Il progresso non può essere costruito sulle macerie delle case dei residenti
Continua a far discutere in Val di Susa la “presa di possesso” delle case
destinate alla demolizione nella Piana di San Giuliano, poco prima di Susa, per
far posto (chissà quando) alla Stazione Internazionale della Grande Opera. Sui
modi a dir poco sbrigativi che hanno caratterizzato la penosa procedura alla
presenza degli ex proprietari è già intervenuta “a caldo” Nicoletta Dosio nei
giorni scorsi su questo sito. E oggi riceviamo e volentieri pubblichiamo questo
contributo dei Cattolici per la Vita della Valle, con le firme elencate alla
fine.
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Alla luce del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa, l’esproprio e
l’abbattimento delle case in frazione San Giuliano di Susa per i cantieri TAV
pongono gravi interrogativi: non si tratta solo di procedure tecniche o
urbanistiche, ma di scelte che incidono sulla carne viva delle persone.
Nel Vangelo, la casa è il luogo in cui Dio incontra l’uomo: Gesù vi entra, la
benedice, la difende: «La casa costruita sulla roccia» (Mt 7,24) non è solo
immagine spirituale, ma simbolo del luogo dove l’uomo vive e cresce.
La Dottrina Sociale della Chiesa afferma che la casa è un’estensione della
famiglia e che privarne qualcuno è un atto estremamente serio, ammissibile solo
se strettamente necessario, proporzionato e mai compiuto con leggerezza o
indifferenza e un esproprio è ammissibile solo quando serve al bene comune
autentico, dimostrabile, partecipato, proporzionato e non ridotto a vantaggio
economico o tecnologico di pochi. Ma quando un’opera viene giustificata con un
concetto astratto di progresso, senza ascolto reale dei cittadini e senza una
trasparenza convincente, allora non si tratta più di bene comune, ma di
imposizione.
La signora Ines Riosecht, 88 anni, residente a San Giuliano dal 1959, non è
riuscita a trattenere le lacrime di dolore, salutando per sempre il luogo in cui
ha trascorso 55 anni della sua vita. | Foto Notav.info
Il bene comune, secondo la Chiesa, non è la somma degli interessi, ma la
condizione che permette a tutti — soprattutto ai più deboli — di vivere
dignitosamente (Compendio DSC, nn. 164–170). Per questo la Chiesa considera la
casa un bene umano primario, non un semplice “immobile”. Quando un’abitazione
viene demolita senza reale necessità o con motivazioni sproporzionate, si compie
una ferita grave: si strappa a famiglie e persone una parte della loro identità,
un luogo che spesso ha radici generazionali.
Come credenti che vedono il nostro territorio e le persone che lo abitano sempre
più vandalizzato, distrutto, calpestato, avvertiamo che in questo caso il bene
comune è stato invocato come paravento, mentre gli interessi economici e
geopolitici hanno avuto il sopravvento sulla giustizia sociale.
La Chiesa ricorda che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente
lecito.
Papa Francesco, in Laudato si’ e Laudate Deum, richiama un principio
fondamentale: nessuna decisione che incide profondamente sul territorio e sulla
vita delle persone può essere presa ignorando il dialogo con la comunità. La
vicenda di San Giuliano di Susa- e di tutta la Valle, rientra tristemente in
questo schema: dialogo insufficiente, consultazioni solo formali, scarsa o
nulla attenzione alle alternative, una comunità locale trattata più come
ostacolo che come soggetto.
Anche Papa Leone XIV ha ribadito che la terra, la casa e il lavoro sono diritti
sacri, che vale la pena lottare per essi, dicendo “Ci sto!”, “sono con
voi”! Questa triade è il contrario della “trinità moderna” del profitto, del
consumo e dell’indifferenza. Leone XIV invita a un cambiamento strutturale — non
caritativo — della società: la giustizia non nasce dalla beneficenza, ma dalla
trasformazione delle cause dell’ingiustizia.
