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La nuova via della salute: la diplomazia medica di Iran, Cuba e l’Africa
Con la pandemia di Covid-19 la questione della salute è tornata ad essere un argomento sensibile, se non centrale nel dibattito politico. E anche se alla fine, alle nostre latitudini occidentali, non è cambiato molto in termini di privatizzazione dei servizi sanitari e speculazione attraverso grandi affari farmaceutici, si è […] L'articolo La nuova via della salute: la diplomazia medica di Iran, Cuba e l’Africa su Contropiano.
Cuba insegna che un’alternativa per le donne e le persone queer è possibile!
Mentre qui ci abituiamo a una crescente ondata repressiva verso le persone trans e le soggettività non conformi – tra censura, medicalizzazione forzata, violenze, criminalizzazione, assenza di servizi, precarietà e discriminazioni nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle strade – a Cuba viene approvata una riforma che riconosce legalmente […] L'articolo Cuba insegna che un’alternativa per le donne e le persone queer è possibile! su Contropiano.
Cuba ha bisogno di 800.000 nuove abitazioni, ostacolate dal bloqueo
“La mancanza di produzione locale di materiali da costruzione, l’accesso limitato a cemento e acciaio, nonché la carenza di carburante, tecnologie obsolete e la chiusura di oltre il 30% dei centri di produzione sono tutti segnali degli insufficienti risultati del programma Vivienda.” – è ciò che ha scritto  Carmen Maturell Senon su Granma Cuba il 14 luglio 2025. Nell’analisi realizzata dalla Commissione Industria, Edilizia ed Energia, prima della V Sessione Ordinaria della X Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, la deputata Maritza Gé Torres, segretaria della commissione, ha affermato che tutte le province hanno segnalato restrizioni all’accesso al cemento e all’acciaio, sebbene alcuni territori come Guantánamo, Holguín e Villa Clara abbiano dato priorità allo sfruttamento delle materie prime locali come argilla, pietra, legno e plastica riciclata. Per quanto riguarda l’attuazione del Programma per l’edilizia abitativa, Delilah Díaz Fernández, Direttore generale per l’edilizia abitativa presso il Ministero delle Costruzioni (Micons), ha riferito che gli standard di costruzione non sono stati aumentati perché, nonostante la pianificazione sia inferiore rispetto agli anni precedenti, non si riesce a rispettarli. Rispetto al 2024, il numero di abitazioni di qualità media e scadente è aumentato di 6.520 unità, determinando una crescita piatta del fondo. Fernandez ha sottolineato che il deficit abitativo alla fine di marzo 2025 ammontava a 805.583 case, di cui 398.364 dovevano essere ristrutturate e 407.219 dovevano ancora essere costruite. Allo stesso modo, il piano di completamento dello Stato copre solo il 22%; per quanto riguarda la risposta alle dinamiche demografiche, è stato completato il 13% di tutte le abitazioni. Díaz Fernández ha affermato che ci sono fasce della popolazione che necessitano di assistenza abitativa e che i piani non sono sufficienti per soddisfare le esigenze sia di coloro le cui condizioni abitative stanno peggiorando, sia di coloro che cercano un alloggio a causa della carenza di alloggi. Nel corso dell’evento, a cui ha partecipato il Comandante della Rivoluzione e Vice Primo Ministro Ramiro Valdés Menéndez, si è appreso che queste limitazioni rendono impossibile implementare soluzioni abitative per le persone in situazioni vulnerabili attraverso il programma di sussidi e l’autonomia produttiva dei comuni. Pertanto, è necessario rafforzare la pianificazione e la gestione locale della produzione dei materiali, integrando efficacemente le capacità produttive delle istituzioni e le capacità locali di produzione di carpenteria, ceramica rossa, calce ed elementi in plastica. L’analisi sulla situazione abitativa, presentata nella Commissione dell’Industria, dell’Edilizia e dell’Energia e che sarà discussa in questi giorni dal Parlamento di Cuba (Asamblea Nacional) ha messo in evidenza che Cuba ha bisogno di 805.583 unità abitative, divise tra le 407.219 che mancano del tutto e le 398.364 da ristrutturare urgentemente. Su 4,1 milioni di case, solo il 65% è in buono stato tecnico. Il resto – circa 1,4 milioni – si trova in condizioni definite “regolari” o addirittura “pessime”. Cuba ha difficoltà a compiere i piani annuali di nuove costruzioni. Per l’anno in corso il piano prevede la costruzione di 10.795 nuove abitazioni. Al momento ne sono state realizzate solo 2.382. La causa principale è la carenza di materiale a seguito di una limitata capacità produttiva dovuta alle criminali sanzioni, al Bloqueo e alla guerra economica e commerciale contro Cuba, imposte illegalmente dagli Stati Uniti. Sul tutto grava il deficit energetico. Come scrive Senon: “Insomma, una sfida immane che si aggiunge alle altre. Ma Cuba non sia arrende e non si vende e continua al sua lotta, aiutata da nuovi paesi internazionali, per garantire a tutti/e il necessario, nel limite  delle difficoltà economiche e non lasciando indietro nessuno.” A questo proposito, e per colmare le lacune evidenti, è stata elaborata una serie di linee guida per l’uso intensivo ed estensivo del potenziale di risorse naturali e riciclabili disponibili in ogni territorio.   Fonte: * Collettivo Viva Cuba Libre * https://www.granma.cu/cuba/2025-07-14/comision-de-industria-contrucciones-y-energia-urge-desarrollar-estrategias-efectivas-para-solucionar-el-programa-de-la-vivienda   Lorenzo Poli
