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Arrestate attiviste di Ultima Generazione in sciopero della fame per Gaza
Quattro donne di Ultima Generazione sono state arrestate questa mattina a Montecitorio, mentre annunciavano l’inizio dello sciopero della fame affinché il governo Meloni riconosca il genocidio dei palestinesi. Le forze dell’ordine con due auto della polizia le hanno circondate e poi le hanno prese di peso, nonostante si trattasse di un’azione di protesta nonviolenta. Trovo scandaloso questo spiegamento di forze contro quattro donne pacifiche che manifestano solidarietà alla Global Sumud Flotilla, movimento di resistenza civile nonviolenta che è partito ieri dalle coste siciliane per rompere il blocco criminale agli aiuti umanitari per Gaza. Voglio esprimere tutto il mio rammarico, la mia apprensione e lo sconcerto che ho provato di fronte ad una sproporzionate repressione della polizia, che voleva impedire anche il lavoro dei giornalisti, allontanando chi si avvicinava per documentare l’arresto delle 4 donne. Oltre alle tre in sciopero della fame, è stata arrestata anche quella che documentava la protesta con video e foto. Al momento le quattro donne si trovano ancora nel commissariato Trevi. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e a privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza” ha dichiarato Alina, madre di tre figli. Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse. Metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza; il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione, le persone partite tornino a casa senza un graffio e il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri a unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.” Rayman
Manifestazioni in tutta Italia per chiedere al governo di interrompere i rapporti istituzionali ed economici con Israele, con sanzioni ed embargo totale
Ieri notte Israele ha lanciato un’operazione terrestre per prendere il controllo di Gaza City, colpendo la città con pesanti bombardamenti e ordinando ai residenti di evacuare con urgenza quella che definisce una “zona di combattimento pericolosa”. Sono già 62 le vittime di oggi, mentre un’indagine delle Nazioni Unite ha stabilito che le azioni di Israele a Gaza costituiscono a tutti gli effetti genocidio. Maria Elena Delia: “Ci uniamo alle comunità palestinesi di tutta Italia per chiedere a gran voce al governo di interrompere i rapporti istituzionali e diplomatici con Israele. Non bastano i commenti di Tajani sull’essere ‘contrari’ all’offensiva di terra, ci mancherebbe altro. È giunto il momento di fare chiarezza: da che parte sta il governo? Dalla parte del diritto internazionale e della Costituzione, oppure dalla parte dei criminali internazionali del governo Netanyahu? Non ci sono mezze misure.” Oggi sono indette mobilitazioni in tutte le piazze italiane a partire dalle 18:30. Scenderemo in piazza al fianco delle comunità palestinesi, sindacati, organizzazioni territoriali, centri sociali, oltre ad attivisti, militanti e cittadini in decine di piazze italiane. A Roma, con partenza da Piazzale Aldo Moro fino a Largo Corrado Ricci (Via dei Fori Imperiali), mentre a Torino, Cosenza, Napoli, Udine, Trieste, Pisa, Padova e Bologna sfileranno diversi cortei. Come nelle scorse mobilitazioni, invitiamo a portare solo bandiere della Palestina. Questo in preparazione della grande mobilitazione del 4 ottobre a Roma e dello sciopero generale indetto da USB e CALP del 22 settembre, che interesserà i porti di Genova, Napoli e Livorno, oltre al trasporto pubblico, dalle ferrovie agli aeroporti, con presidi in tutte le città italiane nelle vicinanze di stazioni ferroviarie e metropolitane. Le barche della Global Sumud Flotilla si apprestano a incontrarsi in acque internazionali, dopo che gran parte della flotta partita da Tunisi ha attraversato le acque territoriali di Pantelleria, ritrovandosi ora nel Canale di Sicilia, in acque internazionali. Redazione Italia
