si può, se esponi la bandiera arrivano i flic e ti sgomberano. Ho ammirato il gesto di resilienza e perseveranza di queste persone che ogni santo giorno con ogni tempo con la loro sola presenza silenziosa ma determinata sono un richiamo alla coscienza di tutti, piazzati come sentinelle nel cuore della città quintessenza del consumismo d’Italia. Ho pensato che dovrebbero esserci presidi in ogni città, in ogni piazza, davanti a ogni sede istituzionale, per chiedere instancabilmente la fine del genocidio, il rispetto dei diritti umani per ogni essere umano, la fine della complicità dei governi con quell’abominio che é l’entità sionista che si fa chiamare Israele. Andrea mi racconta di come è nato il presidio a Milano, e come ci si organizza, con molta semplicità. Tornata in Sicilia, ne parlo subito al Comitato, e qualcuno aderisce subito con entusiasmo. Pamela, artista eclettica, mette a disposizione il suo laboratorio per preparare i cartelli. Con Marica, Aurora e Miriana ci incontriamo, decidiamo data e giorni, e si parte! A Modica non c’è una piazza pedonale e frequentata come quella di Milano, la stagione turistica è finita e i siciliani d’inverno non affollano le strade e le piazze. Decidiamo di cominciare solo nel fine settimana, la mattina tra la fine della messa e l’ora di pranzo. Domenica 23 novembre, una beneaugurante giornata di sole dopo una settimana di pioggia ci vede schierate in piazza Matteotti insieme ad altri compagni che si sono uniti a noi. Siamo una ventina in tutto, i cartelli che avevamo preparato bastano appena per tutti. Non ci sono moltissimi passanti, é ancora un po’ presto e decidiamo per le prossime volte di modificare un po’ l’orario. Chi passa ci guarda incuriosito, qualcuno fa una foto, qualcuno ringrazia. Un signore si ferma a scambiare qualche battuta, poi se ne va dicendo che lo abbiamo fatto riflettere su aspetti che non aveva considerato. Chissà se sarà vero, io invece guardando le persone che attraversano la piazza, noto che tra loro non c’è nessuno che frequenta le riunioni, o il cinema o gli incontri che organizziamo. Sono persone normali, che forse si informano soprattutto dalla tv e dai giornali, e forse anche loro pensano che Gaza e la Palestina siano una questione archiviata dal cessate il fuoco di Trump. Per questo è importante ricordare Gaza, ricordare la Cisgiordania, dire che in Palestina si muore ancora, che gli aiuti non sono mai entrati, che coloni sono sempre più una falange armata dell’esercito e rubano e uccidono nella totale impunità, che il nostro governo é ancora complice, e che anche noi lo siamo se restiamo a guardare. É importante stare nelle strade e nelle piazze, non solo alle manifestazioni, ma cercare di comunicare con le persone tutte, senza urlare ma con il linguaggio del corpo, delle immagini e della parola scritta. Io credo che sia un gesto potente, un seme che si fa strada dove c’è una coscienza non del tutto sopita, e spero che altri seguiranno questo esempio. Intanto il piccolo gruppo del presidio modicano si avvia alla terza edizione, ogni settimana ci incontriamo per preparare nuovi cartelli, dalla settimana prossima se il clima natalizio riempirà le strade, contiamo di poter presidiare ogni giorno. Vi terremo aggiornati, e grazie Milano per l’ispirazione e l’incoraggiamento. Anna Rotolo Redazione Italia
Dossier Leonardo in Parlamento il 9 dicembre