Oltre il pensiero unico
DON TABACCO, DONNA ZUCCHERA E LA CULTURA COME PROCESSO IN CONTINUO DIVENIRE. LE ORIGINI DEL PENSIERO TRANSCULTURALE -------------------------------------------------------------------------------- Antropologo ed etno musicologo Ferdinando Ortiz Fernández (La Havana,1881 – 1969), candidato al Premio Nobel della pace nel 1955, è stato fra i maggiori innovatori del pensiero antropologico del novecento. Nel dibattito attuale, in cui incombe la minaccia di un pensiero unico che vorrebbe appiattire ogni dissenso e ogni canale di confronto culturale, ci sembra importante e opportuno riproporre l‘opera di Ferdinando Ortiz Contrappunto cubano del tabacco e lo zucchero, le origini del pensiero transculturale (Borla 2025). In essa viene messo a fuoco il concetto di transculturacion, ossia l’attraversamento di culture e la loro reciprocità con la pratica del “toma y daca”, “prendi e dai”. L’o­biettivo del saggio è di esporre mediante una analisi – per contrappunto – la sua teoria sui fenomeni di commistione e contatto di mondi differenti (creolo, castigliano, caraibico etc.) che si influenzano vicendevolmente senza che uno si imponga sull’altro. Il titolo Contrappunto– ponere punctum contra punctum – (segnare nota contro nota)è coniato dal linguaggio musicale per indicare la presenza in una composizione o in una sua parte di linee melodiche indipendenti. Come riferisce l‘antropologo del suono Antonello Coliberti (2016), “il contrappunto si concentra sull’aspetto melodico piuttosto che sull’effetto armonico; la chiave è tutta nell’indipendenza delle diverse voci”. Da questa contrapposizione di note può nascere una polifonia come risultato di elementi diversi e di differente valore. Il contrappunto salta il discorso gerarchico delle note. Ortiz parte da questo linguaggio musicale per introdurre la storia di due prodotti caratteristici dell’isola, tabacco e zucchero, divenuti due “personaggi litigiosi” pur se dialoganti. Nel presentarli ricorre alla metafora musicale per descriverne differenze e contrasti dei rispettivi mondi di appartenenza, e come per le note, senza che l‘una prevalga sull’altra. Dal loro incontro si ricevono e si lasciano codici, senza paura di perdere i propri. Come è noto zucchero e tabacco nella realtà sono due prodotti differenti a livello economico e a livello sociale, ognuno con sue proprietà specifiche. Nella suggestiva raffigurazione dell’autore prendono le sembianze di due personaggi particolari della narrazione cubana: Don tabacco e Donna Zucchera (azúcar in spagnolo è anche femminile). Il tabacco è amaro e possiede un aroma, lo zucchero è dolce e non ha odore, il tabacco è audacia, lo zucchero è prudenza. Il tabacco è maschile, lo zucchero è femminile e innumerevoli altre pittoresche rappresentazioni. L’etnomusicologo Ferdinando Ortiz attinge a queste figure fantasiose, radicate nelle tradizioni dell’isola, per evidenziarne contraddizioni e allo stesso tempo varietà e ricchezza. Non c’è spazio per culture superiori. Né “subalterne”, come direbbe Antonio Gramsci. Le osservazioni metodologiche di Ortiz nascono “sul campo” (secondo gli insegnamenti del suo maestro Malinowski) in una Cuba meticcia degli anni Quaranta, aperta alle correnti di tanti mondi che si intercettavano influenzandosi e contaminandosi reciprocamente. Nel particolare spaccato della società cubana di quel periodo si erano infatti formate le condizioni per una mescolamento di culture, secondo un processo creativo e dinamico frutto delle interazioni fra le popolazioni che pullulavano nell’isola, ognuna con i suoi riti, costumi, lingua. Cuba rappresentava come dice Valerio Riva nella sua nota storica al testo (2025, cit.) la “prefigurazione della futura società universale, di un mondo nuovo dove tutte le “razze” si sarebbero mescolate. Riconoscere a ognuna di esse dignità e singolarità e considerarla sullo stesso piano delle altre rappresentava un duro attacco a ogni forma di etnocentrismo, presente ai suoi tempi e ancora duro morire ai giorni d’oggi, se pur “sotto mentite spoglie”. Il suo metodo risultò rivoluzionario per quel periodo e si diffuse in molti paesi suscitando l’interesse fra gli antropologi: latransculturazione superava concetti come “acculturazione o “differenziazione” fino ad allora adottati nel dibattito scientifico. Attualmente vorremmo sottolineare