Dal chavismo al madurismo: il Venezuela visto da Cuba

Pressenza - Thursday, May 29, 2025

Roberto Livi è un giornalista di lungo corso. A partire dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso ha scritto per il Manifesto, L’espresso e Il Messaggero, quotidiano per il quale è stato diverso tempo inviato a Mosca, seguendo la fase di crollo dell’Unione Sovietica. Da più di vent’anni vive a Cuba ed è corrispondente del Manifesto.

Lo abbiamo intervistato sulla situazione in Venezuela, prendendo spunto dall’ultima tornata elettorale e si è soffermato anche su alcun aspetti cruciali dell’America Latina.

La recentissima tornata elettorale ha registrato una scarsa partecipazione di cui hanno scritto anche alcuni giornali italiani. Il Manifesto ha riportato un dato che oscilla tra il 25 e il 42%. Qual è la tua valutazione? Si può parlare di disaffezione al voto?                                                             

Indubbiamente è così; le cifre ufficiali parlano del 43%, cifra non controllabile, probabilmente è molto meno, però è un fenomeno riscontrabile in tutta l’America Latina. Tutte le inchieste esplicitano come il consenso verso la democrazia formale, cioè le elezioni, sia bassissimo, per ragioni storiche. Quindi si tratta di un dato strutturale.

Queste elezioni venezuelane sono state anticipate ora rispetto a novembre, perché Maduro aveva l’esigenza di consolidarsi nei confronti di un’opposizione comunque molto indebolita e divisa, che ha raccolto il 17,3% dei consensi e 24 seggi, mentre la destra estrema guidata dalla Machado ha deciso di rimanere fuori dalla contesa elettorale.

L’operazione politica di Maduro è stata un successo perché ora controlla l’Assemblea Nazionale con 253 deputati su circa 285, cioè ha la maggioranza qualificata per fare le cosiddette leggi “abilitanti”,  per la riforma della Costituzione articolo per articolo e per far passare altre riforme e leggi  che ha già ventilato.

In sostanza si tratta di rafforzamento del madurismo, perché a mio avviso non si può più parlare di chavismo, e un indebolimento dell’opposizione. La pretesa della Machado che la bassa affluenza sia una vittoria è una pia illusione. Inoltre c’è da parte dello schieramento antigovernativo l’assenza di un programma politico che non sia quello di Trump. In definitiva non possono parlare di una “vittoria politica”.

Per quanto riguarda la situazione sociale ed economica cosa sta accadendo? Si è parlato molto delle grandi difficoltà della popolazione, dei flussi migratori verso altri Paesi a causa delle condizioni materiali difficili…

E’ esattamente quella che tu hai indicato: crisi economica, emigrazione, povertà, disillusione… Di nuovo c’è, se confermato, l’alleanza tra l’entourage di Maduro con il settore privato, criticata dalla sinistra chavista e dal Partito Comunista che la individua come la nascita della boliborghesia, cioè la borghesia bolivariana. E’ una scelta che però sta dando i suoi frutti perché secondo il governo l’85% dei prodotti  messi in vendita nel mercato nazionale sono  venezuelani.

Dunque ci sarebbe il fenomeno che negli anni Settanta del secolo scorso si chiamava  “desarollismo”, cioè la creazione di una borghesia nazionale capace di produrre per sostituire le importazioni, per porre le basi di una nazionalismo democratico. Tutto questo è da verificare ma bisogna tenerlo presente. L’altra cosa da rilevare è che ha posto la questione della Guayana Esequiba, Stato annesso per le elezioni come territorio venezuelano, nonostante sia oggetto della Corte Internazionale di Giustizia per decidere a chi appartiene. Attualmente è della Guayana, una questione di non secondaria importanza perché là si estrae il petrolio. A mio avviso sono questi i due elementi di novità che andranno valutati nel prossimo periodo.

Hai accennato al passaggio dal chavismo al madurismo. L’impressione è che il consenso che avevano le politiche di Chavez sia in netto calo. E’ bene ricordare che quando si tentò un colpo di mano militare arrestandolo, dopo due ore venne liberato a furor di popolo. Che differenze ci sono, se ci sono?

La trasformazione della società verso il socialismo non c’è stata, ma del resto non è solo colpa di Maduro. Ci sono delle somiglianze con la situazione che si vive a Cuba. Galeano diceva che Cuba non è quello che ha voluto, ma quello che ha potuto essere. Cioè la Cuba di adesso non è certamente quella che Fidel voleva. E quella che ha potuto essere è ben poco non solo per gli errori interni, ma a causa dell’interventismo micidiale degli Stati Uniti. Lo stesso avviene in Venezuela. L’idea che forse si ha in Europa dell’embargo è molto inferiore rispetto alla realtà, perché si tratta di una minaccia pervasiva costante.

Al Venezuela hanno sottratto l’oro, ora Trump ha tolto il permesso che Biden aveva dato di continuare a produrre, hanno tentato colpi di Stato, ne hanno fatte di tutti i colori.

Quindi al di là di tutte le critiche che si possono fare sul fatto che il “Socialismo del XXI” secolo non si sia sviluppato, ripeto non solo a causa di Maduro, di uno che palesemente è attaccato al potere, che lo detiene perché ci sono i militari, che reprime, ma anche per il condizionamento criminale degli Stati Uniti che crea enormi difficoltà.

In questo senso c’è una differenza di visione tra l’Europa e dove vivo io, come del resto sulla democrazia: la nostra generazione, cioè quella nata dopo il secondo dopoguerra, è cresciuta nella convinzione della democrazia formale, il Parlamento, il voto. Ora questo sistema è in crisi, come dimostra l’ascesa al potere di Meloni, Orban, il governo polacco, ecc., ma è stato sempre in crisi anche in America Latina, dove non c’è stata mai una cultura democratica come la intendiamo noi. Qui la democrazia era quella dei popoli indigeni, del tutto diversa dalla nostra.

Anche in quei Paesi che si definivano “europei” come il Cile, nei momenti cruciali, tipo Allende, si è visto quanto la democrazia fosse rispettata. L’11 settembre del 1973 c’è stato il golpe  con tutto ciò che di orribile è accaduto. E’ vero che in Venezuela c’è repressione, polizia, non c’è rispetto dei diritti umani, però le condizioni sono difficili. Questo non significa giustificare, però è difficile giudicare.

Hai fatto riferimento ai diritti umani. Negli ultimi mesi in Italia è cresciuta l’attenzione su Alberto Trentini, il cooperante arrestato e in carcere da tempo. Presa Diretta gli ha dedicato in parte una puntata e ha anche accesso i fari sulla prigionia di altri cittadini di altri Paesi. Tu che impressioni hai?

Premesso che non me ne occupo direttamente, cioè non scrivo su questo, ho la sensazione che quello che si dice in buona parte sia vero. Però facendo riferimento al contesto cubano, il problema è che se si cede un poco cambia tutto. In sostanza se apro un po’ la porta, poi arrivano gli Stati Uniti. La stessa cosa in Venezuela. Per cui da una parte certamente la militarizzazione del potere è orribile, ma dall’altra ci sono i tentativi di colpi di stato, gli omicidi, ecc.

Sergio Sinigaglia