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Un nuovo portale digitale per la Biblioteca delle Donne di Palermo
La storia delle donne femministe in Sicilia a portata di clic. E’ on line il nuovo portale digitale della Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale UDIPALERMO, una piattaforma pubblica dedicata alla tutela e diffusione del patrimonio femminista siciliano. E’ realizzato nell’ambito di un progetto sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, attraverso l’investimento “Transizione digitale degli organismi culturali e creativi (TOCC)” previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’investimento TOCC promuove in modo trasversale la sostenibilità ambientale e il rispetto del principio europeo “Do No Significant Harm (DNSH)”, che garantisce interventi culturali e tecnologici non impattanti sull’ambiente. Il portale costituisce il fulcro di un intervento di digitalizzazione volto a valorizzare, conservare e rendere fruibile la memoria storica dei movimenti femminili e femministi in Sicilia, una memoria spesso frammentaria e resa invisibile a causa della scarsa disponibilità e accessibilità delle fonti. Attraverso un’interfaccia pubblica, accessibile e in costante aggiornamento, il portale mette a disposizione: gli inventari informatizzati dei fondi archivistici conservati da UDIPALERMO, riconosciuti nel 2008 dalla Soprintendenza archivistica della Sicilia come di interesse storico particolarmente importante; nonché una selezione significativa di materiali digitalizzati che documentano decenni di attivismo, pratiche e cultura politica delle donne in Sicilia. Le sezioni del portale includono: Archivio storico: documenti, corrispondenze, dattiloscritti, atti; Archivio fotografico: immagini che raccontano manifestazioni, incontri, quotidianità e relazioni; Archivio iconografico: manifesti, volantini e materiali visivi prodotti nel contesto dell’attivismo femminista; Archivio sonoro e audiovisivo: registrazioni, interviste, convegni, voci di protagoniste e testimoni. Il progetto risponde all’obiettivo di rendere accessibile un patrimonio spesso marginalizzato, offrendo strumenti di consultazione sia per la ricerca storica e accademica sia per il lavoro educativo, culturale e politico. Il portale è disponibile all’indirizzo: http://udipalermo.thearchives.cloud Per informazioni e contatti: bibliotecadonneudipalermo@gmail.com https://www.bibliotecadelledonnecentrodiconsulenzalegale-… Redazione Palermo
Mille splendidi fiori, storie di cura, coraggio e comunità tra Afghanistan e Alto Adige
Martedì 5 agosto 2025 alle ore 21:00 Pavillon di San Vigilio di Marebbe (Provincia autonoma di Bolzano, Alto Adige) Evento organizzato da Costa Family Foundation, Insieme si può, Rawa, Gea, Dolomites San Vigilio Una serata per ascoltare voci spesso invisibili: donne che resistono, custodiscono e si fidano. Dall’Afghanistan dell’Associazione RAWA, dove anche una tisana può diventare gesto politico, all’Alto Adige, dove la violenza di genere si nasconde dietro porte chiuse e silenzi troppo lunghi. Un dialogo aperto tra mondi apparentemente distanti – impresa e sociale, poesia e attivismo – uniti dalla stessa tensione verso la dignità e la trasformazione. Parole, musica, volti e storie si intrecciano in un racconto collettivo. A chiudere, un gesto semplice: una tisana condivisa. Perché far fiorire, in fondo, è un atto rivoluzionario.     Redazione Italia
80 anni dai bombardamenti atomici: mobilitazione e appello ai Comuni
A distanza di ottant’anni dalla tragedia umanitaria senza precedenti che ha scosso le due città giapponesi, il ricordo delle vittime e la testimonianza diretta degli hibakusha (i sopravvissuti ai bombardamenti atomici) devono continuare a guidare le scelte politiche e morali della comunità internazionale verso la necessità urgente del disarmo nucleare. Le parole degli hibakusha, raccolte in questi anni da numerosi testimoni e associazioni tra cui Nihon Hidankyo (Premio Nobel per la Pace 2024), sono un patrimonio umano di valore incalcolabile. Le loro testimonianze, capaci di evocare speranza e determinazione pur partendo da un immenso dolore, continuano a parlare al mondo intero: ci ricordano che le armi nucleari non sono strumenti di sicurezza, ma di annientamento, e che nessun popolo dovrà mai più subire devastazione totale che ottanta anni fa ha colpito le loro città. La memoria degli hibakusha non può e non deve essere relegata alla storia: è una bussola etica per il nostro presente e ci chiama ad un impegno attivo per un futuro senza armi nucleari. In Italia la mobilitazione “Italia, ripensaci” – promossa da Rete Pace Disarmo e Senzatomica – continua a crescere e a diffondere consapevolezza sull’urgenza del disarmo nucleare. Oltre 120 Enti Locali hanno già aderito all’Appello delle Città per il TPNW (Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari) promosso da ICAN, la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari Premio Nobel per la Pace 2017. Un numero in costante aumento, che dimostra come i territori e le comunità locali siano sempre più consapevoli e attivi nel richiedere