Amnesty International Italia e altre 12 associazioni chiedono il rilascio di Shahin
L’iniziativa coinvolge la sezione locale della struttura internazionale insieme
alle italiane ARCI e A Buon Diritto e alle europee ELSC ed LDSF,
all’italo-egiziana EgyptWide e alle egiziane CIHRS, ECFR, EFHR, EHRF e RPE con
il Centro contro la violenza El Nadeem e la tortura e la Sinai Foundation for
Human Rights.
Alla data della diffusione del proprio appello, martedì 2 dicembre scorso, non
era ancora arrivara risposta alla lettera che avevano inviato alla presidenza
del Consiglio dei ministri e al ministero dell’Interno italiano per perorare la
sospensione del procedimento di espulsione e, a spiegazione della motivazione,
fornendo la documentazione e reportistica sullo stato dei diritti umani in
Egitto.
APPELLO
Tredici organizzazioni della società civile chiedono al governo e al ministero
dell’Interno italiani di fermare l’espulsione verso l’Egitto di Mohamed Mahmoud
Ebrahim Shahin, in conformità ai propri obblighi in materia di protezione dei
diritti umani, incluso il principio di non-refoulement.
Mohamed Mahmoud Ebrahim Shahin, cittadino egiziano residente a Torino, in
Italia, da circa vent’anni, è stato sottoposto a un procedimento giudiziario
ingiusto, fortemente viziato da evidenti irregolarità procedurali, a partire dal
giorno 24 novembre 2025.
Su iniziativa del ministero dell’Interno, al sig. Shahin è stato revocato il
permesso di soggiorno europeo di lunga durata ai sensi dell’art.13, comma 1 del
Testo unico sull’immigrazione (decreto n. 286/1998) che, insieme alle successive
modifiche, introduce la possibilità di espellere i cittadini stranieri qualora
presentino un profilo di pericolosità sociale o costituiscano una minaccia per
la sicurezza nazionale.
Le accuse rivolte al sig. Shahin, che sono alla base del decreto di espulsione,
includono “l’appartenenza a un’ideologia estremista” e l’aver partecipato a un
blocco stradale durante una manifestazione contro il genocidio del popolo
palestinese a maggio 2025. Nel decreto, il ministero dell’Interno fa anche
riferimento a una presunta dichiarazione in cui Mohamed Shahin avrebbe
commentato gli attacchi del 7 ottobre 2023 nel corso di un’altra manifestazione
in solidarietà con la Palestina, a Torino, nell’ottobre 2025.
Dopo essere stato trattenuto presso una stazione di polizia, Mohamed Shahin è
stato trasferito presso il Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di
Caltanissetta, lontano dai suoi familiari, dalla sua comunità e dai legali che
lavorano alla sua difesa.
La richiesta di protezione internazionale che ha presentato a seguito della
revoca del permesso di soggiorno è stata rigettata a seguito di un procedimento
di esame fortemente accelerato, sul quale ha
certamente pesato la classificazione dell’Egitto come “paese di origine
sicuro” e che non ha attribuito la giusta importanza ai rischi in cui Mohamed
Shahin incorrerebbe qualora fosse espulso in Egitto, un paese dove la tortura è
endemica e le autorità sottopongono le persone ad arresti e detenzioni
arbitrarie, spesso nell’ambito di processi iniqui, sulla base delle sole
opinioni.
«Le autorità italiane devono riconoscere pienamente i gravi rischi cui Mohamed
Shahin andrebbe incontro se fosse rimpatriato in Egitto. Procedere con la sua
espulsione metterebbe l’Italia in diretta violazione dei suoi obblighi
internazionali in materia di diritti umani. Il trattamento riservato dall’Italia
a Mohamed Shahin è un altro esempio dell’arretramento globale dello Stato di
diritto e dei diritti umani a cui stiamo assistendo. Nessuno Stato può
credibilmente dichiarare che un altro paese sia “sicuro per tutte/i”, come fa
l’Italia classificando l’Egitto come “paese di origine sicuro”, e nessuno Stato
può semplicemente ignorare i propri obblighi fondamentali in materia di diritti
umani» ha dichiarato Sayed Nasr, direttore esecutivo dell’associazione EgyptWide
for Human Rights.
Al momento della revoca del permesso di soggiorno, Mohamed Shahin era un
individuo incensurato, attivamente coinvolto nella vita socio-culturale della
sua città e della comunità islamica torinese.
Nel suo ruolo di imam è stato spesso promotore di iniziative nell’ambito dei
percorsi locali di dialogo interreligioso, e nel contesto delle manifestazioni a
sostegno del popolo palestinese è ricordato dai movimenti locali per il ruolo di
mediatore a garanzia dello svolgimento pacifico delle manifestazioni.
L’inconsistenza dei fatti contestati a Shahin per giustificare il procedimento
di espulsione emesso contro di lui ai sensi dell’art.13, comma 1 del Testo unico
sull’immigrazione rappresenta un caso allarmante di strumentalizzazione del
diritto in chiave repressiva e di repressione del dissenso pacifico per mezzo
della normativa in materia di sicurezza nazionale.
«Nella vicenda di Mohamed Shahin preoccupa l’utilizzo dello strumento del
decreto d’espulsione e del trattenimento in CPR, una procedura amministrativa
che non prevede le garanzie di difesa del procedimento penale. L’applicazione di
tale misura altamente restrittiva si basa peraltro su un sospetto riguardante
una condotta che non configura una fattispecie penalmente rilevante e su alcune
dichiarazioni poi rettificate. Emerge che le persone straniere in Italia
rischiano troppo facilmente di essere allontanate dal tessuto sociale in cui
vivono, dove intessono relazioni e di cui sono parte integrante, e che non
godono delle piene garanzie che lo Stato di diritto prevede per tutte e tutti.
Riteniamo che sia un fatto gravissimo, lesivo dei diritti fondamentali», ha
dichiarato Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto.
«Se espulso in Egitto, stato di cui conosciamo bene la propensione alla tortura
e alle sparizioni forzate, Mohamed Shahin rischierebbe la vita. Ciò a causa di
un provvedimento iniquo e sproporzionato emesso dalle autorità italiane, frutto
di politiche repressive in materia di sicurezza nazionale, provvedimento che
chiediamo sia annullato», ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty
International Italia.
Nel corso degli anni passati, le organizzazioni firmatarie hanno
documentato numerosi casi in cui cittadini egiziani di rientro dall’estero,
tanto volontariamente quanto a seguito di procedure di rimpatrio iniziate da
Stati terzi, sono stati sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani,
compresi arresti arbitrari, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture, per la
loro reale o percepita opposizione al governo. Tra le vittime di queste pratiche
rientrano oppositori politici, studenti universitari, attivisti e comuni
cittadini senza una storia di attività politica o movimentista alle spalle.
Esiste inoltre una pratica consolidata, da parte delle autorità egiziane,
di ritorsioni e intimidazioni nei confronti dei familiari degli oppositori
politici, che comprende arresti e processi arbitrari, detenzioni prolungate
oltre i termini di legge, maltrattamenti, torture, sparizioni forzate.
Dal momento che le autorità egiziane hanno già sottoposto la famiglia Shahin a
procedimenti giudiziari iniqui a causa della loro opposizione pacifica al
governo, abbiamo motivo di credere che egli andrebbe incontro a gravi violazioni
dei diritti umani se rimpatriato in Egitto, tra cui detenzione arbitraria o
sparizione forzata, maltrattamenti, torture, procedimenti penali ingiusti.
Il provvedimento del ministero dell’Interno italiano che attribuisce al sig.
Shahin un profilo di pericolosità sociale avrebbe inoltre l’effetto di aggravare
notevolmente tali rischi.
Alcune delle organizzazioni firmatarie hanno esposto preoccupazioni per le
violazioni dei diritti umani in cui il sig. Shahin rischierebbe di essere
sottoposto se venisse espulso in Egitto in una lettera alla presidenza del
Consiglio dei ministri e al ministero dell’Interno italiano, chiedendo
di sospendere il procedimento di espulsione e fornendo inoltre documentazione e
reportistica sullo stato dei diritti umani in Egitto che illustra la serietà e
la gravità di tali rischi, ma non abbiamo ad oggi ricevuto risposta.
Chiediamo alle autorità italiane, in conformità ai propri obblighi in materia di
diritti umani, ivi compresi il diritto di ogni persona a non essere sottoposta a
trattamenti crudeli, inumani o degradanti, il diritto alla riservatezza
familiare, e il principio di non-refoulement, di fermare l’espulsione di Mohamed
Shahin verso l’Egitto, e di garantirgli il diritto a cercare protezione
internazionale in Italia.
ORGANIZZAZIONI FIRMATARIE:
* Amnesty International Italia
* ARCI
* A Buon Diritto
* European Legal Support Center (ELSC)
* Law and Democracy Support Foundation (LDSF)
* EgyptWide for Human Rights (EgyptWide)
* Cairo Institute for Human Rights Studies (CIHRS)
* Egyptian Commission for Rights and Freedoms (ECFR)
* Egyptian Front for Human Rights (EFHR)
* Egyptian Human Rights Forum (EHRF)
* Refugees Platform in Egypt (RPE)
* El Nadeem Center
* Sinai Foundation
AMNESTY ITERNATIONAL ITALIA, 2.11.2025 – Stop all’espulsione di Mohamed Shahin
verso l’Egitto
PRESSENZA, 2.11.2025 – Il ‘caso’ di Mohamed Shahin: dal suo rilascio dipende la
tutela di tanti diritti
Amnesty International