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale aderisce alla manifestazione del 6 settembre a Milano per il Leoncavallo
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale aderisce alla manifestazione unitaria di sabato 6 settembre che si terrà a Milano, con partenza alle 14.30 da Porta Venezia, contro lo sgombero effettuato dalle forze dell’ordine dello storico centro sociale Leoncavallo. Come evidenzia il comunicato finale “C’è ancora domani”, assunto al termine di un’affollatissima assemblea tenutasi presso la sede della Camera del Lavoro di Milano, lo sgombero del Leoncavallo è stato un atto di pura prepotenza. Si è affermata una logica di tipo prefettizio che ha volutamente saltato le trattative in corso tra il Comune di Milano e le/i rappresentati del Leoncavallo, per valutare la possibilità di trovare una nuova sede per il centro sociale. Si tratta di un atto che si inserisce nella logica autoritaria di un governo che intende reprimere ogni forma di conflitto sociale e di libera costruzione di luoghi di aggregazione sociale e di produzione culturale, coerente con il pessimo “decreto sicurezza” che vuole impedire ogni forma di dialettica democratica in nome di un presunto ordine e di una ben più concreta difesa della proprietà privata e degli interessi dei grandi gruppi finanziari. Infatti Milano è da tempo oggetto dei desideri speculativi dei fondi finanziari internazionali del tutto insensibili alle esigenze abitative e sociali dei cittadini, a partire da quelli meno abbienti. Le forze politiche che governano Milano non hanno voluto e saputo contrapporsi efficacemente a questa offensiva del capitale finanziario, come dimostra anche la parabola del famoso decreto “salva-Milano”. Per questo è indispensabile la difesa dei centri sociali e l’entrata in campo delle forze e dei movimenti sociali a difesa dei loro diritti all’abitare, al fruire di spazi liberi dalla speculazione edilizia, alla possibilità di dare vita a iniziative politiche e culturali alternative per esprimere i bisogni profondi di una popolazione urbana che viene sempre più spinta ai margini della vita della città. Milano, medaglia d’oro della Resistenza e teatro di tante lotte operaie, studentesche, popolari che hanno tenuto viva la democrazia contro gli attacchi di forze anticostituzionali e fasciste, che sono ricorse anche a tremendi attentati per imporre con la violenza il loro potere, non può accettare che atti e provvedimenti reazionari tentino di cancellare la sua storia. La presidenza del Cdc Redazione Milano
La Citta Metropolitana di Roma chiede al governo di sostenere la Sumud Flotilla
Il Consiglio della Città Metropolitana di Roma capitale ha approvato ieri con il voto unanime dei consiglieri di maggioranza una mozione, primo firmatario il capogruppo Nicola Marini, rivolgendo un appello al Governo italiano affinché intervenga ad assicurare ogni azione di tutela a favore della missione marittima di pace, di solidarietà internazionale e di aiuti umanitari per Gaza svolta dalla Global Sumud Flotilla. La Città Metropolitana di Roma Capitale ha inoltre deliberato il sostegno alle manifestazioni del 6 Settembre per la missione della Global Sumud Flotilla. Al momento del voto i consiglieri di minoranza hanno abbandonato l’Aula. La Città Metropolitana di Roma Capitale, nello spirito di solidarietà e di fratellanza tra i popoli che caratterizza il suo ruolo istituzionale, impegna nel documento, il Sindaco e tutti gli Amministratori, ciascuno per la sua competenza, affinchè: sostengano l’iniziativa di queste ore della Global Sumud Flottilla e siano essi stessi promotori delle opportune iniziative per sostenere a livello nazionale la richiesta rivolta al Governo, ed in particolare il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di tutelare a livello internazionale la missione umanitaria, diffidando la Comunità Europea ed ogni altro organismo internazionale affinché intervengano per garantire lo sbarco a Gaza e la consegna alla popolazione palestinese degli aiuti umanitari, alimentari, sanitari e di prima necessità, come raccolti”. Nella mozione, dove si ribadisce l’adesione alla manifestazione del 6 settembre, si chiede, infine, al Governo di attivarsi per chiedere la fine della violenza nei territori palestinesi e la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas. Redazione Roma