un cambiamento di rotta alla politica estera e di difesa del nostro Paese in ambito nucleare. “Oggi più che mai, in un mondo segnato da crisi ambientali, disuguaglianze crescenti e guerre che sembrano non finire mai, affermare con forza la dignità intrinseca di ogni vita è un atto rivoluzionario e necessario – afferma Alessja Trama della campagna “Senzatomica” – Per questo chiediamo un cambiamento radicale nel paradigma della sicurezza: non più fondato sulla paura e sull’equilibrio del terrore, ma sulla fiducia reciproca, la cooperazione e il dialogo. Con la campagna “Italia, ripensaci” chiediamo al nostro Paese di compiere un passo di civiltà e umanità: ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Non è un gesto simbolico, ma una scelta concreta per schierarsi dalla parte della vita e dei diritti umani. E facciamo appello a tutte le nazioni dotate di armi nucleari affinché adottino il principio del Non Primo Uso come misura immediata per ridurre il rischio di una catastrofe nucleare. Questo impegno rappresenta un primo passo verso una nuova era in cui la forza non sia mai più usata per dominare”. “Il disarmo nucleare è un atto di responsabilità collettiva: smilitarizzare le relazioni internazionali, a partire dal vertice del pensiero di oppressione e violenza rappresentato dalle armi di distruzione di massa, è urgente. Solo liberandoci dalla minaccia nucleare potremo costruire un mondo fondato sulla cooperazione, i diritti, la giustizia e la pace duratura” evidenzia Sergio Bassoli, coordinatore dell’Esecutivo di Rete Pace Disarmo. Nei giorni del 6 e 9 agosto 2025, in occasione delle ricorrenze di Hiroshima e Nagasaki, “Italia, ripensaci” – che ha recentemente inviato a molti Sindaci e Amministrazioni Comunali attive sul tema una lettera di stimolo alla mobilitazione – promuoverà e sosterrà numerose iniziative locali in tutta Italia: momenti pubblici di riflessione, commemorazioni civili, eventi culturali, presentazioni e incontri istituzionali. Da Brescia a Padova, da Aviano a Verona, da Cervia a Modena sono tanti i gruppi animati da cittadini, associazioni, Enti Locali che utilizzeranno la memoria della distruzione subita da Hiroshima e Nagasaki per rilanciare un’azione collettiva di Pace. Tali attività avranno anche lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sul tema del “costo nascosto degli arsenali nucleari” tema affrontato in un Report, pubblicato oggi (qui il link per scaricarlo), che traduce in italiano i dati di ICAN relativi alle spese militari nucleari a livello globale. La ricerca evidenzia in particolare l’enorme impatto economico e sociale delle risorse pubbliche destinate alla produzione e manutenzione delle armi nucleari: una spesa eticamente ingiustificabile, ancor più in un contesto di crisi e disuguaglianze globali. La crescente mobilitazione degli Enti Locali fornisce poi un punto di partenza per uno stimolo verso le istituzioni nazionali, affinché il Governo scelga di iniziare ad avvicinarsi concretamente ai contenuti del Trattato TPNW. L’Italia, pur essendo membro della NATO, può e deve adottare una posizione responsabile e autonoma, in linea con i propri valori costituzionali e con la volontà della propria cittadinanza. I sondaggi condotti negli ultimi anni indicano, infatti, con chiarezza come la maggioranza dell’opinione pubblica italiana si favorevole al disarmo nucleare, alla riduzione della spesa militare in armamenti atomici e alla rimozione delle testate statunitensi presenti nel nostro Paese. Un orientamento netto, troppo spesso ignorato dal dibattito politico ufficiale, che merita di essere finalmente ascoltato e rappresentato, perché la distanza tra la volontà popolare e le scelte governative su questo tema continua a costituire un grave deficit democratico. A ottant’anni dalla tragedia atomica sulle città giapponesi la nostra responsabilità è duplice: custodire la memoria e trasformarla in azione politica. “Italia, ripensaci” invita tutte e tutti a mobilitarsi, a diffondere consapevolezza, a fare pressione sulle istituzioni. L’obiettivo è chiaro: costruire un mondo in cui Hiroshima e Nagasaki non siano solo il ricordo di una devastazione senza precedenti, ma un continuo monito alla necessitò di mettere le armi nucleari fuori dalla storia. Rete Italiana Pace e Disarmo
“Siate sovversivi: abbiate speranza”. Il messaggio di Nicolò Govoni ai 40mila di Piazza San Pietro