9 dicembre 2025 conferenza stampa alla Camera dei Deputati per la presentazione del dossier su Leonardo S.p:A.: piovono euro sull’industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo S.p.A. Martedì 9 dicembre, su invito della deputata Stefania Ascari (M5S, Presidente dell’Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele), BDS ITALIA presenterà un dossier sulle complicità di Leonardo S.p.A. nei crimini di guerra commessi in Palestina. Interverranno: Stefania Ascari (Deputata M5S), Arnaldo Lomuti (Commissione Difesa), Anthony Aguilar (ex contractor Gaza Humanitaria Foundation), Stefania Maurizi (giornalista d’inchiesta), Michela Arricale (avvocata), Rossana De Simone (attivista Peacelink), Raffaele Spiga (attivista BDS Italia). Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati. Negli ultimi decenni l’Italia è diventata uno dei partner europei più fedeli a Israele. Con Leonardo in prima fila, la nostra industria è parte integrante del circuito che alimenta i crimini contro l’umanità e legittima il colonialismo. Il dossier denuncia tali complicità, evidenziando come le scelte politiche e industriali italiane non siano neutrali ma contribuiscano concretamente a rafforzare il regime israeliano di apartheid e occupazione. Leonardo S.p.A. intrattiene da oltre un decennio una cooperazione strutturale con il settore militare israeliano. Nel 2012 Israele ha acquistato 30 aerei M-346, oggi impiegabili con oltre dieci tipologie di armamenti, mentre l’Italia ha acquisito 1 satellite Optsat-3000 e 2 velivoli radar G550 CAEW nell’ambito dello stesso accordo. La presenza industriale diretta di Leonardo in Israele comprende tre sedi della controllata DRS RADA Technologies e una partecipazione del 12% nella società Radsee Technology. Il dossier rileva inoltre che Israele può rivendere a terzi i M-346 ricevuti, come avvenuto con la Grecia tramite Elbit Systems. Leonardo ricopre un ruolo significativo anche nel programma internazionale F-35, di cui l’Italia ospita la linea di assemblaggio e produzioni critiche. Tali elementi delineano un quadro di integrazione industriale e tecnologica che contribuisce alla disponibilità operativa dei sistemi in uso nelle forze armate israeliane. Il movimento globale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), che rappresenta la più grande coalizione della società civile palestinese richiama l’Italia ai propri obblighi derivanti dalle sentenze della Corte internazionale di giustizia, tra cui l’imposizione di un embargo militare totale a Israele compreso il commercio bilaterale, il trasferimento e il transito di materiale militare e a duplice uso, i partenariati, la formazione congiunta, la ricerca accademica e altre forme di cooperazione militare. Questo tipo di sanzioni è tra gli obiettivi a cui il movimento BDS si pone di arrivare attraverso campagne d’informazione, pressione pubblica  e denuncia delle complicità. DOSSIER DA SCARICARE QUI: Piovono euro sull’industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo SpA Le relazioni con Israele.  Redazione Italia
Germania: “Obiettiamo perché la pace richiede coraggio”
Nella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 dicembre gli attivisti della campagna Wir verweigern! (Obiettiamo!) hanno modificato alcuni manifesti dell’esercito tedesco per richiamare l’attenzione sul diritto all’obiezione di coscienza e contrastare la propaganda a favore della guerra e della violenza. “Per me, che sono giovane, è inquietante vedere ovunque questa pubblicità a favore della guerra, una guerra in cui lo Stato vuole mandarmi con il servizio militare obbligatorio. La mia vita non è una vostra risorsa!”, spiega uno degli attivisti. Wir verweigern! è una campagna di un gruppo giovanile che invita alla disobbedienza civile di massa e oppone resistenza al riarmo e al servizio militare obbligatorio. All’inizio di settembre gli attivisti hanno scritto con lo spray sulla parete esterna dell’asilo nido del Bundestag: «Obbligate anche i vostri figli a uccidere?». Scritte in bianco: Fai quello che conta davvero. 