Il Papa ha sostenuto i rappresentanti dei “movimenti popolari”, affermando
che: «Le vostre numerose e creative iniziative possono trasformarsi in nuove
politiche pubbliche e diritti sociali», ringraziandoli per “camminare insieme
(che) testimonia la vitalità dei movimenti popolari come costruttori di
solidarietà nella diversità. La Chiesa deve essere con voi: una Chiesa povera
per i poveri, una Chiesa che si protende, una Chiesa che corre dei rischi, una
Chiesa coraggiosa, profetica e gioiosa!”
Quanto avvenuto è contrario al criterio evangelico del “camminare
insieme”. Quando lo Stato tratta i cittadini come intralci, tradisce la sua
missione di custode del bene comune.
L’uso massiccio di procedure coercitive, forze dell’ordine, cantieri blindati e
misure eccezionali rivela un problema serio: se un’opera per essere realizzata
deve ricorrere alla forza, allora essa non gode del consenso sociale necessario
per definirsi bene comune.
La Chiesa, per Papa Leone, non è spettatrice della storia, ma soggetto attivo di
liberazione, accompagnando i movimenti popolari, nonostante in passato “sono
stati spesso guardati con sospetto e persino perseguitati”, perché queste “lotte
sotto la bandiera della terra, della casa e del lavoro per un mondo migliore,
meritano incoraggiamento; oggi la Chiesa deve accompagnare i movimenti popolari
e ciò significa accompagnare l’umanità, camminare insieme nel rispetto condiviso
della dignità umana e nel desiderio comune di giustizia, amore e pace. E la
Chiesa sostiene le giuste lotte per la terra, la casa e il lavoro”.
Gli operai di Telt mettono le griglie alle finestre | Foto Notav.info
La Chiesa è alleata delle lotte per la dignità, perché “i dinamismi del
progresso vanno sempre gestiti attraverso un’etica della responsabilità,
superando il rischio dell’idolatria del profitto e mettendo sempre l’uomo e il
suo sviluppo integrale al centro”, per prendere sul serio il dramma dei “popoli
spogliati, derubati, saccheggiati e costretti alla povertà”.
Se un’opera è necessaria, deve essere accompagnata da massima giustizia,
compensazioni adeguate, rispetto, dialogo e cura delle famiglie coinvolte; se
invece i costi umani, economici, ambientali superano il beneficio reale, allora
l’opera diventa moralmente problematica.
Il Vangelo ci chiede di stare dalla parte delle persone più vulnerabili, non
dell’efficienza a ogni costo. Gesù non ha esitato a denunciare i poteri che
opprimono, quando “mettono pesi sulle spalle della gente” (Mt 23,4). E oggi quei
pesi sono concretissimi: case abbattute, comunità sradicate, territorio ferito.
La Chiesa, fedele al Vangelo e alla sua Dottrina Sociale, è chiamata ad alzare
la voce profetica: quando un’opera divide la società, impoverisce i piccoli,
ignora il dialogo e ferisce il territorio, allora non serve all’uomo, e dunque
non è secondo Dio.
La comunità cristiana è chiamata a essere prossima a chi vive momenti di
precarietà e sradicamento, perché il volto ferito delle persone è sempre il
primo luogo in cui il Vangelo chiede di essere incarnato e alla luce della
fede come Gruppo Cattolici per la Vita della Valle non possiamo tacere.
Esprimiamo la nostra solidarietà alle famiglie che hanno perso la casa, alzando
la nostra preghiera al Dio Creatore del Cielo e della Terra:
Il progresso non può essere costruito sulle macerie delle case dei residenti.
La modernità non può passare sopra la dignità delle famiglie.
Lo Stato non può chiedere sacrifici umani travestiti da opere pubbliche.
Gruppo Cattolici per la vita della Valle
Paolo Anselmo (Bruzolo), Laura Favro Bertrando (Sant’Antonino), Rosanna Bonaudo
(Caprie), Elisa Borgesa (Chiusa San Michele), Eugenio Cantore (Sant’Ambrogio),
Maria Grazia Cabigiosu, Donatella Giunti, Mira Mondo (Condove), Roberto
Perdoncin (Susa), Giorgio Perino (Bussoleno), Gabriella Tittonel, Paolo Perotto
(Villar Dora), Don Paolo Mignani (Settimo T.se), Marisa Ghiano (San Didero).
Centro Sereno Regis