Ospite di due eventi a Roma per il Giubileo dei Giovani, il CEO di Still I Rise ha lanciato ai giovani un appello al cambiamento. “Sapete qual è la cosa più sovversiva, la più folle, la più strana che si possa fare al giorno d’oggi? Avere speranza”. Così Nicolò Govoni si è rivolto agli oltre 40mila ragazzi e ragazze accorsi da tutto il mondo in piazza San Pietro a Roma, per l’evento “Tu sei Pietro” all’interno della cornice del Giubileo dei Giovani. “La società che ci circonda è congegnata per generare insoddisfazione, così da farci bramare ciò che pensiamo ci manchi. Ci convincono del fatto che nulla possa mai cambiare davvero, e quindi perché provarci?”, ha sottolineato dal sagrato di piazza San Pietro, prima di raccontare la propria esperienza personale che da potenziale fallito lo ha portato invece a fondare l’organizzazione non profit Still I Rise. “In India, circondato da venti orfani, ormai dodici anni fa, ho scoperto la mia chiamata. Esserci. Essere in prima linea. Essere quello che ci prova, anche quando chiunque altro mollerebbe. Essere fiducioso che il mondo si possa cambiare davvero”, ha aggiunto, per poi arrivare al suo appello finale, accolto con grande entusiasmo dalla piazza. “Trovate qualcosa che vi riempia il cuore e dedicategli la vita. È così che capirete la cosa più importante: il supereroe che vi hanno insegnato ad aspettare, quello forte e bravo e capace abbastanza da risolvere i problemi del mondo, non arriverà mai. È già qui. Siate sovversivi: abbiate speranza.” Nicolò Govoni ha condiviso il palco con l’attore Giorgio Pasotti, don Antonio Loffredo, parroco del Rione Sanità, Laura Lucchin, madre di Sammy Basso, e con i cantanti Amara, Mr Rain, Pierdavide Carone e Mimì, accompagnati dall’Orchestra sinfonica del Conservatorio A. Casella de L’Aquila, diretta dal maestro Leonardo De Amicis. La giornata si è conclusa con un intenso momento di raccoglimento presieduto dal cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI. L’incontro in piazza San Pietro è stato il secondo a cui il CEO di Still I Rise ha partecipato durante la giornata: in mattinata è stato tra i relatori dell’evento “Verso l’altro: Coscienza, Senso, Scoperta” organizzato dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità presso la Basilica San Giovanni Battista dei Fiorentini. Still I Rise
I naufraghi a bordo del mercantile Port Fukuoka sbarcheranno a Pozzallo
La donna incinta che aveva rotto le acque a bordo della nave commerciale Port Fukouka è stata evacuata insieme al marito a Lampedusa. Gli altri sono in viaggio verso l’Italia, dopo due interminabili giorni di attesa. Destinazione: Pozzallo. Le autorità italiane avrebbero potuto raggiungere e soccorrere le persone in poche ore e lo stesso avrebbe potuto fare la nostra nave di soccorso Aurora, se non fosse stata fermata con un pretesto dalle autorità. Con il mercantile arriveranno a Pozzallo anche i corpi di due bambini morti. Un’altra persona è scomparsa tra le onde. Vittime dell’omissione di soccorso delle autorità europee.   Sea Watch
Fiaccolata contro il business delle armi davanti alla fabbrica di bombe di Domusnovas/Iglesias
Pubblichiamo il comunicato stampa sulla manifestazione odierna che si svolgerà davanti alla fabbrica di armi RWM di Domusnovas/Iglesias, diffuso dalle associazioni organizzatrici dell’evento. APPELLO PER LA PACE E IL DISARMO –  Fiaccolata contro il business delle armi Venerdì 1° agosto 2025, ore 19:00, davanti alla fabbrica di bombe RWM di Domusnovas/Iglesias Appello alla Giunta Regionale, ai Decisori politici, ai Sindaci, ai Sindacati, ai Vescovi della Sardegna e ai Rappresentanti di tutte le Religioni, a tutti i Movimenti e Associazioni che lottano contro il riarmo e hanno a cuore la Pace. Appello ai giovani, alle lavoratrici e lavoratori, alle associazioni imprenditoriali di categoria, alle donne e agli uomini di buona volontà. Noi, donne e uomini della Confederazione Sindacale Sarda (CSS), di Sardegna Pulita, di DonneAmbienteSardegna, di Assotziu Consumadoris de Sardigna, di Medicina Democratica, dell’Ufficio Studi G. Maria Angioy, di Liberi Agricoltura Sardegna e di CASCOM-Impresas de Sardigna, dinanzi alla grave situazione di pericolo nella quale è precipitato il Mondo dilaniato da ben 56 guerre senza fine; dinanzi all’insensata e sanguinosa guerra in Ucraina, al genocidio del Popolo Palestinese, all’occupazione delle terre di Cisgiordania, ai continui e incessanti bombardamenti sui civili inermi, sulle donne, sui bambini e sugli anziani; Facciamo appello alla sensibilità delle parti in conflitto e ai Potenti della Terra perché cessi immediatamente questa carneficina, causata dalle guerre che mai potranno portare la Pace. La corsa folle al riarmo, il ricorso alla produzione di armi sempre più sofisticate e potenti spingono gli Stati e i Governi a più odio, a strage di innocenti e distruzione. La Sardegna da Isola di Pace da – la cui Capitale Cagliari è insignita di medaglia d’oro al valore civile per le tragiche morti e distruzioni del 1943, causati dai bombardamenti degli alleati anglo-americani – è diventata la base per massicce esercitazioni di tutti gli eserciti del mondo, che sperimentano sui nostri territori moderne strategie di guerra, testando nuovi ordigni ed armi tecnologicamente più avanzate e potenti. La Sardegna ha nel suo territorio ben 4 poligoni (basi militari) e una Scuola per l’addestramento dei piloti nazionali ed internazionali sui cacciabombardieri F-35. Noi Sardi denunciamo che nel nostro territorio, a pochi passi dalle nostre case, a Domusnovas/Iglesias vi è la fabbrica di bombe e di ordigni mortali RWM/RHEINMENTALL/ITALIA, per la quale da anni si chiede con determinazione che venga riconvertita ad usi civili. L’alternativa a queste lavorazioni di morte è possibile, e c’è! Facciamo Appello perché la Giunta Regionale, i Decisori politici e i Sindaci dei Comuni del Sulcis/Iglesiente mettano in atto piani di sviluppo del territorio per garantire posti di lavoro alternativi alla costruzione di ordigni di morte. Ciò è possibile se c’è la volontà politica, e se prevale l’unità e l’impegno per la pace ed il disarmo. Per questo motivo stiamo organizzando una grande fiaccolata, alla quale vi invitiamo a partecipare, davanti ai cancelli della fabbrica di bombe RWM di Domusnovas, VENERDÌ 1 AGOSTO 2025  alle ore 19:00. Un’iniziativa senza simboli partitici, ma solo dei movimenti partecipanti con le bandiere della pace. La serata sarà accompagnata da momenti di riflessione, letture di brani, poesie e preghiere, canzoni e musica. Gli organizzatori   Redazione Sardigna