70 motivi per l’esercito tedesco. Perché non possiamo cedere ad altri la responsabilità. Trova i tuoi motivi. 70 anni dell’esercito tedesco. Scritta in rosso su “responsabilità”: uccidere. Scritte in bianco: Perché i diritti fondamentali non si difendono da soli. Trova i tuoi motivi. 70 anni dell’esercito tedesco. Scritta in rosso su “diritti fondamentali”: Capitalisti. La protesta contro il servizio militare obbligatorio sta crescendo. Organizzazioni giovanili e studentesche di tutta la Germania invitano oggi, venerdì, a uno sciopero nazionale contro la visita medica obbligatoria. Uno degli attivisti ha commentato: «Non vogliamo morire per uno Stato che non si prende cura di noi. Le nostre scuole e le nostre università stanno cadendo a pezzi, le nostre pensioni stanno svanendo e stiamo vivendo il pieno impatto della catastrofe climatica. Come se non bastasse, ora dovremmo anche uccidere ed essere uccisi in prima linea per gli interessi di potere di altri. Ma siamo chiari: rifiuteremo il servizio militare». Comunicato stampa widerstands-kollektiv.org del 5 dicembre 2025 Pressenza Berlin
Rapporto CENSIS: il 66% degli italiani è contro il riarmo
Per il CENSIS, che stamani, 5 dicembre, ha presentato a Roma il suo 59° Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese, ci siamo inoltrati nell’età selvaggia, del ferro e del fuoco. Un’età che spinge il 30% degli italiani a ritenere che le autocrazie siano più adatte allo spirito dei tempi. Una convinzione inaudita, che indebolisce la già precaria democrazia. Il Grande Debito inaugura poi, per la fondazione di Giuseppe De Rita, il secolo delle società post-welfare. L’Italia spende per interessi 85,6 miliardi e gli interessi pagati superano non solo la spesa per i servizi ospedalieri (54,1 miliardi), ma l’intero valore degli investimenti pubblici (78,3 miliardi) e ammontano a più di dieci volte quanto l’Italia spende in un anno per la protezione dell’ambiente (7,8 miliardi). La vulnerabilità è accresciuta dal fatto che i titoli del debito pubblico italiano sono in mano prevalentemente a creditori residenti all’estero: il 33,7% del totale (ovvero più di 1.000 miliardi), a fronte del 14,4% detenuto dalle famiglie e del 19,2% dalla Banca d’Italia. Il Grande Debito inaugura il secolo delle società post-welfare. “Ma senza welfare, sottolinea il CENSIS, le società diventano incubatori di aggressività e senza pace sociale le democrazie vacillano. Per l’81% degli italiani è ora di punire i giganti del web che sfuggono alla tassazione”. Secondo il 72% degli italiani la gente non crede più ai partiti, ai leader politici e al Parlamento, mentre si assiste a un capovolgimento dei ruoli nel rapporto tra élite e popolo. “Da una parte, annota il CENSIS nel suo ultimo Rapporto, ci sono i leader europei – il nostro nuovo pantheon politico – con i volti sgomenti come pugili suonati, sotto i colpi sferrati da est e da ovest. Invece di rassicurare, esercitando la tradizionale funzione dell’offerta politica, eventualmente con il ricorso spregiudicato alla menzogna, annunciano la catastrofe, ci mettono davanti al pericolo di morte: la guerra imminente, la irrimediabile perdita di competitività del continente, l’ineluttabile deriva demografica, la marea inarginabile dei migranti, il collasso climatico. Dall’altra ci sono gli italiani, per i quali non è scattato l’allarme rosso: l’apocalisse può attendere. Non si segnalano tentazioni di radicalizzazione: per il 47% le divisioni politiche e la violenza che scuotono gli Stati Uniti sono impensabili nella nostra società. E un intervento militare italiano, anche nel caso in cui un Paese alleato della Nato venisse