Minacce israeliane alla Global Sumud Flotilla. L’ANPI sollecita l’intervento del governo italiano
“Sono da prendere molto sul serio le minacce del ministro israeliano Ben Gvir di trattare come terroristi gli equipaggi della Global Sumud Flotilla che stanno portando a Gaza aiuti umanitari. Sosteniamo la coraggiosa scelta di Emergency di affiancare la flotta con la sua imbarcazione Life Support come osservatore e supporto medico e logistico per qualsiasi evenienza. Chiediamo al governo italiano di uscire dal torpore e di agire in modo preventivo, comunicando al governo israeliano che a qualsiasi tentativo di fermare con la violenza la flotilla o di trattare gli equipaggi come terroristi corrisponderà non solo la doverosa protezione diplomatica degli equipaggi italiani, ma anche la sospensione del memorandum Italia-Israele, cioè  l’Accordo Generale di Cooperazione nel Settore Militare e della Difesa e la richiesta all’UE di sospendere l’accordo di associazione commerciale con Israele per la violazione sistematica e acclarata dell’articolo 2 che tutela i diritti umani.” Gianfranco Pagliarulo, Presidente nazionale ANPI ANPI Nazionale
Aree interne: anche i vescovi critici sul piano del governo
Il Piano strategico nazionale delle aree interne 2021-2027 (PSNAI), approvato dal Ministro per le politiche di coesione è attraversato, come è stato diffusamente rilevato, da un certo pessimismo. Si ha quasi l’impressione che di fronte alle criticità di queste aree si sia sul punto di “gettare definitivamente la spugna”, soprattutto quando si legge che “queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza, ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita”, oppure che “nessun Comune ha di fronte un destino ineluttabile in relazione alle coordinate geografiche in cui si trova, ma sono molti i Comuni che rischiano un percorso di marginalizzazione irreversibile per le dinamiche demografiche che li caratterizzano”: https://politichecoesione.governo.it/media/ihnf1qaq/1_contributo-cnel-demografia-delle-aree-interne-e-condizioni-per-uninversione-di-tendenza.pdf. L’allegato al piano messo a punto dal demografo dell’Università Cattolica Alessandro Rosina, all’Obiettivo 4, denominato “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” è, per alcuni versi, ancora più esplicito: “Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni), oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza, ma non possono nemmeno essere abbandonate a se stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita”: https://politichecoesione.governo.it/media/ihnf1qaq/1_contributo-cnel-demografia-delle-aree-interne-e-condizioni-per-uninversione-di-tendenza.pdf. Pur prendendo atto, senza alcun romanticismo, dell’oggettivo declino in atto in queste comunità e delle difficoltà nel cercare di tirarle fuori dalla marginalizzazione, il destino segnato che viene loro assegnato risulta per lo meno sbrigativo, se non altro perché parliamo di 1.060 Comuni con circa 2 milioni di abitanti per una superficie territoriale di circa 51 mila kmq, che rappresentano il 13,4% di tutti i Comuni italiani, il 3,3% della popolazione nazionale e il 17% di tutta la superficie nazionale. Realtà ove a fianco di indiscutibili criticità quotidiane, non mancano adattamenti, esperimenti e resistenze che meritano di essere considerati. Per questo, oltre 150 soggetti, tra cui docenti universitari, sindaci, urbanisti e operatori culturali, a giugno  hanno sottoscritto un appello pubblico contro la logica dell’“irreversibilità”, che a loro avviso significa “un accompagnamento alla buona morte, un’eutanasia”. I firmatari chiedono una revisione del piano, invitano i Consigli comunali a pronunciarsi in merito e offrono collaborazione