soprattutto i suoi aspetti dinamici e il potere trasformativo. Infatti con la preposizione trans si vuole mettere in risalto la processualità dell’incontro durante il quale si lasciano e si prendono elementi culturali con un arricchimento reciproco. Nel passaggio attraverso altri modi e mondi di conoscenza si possono modificare atteggiamenti mentali chiusi e rigidi della ricerca, della cura, ed in ogni contesto in cui sono necessari apertura e flessibilità. In tale transito si assiste a “contaminazioni” e adattamenti che ogni tipo di siffatti incontri sollecita e provoca. L’opera dell’antropologo cubano è importante anche perché riconosce alla cultura il suo carattere processuale, di divenire più che di divenuto, lontano dalle sirene di esotismi “etno” molto di moda. Il pensiero transculturale offre una chiave di lettura per un mondo plurale, in continuo movimento, dove categorie “etichettanti” non sono sufficienti all’operatore transculturale del terzo millennio di fronte a fenomeni complessi con cui si trova d interagire. Un diverso approccio nella pratica quotidiana con migranti e i rifugiati lo aiuterebbe a considerarli non solo nei loro aspetti sociali ed economici (oltre che umani) ma anche come rappresentanti di altri mondi con cui rapportarsi “dando e ricevendo” senza rischi per la propria integrità. Il mondo è in continua evoluzione e insieme a esso si trasformano le culture e il modo con cui impattano sulla vita degli individui. Ortiz introdusse una visione innovativa basata su un concetto rivoluzionario rispetto ai metodi tradizionali legati (non solo allora) a una visione culturocentrica, secondo cui ogni cultura si ritiene centrale rispetto alle altre, ”periferiche”. Egli offre una prospettiva transculturale aperta a varie derive: clinica, storica, antropologica, psicologica, di ricerca. Il suo testo fa anche riflettere sull’importanza di costruire un pensiero mobile atto a intercettare più che a difendersi, pronto a un nomadismo di pensiero/azione per varcare le cosiddette “soglie di competenza” che spesso bloccano i processi evolutivi in molti ambiti. Nella società che si va configurando non è sufficiente attenersi a un mandato “neutro”, “istituzionale”, trascurando movimenti interni-esterni che ogni processo culturale richiede e produce. A latere bisogna aggiungere che per molto tempo nell’analizzare la sua opera si è soffermati più sugli aspetti positivisti (nel suo primo periodo era stato molto influenzato dal pensiero del criminologo Cesare Lombroso) che sugli gli aspetti innovativi del suo pensiero. Don Ferdinando – come lo chiamava Malinowski – non era solo un intellettuale immerso nei libri, avulso dalla società, ma un uomo impegnato nella attività politica di Cuba del tempo, tanto da militare come deputato nella sinistra liberale, e combattere contro ogni attacco alla democrazia nella sua isola, a fianco degli studenti nelle loro manifestazioni antifasciste. In seguito soffocato dal clima autoritario e repressivo, creato dal dittatore Machado, il Mussolini dei Caraibi, lasciò per protesta l’incarico di parlamentare e andò in esilio a New York, “traslocando con libri, idoli e tamburi”. Pur ricordando le sue contraddizioni (positivista e rivoluzionario) lo consideriamo un punto di riferimento fondamentale per lo psichiatra, psicologo e psicoterapeuta transculturale che attraversa modi e mondi della sofferenza, senza separarli dai loro contesti culturali e sociali e conseguentemente riesce a mettersi in discussione, sospendendo categorie non sintoniche con le realtà che va a conoscere. Come direbbe Foucault (2023): “Il pensare è il fuori dall’accademia, come il conoscere, ben oltre il comprendere, è prendere posizione”. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Oltre il pensiero unico proviene da Comune-info.
Partito Comunista di Cuba: “Le forze di sinistra e progressiste devono unirsi per salvare l’umanità dal conflitto nucleare”
Di seguito riportiamo la dichiarazione del Partito Comunista di Cuba contro i bombardamenti effettuai dal governo USA contro gli impianti nucleari civili di Fordow, Natanz e Isfahan. Il Partito Comunista di Cuba condanna con la massima fermezza i brutali bombardamenti effettuati dal governo degli Stati Uniti contro gli impianti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan. Questi atti criminali, contrari al diritto internazionale e agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, costituiscono una grave minaccia globale, le cui conseguenze per l’umanità potrebbero essere imprevedibili. In questo momento cruciale, il Partito Comunista di Cuba ribadisce la sua piena solidarietà al popolo e al governo della Repubblica Islamica dell’Iran, che, in quanto Stato sovrano, gode del diritto all’autodeterminazione e allo sviluppo. Il Partito Comunista di Cuba, storico difensore della pace, invita i partiti politici, i movimenti sociali e le forze politiche di sinistra e progressiste a mobilitarsi per denunciare queste azioni illegali commesse dal governo fascista degli Stati Uniti, che compromettono gli sforzi per una soluzione negoziata del conflitto in Medio Oriente e confermano il suo pieno appoggio alle ambizioni genocide di Israele nella regione. I fatti parlano chiaro e hanno dimostrato fino a che punto l’impero yankee è disposto a spingersi per imporre le sue politiche espansionistiche e di dominio, mettendo a repentaglio il futuro dell’umanità. È imperativo unirci per salvare il nostro popolo da una conflagrazione nucleare. Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Le parole di Fidel Castro sul potenziale conflitto nucleare scatenato tra USA-Israele e Iran
Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha ricordato l’avvertimento fatto dallo storico leader della Rivoluzione, Fidel Castro, sulle conseguenze di una guerra tra Stati Uniti e Israele contro Iran, uno scenario attualmente in corso. “Un attacco degli Stati Uniti e di Israele contro la Repubblica Islamica dell’Iran si trasformerebbe inevitabilmente in un conflitto nucleare globale”, ha avvertito lo statista in un messaggio audiovisivo pubblicato il 15 ottobre 2010 e diffuso questa mattina sui social media dal leader cubano. La pace totale sarà garantita solo quando tutte le nazioni che possiedono arsenali nucleari, incluso Israele, li distruggeranno e la frenetica corsa agli armamenti che minaccia di distruggere la specie umana verrà fermata, ha affermato Díaz-Canel. Nel messaggio, Fidel Castro ricordava gli studi condotti dal prestigioso scienziato Albert Einstein, che “fu la forza trainante dello sviluppo di quest’arma (nucleare) prima che il regime genocida nazista la acquisisse”, ha riflettuto. Ha sottolineato l’obbligo dei governi di rispettare il diritto alla vita ed ha denunciato l’imminente pericolo di una conflagrazione che comporti l’uso di tali armi. Ha inoltre sottolineato che “le persone sono obbligate a rivendicare il diritto alla vita ai loro governi. Quando la vita della loro specie, della loro gente e dei loro cari è a così alto rischio, nessuno può permettersi di rimanere indifferente”. “Domani sarebbe troppo tardi”, ha concluso. > Cuba ricorda l’avvertimento di Fidel Castro sul conflitto nucleare https://www.google.com/amp/www.cubadebate.cu/especiales/2010/11/12/conversazioni-con-fidel-castro-i-pericoli-di-una-guerra-nucleare/amp/ https://www.repubblica.it/esteri/2010/07/18/video/fidel_castro_attacca_gli_yankee-422681494/ https://www.google.com/amp/www.cubadebate.cu/especiales/2010/11/12/conversazioni-con-fidel-castro-i-pericoli-di-una-guerra-nucleare/amp/ https://www.reuters.com/article/world/cuba-fidel-castro-in-tv-dopo-3-anni-rischio-guerra-nucleare-idUSMIE66C076/ Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Dal chavismo al madurismo: il Venezuela visto da Cuba
Roberto Livi è un giornalista di lungo corso. A partire dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso ha scritto per il Manifesto, L’espresso e Il Messaggero, quotidiano per il quale è stato diverso tempo inviato a Mosca, seguendo la fase di crollo dell’Unione Sovietica. Da più di vent’anni vive a Cuba ed è corrispondente del Manifesto. Lo abbiamo intervistato sulla situazione in Venezuela, prendendo spunto dall’ultima tornata elettorale e si è soffermato anche su alcun aspetti cruciali dell’America Latina. La recentissima tornata elettorale ha registrato una scarsa partecipazione di cui hanno scritto anche alcuni giornali italiani. Il Manifesto ha riportato un dato che oscilla tra il 25 e il 42%. Qual è la tua valutazione? Si può parlare di disaffezione al voto?                                                              Indubbiamente è così; le cifre ufficiali parlano del 43%, cifra non controllabile, probabilmente è molto meno, però è un fenomeno riscontrabile in tutta l’America Latina. Tutte le inchieste esplicitano come il consenso verso la democrazia formale, cioè le elezioni, sia bassissimo, per ragioni storiche. Quindi si tratta di un dato strutturale. Queste elezioni venezuelane sono state anticipate ora rispetto a novembre, perché Maduro aveva l’esigenza di consolidarsi nei confronti di un’opposizione comunque molto indebolita e divisa, che ha raccolto il 17,3% dei consensi e 24 seggi, mentre la destra estrema guidata dalla Machado ha deciso di rimanere fuori dalla contesa elettorale. L’operazione politica di Maduro è stata un successo perché ora controlla l’Assemblea Nazionale con 253 deputati su circa 285, cioè ha la maggioranza qualificata per fare le cosiddette leggi “abilitanti”,  per la riforma della Costituzione articolo per articolo e per far passare altre riforme e leggi  che ha già ventilato. In sostanza si tratta di rafforzamento del madurismo, perché a mio avviso non si può più parlare di chavismo, e un indebolimento dell’opposizione. La pretesa della Machado che la bassa affluenza sia una vittoria è una pia illusione. Inoltre