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“L’opportunità da 1000 miliardi di dollari”. Il Venezuela Working Group e l’apertura ai capitali USA
Il Venezuela detiene le più vaste riserve di petrolio del pianeta. È impossibile prescindere da questo dato per comprendere i fatti e gli eventi che gravitano intorno al suo oro nero. La Petróleos de Venezuela S.A. (PDVSA), la compagnia petrolifera statale del Venezuela fondata nel 1976, dopo la nazionalizzazione dell’industria petrolifera, nacque come risposta a decenni di sfruttamento straniero da parte delle multinazionali angloamericane come Shell, Exxon, Mobil, Chevron, Gulf. Dal 2017 le sanzioni statunitensi hanno tagliato fuori PDVSA dal sistema finanziario internazionale rendendo impossibile vendere liberamente il petrolio, sbloccare fondi, acquistare ricambi o tecnologia. Un assedio economico che ha fatto crollare la produzione: da oltre 3 milioni di barili al giorno negli anni ’90 a meno di 700.000 nei periodi più duri. Le lobby filo-occidentali chiedono da anni di privatizzare PDVSA e aprire il mercato agli investitori stranieri. Tradotto: “solo il capitale privato può rilanciare la produzione”. In questo scenario, il Nobel assegnato a María Corina Machado appare non tanto come un premio alla pace, quanto come un investimento simbolico. Si tratta di un riconoscimento concepito per costruire un volto presentabile, spendibile, in vista di un futuro change-regime. Da questo punto di vista Maria Corina Machado risulta la persona perfetta, soprattutto per chi non conosce il suo passato. Machado ha modellato la sua ideologia politica su figure come Margaret Thatcher e Ronald Reagan e ha apertamente abbracciato una presunta dottrina economica un tempo chiamata “capitalismo popolare”, originariamente attuata dalla dittatura fascista di Augusto Pinochet in Cile, il primo esperimento formale di neoliberismo selvaggio in Sud America. Si tratta di un programma politico che promuove la privatizzazione totale dei settori statali strategici, tra cui l’industria petrolifera e mineraria, che in Venezuela sono stati storicamente controllati dallo Stato attraverso aziende come PDVSA. La macelleria sociale che sta portando avanti l’anarcocapitalista Milei in Argentina – che Machado tanto ammira – non è nient’altro che il “modello Thatcher” che l’Occidente vorrebbe estendere al Venezuela dove c’è un’abbondanza di risorse primarie nel sottosuolo da potersi accaparrare mediante privatizzazioni. Machado ha ripetutamente promesso che, in un “Venezuela libero”, le compagnie petrolifere, del gas e minerarie statunitensi avrebbero avuto la priorità assoluta nello sfruttamento di queste risorse. Ciò costituisce un’offerta diretta di cessione della ricchezza nazionale in cambio del sostegno politico internazionale e, in particolare, del sostegno di Washington alla sua ascesa personale al potere. Attualmente, María Corina Machado e l’ex candidato alla presidenza Edmundo González Urrutia – insieme ad alcuni loro familiari, consiglieri e altri membri della destra venezuelana che componevano il governo golpista “ad interim” di Juan Guaidò – costituiscono il Venezuela Working Group, un gruppo di “esperti” tecnocrati costituitosi presso Americas Society/Council of the Americas (AS/COA) che nel giugno 2025 ha proposto di aprire le porte agli imprenditori americani. L’AS/COA è un’organizzazione non governativa con sede a New York, fondata nel 1965 dal miliardario David Rockefeller e composta da due organismi: l’Americas Society, un forum di discussione sulle politiche all’interno del sistema interamericano; e il Consiglio delle Americhe, un organismo che riunisce gruppi imprenditoriali internazionali che promuovono politiche neoliberiste nell’emisfero occidentale. AS/COA si è affermato come un think tank per la discussione di questioni politiche ed economiche ed ha pubblicato diversi rapporti sul Venezuela. Machado ha dichiarato esplicitamente che, in un possibile governo guidato dall’attuale opposizione della destra radicale, il Venezuela potrebbe aprire agli “investimenti esteri” con il potenziale di generare “un trilione di dollari” di ricchezza in soli 15 anni. A tal fine, Machado ha fatto riferimento alla privatizzazione delle compagnie nazionali di idrocarburi, nonché alla transnazionalizzazione delle riserve di petrolio e