Migranti e Paesi sicuri, la Corte Europea di Giustizia affonda ancora il governo Meloni
Ennesima mazzata per il governo Meloni in materia di immigrazione. Con una sentenza attesa, pronunciata oggi alle 10.57 la Corte Europea di Giustizia ha sentenziato che non sono i governi dei singoli Paesi a poter determinare quali siano i “Paesi sicuri” in cui rimpatriare, o per meglio dire, deportare le persone che fuggono, ma che tale decisione appartiene ad un giudice obbligato a valutare se tutto il Paese di provenienza di chi chiede asilo sia o meno sicuro al punto da predisporre il diniego alla domanda e il conseguente rimpatrio. Piantedosi e Meloni avevano provato sia a ridurre il numero dei Paesi in cui deportare, sia a stringere con questi nuovi accordi, sia, soprattutto, a depotenziare il ruolo della magistratura. L’intero impianto salta, al punto che anche il costoso esperimento coloniale in Albania, che comprende, ricordiamo, un hotspot e un CPR, diventa un colossale boomerang che si abbatte su chi legifera dimostrando di avere scarsissima conoscenza del diritto internazionale. La sentenza precisa che fino a quando, probabilmente nel 2027, non ci sarà un nuovo regolamento che determinerà le modalità e le ragioni di ogni rimpatrio, la decisione di un tribunale dovrà essere considerata valida su tutto il territorio dello Stato membro; non sono ammesse disposizioni discrezionali. Resta l’amaro in bocca di chi è convinto che a tali decisioni si debba arrivare attraverso la politica e non per decisione di una, per quanto autorevole, Corte internazionale. Ci si svegli, anche in Parlamento, prima ancora di attendere che una sentenza ci lavi la coscienza. Maurizio Acerbo, Segretario nazionale Stefano Galieni, Responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea   Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Il Consiglio Comunale di Mamoiada approva una mozione per il riconoscimento dello Stato di Palestina
Il Consiglio Comunale di Mamoiada (NU) ha approvato ieri, 30 luglio 2025, una mozione per il riconoscimento dello Stato di Palestina e di solidarietà nei confronti di Francesca Albanese. Mozioni simili sono state approvate o presentate anche in altri comuni della Sardegna. Dopo l’approvazione della mozione, il sindaco di Mamoiada Luciano Barone ha appeso la bandiera della Palestina, donata dalla consigliera della minoranza Anna Mannu, sulla facciata del Comune. Il testo della Mozione COMUNE DI MAMOIADA  – IL CONSIGLIO COMUNALE  OGGETTO: riconoscimento dello stato di Palestina da parte dello Stato e delle istituzioni internazionali e solidarietà alla nostra connazionale e Relatrice ONU Francesca Albanese.  Premesso che * Il riconoscimento dello Stato d’Israele da parte dell’ONU (1949) e dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (1988), gli Accordi di Oslo (1993-95) sottoscritti dalle parti ed il nutrito pacchetto di risoluzioni ONU costituiscono il quadro di riferimento giuridico necessario per dar corso al riconoscimento dello Stato di Palestina; * lo Stato di Palestina è stato riconosciuto dalla risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazione Unite del 29 novembre 2012 come “Stato osservatore permanente non membro” presso l’organizzazione; * il Parlamento europeo ha riconosciuto in linea di principio lo Stato di Palestina con la risoluzione 2014/2964 (RSP) approvata in data 17/12/2014; * il 10 aprile 2024 l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato la risoluzione intitolata “Ammissione di nuovi membri alle Nazioni Unite” (documento A/ES-10/L.30/Rev.1) con 143 voti favorevoli, 9 contrari e 25 astensioni. La risoluzione stabilisce che lo Stato di Palestina è qualificato per l’adesione alle Nazioni Unite in conformità con l’articolo 4 della Carta delle Nazioni Unite e dovrebbe, pertanto, essere ammesso a far parte dell’Organizzazione come membro a tutti gli effetti; * il 18 aprile 2024 la proposta di risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU S/2024/312, necessaria per l’effettiva adesione della Palestina come stato membro, è stata accolta da 12 dei 15 paesi votanti, ma bloccata dall’unico voto contrario degli Stati Uniti; Considerato che * alla fine di maggio 2024 Spagna, Norvegia, Slovenia e Irlanda si sono unite al gruppo di Stati membri dell’ONU che riconoscono formalmente lo Stato di Palestina; * sono ormai 146 su 193 Stati membri delle Nazioni