c’è da parte dello schieramento antigovernativo l’assenza di un programma politico che non sia quello di Trump. In definitiva non possono parlare di una “vittoria politica”. Per quanto riguarda la situazione sociale ed economica cosa sta accadendo? Si è parlato molto delle grandi difficoltà della popolazione, dei flussi migratori verso altri Paesi a causa delle condizioni materiali difficili… E’ esattamente quella che tu hai indicato: crisi economica, emigrazione, povertà, disillusione… Di nuovo c’è, se confermato, l’alleanza tra l’entourage di Maduro con il settore privato, criticata dalla sinistra chavista e dal Partito Comunista che la individua come la nascita della boliborghesia, cioè la borghesia bolivariana. E’ una scelta che però sta dando i suoi frutti perché secondo il governo l’85% dei prodotti  messi in vendita nel mercato nazionale sono  venezuelani. Dunque ci sarebbe il fenomeno che negli anni Settanta del secolo scorso si chiamava  “desarollismo”, cioè la creazione di una borghesia nazionale capace di produrre per sostituire le importazioni, per porre le basi di una nazionalismo democratico. Tutto questo è da verificare ma bisogna tenerlo presente. L’altra cosa da rilevare è che ha posto la questione della Guayana Esequiba, Stato annesso per le elezioni come territorio venezuelano, nonostante sia oggetto della Corte Internazionale di Giustizia per decidere a chi appartiene. Attualmente è della Guayana, una questione di non secondaria importanza perché là si estrae il petrolio. A mio avviso sono questi i due elementi di novità che andranno valutati nel prossimo periodo. Hai accennato al passaggio dal chavismo al madurismo. L’impressione è che il consenso che avevano le politiche di Chavez sia in netto calo. E’ bene ricordare che quando si tentò un colpo di mano militare arrestandolo, dopo due ore venne liberato a furor di popolo. Che differenze ci sono, se ci sono? La trasformazione della società verso il socialismo non c’è stata, ma del resto non è solo colpa di Maduro. Ci sono delle somiglianze con la situazione che si vive a Cuba. Galeano diceva che Cuba non è quello che ha voluto, ma quello che ha potuto essere. Cioè la Cuba di adesso non è certamente quella che Fidel voleva. E quella che ha potuto essere è ben poco non solo per gli errori interni, ma a causa dell’interventismo micidiale degli Stati Uniti. Lo stesso avviene in Venezuela. L’idea che forse si ha in Europa dell’embargo è molto inferiore rispetto alla realtà, perché si tratta di una minaccia pervasiva costante. Al Venezuela hanno sottratto l’oro, ora Trump ha tolto il permesso che Biden aveva dato di continuare a produrre, hanno tentato colpi di Stato, ne hanno fatte di tutti i colori. Quindi al di là di tutte le critiche che si possono fare sul fatto che il “Socialismo del XXI” secolo non si sia sviluppato, ripeto non solo a causa di Maduro, di uno che palesemente è attaccato al potere, che lo detiene perché ci sono i militari, che reprime, ma anche per il condizionamento criminale degli Stati Uniti che crea enormi difficoltà. In questo senso c’è una differenza di visione tra l’Europa e dove vivo io, come del resto sulla democrazia: la nostra generazione, cioè quella nata dopo il secondo dopoguerra, è cresciuta nella convinzione della democrazia formale, il Parlamento, il voto. Ora questo sistema è in crisi, come dimostra l’ascesa al potere di Meloni, Orban, il governo polacco, ecc., ma è stato sempre in crisi anche in America Latina, dove non c’è stata mai una cultura democratica come la intendiamo noi. Qui la democrazia era quella dei popoli indigeni, del tutto diversa dalla nostra. Anche in quei Paesi che si definivano “europei” come il Cile, nei momenti cruciali, tipo Allende, si è visto quanto la democrazia fosse rispettata. L’11 settembre del 1973 c’è stato il golpe  con tutto ciò che di orribile è accaduto. E’ vero che in Venezuela c’è repressione, polizia, non c’è rispetto dei diritti umani, però le condizioni sono difficili. Questo non significa giustificare, però è difficile giudicare. Hai fatto riferimento ai diritti umani. Negli ultimi mesi in Italia è cresciuta l’attenzione su Alberto Trentini, il cooperante arrestato e in carcere da tempo. Presa Diretta gli ha dedicato in parte una puntata e ha anche accesso i fari sulla prigionia di altri cittadini di altri Paesi. Tu che impressioni hai? Premesso che non me ne occupo direttamente, cioè non scrivo su questo, ho la sensazione che quello che si dice in buona parte sia vero. Però facendo riferimento al contesto cubano, il problema è che se si cede un poco cambia tutto. In sostanza se apro un po’ la porta, poi arrivano gli Stati Uniti. La stessa cosa in Venezuela. Per cui da una parte certamente la militarizzazione del potere è orribile, ma dall’altra ci sono i tentativi di colpi di stato, gli omicidi, ecc. Sergio Sinigaglia
Perché Ibrahim Traorè, leader del Burkina Faso, preoccupa Washington?
