Il progresso non può essere costruito sulle macerie delle case dei residenti

Pressenza - Tuesday, November 25, 2025

Continua a far discutere in Val di Susa la “presa di possesso” delle case destinate alla demolizione nella Piana di San Giuliano, poco prima di Susa, per far posto (chissà quando) alla Stazione Internazionale della Grande Opera. Sui modi a dir poco sbrigativi che hanno caratterizzato la penosa procedura alla presenza degli ex proprietari è già intervenuta “a caldo” Nicoletta Dosio nei giorni scorsi su questo sito. E oggi riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo dei Cattolici per la Vita della Valle, con le firme elencate alla fine.

Alla luce del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa, l’esproprio e l’abbattimento delle case in frazione San Giuliano di Susa per i cantieri TAV pongono gravi interrogativi: non si tratta solo di procedure tecniche o urbanistiche, ma di scelte che incidono sulla carne viva delle persone.

Nel Vangelo, la casa è il luogo in cui Dio incontra l’uomo: Gesù vi entra, la benedice, la difende: «La casa costruita sulla roccia» (Mt 7,24) non è solo immagine spirituale, ma simbolo del luogo dove l’uomo vive e cresce.

La Dottrina Sociale della Chiesa afferma che la casa è un’estensione della famiglia e che privarne qualcuno è un atto estremamente serio, ammissibile solo se strettamente necessario, proporzionato e mai compiuto con leggerezza o indifferenza e un esproprio è ammissibile solo quando serve al bene comune autentico, dimostrabile, partecipato, proporzionato e non ridotto a vantaggio economico o tecnologico di pochi. Ma quando un’opera viene giustificata con un concetto astratto di progresso, senza ascolto reale dei cittadini e senza una trasparenza convincente, allora non si tratta più di bene comune, ma di imposizione.

La signora Ines Riosecht, 88 anni, residente a San Giuliano dal 1959, non è riuscita a trattenere le lacrime di dolore, salutando per sempre il luogo in cui ha trascorso 55 anni della sua vita. | Foto Notav.info

Il bene comune, secondo la Chiesa, non è la somma degli interessi, ma la condizione che permette a tutti — soprattutto ai più deboli — di vivere dignitosamente (Compendio DSC, nn. 164–170). Per questo la Chiesa considera la casa un bene umano primario, non un semplice “immobile”. Quando un’abitazione viene demolita senza reale necessità o con motivazioni sproporzionate, si compie una ferita grave: si strappa a famiglie e persone una parte della loro identità, un luogo che spesso ha radici generazionali.

Come credenti che vedono il nostro territorio e le persone che lo abitano sempre più vandalizzato, distrutto, calpestato, avvertiamo che in questo caso il bene comune è stato invocato come paravento, mentre gli interessi economici e geopolitici hanno avuto il sopravvento sulla giustizia sociale.

La Chiesa ricorda che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente lecito.

Papa Francesco, in Laudato si’ e Laudate Deum, richiama un principio fondamentale: nessuna decisione che incide profondamente sul territorio e sulla vita delle persone può essere presa ignorando il dialogo con la comunità. La vicenda di San Giuliano di Susa- e di tutta la Valle, rientra tristemente in questo schema: dialogo insufficiente, consultazioni solo formali, scarsa o nulla attenzione alle alternative, una comunità locale trattata più come ostacolo che come soggetto.

Anche Papa Leone XIV ha ribadito che la terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, che vale la pena lottare per essi, dicendo “Ci sto!”, “sono con voi”! Questa triade è il contrario della “trinità moderna” del profitto, del consumo e dell’indifferenza. Leone XIV invita a un cambiamento strutturale — non caritativo — della società: la giustizia non nasce dalla beneficenza, ma dalla trasformazione delle cause dell’ingiustizia.