Unite, oltre il 75% degli Stati Membri, che hanno riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina, entro i confini antecedenti la guerra del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa, quale passo fondamentale per una equa soluzione politica del conflitto che porti ad una pace duratura; Copia informatica per consultazione; * lo Stato di Palestina è attualmente membro della Lega araba, dell’Organizzazione della cooperazione islamica, del G77, del Comitato Olimpico Internazionale, dell’UNESCO e di varie altre organizzazioni internazionali; * il riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina è un passo fondamentale per equiparare la sua condizione sul piano politico a quella di altri Stati, riconoscere le aspirazioni legittime ad avere uno Stato da parte dei palestinesi e ribadire le tutele previste dal Diritto Internazionale; * risulta ormai evidente quanto sia indispensabile che le Nazioni Unite e l’Unione Europea non si fermino alle dichiarazioni di condanna ed al richiamo alle parti di fermare la violenza ma che prendano posizioni vincolanti per eliminare le cause che provocano continui bombardamenti e morti di civili fra Israele e Palestina. La mediazione degli Enti Internazionali deve avere il fine dell’immediato cessate il fuoco, di far terminare l’occupazione militare israeliana e della colonizzazione dei Territori Palestinesi Occupati ed il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale in tutto il territorio proteggendo bambini, civili, ospedali e le zone sotto sorveglianza UN come spesso disatteso in questi ultimi mesi da un’escalation militare che deve essere fermata. Ricordato che * la politica estera italiana fin dagli anni ’70 è sempre stata trasversalmente impegnata per la pace in Medio Oriente e per il riconoscimento dei diritti legittimi del popolo palestinese; * su iniziativa italiana l’Europa, con la Dichiarazione di Venezia del 1980, riconobbe il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese; * nel 2012 all’Assemblea delle Nazioni Unite l’Italia votò a favore dell’ammissione della Palestina quale Stato osservatore all’ONU; * nel dicembre 2014 il Parlamento italiano ha approvato una mozione che impegnava il governo a “sostenere l’obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese” e a promuovere il riconoscimento della Palestina quale stato democratico e sovrano entro i confini del 1967, con Gerusalemme capitale condivisa”, sostenendo e promuovendo i negoziati diretti fra le parti; * nelle comunicazioni al Senato della Presidente del Consiglio in data 25 ottobre 2023 si sosteneva che “In tutti i contesti, e con tutti gli interlocutori, ho sottolineato l’importanza di contribuire alla de-escalation del conflitto e riprendere quanto prima un’iniziativa politica per la regione, non solo per risolvere l’attuale crisi ma per arrivare a una soluzione strutturale sulla base della prospettiva “due popoli, due Stati”; * tale posizione è stata ribadita del ministro degli Esteri italiano Tajani in occasione del suo incontro con Netanyahu; * la prospettiva “due popoli, due Stati” non può essere raggiunta senza il previo riconoscimento dello Stato di Palestina, laddove oggi l’unico Stato riconosciuto dal nostro Paese è lo Stato di Israele; Visto che * in occasione della 59a sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967, Francesca Albanese, ha presentato il suo ultimo Rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” (datato 30 giugno 2025); * il documento analizza l’evoluzione dell’occupazione israeliana in Palestina come progetto coloniale, alimentato e sostenuto da un ampio apparato economico-industriale che, secondo la Relatrice Speciale, ha raggiunto un nuovo stadio: quello dell’”economia del genocidio”. “Mentre i leader politici e i governi si sottraggono ai loro obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana dell’occupazione illegale, dell’apartheid e ora del genocidio”, si legge nel Rapporto. * settori chiave come l’industria militare, il settore tecnologico, il sistema finanziario e quello accademico sono profondamente integrati nell’infrastruttura dell’occupazione. In particolare, il Rapporto documenta come imprese israeliane e multinazionali (tra cui Elbit Systems, Lockheed Martin, Google, Microsoft e Amazon) abbiano fornito strumenti, tecnologie e supporto logistico che hanno alimentato il massiccio utilizzo della forza contro la popolazione civile palestinese. Queste collaborazioni includono forniture di armamenti, sistemi di sorveglianza biometrica, analisi predittive tramite intelligenza artificiale e servizi cloud critici per le operazioni militari. Dato atto che sulla base del rapporto sopra citato la Relatrice ONU Francesca Albanese è stata oggetto di un vergognoso e feroce attacco, sia politico che mediatico, dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni pesanti contro la sua persona; Preso atto che sarebbe la prima volta nella storia dell’occidente di applicazione di sanzioni nei confronti di una persona fisica, autorevole rappresentante delle Nazioni Unite che ha avuto il coraggio di mettere a “nudo”, in un