Ibrahim Traoré del Burkina Faso sta ricostruendo la sua nazione e, nel farlo, si sta facendo nemici in Occidente. Da quando ha preso il potere nel 2022, il giovane leader militare ha espulso le truppe francesi e le aziende occidentali e ha allineato il suo Paese a Russia, Cuba e Venezuela. Traoré, che promuove l’unità panafricana e l’autosufficienza nazionale pur sopravvivendo ai tentativi di colpo di Stato, si sta posizionando come un anti-imperialista radicale e ha attirato critiche da Washington e Parigi. Traoré sotto i riflettori Secondo le dichiarazioni del governo, Traoré è sopravvissuto per un pelo a un tentativo di colpo di stato orchestrato dall’estero lo scorso aprile. Il ministro della Sicurezza Mahamadou Sana ha affermato che la giunta militare ha sventato un “complotto di vasta portata” per assaltare il palazzo presidenziale il 16 aprile. I cospiratori, ha aggiunto, avevano base in Costa d’Avorio, un paese vicino sostenuto da Washington, dove la presenza militare statunitense si è recentemente ampliata. Da quando ha preso il potere con un colpo di stato militare nel settembre 2022, Traoré è stato oggetto di critiche da parte dei governi occidentali, compresi gli Stati Uniti. Il 3 aprile, il generale Michael Langley, comandante dell’U.S. Africa Command (AFRICOM), ha parlato davanti al Senato, accusando il leader burkinabé di corruzione e di aver aiutato Russia e Cina a stabilire una posizione imperiale in Africa. L’AFRICOM, il comando regionale del Pentagono per l’Africa, coordina le operazioni militari statunitensi, la raccolta di informazioni e le partnership per la sicurezza in tutto il continente, spesso nell’ambito di operazioni antiterrorismo. Il giorno del colpo di stato , l’ambasciata statunitense ha modificato le sue linee guida di viaggio per il Burkina Faso, imponendo di “non viaggiare “. Secondo quanto riferito, Langley ha incontrato il ministro della Difesa ivoriano Téné Birahima Ouattara numerose volte quest’anno, sia prima che dopo il colpo di stato. Da quando è salito al potere, Traoré ha sistematicamente limitato l’influenza delle potenze occidentali nel suo Paese, definendola una questione di sovranità nazionale. Nel gennaio 2023 espulse l’ambasciatore francese, definendo il Paese uno “Stato imperialista”. Un mese dopo ordinò alle truppe francesi di lasciare il Burkina Faso. Ciò contribuì a innescare un’ondata di azioni analoghe da parte di altre nazioni dell’Africa occidentale che in precedenza facevano parte dell’impero francese. Attualmente, Mali, Ciad, Senegal, Niger e Costa d’Avorio hanno espulso le truppe francesi dai loro territori. Il presidente Emmanuel Macron ha risposto accusando il Burkina Faso e altri paesi di “ingratitudine”, aggiungendo che queste nazioni “si sono dimenticate di ringraziare” la Francia. L’amministrazione Traoré ha anche bloccato o espulso numerosi organi di informazione occidentali sponsorizzati dal governo, bollandoli come agenti del neocolonialismo. Le prime furono Radio France International e France 24. Seguirono nel 2024 Voice of America, la BBC britannica e la Deutsche Welle tedesca. Queste misure suscitarono aspre critiche da parte delle organizzazioni occidentali. Human Rights Watch, ad esempio, ha accusato il governo di “reprimere” il dissenso. Sebbene ufficialmente indipendente da oltre mezzo secolo, la Francia conserva un controllo significativo sulle sue ex colonie africane. Quattordici nazioni utilizzano il franco CFA, una valuta internazionale agganciata al franco francese e ora all’euro. Ciò significa che importare ed esportare dalla Francia (e ora anche in Europa) è molto economico, ma fare lo stesso con il resto del mondo è proibitivamente costoso. L’Esagono mantiene il potere di veto sulle politiche monetarie del franco CFA, rendendo gli stati africani economicamente dipendenti da Parigi. Traoré ha descritto il franco CFA come un meccanismo che “mantiene l’Africa in schiavitù” e ha annunciato la sua intenzione di creare una nuova moneta. Insieme al Mali e al Niger, il Burkina Faso si è staccato dal blocco regionale della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), sostenuta dall’Occidente, e ha creato l’Alleanza degli Stati del Sahel, un’unione panafricana di Stati considerata il primo passo verso un’Africa unita e anti-imperialista. L’eredità di Sankara Questo era il sogno del leader rivoluzionario burkinabé Thomas Sankara. Come Traoré, Sankara era un militare che salì al potere poco più che trentenne. In soli quattro anni introdusse riforme radicali per aumentare la produttività del Paese e ridurre al minimo la dipendenza dagli aiuti esteri. Affermando che “chi ti nutre ti controlla”, ha promosso l’agricoltura domestica su piccola scala per produrre cibo nutriente, coltivato localmente. Mentre molti leader della regione si appropriavano indebitamente di fondi pubblici, la rivoluzione socialista di Sankara costruì case popolari e centri sanitari e combatté l’analfabetismo di massa. In quanto femminista, mise al bando i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali femminili e nominò numerose donne a posizioni di potere di rilievo. Sankara fu assassinato nel 1987. Il suo assassino, l’ex presidente Blaise Compaoré, non fu condannato in contumacia fino all’ascesa al potere di Traoré. Compaoré vive in esilio in Costa d’Avorio. Traoré si considera un discepolo di Sankara e del suo movimento. I commentatori occidentali non sono concordi nel dire se egli segua davvero le orme del leggendario leader. Alcuni, come Daniel Eizenga dell’Africa Center for Strategic Studies (un think tank del Pentagono), sostengono che i paragoni si concludono con la passione del leader per