Festival Alta Felicità IX edizione: molto più di un festival
Con un lungo, fragoroso, emozionante intermezzo di rumore alle 22 in punto di
ieri sera per lo Sciopero dal Silenzio per Gaza indetto da Paola Caridi, Tomaso
Montanari & Co, è trascorsa anche la terza serata del Festival dell’Alta
Felicità che quest’anno ancor più della scorsa edizione ha registrato
un’affluenza superiore a ogni aspettativa. Tantissimi gli spunti di riflessione
emersi dalla quantità di incontri e dibattiti che non mancheremo di riprendere i
prossimi giorni.
Intanto vi proponiamo queste
OSSERVAZIONI IN MARGINE DI LUCIA MALENGO
Quest’anno al Festival Alta Felicità, organizzato dai NO TAV e giunto alla sua
nona edizione, sono arrivati, in numero mai visto prima, giovani e meno giovani
da tante parti d’Italia e da alcuni paesi europei. Questo fatto, oltre ad essere
una buona notizia per chi da anni si oppone al TAV, rappresenta un interesse del
tutto naturale per l’opera, che infatti è stata definita dai proponenti
“strategica” per l’Italia e per l’Europa tutta.
Non per nulla i costi in continuo aumento del tunnel che dovrebbe unire Saint
Jean de Maurienne con la piana di Susa sono sostenuti, oltre che da Francia e
Italia, anche dalla Comunità Europea. Dunque non si tratta affatto solo di un
problema della Valle di Susa ed è giusto che tutti i cittadini europei che
ritengono ingiustificato questo dispendio abnorme di denaro pubblico, possano
venire sul posto a rendersi conto della situazione e a manifestare il proprio
dissenso.
Del resto i tecnici TELT, a cui è affidata la realizzazione del tunnel di base,
nella conferenza tenutasi a Susa il primo luglio scorso, hanno chiarito bene il
ruolo strumentale della valle: essendo attraversata da due strade statali, una
ferrovia internazionale e un’autostrada, presenta aree già compromesse, come
appunto la piana di Susa, a cui si può aggiungere qualche ettaro ulteriore per
calare questa ennesima opera di interesse nazionale ed europeo, eliminando o
spostando le “interferenze”, termine forse tecnico, che però suona vagamente
sprezzante poiché riguarda case, strade, ferrovia locale, canali ecc.
Foto di Marioluca Bariona
E dunque il Festival Alta Felicità nasce come luogo di discussione innanzitutto
sull’opportunità di ampliare la compromissione del territorio, ma estende
l’attenzione alla sostenibilità del modello di sviluppo sotteso, tenendo conto
dell’attuale situazione economica, politica e ambientale nazionale e globale.
Questo spiega un programma ogni anno ricco certo di musica e di spettacoli, ma
soprattutto di conferenze, dibattiti, presentazione di libri e interviste su
temi non immediatamente riconducibili al progetto TAV.
Tutto ciò presuppone un’organizzazione piuttosto attenta e precisa, curata da
intere squadre di volontari di ogni età. E in questo contesto, fin dal lancio
del programma, si è annunciata, con orari e destinazioni molto precise, una
serie di “passeggiate” nei luoghi dei cantieri e in particolare è stata
programmata una marcia con partenza dal campeggio del Festival per raggiungere
l’area dell’attuale autoporto nella frazione Traduerivi di Susa: qui è attivo
un cantiere per lo smantellamento degli impianti di “Guida sicura” e la
trasformazione della zona in luogo di stoccaggio e lavorazione dello smarino.
Ebbene, sabato 26 luglio la marcia è avvenuta come da programma e un’intera
ondata di manifestanti è entrata bellamente nel cantiere super recintato,
sorvegliato e normalmente difeso dalle forze dell’ordine. Dopodiché qualcuno ha
dato fuoco ad un’attrezzatura incustodita provocando una colonna di fumo nero
durata un’ora circa; mentre servendosi tranquillamente del treno di linea, un
altro gruppo di manifestanti ha raggiunto il cantiere più a valle, a San Didero,
dove è in costruzione il nuovo autoporto e dove, pare, si erano concentrate le
forze dell’ordine in tenuta antisommossa, che hanno respinto un tentativo di
assalto.
Durante la notte, poi, quando i manifestanti avevano ormai fatto ritorno al
campeggio, qualcun altro, mettendo a rischio il boschetto circostante, ha dato
fuoco alla struttura che (prima dei sigilli) ospitava il presidio No TAV di San
Didero, posto esattamente davanti al cantiere attentamente sorvegliato dalle
citate truppe… L’impressione è ovviamente che si sia trattato di una ripicca;
se fosse dimostrata, sarebbe la prova di una situazione ampiamente sfuggita di
mano.
Intanto sui social fioccano post, per la verità piuttosto sgangherati, che
alimentano confusione e sospetti: come mai il cantiere di Traduerivi, meta
dichiarata della manifestazione, non era presidiato? Chi erano realmente i
personaggi mascherati che hanno appiccato l’incendio? Chi ha incendiato (e non
per la prima volta!) la casetta del presidio NO TAV di San Didero? Ci si può
ancora definire No TAV considerando che nel movimento si annidano dei violenti?
Come mai la statale percorsa dal corteo annunciato non era presidiata da polizia
urbana o da altre forze dell’ordine? Ma, soprattutto, chi trarrà maggior
vantaggio da questa confusione?
Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona
Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona
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