per costruire strategie concrete di rilancio: https://uncem.it/piano-aree-interne-e-lo-spopolamento-irreversibile-da-accompagnare-uncem-si-investa-nel-modo-giusto-con-la-nuova-programmazione-europea-28-34/. Ora a far sentire la propria voce anche 139 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati, che hanno sottoscritto una  “Lettera aperta al Governo e al Parlamento” e che sarà consegnata all’Intergruppo parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree fragili”, quale contributo affinché non ci si rassegni a sancire la morte di una parte significativa del Paese. Nella lettera si chiede che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne, si sollecitino le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese e si chiede di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico. Occorre “ribaltare la definizione delle aree interne, si legge nella lettera, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina.” Qui la lettera: https://www.chiesacattolica.it/aree-interne-lettera-aperta-al-governo-e-al-parlamento/. Giovanni Caprio
Manifesto degli insegnanti per Gaza
Riceviamo da Tiziana Guidi, una delle promotrici e volentieri pubblichiamo questo importante documento. In fondo alla lettera al Ministro Valditara si trovano i riferimenti per contatti a informazioni. La scuola è il luogo dove si sviluppano abilità, conoscenze e competenze, e dove si apprendono i veri valori della vita. Oggi il nostro ruolo di educatori non ha senso e non è credibile se non prendiamo una posizione netta contro la risoluzione violenta dei conflitti e il genocidio in corso a Gaza ed in Cisgiordania Non si può rimanere indifferenti di fronte al dramma che sta vivendo la popolazione palestinese e in particolare per le sofferenze indicibili dei bambini e dei ragazzi. La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata nel 1989 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, stabilisce quali sono i diritti inviolabili di bambine, bambini e adolescenti e i doveri degli adulti nei loro confronti: nulla di tutto ciò oggi è possibile in Palestina e Cisgiordania. Ad oggi ai bambini palestinesi  viene negato: il diritto all’istruzione e allo sviluppo il diritto alla protezione dalla violenza e dagli abusi il diritto a un ambiente sicuro e sano, ma soprattutto il diritto all’esistenza! Lanciamo un appello al mondo della scuola invitandolo a sottoscrivere questo documento che così riassume la nostra posizione: Condanniamo la violenza e le violazioni dei diritti umani Ribadiamo l’inalienabilità del diritto all’istruzione e allo sviluppo per tutti i bambini e le bambine palestinesi. Denunciamo la grave crisi umanitaria che avrà conseguenze devastanti a breve ed a lungo termine sulla salute fisica e mentale della popolazione In nome di ciò chiediamo: L’immediato cessate il fuoco e la protezione dei civili. Il riconoscimento dello Stato di Palestina e l’applicazione immediata della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza Il ripristino dei confini antecedenti al 1967, come da risoluzione n. 242 dell’ONU L’immediata cessazione di invio di armi allo Stato d’Israele ed il divieto di qualsiasi collaborazione militare con esso da parte del governo italiano Insieme per una pace giusta e duratura. Promotori e primi firmatari: Tiziana Guidi, Francesca Russo e Alberico Mitrione. Adesioni: Associazioni: La Comunità per lo sviluppo umano- Av, Irpinia in movimento, Insieme per Avellino e l’Irpinia, Unicef- Avellino, L’Angolo delle storie, ASD Taekwondo – Avellino, Controvento, Arci Saviano, Aps Cuore al centro, Pax Christi-AV, Archeoclub d’Italia-Avellino, Zia Lidia Social Club, La mela di Odessa, L’albero vagabondo, Il Bucaneve – edizioni e saggio, Info@Irpinia, Radio Arci Masaniello, L’Albero della vita, Edizioni Disvelare. Gruppi musicali, teatrali e di danza: I Lumanera, Teatro 99 posti, La Bottega del Sottoscala, Puck Teatral, Il Teatro di Gluck, Teatro d’Europa, Barabba Blues, Cantiere Danza, Emian, Muovimenti, Vernice fresca, Teatro Arci Saviano.  Pagine e gruppi FB: Avellino Rinasce, Collettivo Hurriya, Occhi di un Mondo Altro, La Comunità per lo sviluppo umano- Italia, Poesis,  Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza. Sindacati: ANIEF Avellino, FLC-CGIL Il Vescovo di Avellino Monsignor Aiello Le promotrici del manifesto hanno inoltre inviato una lettera aperta al Ministro Valditara: Gentile Ministro Valditara, di fronte  all’immane tragedia che sta colpendo il popolo palestinese non si può non provare un indicibile dolore. Chi le scrive appartiene al mondo della scuola e per noi educatori, in questi mesi, pensare di aver davanti dei giovani, dei bambini e degli adolescenti che possono godere di cibo, istruzione, accoglienza, protezione, assistenza sanitaria, mentre ai loro coetanei palestinesi oggi è negato persino il semplice diritto all’esistenza, è stato fonte di disagio e malessere: ha attanagliato le nostre coscienze condannando spesso le nostre notti all’insonnia. Da questo è nato il “Manifesto degli insegnanti per Gaza”, dalla necessità di non voltarsi dall’altra parte e di ribadire che quei sacrosanti diritti dei bambini e degli adolescenti, affermati nel 1989 dalla Convenzione che li consacrò, non possono continuare ad essere calpestati.  Così come avviene per il diritto all’autodeterminazione dei popoli, sancito nei trattati di pace al termine della 1* Guerra Mondiale proprio da un presidente americano, Woodrow Wilson,  nei suoi 14 punti,   e che  è oggi disatteso e messo all’angolo quando si parla dello Stato Palestinese. Eppure il rispetto, tra gli Stati come nelle relazioni, non può nascere senza  il riconoscimento dell’altro.   L’iniziativa del “Manifesto degli insegnanti per Gaza” è nata spontaneamente da un gruppo di tre docenti, alla fine di maggio, praticamente ad attività didattica  conclusa, ma nonostante ciò si è estesa a macchia d’olio: dai docenti agli allievi, poi ai loro genitori, al mondo della cultura ed alla società nelle componenti più varie, confermando quella naturale trasversalità che il nostro mondo scolastico ha nelle comunità.                                  Ha finito per coinvolgere in poco più di un mese più di mille persone, 20 Associazioni, oltre 70 tra scrittori, musicisti, artisti, gruppi teatrali, musicali e di danza, diverse pagine FB, un’agenzia stampa, due sindacati ed il sostegno del nostro Vescovo, Monsignor Aiello. Apparteniamo a una piccola città campana in un area interna qual è l’Irpinia, che è certo terra di gente testarda, ma siamo persone comuni, senza alcun superpotere e se tutto questo è stato possibile è perché il nostro disagio trovava rispondenza nel cuore di molti,  si leggeva negli occhi dei tanti che cercavano un modo per poter dire “non nel mio nome”. Perché “la libertà è l’obbedienza alla verità interiore”. C’è una strada obbligata perché le violenze in Medio Oriente si plachino da ogni parte, e questa passa dal riconoscimento dello Stato della Palestina, poiché soltanto dando pari dignità ai due popoli che abitano quei territori essi potranno intraprendere un dialogo autentico e costruttivo.  Abbiamo ascoltato la premier Meloni dire che sarebbe “prematuro” tale riconoscimento e ci viene spontaneo chiederci: quale tempo viene considerato congruo perché la Palestina veda riconosciuto il suo diritto all’autodeterminazione? 77 anni sono un tempo considerato troppo breve? Noi crediamo di no. Così come crediamo necessaria la non collaborazione con lo Stato d’Israele fino a quando non cessi la sua politica di genocidio. Pertanto, gentile Ministro Valditara, le chiediamo di esercitare il suo peso all’interno del governo italiano affinché  l’Italia, seguendo l’esempio del Vaticano e delle altre potenze europee che lo hanno già fatto, riconosca lo Stato di Palestina ed interrompa ogni rapporto di partenariato con Israele fino a quando non muti la sua politica. Professoresse Tiziana Guidi e Francesca Russo. Informazioni di contatto: kefinovanta@yahoo.it francesca.ing.russo@gmail.com    Redazione Italia
L’operatore ONU Gennaro Giudetti sotto i bombardamenti a Gaza. Il governo italiano intervenga
Ieri mattina era arrivato l’ordine perentorio alla popolazione palestinese di lasciare la zona di Deir el Balah, a Gaza, dove hanno sede le Ong e l’agenzia dell’Onu. Molti non avevano i mezzi per allontanarsi mentre fame e sete colpiscono soprattutto i bambini. L’attacco aereo è partito ieri sera, oggi l’avanzata terrestre con i carri armati che stanno distruggendo tutto. È stata individuata una “zona rossa” da radere al suolo. In questa zona agisce come operatore umanitario un cittadino italiano, Gennaro Giudetti, che tenta ancora di portare conforto e aiuto. Il governo italiano, la Farnesina, debbono intervenire immediatamente per fermare l’ennesima violazione del diritto internazionale che rappresenta uno smacco per il pianeta intero. Quanto accade al nostro concittadino e quanto subisce l’intera popolazione dell’area è l’ennesimo crimine di cui Israele e il suo governo debbono rendere conto. Netanyahu è un criminale e chi lo sostiene, come il governo italiano, è un  miserabile  complice. Maurizio Acerbo , segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
La risposta del Viminale sugli agenti infiltrati in Potere al Popolo non regge
Cinque agenti infiltrati nei collettivi e nelle assemblee del partito per mesi senza copertura giudiziaria. Mentre il governo minimizza, cresce la denuncia: sorveglianza politica e violazione delle libertà costituzionali. Dopo oltre un mese di assoluto silenzio, il Viminale ha accennato una risposta all’interpellanza urgente presentata dal Movimento 5 Stelle; il Sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco ha negato che vi sia stata qualsiasi infiltrazione in partiti o movimenti politici. «I cinque giovani poliziotti che hanno attraversato le assemblee di Potere al Popolo», ha riportato, «erano semplicemente studenti regolarmente iscritti all’università, operanti con le loro vere generalità» e si limitavano a «partecipare a manifestazioni pubbliche di collettivi con connotazioni estremistiche che avevano mostrato crescente aggressività». Una puntualizzazione che tuttavia, lungi dal chiudere il caso, apre molte altre crepe e conferma la situazione gravissima nata a partire dall’inchiesta di Fanpage.it. Grazie ai documenti raccolti dal giornalista Antonio Musella, è venuto alla luce che i cinque agenti del 223° corso hanno agito per almeno otto mesi – da ottobre 2024 a maggio 2025 – fra Napoli, Milano, Bologna e Roma, inserendosi nei movimenti studenteschi Cambiare Rotta e CAU e, attraverso questi, nella vita interna di Potere al Popolo: chat organizzative, riunioni e perfino all’assemblea nazionale del partito. «Il governo ha ammesso l’operazione, ma sta minimizzando», spiega Giuliano Granato, portavoce nazionale di Potere al Popolo. «Hanno spiato un partito che si presenta alle elezioni: vogliamo sapere chi l’ha ordinata e perché. Cinque poliziotti, tutti trasferiti all’antiterrorismo nello stesso periodo, sono finiti solo nei due collettivi legati a noi. Nel Paese esistono centinaia di realtà studentesche: possibile che l’allerta ordine pubblico riguardasse soltanto le nostre?». La linea del Viminale Nel suo intervento in aula, Prisco ha dipinto un quadro di crescente conflittualità: «12 mila manifestazioni nel 2024, con turbative dell’ordine pubblico nel 2 % dei casi. In questo contesto sono maturati livelli crescenti di tensione», da cui la decisione «ordinaria, prevista dalla legge 121/1981» di potenziare l’attività informativa della Direzione centrale della Polizia di prevenzione. «Nessuna operazione sotto copertura, nessuna identità falsa. Ogni agente, anche libero dal servizio, ha l’obbligo di segnalare reati alle autorità. Si è trattato solo dell’adempimento dei propri compiti istituzionali, nel pieno rispetto della legge». La risposta di Potere al Popolo Per i soggetti coinvolti la ricostruzione non regge. «Ci eravamo quasi abituati alla favola dei poliziotti innamorati delle militanti; adesso ci dicono che erano studenti modello mossi da preoccupazioni di sicurezza nazionale», ironizza Granato. «Peccato che abbiano partecipato, abbiamo anche le prove, a momenti privati del partito, chat organizzative, riunioni e perfino all’assemblea nazionale, non a semplici iniziative pubbliche». Anche Matteo Giardiello, membro dell’esecutivo nazionale di Potere al Popolo, commenta duramente: «Ci dobbiamo aspettare che più aumenta il dissenso e più il governo porterà avanti pratiche antidemocratiche per fermarlo? Ci dobbiamo aspettare di essere sempre di più spiati solo e soltanto perché proviamo a opporci a quello che sta avvenendo? Vogliamo dire chiaramente che, se il dissenso è reato, noi siamo colpevoli». «Sorvegliare il dissenso non è compito dei servizi» Potere al Popolo ha lanciato un appello pubblico, firmato da oltre 2.000 persone nelle prime 24 ore, che denuncia l’operazione come una grave lesione delle libertà costituzionali: «L’assenza di una cornice giudiziaria e la natura prolungata e sistematica di queste attività disegna un profilo allarmante: non si tratterebbe di operazioni a scopo investigativo, ma di sorveglianza politica preventiva», si legge nel testo. Il documento ricorda che la libertà di associazione e partecipazione politica non è «un privilegio», ma un diritto inalienabile sancito dalla Costituzione. Il silenzio delle autorità, si denuncia, «è inaccettabile e pericoloso». Nell’appello si legge inoltre: «In una democrazia, il dissenso politico non è materia per i servizi di sicurezza. Nessuna forza dell’ordine dovrebbe infiltrarsi in un partito senza un preciso fondamento giuridico». Il timore, condiviso anche da altri intellettuali e sigle, è che l’approvazione del nuovo decreto sicurezza imponga agli atenei di consegnare dati su studenti e gruppi ritenuti “pericolosi” per la sicurezza nazionale, trasformando le università da luoghi di libertà intellettuale in snodi di controllo. Fra i primi firmatari figurano Carlo Rovelli, Zerocalcare, Mimmo Lucano, Andrea Segre, Fabrizio Barca, Luigi De Magistris, Vauro, Vera Gheno, Elena Granaglia, e decine di accademici, giuristi, attivisti, sindacalisti e parlamentari. Il movimento chiede che Meloni e Piantedosi riferiscano in Parlamento, chiariscano «chi ha autorizzato l’operazione» e pongano limiti chiari all’uso degli apparati di sicurezza contro chi esercita legittimamente il dissenso. Dalle aule ai telefoni: il filo che porta a Graphite Il caso degli agenti‑studenti si intreccia, anche temporalmente, con un’altra vicenda rimasta senza risposta: l’uso dello spyware Graphite (Paragon Solutions) sui telefoni del direttore di Fanpage Francesco Cancellato, di Ciro Pellegrino e di Roberto D’Agostino. Meta e Apple hanno certificato gli attacchi, ma nessuna autorità italiana ha chiarito chi li abbia commissionati. Degli episodi che, letti parallelamente, restituiscono l’immagine di una sorveglianza particolare dello Stato verso redazioni, attivisti e collettivi. Il Ministro Piantedosi si era detto “pronto a riferire” in aula già a fine giugno. Da allora nulla è cambiato, se non la versione ufficiale: da “agenti innamorati” a “studenti zelanti”. Nel frattempo, cinque poliziotti restano iscritti a corsi universitari, i collettivi continuano a protestare sotto i rettorati e un partito politico attende di sapere perché è finito, di fatto, in un dossier di pubblica sicurezza. Rimane ancora senza risposta la domanda: “Chi ha ordinato tutto questo e per quale motivo?”   Emiliano Palpacelli
Droghe: “Troppo spesso, in nome della sicurezza, si è fatta e si fa la guerra ai poveri”
Nei giorni scorsi sul sito del Dipartimento per le Politiche Antidroga è stata pubblicata la Relazione 2025 sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, dalla quale, come si legge sul sito del Dipartimento, “emerge un quadro articolato delle droghe nel nostro Paese. Il consumo di sostanze psicotrope tra i giovani appare leggermente diminuito rispetto al 2023, tuttavia sembrano emergere nuove sfide per la salute pubblica e la sicurezza, legate a una trasformazione qualitativa del mercato degli stupefacenti, alla diversificazione dell’offerta e alla permanenza sul mercato italiano delle Nuove Sostanze Psicoattive (NPS)”: https://www.politicheantidroga.gov.it/it/notizie-e-approfondimenti/notizie/pubblicata-la-relazione-al-parlamento-2025-sul-fenomeno-delle-tossicodipendenze-in-italia/. “Se la Relazione fosse stata un compito per la maturità, ha affermato Marco Perduca, che per l’Associazione Luca Coscioni segue le leggi e politiche nazionali e internazionali sugli stupefacenti, il governo non l’avrebbe superata per insufficienze di merito e metodo”. Aggiungendo che “il documento del governo, con prefazione del sottosegretario Mantovano, non è purtroppo all’altezza del compito. Infatti, oltre a essere sempre più breve, la Relazione segnala una leggerissima flessione nell’uso degli stupefacenti a fronte dell’aumento delle operazioni ‘anti-droga’ ma, in entrambi i casi, si ragiona in termini percentuali e non assoluti. Altrove invece ci si intrattiene su campioni molto ristretti (39 città su oltre 8.000) magnificando l’efficacia rilevatrice della acque reflue, con metodologie non del tutto riconosciuti come attendibili dalla comunità scientifica internazionale e presentando la presenza di sostanze illecite ogni 100.000 persone. Una formulazione che se proposta in termini percentuali evidenzierebbe che si tratta, si e no, al massimo dello 0,7 grammi a persona!” È stata presentata nei giorni scorsi anche la sedicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe, intitolato quest’anno “NON MOLLARE”. Il Libro Bianco è un rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90) sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società. È promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD, ITANPUD, Meglio Legale e EUMANS. A 35 anni dall’entrata in vigore del Testo Unico sulle droghe 309/90 e 16 di pubblicazione del Libro Bianco sulle droghe, i dati purtroppo  confermano una tendenza al peggioramento. Gli effetti penali, in particolare dell’art. 73, sono sempre più devastanti e creano sovraffollamento carcerario confermando che la Legge Jervolino-Vassalli resta il principale veicolo di ingresso nel circuito penale in Italia. Continuano a salire in termini assoluti, +4,9%, gli ingressi in carcere per reati connessi alle droghe: 11.220 delle 43.489 detenzione nel 2024 sono state causate dall’art. 73 del Testo unico, per detenzione a fini di spaccio, il 25,8% degli ingressi (nel 2023 era il 26,3%). Le presenze in carcere sono 62.715 a metà giugno. Di questi 13.354 a causa del solo art. 73 del Testo unico. Altre 6.732 in combinato con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 997 esclusivamente per l’art. 74. Complessivamente il 34,1% del totale. Sostanzialmente il doppio della media europea (18%) e molto di più di quella mondiale (22%). Spropositati gli ingressi e le presenze di detenuti definiti “tossicodipendenti”: è dichiarato così il 38,8% di chi entra in carcere, mentre al 31/12/2024 erano presenti nelle carceri italiane 19.755 detenuti “certificati” il 31,9% del totale. Non erano mai stati così tanti dal 2006 (anno dell’entrata in vigore della legge Fini-Giovanardi) a oggi. E la repressione continua ad abbattersi sui minori: 3.722 adolescenti che entrano in un percorso sanzionatorio stigmatizzante (cioè desocializzante) e controproducente. Dal 1990 1.463.442 persone sono state segnalate per possesso di droghe per uso personale, 1.074.754 di queste per derivati della cannabis. Ha ragione Papa Leone XIV quando afferma che: “Troppo spesso, in nome della sicurezza, si è fatta e si fa la guerra ai poveri, riempiendo le carceri di coloro che sono soltanto l’ultimo anello di una catena di morte. Chi tiene la catena nelle sue mani, invece, riesce ad avere influenza e impunità. Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione“. Qui per approfondire e scaricare il Libro Bianco: https://www.fuoriluogo.it/mappamondo/non-mollare-xvi-libro-bianco-sulle-droghe/ Giovanni Caprio