attaccato, è disapprovato dal 43%. Il 66% ritiene che, se per riarmarsi l’Italia fosse obbligata a tagliare la spesa sociale, allora dovremmo rinunciare a rafforzare la difesa”. E segnali di crisi della nostra democrazia si rinvengono anche in ordine alla partecipazione: alle ultime elezioni politiche del 2022 gli astenuti hanno raggiunto la quota record del 36,1% degli aventi diritto, 9 punti percentuali in più rispetto alle precedenti elezioni del 2018. Alle europee del 2024 il 51,7% degli elettori ha disertato le urne (alle prime elezioni dirette del Parlamento europeo, nel 1979, gli astenuti si fermarono al 14,3%). Nel 2003 il 57,1% degli italiani si informava regolarmente di politica, nel 2024 la percentuale è scesa al 48,2%. I cittadini che ascoltano dibattiti politici erano allora il 21,1% e sono oggi il 10,8%. La partecipazione ai comizi si è dimezzata: dal 5,7% al 2,5% (dal 6,3% all’1,9% tra i giovani di 20-24 anni). E le mobilitazioni di piazza raccolgono sempre meno adesioni: nel 2003 il 6,8% degli italiani aveva partecipato a cortei, vent’anni dopo il 3,3%. Un’eccezione, dunque, le recenti proteste per il conflitto in Palestina. Anche il 59° Rapporto CENSIS evidenzia la forte divaricazione tra spesa e consumo, con l’inflazione che condiziona pesantemente i comportamenti di consumo delle famiglie. Nel 2024 i prezzi erano più alti del 17,4% rispetto al 2019 e il carrello della spesa (i beni alimentari e per la cura della casa e della persona) era più caro del 23,0%. Si è speso di più, ma si è consumato di meno. Nei cinque anni il costo dei generi alimentari è aumentato del 22,2%, ma il volume effettivamente acquistato si è ridotto del 2,7%. La forbice è ampia anche per vestiario e calzature: +4,9% in valore e -3,5% in volume. I servizi assicurativi e finanziari sono aumentati del 47,3% in termini nominali, ma l’utilizzo si è ridotto del 2,0%. I soli servizi finanziari (pari al 3,2% della spesa delle famiglie, ovvero 40 miliardi di euro) hanno registrato un aumento del prezzo del 106,2% nel periodo 2019-2024. Quanto all’immigrazione, la Fondazione di Giuseppe De Rita, evidenzia come la maggior parte dei 5,4 milioni di stranieri che vivono in Italia (il 9,2% della popolazione residente), si trovi in condizioni di marginalità. Il 29,0% dei lavoratori stranieri (che sono in totale 2.514.000, ovvero il 10,5% degli occupati) è a tempo determinato o ha un impiego part time involontario (tra gli italiani la quota corrispondente si ferma al 17,2%). Il 29,4% svolge un lavoro non qualificato (l’8,0% tra gli italiani) e il 55,4% degli occupati stranieri laureati risulta sovraqualificato, ovvero possiede un titolo di studio troppo elevato per il lavoro svolto (il 18,7% tra gli italiani). Il 35,6% degli stranieri vive sotto la soglia della povertà assoluta (il 7,4% tra gli italiani). “Siamo inclini, si legge nel Rapporto, a guardare con favore gli stranieri quando svolgono lavori faticosi e poco qualificati, o quando accudiscono gli anziani e i bambini, ma non siamo propensi a concedere loro gli stessi diritti di cittadinanza degli autoctoni. Il 63% degli italiani pensa che i flussi in ingresso degli immigrati vadano limitati, il 59% è convinto che un quartiere si degrada quando sono presenti tanti immigrati, il 54% percepisce gli stranieri come un pericolo per l’identità e la cultura nazionali, solo il 37% consentirebbe l’accesso ai concorsi pubblici a chi non possiede la cittadinanza italiana e solo il 38% è favorevole a concedere agli stranieri il voto alle elezioni amministrative”. Qui per approfondire: https://www.censis.it/rapporto/rapporto-2025/.  Giovanni Caprio
Il porto di Trieste non sia al servizio della guerra e del genocidio!