le uniformi militari e i berretti rossi. Altri, come la rivista The Economist, lamentano che Traoré sia autentico, il che è una cattiva notizia per le grandi aziende. Ma pochi possono negare che sia estremamente popolare. Ad esempio, il presidente del Ghana John Mahama ha sottolineato che Traoré ha partecipato alla sua cerimonia di insediamento a gennaio e ha ricevuto molti più applausi di chiunque altro, compreso lo stesso Mahama. Molte delle iniziative di Traoré sono direttamente ispirate all’era Sankara. Il nuovo governo militare ha posto l’accento sul raggiungimento della sovranità alimentare. È stata lanciata una nuova iniziativa da 1 miliardo di dollari per meccanizzare l’agricoltura e aumentare la produzione di colture di base come riso, mais e patate. Traoré ha anche preso provvedimenti per nazionalizzare l’industria mineraria del Paese. L’economia del Burkina Faso ruota attorno all’oro, un metallo prezioso che rappresenta oltre l’80% delle sue esportazioni. Il paese è il tredicesimo produttore di oro al mondo, con una produzione annua di circa 100 tonnellate, equivalenti a circa 6 miliardi di dollari. Tuttavia, poiché la produzione è posseduta e controllata da aziende straniere, la nazione e la sua popolazione traggono ben pochi benefici dall’industria. Infatti, il PIL annuo del Burkina Faso ammonta a soli 18 miliardi di dollari circa. “Perché l’Africa, ricca di risorse, è ancora la regione più povera del mondo? I capi di stato africani non dovrebbero comportarsi come marionette nelle mani degli imperialisti”, ha affermato Traoré. Ad agosto, il suo governo ha nazionalizzato due importanti miniere d’oro di proprietà occidentale, pagando solo 80 milioni di dollari, una frazione dei 300 milioni di dollari per cui sarebbero state presumibilmente vendute nel 2023. A novembre, l’amministrazione ha annunciato la costruzione della prima raffineria d’oro del Paese. Una nazione in guerra Il Burkina Faso resta una nazione in crisi. Il paese (e in effetti gran parte della regione del Sahel) è coinvolto in una dura battaglia contro gruppi islamici ben armati, saliti al potere e in posizione di rilievo dopo l’intervento della NATO in Libia nel 2011. Da allora, la Libia è diventata un esportatore di estremismo, destabilizzando la regione. Si stima che fino al 40% del Paese sia sotto il controllo di al-Qaeda o di forze affiliate allo Stato Islamico. Nel 2024, più di mille persone hanno perso la vita in Burkina Faso per mano di questi gruppi. Per questo motivo, Traoré ha giustificato il rinvio delle elezioni da lui promesso al momento della sua ascesa al potere, decisione che in molti hanno criticato . “Le elezioni non sono la priorità; è chiaro che la priorità è la sicurezza”, ha affermato. Resta da vedere se il popolo burkinabé accetterà questa decisione. Forse l’azione più discutibile della guerra si è verificata nel 2023 nel villaggio di Karma, dove furono massacrate circa 150 persone. Nonostante il massacro sia stato fermamente condannato dal governo, gruppi per i diritti umani come Amnesty International lo hanno indicato come responsabile delle uccisioni. Mentre ha espulso le forze francesi impegnate nella controinsurrezione, Traoré ha accolto i consiglieri militari russi. Si è anche recato a Mosca per partecipare alla parata del Giorno della Vittoria russa del 9 maggio. Queste azioni hanno causato grande costernazione a Washington e Bruxelles. Tuttavia, con l’esercito statunitense concentrato in Cina e Russia, e la posizione dei francesi più debole che mai nell’Africa occidentale, non è chiaro se un intervento militare sia un’opzione. Sembra più probabile un tentativo di colpo di stato o un assassinio. Solo il tempo ci dirà se Traoré lascerà un segno indelebile nel Burkina Faso come il suo eroe, Thomas Sankara. Molti leader africani sono saliti al potere promettendo cambiamenti radicali, ma non sono riusciti a mantenerli. Tuttavia, il suo messaggio di panafricanismo, anti-imperialismo e autosufficienza sta trovando profonda risonanza. Traoré dà il buon esempio. Ora le tue azioni devono seguire le tue parole. (Tratto da Mission Truth ) Fonte: http://www.cubadebate.cu/especiales/2025/05/21/por-que- el-lider-de-burkina-faso-inquieta-a-washington/ Traduzione: italiacuba.it Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Cuba, è morto Osmany Cienfuegos, fratello di Camillo
È morto il famoso combattente Osmany Cienfuegos. “Triste notizia: ieri sabato 17 maggio è mancato il compagno Osmany Cienfuegos Gorriarán, fratello maggiore di Camilo e, come lui, combattente e leader della Rivoluzione cubana su diversi fronti. Sabato, all’età di 95 anni, è mancato Osmany Cienfuegos, un architetto di professione che era molto più di un “fratello di Camilo”. Osmany, capitano dell’esercito ribelle, subì prigionia e torture durante la tirannia di Batista. Dopo il trionfo della Rivoluzione, ricoprì diversi incarichi, tra cui quello di Ministro dei Lavori Pubblici,  da dove presiedette la Riforma Urbana. Nel 1966 divenne Segretario generale della Tricontinentale e mantenne la presidenza dell’Organizzazione della solidarietà dei popoli dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina (OSPAAL), da cui ricavò un progetto di manifesto che entrò nella storia del design a Cuba. È stato ministro fondatore del Ministero del Turismo e vicepresidente del Consiglio dei Ministri. L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba esprime le  più sincere condoglianze alla sua famiglia e ai suoi amici. Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
María Elvira Salazar, la regina dell’anticomunismo, la giocoliera dell’ipocrisia e l’autoproclamata martire dei migranti cubani.