Il Papa ha sostenuto i rappresentanti dei “movimenti popolari”, affermando che: «Le vostre numerose e creative iniziative possono trasformarsi in nuove politiche pubbliche e diritti sociali», ringraziandoli per “camminare insieme (che) testimonia la vitalità dei movimenti popolari come costruttori di solidarietà nella diversità. La Chiesa deve essere con voi: una Chiesa povera per i poveri, una Chiesa che si protende, una Chiesa che corre dei rischi, una Chiesa coraggiosa, profetica e gioiosa!”

Quanto avvenuto è contrario al criterio evangelico del “camminare insieme”. Quando lo Stato tratta i cittadini come intralci, tradisce la sua missione di custode del bene comune.

L’uso massiccio di procedure coercitive, forze dell’ordine, cantieri blindati e misure eccezionali rivela un problema serio: se un’opera per essere realizzata deve ricorrere alla forza, allora essa non gode del consenso sociale necessario per definirsi bene comune.

La Chiesa, per Papa Leone, non è spettatrice della storia, ma soggetto attivo di liberazione, accompagnando i movimenti popolari, nonostante in passato “sono stati spesso guardati con sospetto e persino perseguitati”, perché queste “lotte sotto la bandiera della terra, della casa e del lavoro per un mondo migliore, meritano incoraggiamento; oggi la Chiesa deve accompagnare i movimenti popolari e ciò significa accompagnare l’umanità, camminare insieme nel rispetto condiviso della dignità umana e nel desiderio comune di giustizia, amore e pace. E la Chiesa sostiene le giuste lotte per la terra, la casa e il lavoro”.

 

Gli operai di Telt mettono le griglie alle finestre | Foto Notav.info

La Chiesa è alleata delle lotte per la dignità, perché “i dinamismi del progresso vanno sempre gestiti attraverso un’etica della responsabilità, superando il rischio dell’idolatria del profitto e mettendo sempre l’uomo e il suo sviluppo integrale al centro”, per prendere sul serio il dramma dei “popoli spogliati, derubati, saccheggiati e costretti alla povertà”.

Se un’opera è necessaria, deve essere accompagnata da massima giustizia, compensazioni adeguate, rispetto, dialogo e cura delle famiglie coinvolte; se invece i costi umani, economici, ambientali superano il beneficio reale, allora l’opera diventa moralmente problematica.

Il Vangelo ci chiede di stare dalla parte delle persone più vulnerabili, non dell’efficienza a ogni costo. Gesù non ha esitato a denunciare i poteri che opprimono, quando “mettono pesi sulle spalle della gente” (Mt 23,4). E oggi quei pesi sono concretissimi: case abbattute, comunità sradicate, territorio ferito.

La Chiesa, fedele al Vangelo e alla sua Dottrina Sociale, è chiamata ad alzare la voce profetica: quando un’opera divide la società, impoverisce i piccoli, ignora il dialogo e ferisce il territorio, allora non serve all’uomo, e dunque non è secondo Dio.

La comunità cristiana è chiamata a essere prossima a chi vive momenti di precarietà e sradicamento, perché il volto ferito delle persone è sempre il primo luogo in cui il Vangelo chiede di essere incarnato e alla luce della fede come Gruppo Cattolici per la Vita della Valle non possiamo tacere. Esprimiamo la nostra solidarietà alle famiglie che hanno perso la casa, alzando la nostra preghiera al Dio Creatore del Cielo e della Terra:

Il progresso non può essere costruito sulle macerie delle case dei residenti.
La modernità non può passare sopra la dignità delle famiglie.
Lo Stato non può chiedere sacrifici umani travestiti da opere pubbliche.

Gruppo Cattolici per la vita della Valle

Paolo Anselmo (Bruzolo), Laura Favro Bertrando (Sant’Antonino), Rosanna Bonaudo (Caprie), Elisa Borgesa (Chiusa San Michele), Eugenio Cantore (Sant’Ambrogio), Maria Grazia Cabigiosu, Donatella Giunti, Mira Mondo (Condove), Roberto Perdoncin (Susa), Giorgio Perino (Bussoleno), Gabriella Tittonel, Paolo Perotto (Villar Dora), Don Paolo Mignani (Settimo T.se), Marisa Ghiano (San Didero).

Centro Sereno Regis