Presidio alle 17 del 4 dicembre davanti all’Hotel Savoia Excelsior – Riva del Mandracchio L’Indo-Mediterranean Business Forum, convocato per il 4 dicembre a Trieste presso l’hotel Savoia-Excelsion e il 5 alla sala congressi del porto vecchio, è l’ennesimo convegno di politici, imprenditori e diplomatici – tra cui figura l’ex ambasciatore di Israele in India, Naor Gilon – per discutere del passaggio del corridoio IMEC dal porto di Trieste. Un progetto che vuole trasformare la nostra città in un porto al servizio degli interessi della NATO e di Israele, inserendola in questo modo nella filiera della guerra globale. La guerra passa per casa nostra In un momento storico segnato da guerre, instabilità e tensioni globali, Trieste dovrebbe rifiutare qualunque scelta capace di inserirla ulteriormente nel conflitto globale in via di espansione. Ci riferiamo al corridoio IMEC (Indo-Mediterranean Economic Corridor), un collegamento potenziato tra il porto di Trieste e quello di Haifa, nella Palestina occupata – un hub attraverso cui transitano anche armamenti destinati a sostenere un’occupazione che continua a provocare vittime e distruzione. La scelta italiana di partecipare a questo progetto non può essere mascherata come semplice sviluppo logistico o opportunità economica. Ci opponiamo a questo ennesimo passo verso  l’integrazione del porto di Trieste nella filiera della guerra. Trieste sia neutrale e smilitarizzata Trieste e il suo territorio sono, per il diritto internazionale, un’area neutrale e demilitarizzata. Questo status, sancito dal Trattato di Pace del 1947, è stato a lungo violato. La svolta che si vuole imprimere oggi rappresenta un ulteriore salto di qualità in questo tipo di violazione. L’esistenza di questa norma internazionale è uno strumento a cui i cittadini di Trieste possono e devono appellarsi per impedire che la città venga trasformata in un centro per la logistica di guerra. Le istituzioni sono complici di genocidio Dal governo Meloni alla giunta Fedriga, dai padroni del porto al Partito Democratico, tutti celebrano l’Imec come una grande opportunità economica. Costoro non sono che spregiudicati affaristi, intenzionati a trarre profitto dalle sofferenze del popolo palestinese, nonché degli ipocriti servi del sionismo e dell’imperialismo statunitense. In larga parte sono gli stessi soggetti che hanno osteggiato la Via della Seta cinese, a conferma che le “opportunità economiche” valgono solo quando sono collocate politicamente nel campo occidentale. Rileviamo come, inevitabilmente, la militarizzazione del porto gli toglierà peso, influenza e ruolo sul piano economico e commerciale. Fuori la guerra dal porto di Trieste! Difendiamo Trieste da chi la governa e dai processi che la spingono verso la guerra. Costruiamo una città che sia un luogo di pace e giustizia reale, per noi e per tutti i popoli. No all’Indo-Mediterranean Business Forum! Fermiamo i piani di NATO e Israele nel porto di Trieste! Assemblea cittadina per la Palestina e contro la guerra Redazione Friuli Venezia Giulia
Lugano: un World Forum per la Pace 2025 veramente speciale in un periodo di grandi conflitti
Durante la conferenza stampa del 23 settembre presso la Sala comunale di Lugano Margherita Maffeis Natale  (presidente di Ticino Culture Network) ha  precisato “Quest’anno ancora di più è importante essere uniti per la pace nel mondo. il nostro obbiettivo principale è promuovere la Cultura della Pace e della Nonviolenza  in un periodo storico martoriato dalla violenza e da più di 60 guerre che dilagano in tutto il mondo. Oggi più che mai va diffusa tra tutte le generazioni e a tutti i livelli della società un messaggio forte e chiaro”. Così è stato con l’evento transfrontaliero “In Cammino per la Pace” del 9 ottobre e fortemente ribadito durante il 13° World Forum per la Pace.  Iniziato l’11 novembre presso il Palazzo dei Congressi con il Villaggio della Pace, rivolto agli allievi e agli studenti delle scuole elementari, medie, medio-superiori e professionali. Numerose le associazioni che vi hanno  parte con undici postazioni interattive. Tra questi, la Fondazione Città della Pace (presieduta da Jody Williams, premio Nobel per la pace per la campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo) che ha presentato il videogioco didattico PeaceLAB, che permette ai ragazzi di esplorare un futuro remoto ideale, dove i problemi attuali come cambiamenti climatici, migrazioni e guerre sono solo ricordi. I partecipanti, divisi in gruppi, esploreranno “Nuova Pangea” e interagiranno con testimonianze storiche e Premi Nobel per la Pace, imparando lezioni utili per il presente. Ancora Mondo senza Guerre e senza Violenza con l’associazione Utopia Tropicale. “Unire la Natura alla pace e alla nonviolenza”. Attraverso i libri  di Martine Sicard e Wangari Maathai si é esplorato il concetto di pace e nonviolenza dell’importanza delle marce per le marce per i diritti umani, per le donne, per l’ambiente, per la riforestazione. I protagonisti sono stati gli alberi, soprattutto quelli nati dai semi degli Abombed Trees di Hiroshima. Proprio nella postazione di  Ticino Culture Network é diventata un laboratorio interattivo durante il quale i giovani hanno creato il “Manifesto per la Pace” che sarà affidato a varie personalità… Nel pomeriggio Luigi De Magistris ha parlato di giustizia sociale, mafia e pace attraverso il libro: “Poteri Occulti”,  che si focalizza sul modo in cui la Repubblica Italiana è condizionata, ormai da decenni, da collusioni che intaccano anche il cuore dello Stato. L’evento é stato moderato dalla Prof.ssa Annamaria Astrologo, responsabile scientifica dell’Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata. La giornata si è conclusa all’auditorium del Palazzo dei Congressi  con lo spettacolo “Insieme per la pace”, sul palcoscenico un vero “salotto per la pace”, alternato da momenti di riflessione, interviste e conversazioni con esibizioni artistiche dal vivo, creando un ambiente stimolante e coinvolgente. Ospiti di grande rilievo, sia a livello nazionale che internazionale, tra cui Rosita Celentano – conduttrice e attrice, Nina Dimitri – cantante internazionale,  Luigi De Magistris – ex magistrato e politico italiano, Miriam Tirinzoni – stilista impegnata nel sostegno alla moda etica, il cantautore indie-pop Diamante e gli allievi della Scuola di Musica e di Arti Classiche di Mendrisio (SMA). Hanno condotto la serata i giornalisti Maristella Polli e Antonio Franzi. Il 22 novembre presso l’Hotel de la Paix si è tenuta la consueta tavola rotonda sempre moderata da Antonio Franzi. Quest’anno il  focus é stato sui conflitti in corse il dialogo interreligioso. Presenti l’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu (diplomatico e segretario del Dipartimento delle chiese dell’evangelizzazione del Vaticano) che, dopo aver sottolineato la stessa origine tra le varie religioni monoteiste, si è detto fortemente preoccupato per il suo paese d’origine dove erano appena stati sequestrati ben 300 studenti da un collegio cattolico; l’inviata di pace in paesi di guerra Lucia Vastano ci ha raccontato come lei ha cercato di far conoscere la condizione delle persone che vivono un conflitto, in quel cercare una quotidianità, una normalità nonostante la situazione contingente; l’ingegnera Piera Levi-Montalcini, nipote del premio Nobel per la medicina, ha sottolineato l’importanza per la scienza, quella che viene in aiuto, che permette di migliorare. In collegamento da Roma  il regista Fabio Segatori e dalla Siria Padre Jihad, superiore del Monastero di Mar Musa, grazie ai quali scopriremo l’importante operato interreligioso di Padre Paolo Dall’Oglio. Durante la serata di gala, è stato assegnato il premio Spyri proprio a Padre Paolo ritirato da sua sorella Francesca con la motivazione “il suo esempio ci insegna che dedicarsi alla pace non é mai vano. Infatti anche dopo la sua scomparsa nel luglio 2013 il suo lavoro e la sua dedizione alla pacifica convivenza rimangono un modello di ispirazione per chi spera ancora in pace duratura”.  La cena di gala si è conclusa con l’affidamento all’associazione Ticino Culture Network di un Hibakujumoku di Hiroshima da parte di Mondo senza Guerre e senza Violenza insieme a PEFC Italia per Green Legacy Hiroshima. Il Ginkgo di Hiroshima sarà messo a dimora la prossima primavera presso il Liceo Pio XII di Breganzona-Lugano. Il 13° World Forum si è concluso il 23 novembre con la fiaccolata della pace che è terminata presso la Cattedrale dove si è tenuta la messa giubilare presieduta dall’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu e dal vescovo Alan de Raemy. Tiziana Volta