Al centro della scena, María Elvira Salazar, la regina dell'”anticomunismo”, la giocoliera dell’ipocrisia e l’autoproclamata martire dei migranti cubani. Con il microfono in mano e una bandiera della libertà che sventola, presenta il suo spettacolo più famoso: attacchi a Cuba mascherati da compassione. Con lacrime di coccodrillo, deplorò il “limbo legale” dei 110.000 cubani arrivati negli Stati Uniti in libertà vigilata per motivi umanitari, quelle “persone coraggiose che fuggirono dal regime di Castro”. “Poverini, intrappolati dal disastro di Biden!” singhiozzava in un tweet che puzza di campagna elettorale. Ma, guarda caso, nello stesso momento, ha indossato una maglietta di Trump e ha esultato per l’abrogazione della stessa libertà vigilata nell’aprile 2025, definendola “la correzione del disastro dell’immigrazione”. Ciò che lui definisce “errore” può essere “salvato”? Promette di proteggere i cubani con l’I-220A, quella “carta straccia” che, a suo dire, diventerà un biglietto per il Cuban Adjustment Act, sebbene appoggi anche l’approccio trumpista del “go home” che prevede l'”auto-espulsione”. Difensore? Sembra più un direttore d’orchestra che suona l’inno alla libertà mentre la barca dei migranti affonda. E quando un cartellone pubblicitario nel centro di Miami la chiama “traditrice”, lei risponde con un lamento degno di una soap opera: “Questo è il lavoro in cui lavoro di più e vengo pagata di meno!” Dall’altro lato, brandendo il blocco economico contro Cuba come se fosse Excalibur. “È necessario rovesciare la dittatura!” proclama, ignorando il fatto che è stato proprio questo blocco e le centinaia di sanzioni imposte a spingere migliaia di cubani a emigrare, e non la “persecuzione politica” di cui gli piace blaterare. Ma ecco il colpo di scena: quando i cubani negli Stati Uniti provano a recarsi a Cuba, a inviare rimesse o a trasportare valigie di medicinali per le loro famiglie, María Elvira aggrotta la fronte e dichiara: “Non si può fare… ci sono dei limiti!” Il problema è il governo o le famiglie cubane? È come se dicesse a un naufrago: “Non osare nuotare, l’acqua appartiene al nemico!” Ma non preoccupatevi, nel panorama politico di Miami, dove il blocco è un dogma e le rimesse un peccato, questo numero suscita sempre molti applausi. Nel frattempo, le famiglie cubane si chiedono se Salazar sappia cosa significa scegliere tra un “ideale” e un piatto di cibo. La sua proposta di portare Starlink a Cuba, ovviamente grazie a Elon Musk e ai finanziamenti del governo degli Stati Uniti. “Internet gratis per il popolo cubano!” grida, come se potesse liberare l’isola con un clic. Ma il governo cubano non resta in silenzio e denuncia questo piano come una manovra per finanziare l’opposizione e una violazione delle norme internazionali in materia. Idealismo o opportunismo? Diciamo solo che quando presumibilmente “fa squadra” con Musk, non è esattamente per amore dei meme. Si tratta di una semplice trovata pubblicitaria che la fa salire sui titoli dei giornali e fa guadagnare punti agli elettori della contea di Dade. Nella sua “campagna anti-Cuba”, quella che gli garantisce la carriera politica, sottolinea anche la sua crociata contro le missioni mediche cubane, che definisce “schiavitù moderna”. Presentò un disegno di legge per “liberare” i medici cubani, accusando il “regime” di arricchirsi a loro spese. Sembra nobile, ma il cinismo traspare: questi medici, che in realtà svolgono la loro missione di loro spontanea volontà e secondo le regole dell’OMS, contano poco; sono semplicemente un pretesto per attaccare una delle principali vie d’accesso a Cuba, nell’ambito della politica di massima pressione di Trump. Mentre cala il sipario, la prostituta dice addio con il suo lamento preferito: “Sono una traditrice sottopagata!” Ma non lasciatevi ingannare dal vittimismo. Ogni attacco a Cuba, dal divieto di rimesse e viaggi sull’isola al blocco degli scambi culturali, è un calcolo politico per accontentare la loro base a Miami. I migranti cubani, coloro che lei afferma di proteggere, sono solo pedine sulla sua scacchiera, utili per un tweet toccante o un discorso a Hialeah, ma sacrificabili quando Trump firmerà un altro ordine anti-immigrazione. Nel circo di María Elvira Salazar, il blocco è sacro, la compassione è sospetta e i migranti sono la piñata che colpisce per vincere voti. Mentre le famiglie a Cuba sopravvivono senza medicine e i cubani negli Stati Uniti rischiano la deportazione, lei continua a provare il suo prossimo atto: quello del salvatore che non salva mai e del difensore che tradisce sempre. Che lo spettacolo continui, ma non chiedeteci di applaudire! Fonte: https://micubaporsiempre.wordpress.com/2025/04/23/ maria-elvira-salazar-la-politiqueria-del-oportunismo/ Traduzione: italiacuba.it Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba