Riflessioni, interrogativi, dubbi dopo il Festival Alta FelicitàLa “convergenze” degli incontri e delle riflessioni dimostrano la capacità, la
volontà, la testardaggine di chi vuole ancora spendersi per un mondo più giusto,
per abbattere le diseguaglianze, per smettere di riarmarsi, per lottare contro
le gradi devastazioni e rimettere la persona umana e la difesa del Creato al
centro del dibattito pubblico e delle scelte politiche. Dobbiamo continuare a
far finta di niente, a girare la testa dall’altra parte, a lasciare che scelte
scellerate continuino a rovinare la vita delle persone e siano solamente
occasioni di speculazioni finanziarie?
Tra gli spunti di riflessione presentati al Festival Alta Felicità, mi pare
importante dare risalto al primo appuntamento che ha aperto il Festival venerdi
25 luglio alle ore 10.00 con la presentazione del libro “Sotto il cielo di Gaza”
di Don Nandino Capovilla e di Betta Tusset e con Enzo Infantino.
Don Nandino è parroco di Marghera, Venezia, da anni impegnato in progetti di
inclusione sociale per migranti e senza fissa dimora. Ha ricoperto il ruolo di
coordinatore nazionale di Pax Christi Italia dal 2009 al 2013, ed è
particolarmente noto per la campagna “ponti e non muri” sulla questione
israelo‑palestinese.
Betta Tusset, veneziana, consigliera nazionale di Pax Christi Italia, laureata
in lettere moderne, è attiva nel mondo del volontariato sociale; dal 2018 al
2020 ha coordinato nella sua città un progetto di inclusione sociale, abitativa
e lavorativa per persone migranti in situazioni di vulnerabilità.
Enzo Infantino, cooperante calabrese e attivista per i diritti umani, è
impegnato da oltre vent’anni nelle missioni di solidarietà e riflessione sui
conflitti contemporanei. Originario di Palmi, in Calabria, ha lavorato in
contesti difficili come i campi profughi in Grecia, Siria, Libano, Cisgiordania
e Gaza. Enzo è stato protagonista di numerose missioni nei campi profughi di
Grecia e Medio Oriente, compresi i campi di Idomeni, in Grecia al confine con la
Macedonia, dove per mesi sono rimasti bloccati oltre sedicimila esseri umani.
Il libro “Sotto il cielo di Gaza”, pubblicato l’11 marzo 2025 da Edizioni La
Meridiana, è un libro-inchiesta realizzato attraverso una serie di conversazioni
con Andrea De Domenico, funzionario dell’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per
il Coordinamento degli Affari Umanitari, attivo nei territori palestinesi
occupati e si presenta come “raccoglitore di storie, testimonianze e dati”,
descrivendo il dramma vissuto quotidianamente a Gaza per il genocidio in corso:
perdita della casa, della terra, della libertà di movimento, di pane, acqua,
salute, istruzione con statistiche aggiornate all’inizio del 2025, che
riportano numeri drammatici: decine di migliaia di morti, la maggioranza donne e
bambini, infrastrutture distrutte, tra cui scuole, case, strutture sanitarie;
emergenza alimentare e malnutrizione diffusa tra la popolazione di Gaza.
Il libro denuncia quella che Don Nandino definisce il genocidio del popolo
palestinese come criminale e mette al centro la responsabilità internazionale di
ridurre il massacro di civili inermi a soli dati numerici, dimenticandosi dei
“volti e dei nomi” di ogni vittima, a cui è negata da decenni di occupazione
militare ogni diritto.
“Sotto il cielo di Gaza” è anche un libro di preghiera e di supplica, quelle che
a partire dai testi biblici ha scritto Michel Sabbah, patriarca emerito di
Gerusalemme, chiedendo al Signore di “fermare la morte e la guerra e di
convertire all’umanità quelli che hanno piani di morte nei loro cuori”.
L’incontro con Don Nandino, Betta ed Enzo ha rappresentato delle voci
autentiche, radicate nei propri contesti di vita ma rivolte al mondo, dove ogni
gesto quotidiano può essere seme di cambiamento e resistenza.
Gli interrogativi nascono dagli altri dibattiti ed eventi culturali: il Festival
ha presentato un’ampia proposta di incontri, presentazioni e confronti, dal tema
dell’Intelligenza Artificiale alla precarietà e al lavoro in “zone di
sacrificio” (Ilva Taranto e GKN di Campi Bisenzio); dal dibattito “Liberi
tuttu: rappresentazione, cura e diritti” su disabilità, autodeterminazione e
resistenza, al focus su nucleare, agrivoltaico, riarmo, riconversione
ambientale; dall’assemblea “Guerra alla guerra” contro riarmo europeo e
genocidio in Palestina al dialogo tra Patrick Zaki e Ilaria Salis su democrazia,
repressione e diritti. A tutte queste occasioni – alle quali si sono affiancate
altre presentazioni di libri nell’area autogestita – la partecipazione è stata
massiccia con tantissimi giovani interessati ad approfondire i vari temi
toccati, dimostrandosi giustamente preoccupati per il futuro loro e del pianeta.
La “convergenze” degli incontri che, per chi vuole, sono tutti disponibili sul
sito del festival , dimostrano la capacità, la volontà, la testardaggine di chi
vuole ancora spendersi per un mondo più giusto, per abbattere le diseguaglianze,
per smettere di riarmarsi, per lottare contro le gradi devastazioni e rimettere
la persona umana e la difesa del Creato al centro del dibattito pubblico e delle
scelte politiche. Dobbiamo continuare a far finta di niente, a girare la testa
dall’altra parte, a lasciare che scelte scellerate continuino a rovinare la vita
delle persone e siano solamente occasioni di speculazioni finanziarie?
Così arriviamo ai dubbi: davvero l’incendio di alcune sterpaglie e di alcuni
manufatti sono solo segno di violenza? Non possono essere considerati sabotaggi?
Qualcuno ha scritto che in questo modo si passa dalla parte del torto, che così
non si è ascoltati, che non si riesce a dialogare… Sono 30 anni che si cerca il
dialogo nel merito dell’opera, non degli slogan, sono 30 anni che si prova in
tutti i modi ad avere degli incontri con i tecnici di LTF prima e Telt adesso,
non vi è MAI stata data un’occasione che sia una di confrontarsi.
Ricordo solo due occasioni: “Ascoltateci” digiuno a staffetta nel 2012 in Piazza
Castello a Torino e in Valle, che non ha prodotto alcun risultato; un incontro
pubblico in una parrocchia a Torino presente Virano, all’epoca presidente
dell’Osservatorio sul TAV, e quando abbiamo fatto alcune domande precise e
puntuali, siamo stati gentilmente accompagnati fuori con la motivazione che
quello non era né il luogo né il momento: eravamo solo in 2 mio marito ed io. E
potrei andare avanti ancora a lungo con tanti e tanti esempi di come la voluta
mancanza di confronto sia sempre stata da parte dei proponenti l’opera.
Le nostre argomentazioni non sono mai state considerate, saliamo agli onori
della cronaca solo quando avvengono fatti “violenti” come quelli di sabato a
margine della manifestazione ma nessuno ha dato risalto al comunicato di Amnesty
International:
> ”La manifestazione del 26 luglio in Val di Susa, organizzata a margine del
> festival dell’Alta Felicità dal movimento “No Tav”, è stata caratterizzata da
> fasi del tutto pacifiche e da momenti di tensione. Gli osservatori di Amnesty
> International Italia erano presenti alla manifestazione e hanno potuto
> monitorare due delle azioni realizzate dal gruppo di manifestanti, presso il
> cantiere di San Didero e Traduerivi. Nella zona da loro monitorata a San
> Didero, gli osservatori hanno documentato un uso sproporzionato e
> indiscriminato di gas lacrimogeni da parte delle forze di polizia: tra i 180 e
> i 200 in poco più di un’ora contro circa 500 manifestanti, in risposta al
> lancio di oggetti. Le forze di polizia hanno utilizzato i gas lacrimogeni
> anche contro persone che si stavano allontanando e che non rappresentavano
> alcuna minaccia per l’incolumità altrui. In diversi casi, anziché essere
> diretti verso l’alto, le granate contenenti gas lacrimogeni sono state
> lanciate ad altezza persona: ne è stato testimone diretto anche uno degli
> osservatori di Amnesty International Italia, che nonostante indossasse la
> pettorina, è stato colpito sulla schiena. Sono state ferite altre due persone,
> rispettivamente alla nuca e alla fronte. Come già emerso in precedenti
> osservazioni in Val di Susa, anche quest’anno le forze di polizia hanno dunque
> fatto un uso dei gas lacrimogeni non rispettoso degli standard internazionali
> sui diritti umani. Amnesty International Italia ricorda che, secondo i
> medesimi standard, una protesta pacifica, seppur attraversata da circoscritti
> atti di violenza, resta pacifica e le forze di polizia devono garantire che
> possa proseguire, tutelando le persone che vi stanno partecipando; la forza
> dovrebbe essere utilizzata come ultima risorsa, solamente laddove non esistano
> altri mezzi per raggiungere obiettivi legittimi e solo quando sia necessaria e
> proporzionata alla situazione.”
Da oltre trent’anni le ragioni di critica e di opposizione sono sempre le
stesse: la Torino-Lione è inutile, è costosissima, è devastante per l’ambiente,
è un’opera vecchia, superata dai tempi e dalla storia, la cantierizzazione
produrrà polveri sottili e movimenterà sostanze potenzialmente inquinanti e
insalubri. Soprattutto è certificata la sottrazione di enormi quantità di acqua
dalla montagna ed all’ambiente naturale, spreco dimostrato fin dal 2008 dalle
decine di litri al secondo drenate ogni giorno dalle gallerie di servizio già
realizzate.
Cosa altro dobbiamo inventarci per far comprendere queste ingiustizie
trasportistiche, economiche, climatiche, ambientali e sociali e far sì che
l’enorme inutile investimento economico sia dirottato verso settori più
necessari, a partire dalla messa in sicurezza dei territori?
Centro Sereno Regis