report dettagliato, tutte le complicità delle aziende occidentali con il genocidio in corso in Palestina; Necessario dare un segnale forte di solidarietà e sostegno ad una nostra connazionale, eccellenza del diritto internazionale, che ha dimostrato estremo coraggio nel denunciare non solo i crimini di Israele contro la popolazione inerme di Gaza e dei territori, ma anche le complicità politiche, economiche e commerciali a sostegno dell’occupazione israeliana; IL CONSIGLIO COMUNALE DI MAMOIADA * esprime, con un atto forte e ufficiale, la vicinanza della comunità mamoiadina alla Relatrice ONU Francesca Albanese e il profondo orgoglio per il suo encomiabile operato e stigmatizza gli attacchi politici e mediatici ricevuti in relazione al report “From economy of occupation to economy of genocide” (datato 30 giugno 2025); Chiede al governo Italiano * di riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina come entità sovrana, nei confini precedenti all’occupazione del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa; * ad agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, per permettere alla Palestina e a Israele di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità; * ad impiegare tutti gli strumenti politici, diplomatici e di Diritto Internazionale per fermare la colonizzazione e l’annessione dei Territori Occupati Palestinesi; * di esprimere la vicinanza dello Stato Italiano alla nostra connazionale e Relatrice ONU Francesca Albanese.  IMPEGNA IL SINDACO 1. a farsi interprete di tali istanze e ad attivarsi verso gli altri Sindaci ed Amministrazioni della Regione Sardegna per concordare un’azione comune di sensibilizzazione delle rappresentanze politiche parlamentari; 2. ad adoperarsi, affinché l’Amministrazione tutta, unita al Consiglio Comunale e alle altre istituzioni del paese, coltivino e promuovano sul territorio di Mamoiada, ed in particolare presso le giovani generazioni, i più alti valori di pace, democrazia, rispetto dei diritti umani e libertà dei popoli; 3. a dare massima diffusione del presente Ordine del Giorno alla cittadinanza e alle associazioni, e ad inoltrarlo:           a)  al Presidente del Parlamento Europeo           b)  al Presidente della Repubblica Italiana;           c)  al Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana;           d)  al Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale della Repubblica italiana           e)  al Presidente del Senato della Repubblica italiana;            f)  al Presidente della Camera dei deputati della Repubblica italiana;           g)  ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari;           h)  alla Presidente della Regione Sardegna           i)   alle Sindache, ai Sindaci, ai Presidenti delle Unioni dei Comuni e Comunità Montane nonché ai Commissari delle Province e Città                     metropolitani di Cagliari e Sassari. Redazione Sardigna
Due diciottenni israeliani finiscono in prigione per il rifiuto di partecipare al genocidio a Gaza
Questa mattina, i diciottenni Ayana Gerstmann e Yuval Pelleg si sono rifiutati di arruolarsi nell’esercito israeliano. Gerstmann è stata condannata a 30 giorni di prigione militare, mentre Pelleg è stato condannato a 20 giorni. Prima di entrare nella base di arruolamento di Tel HaShomer, la Rete Mesarvot ha organizzato una manifestazione a sostegno dei due giovani obiettori di coscienza, con la partecipazione di decine di ex obiettori, di familiari e del deputato della Knesset Offer Cassif. Ayana Gerstmann – Dichiarazione di rifiuto Mi chiamo Ayana Gerstmann, ho 18 anni e la legge israeliana mi impone di arruolarmi. Ho deciso di rifiutare, poiché la mia morale mi obbliga a farlo e ho scelto di agire di conseguenza. Sono cresciuta in una famiglia che parlava spesso del fallimento morale del servizio militare. Eppure da ragazzina non capivo bene cosa fosse il fallimento morale del servizio militare di cui mia madre parlava spesso. Non avevo idea di cosa stesse accadendo intorno a me, quali fossero i territori e quali le occupazioni. Ricordo che anni fa ho partecipato alla cerimonia della Giornata di Gerusalemme della mia scuola – ho ballato, cantato e recitato testi nazionalistici senza nemmeno immaginare che ci fosse un problema con la celebrazione gioiosa di ciò che ci veniva mostrato come “l’unificazione di Gerusalemme – la capitale eterna”. Un anno dopo la mia ignoranza politica è andata in frantumi. Nei giorni precedenti la Giornata di Gerusalemme, ci venne assegnata una ricerca sui luoghi importanti di Gerusalemme. Oggi mi è chiaro che l’obiettivo era quello di rafforzare le mie tendenze nazionalistiche, ma il risultato è stato l’opposto. Ho letto di Gerusalemme Est e per la prima volta l’ho vista come era rappresentata nel sito web di B’Tselem. Improvvisamente ho aperto gli occhi su ciò che si nascondeva dietro le celebrazioni dell’orgoglio nazionale a cui avevo partecipato un anno prima: l’occupazione e l’oppressione. Improvvisamente, e in un colpo solo, mi sono trovata davanti la profonda sofferenza di milioni di persone, che prima non sapevo nemmeno esistessero, la cui libertà viene schiacciata giorno dopo giorno, ora dopo ora, dal regime di occupazione. Da quel momento, è cresciuta la consapevolezza che non posso assolutamente far parte del sistema militare che applica il regime di occupazione e che rende la vita dei palestinesi miserabile. Non farò parte di un sistema che espelle abitualmente comunità, uccide innocenti e permette ai coloni di appropriarsi delle loro terre. Dal 7 ottobre questa consapevolezza ha raggiunto il suo apice a causa delle azioni dell’esercito a Gaza. Dall’inizio della guerra, decine di migliaia di donne e bambini sono stati uccisi e centinaia di migliaia sono stati sfollati dalle loro case, costretti a vivere in campi profughi, privati della loro dignità e affamati. Questa catastrofe umanitaria è il risultato delle azioni dell’esercito, il risultato di una guerra che dura da quasi due anni e che ha perso i suoi obiettivi da tempo. Da due anni vedo lo spargimento di sangue come risultato di una guerra di vendetta senza speranza. Vedo decine di migliaia di bambini gazawi che nascono e crescono nella disperazione, nella morte e nella distruzione che formano un circolo infinito di odio, vendetta e omicidio. Vedo centinaia di giovani della mia età che vengono uccisi perché mandati dallo Stato a continuare in eterno questo circolo. Vedo una guerra che mette in pericolo la vita degli ostaggi. E non posso rimanere in silenzio di fronte a queste cose. Non posso tacere in una società in cui il silenzio ha preso il sopravvento. Non ho il privilegio di stare in silenzio, quando so che tutti intorno a me lo hanno fatto a lungo. La società israeliana ha visto l’occupazione per sei decenni e sta chiudendo gli occhi. La società israeliana vede i bambini gazawi uccisi nei bombardamenti e chiude gli occhi. La società israeliana vede l’esercito commettere le peggiori atrocità morali e decide di tacere. La società israeliana non è pronta a riconoscere le atrocità che il suo esercito sta commettendo contro gli innocenti, perché sa che una volta che lo farà, non sarà in grado di affrontare il senso di colpa. Invece di invocare la propria moralità e opporsi alle atrocità, la società israeliana mette a tacere ogni accenno alla propria immoralità, giustifica tutto ciò che non può essere messo a tacere ed etichetta come malvagia qualsiasi opposizione alla guerra, per paura di essere etichettata come tale, se oserà guardare la verità. Durante la guerra ho sentito innumerevoli volte l’affermazione ”Non ci sono innocenti a Gaza” – e sono inorridita. Vedo questa affermazione normalizzarsi sempre di più. Vedo persone davvero convinte che nemmeno il più piccolo bambino di Gaza sia innocente e che quindi non meriti alcuna pietà. E io rispondo: Un bambino è sempre innocente! Anch’io da bambina ero innocente, quando ho partecipato alle cerimonie della Giornata di Gerusalemme. Non potevo scegliere diversamente quando ho letto i testi nazionalisti che mi era stato detto di leggere, ignorando completamente le sofferenze palestinesi. Un bambino inconsapevole non può fare le sue scelte e quindi è innocente. Ma ora, essendo maturata, la mia innocenza non è incondizionata. Per questo so che se decidessi di rimanere in silenzio, ora che sono consapevole delle sofferenze inflitte a milioni di persone dall’esercito, sarei complice del crimine. Oggi so che non posso tacere di fronte alla sofferenza. Non posso tacere di fronte alle uccisioni e alla distruzione. E oggi so che arruolarsi nell’esercito è peggio del silenzio: è collaborare con un sistema che fa del male a milioni di persone. Per questo mi rifiuto, e lo faccio a gran voce. Non collaborerò e non farò parte del silenzio che permette di commettere le peggiori atrocità in mio nome. Come cittadina di questo Paese dico chiaramente: la distruzione di Gaza – non in mio nome! L’occupazione – non in mio nome! Mi rifiuto di rimanere in silenzio, nella speranza che la mia voce apra gli occhi di altri nella nostra società e risvegli la loro consapevolezza di ciò che viene fatto in loro nome – fino a quando neanche loro potranno più rimanere in silenzio”. Yuval Pelleg – Dichiarazione di rifiuto Mi chiamo Yuval Pelleg e oggi mi rifiuto di arruolarmi. Come tutti noi, ricordo bene le atrocità del 7 ottobre e l’inizio della guerra di distruzione. Ricordo anche le parole di Tal Mitnick, che poco tempo dopo si rifiutò di arruolarsi e disse che la guerra non avrebbe portato alcun progresso, ma solo morte e distruzione. Sono passati 22 mesi e le sue affermazioni si sono rivelate vere. Gli obiettivi ufficiali della guerra – smantellare il dominio di Hamas e restituire gli ostaggi – non sono stati raggiunti. Sotto le dichiarazioni di “porteremo la sicurezza” e di “vittoria totale”, tuttavia, si nasconde una sinistra verità: il vero obiettivo che sta guidando la guerra, quello che non si trova nelle note ufficiali, era e rimane la vendetta. Una vendetta che ha causato l’uccisione di molte decine di migliaia di gazawi, tra cui bambini che il 7 ottobre non erano nemmeno nati, la distruzione totale della Striscia di Gaza e la distruzione di ogni speranza. Mentre assisto ai crimini commessi dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, si rivela un fatto spiacevole riguardo all’arruolamento in un esercito che pretende di proteggermi in quanto ebreo: si tratta di un’azione incompatibile con i principi fondamentali della vita e dell’uguaglianza per tutti gli esseri umani, e dell’adesione a un sistema la cui essenza è l’oppressione, l’occupazione e la distruzione. Un tempo speravo di dare un contributo importante alla società attraverso il servizio militare. Ho studiato informatica e volevo entrare nell’intelligence, imparare nell’esercito e poi trovare un buon lavoro nell’alta tecnologia. Purtroppo, ogni linea rossa che avrei potuto immaginare (e molte altre che non mi sono mai passate per la testa) è stata oltrepassata. Non si possono scusare o giustificare i crimini che lo Stato di Israele ha commesso negli ultimi due anni, e in generale in tutta la sua storia. La conclusione è chiara: rifiutare di arruolarsi non è solo un diritto, ma un obbligo, e il primo passo per migliorare la vita di tutti quelli che vivono in questa terra. Dobbiamo capire che il genocidio di Gaza non sta avvenendo in modo casuale o per una scelta “sfortunata” nell’elezione dei leader. È il risultato di lunghi processi di fascistizzazione dell’area e una logica conclusione derivata dai principi fondamentali del sionismo. Lo Stato di Israele ha acquisito esperienza nei crimini e nel terrore fin dalle prime fasi della sua fondazione, e oggi la loro portata e la loro accettazione da parte della società sono più ampie che mai. Da un lato l’ignoranza della morale e del diritto internazionale è sempre stata familiare allo Stato, dall’altro siamo chiaramente nel mezzo di un declino – è lecito supporre che se Nathan Alterman scrivesse “Al Zot” (una poesia del 1948 che critica i crimini di guerra israeliani) oggi verrebbe considerato un traditore e gli direbbero: “Vai a Gaza”. Giustamente, l’IDF non è considerato a livello internazionale un esercito morale, e tantomeno “l’esercito più morale del mondo”. Le sue azioni e le sue aspirazioni – uccisioni di massa di bambini, fame indotta e persino piani per istituire un campo di concentramento – cioè un genocidio – ispirano odio e disgusto, e se mettiamo da parte il nazionalismo e il tribalismo è facile vedere che la rabbia, l’odio e l’opposizione non sono reazioni radicali e certamente non antisemite, ma piuttosto morali, minime e giustificate in risposta ai crimini di cui sopra. Nonostante tutti i suoi crimini, le nazioni del mondo continuano a rifornire la macchina di distruzione israeliana con armi e finanziamenti. Presto sarò imprigionato per il mio rifiuto di partecipare al massacro e mi appello a voi, popoli del mondo: intensificate la lotta! Unitevi a me e resistete alla distruzione e al genocidio con tutta la vostra forza. Infine, voglio ricordare che qui non si tratta di me. Si tratta della distruzione, delle persone uccise, del dialogo che è stato portato all’estinzione e della giustizia che è stata sepolta sotto le macerie di Gaza. Mi sforzo di prendere parte a una lotta per la vita, l’uguaglianza e la libertà. In questa lotta, una cosa è chiara: io e l’esercito siamo agli antipodi. Ecco perché mi rifiuto di arruolarmi. Mesarvot
Gaza, MSF: “Lanci di aiuti inutili e dannosi: governo italiano non cada nell’errore”
Sull’ipotesi che il governo italiano organizzi lanci aerei di aiuti umanitari su Gaza, annunciata ieri dal Ministro degli Esteri, Medici Senza Frontiere (MSF) avverte che questi lanci sono inefficaci e pericolosi e costringono le persone a rischiare la propria vita per cercare cibo. La soluzione più efficace, dignitosa e su ampia scala è aprire i varchi di terra dove tutto è già pronto per entrare, ed è l’unica strada da percorrere. “L’utilizzo dei lanci aerei per la consegna di aiuti umanitari è un’operazione cinica e inutile; il governo italiano non deve cadere in questo errore. Le strade ci sono, i camion ci sono, il cibo e i medicinali ci sono: tutto è pronto per l’ingresso degli aiuti a Gaza, che si trovano a pochi chilometri di distanza dal confine. Quel che serve è che le autorità israeliane decidano di facilitarne l’ingresso nella Striscia ed è su questo che il governo deve fare pressione: accelerare le procedure di autorizzazione, permettere l’ingresso di beni su larga scala e coordinarsi per consentire una raccolta e distribuzione degli aiuti sicura. Solo così potremo iniziare a risolvere il problema della devastante carestia a cui stiamo assistendo” dichiara la dott.ssa Monica Minardi, presidente di MSF.  Gli aiuti aerei riescono a trasportare molto meno delle 20 tonnellate di aiuti che può contenere un camion. Attualmente 2 milioni di persone sono intrappolate in un piccolo lembo di terra che rappresenta il 12% dell’intera Striscia. Se qualcosa atterra in quest’area ristretta, ci saranno inevitabilmente dei feriti. Se invece gli aiuti atterrano in zone che Israele ha messo sotto ordine di evacuazione, le persone saranno costrette a entrare in aree militarizzate, mettendo ancora una volta a rischio la propria vita pur di ottenere del cibo.       Medecins sans Frontieres