gas del Paese, definendo le vaste riserve petrolifere del Venezuela come “le più grandi al mondo” e ha affermato che il loro controllo da parte di interessi stranieri rappresenterà un'”opportunità” per la creazione di ricchezza a vantaggio delle aziende statunitensi e occidentali. Questa opportunità, secondo Machado, “copre l’intero emisfero e gli investitori che trarranno vantaggio da condizioni senza precedenti fin dal primo giorno”. Sulla stessa linea, ha fatto riferimento alle altre risorse strategiche del Paese: “Abbiamo anche abbondanti risorse di ferro, oro e minerali”. Il riferimento alle riserve minerarie del Paese è importante, considerando che la Machado è l’erede dell’impero metallurgico di Sivensa (Siderúrgica Venezolana, SA), costruito da suo padre, Henrique Machado Zuloaga. Interessante sapere che fu proprio durante la Quarta Repubblica che in Venezuela, governato da governi neoliberisti, il magnate della siderurgia – insieme agli altri magnati filo-USA – si arricchì a dismisura, mentre nello stesso periodo la povertà assoluta del paese passò dall’8% al 36%, il tasso di povertà salì dal 18% al 65% e si verificarono circa 100mila morti per indigenza. È in questo contesto che i chavisti unendo popolo ed esercito, spirito patriottico e socialismo, presero il potere e lo tennero respingendo diversi tentativi di colpi di Stato. Maduro, succeduto a Chavez nel 2013, ha proseguito nel disegno politico antimperialista volto a garantire la difesa dell’interesse nazionale e delle sue sterminate ricchezze, ma questo non piace all’opposizione della destra venezuelana che vuole privatizzare ogni cosa si muova. Nel suo intervento al Venezuela Working Group, Machado ha parlato della strategia di nearshoring, ovvero la costruzione di una catena del valore in Venezuela vicina ai mercati chiave, facendo esplicito riferimento agli Stati Uniti per ragioni di posizionamento geografico. Come ha scritto Mision Verdad: “Dal suo punto di vista di erede di Sivensa, deduce che la sua azienda, insieme a multinazionali straniere, potrebbe sviluppare processi per sfruttare le risorse minerarie nazionali con l’obiettivo di proiettarle sul suolo statunitense, il che implicherebbe l’uso della base mineraria, che fa parte del patrimonio nazionale, per soddisfare gli interessi della sua famiglia.” In seguito – da buon neo-Premio Nobel – ha fatto riferimento alle riserve di acqua dolce del Paese, ai 30 milioni di ettari di “terra fertile non sviluppata” e ai 2.800 chilometri di costa caraibica, pronti per essere piovrizzati dal capitale straniero. L’offerta di Machado di milioni di ettari del Paese a beneficio di aziende straniere suggerisce un’altra strada di privatizzazione, poiché un territorio così vasto comprende terreni agricoli nelle mani dello Stato, ma anche vaste quantità di terra di proprietà privata e circa 14 milioni di ettari ceduti a famiglie e organizzazioni contadine in più di 20 anni, secondo i modelli di allocazione delle terre esistenti nel Paese. Afferma Mision Verdad: “La cifra di 30 milioni di ettari “non sviluppati” è estremamente impressionante perché dichiara inutilizzato il territorio fertile del Paese, proprio quando il Venezuela ha raggiunto il 97% del suo fabbisogno alimentare grazie alla produzione interna.In questo modo, Machado distorce la realtà facendo un’offerta ingannevole al capitale americano e mettendo in vendita i terreni agricoli del Paese, che hanno già proprietari e affittuari.” Machado ha parlato di un processo di transizione democratica “in soli 100 giorni” per realizzare “cambiamenti strutturali” e quindi attuare quella strategia, ma tuttavia, privatizzare la Petróleos de Venezuela SA (PDVSA), implementare un sistema di concessioni di idrocarburi con capitale straniero in maggioranza e concedere riserve nazionali a società straniere a condizioni fraudolente, come propone Machado, sarebbe impossibile secondo l’attuale Costituzione Bolivariana del Venezuela. Allo stesso modo, perseguire investimenti minerari a condizioni svantaggiose per il Paese, come propone Machado, implica lo smantellamento delle leggi che definiscono l’attuale sistema di concessioni nazionali. Per attuare questa massiccia espropriazione di terreni sarebbe necessario abrogare l’attuale legge sullo sviluppo fondiario e agricolo; ciò comporterebbe anche misure energiche per esercitare il controllo territoriale e attuare una politica di sfratti senza precedenti nella storia. L’attuazione di queste vaste strategie politicamente regressive in soli 100 giorni sarebbe possibile solo attraverso l’ascesa di un governo a matrice autoritaria e neoliberista nel Paese, cosa ben diversa da ciò che è il governo di Maduro. Una manovra autoritaria comporterebbe l’abrogazione dell’attuale Costituzione, la soppressione dei controlli naturali al potere parlamentare e il degrado del quadro giuridico esistente, oltre al diffuso uso della forza contro la popolazione, senza distinzione tra proprietari e lavoratori. “L’opportunità da mille miliardi di dollari” si riferisce tacitamente al trasferimento del potere politico alla stessa Machado. Ma quel potere avrebbe condizioni e caratteristiche assolutistiche. Per questa proposta, Andrés Gluski, presidente del consiglio di amministrazione dell’AS/COA, ha consegnato la medaglia d’oro dell’Americas Society a María Corina Machado. Il premio è stato ritirato dalla figlia sul suolo statunitense, poche ore prima dell’incontro “da un trilione di dollari”. Durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) tenutasi a fine settembre 2025, l’opposizione venezuelana, guidata da María Corina Machado, ha intensificato i suoi sforzi diplomatici e mediatici per promuovere un cambio di regime in Venezuela, con l’obiettivo esplicito di rovesciare il presidente Nicolás Maduro. Queste azioni vengono presentate come una campagna di lobbying internazionale coordinata con settori dell’amministrazione di Donald Trump e con chiari interessi aziendali legati alle vaste risorse naturali del Venezuela, in particolare alle sue riserve di petrolio, gas e minerali, tra le più grandi al mondo. María Corina Machado prosegue lo stesso percorso di Juan Guaidó, visitando gli stessi luoghi e rivolgendosi alle stesse persone. In sostanza, l’intera manovra con l’AS/COA consiste nel fare lobbying e cercare sostegno per un violento cambio di regime in Venezuela, offrendo il Venezuela come vetrina per il capitale statunitense. La “transizione democratica” della Machado propone una restaurazione, dove il mercato – ovvero le corporation americane – tornano a controllare le fonti di energia. María Corina Machado è tutto tranne che una figura “popolare” e democratica. Proviene da una delle famiglie più ricche di Caracas, legata storicamente agli ambienti imprenditoriali filo-statunitensi. La sua idea di “libertà economica” coincide con una privatizzazione selvaggia dell’economia venezuelana: banche, infrastrutture, compagnie minerarie e, soprattutto, PDVSA, il cuore pulsante della sovranità economica nazionale. Machado ha sostenuto apertamente le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti, anche nei momenti più duri, quando mancavano medicine, cibo e carburante. È arrivata a chiedere un intervento militare straniero per “liberare il paese dalla dittatura di Maduro”. Il Venezuela detiene infatti le maggiori riserve di petrolio al mondo e nonostante sanzioni unilaterali e bloqueo economico decise da USA e suoi scagnozzi riesce a garantire scolarizzazione e sanità a tutta la sua popolazione. Di fronte a tutto questo ci si chiede come mai Machado, che ha solo il 3% di voti presi alle ultime elezioni, continui ad avere un impatto internazionale di queste dimensioni. Se è così paladina dei diritti democratici, perchè non ammette di avere il 3% dei consensi ed inizia a rispettare la democrazia, continuando ad esercitare la propria opposizione democraticamente? La sua “pace”, dunque, corrisponde a quella formula usata decine di volte per giustificare invasioni, golpe e cambi di regime, dall’Iraq alla Libia. Donald Trump ha già dichiarato più volte che il Venezuela è un “obiettivo strategico”: non per la democrazia, ma per riprendersi il petrolio che oggi gestiscono Cina e Russia. Il Nobel si presenta come l’ennesima carta per tentare di sostenere un colpo di Stato che per essere completato dovrà necessariamente passare per una guerra civile come recentemente avvenuto in tante Nazioni negli ultimi anni (Siria, Libia, Ucraina ecc.). Le si da il Nobel per ripulirle l’immagine e fornire autorevolezza internazionale alla richiesta d’invasione militare del suo Paese per “combattere il comunismo”. È il vecchio schema: elevare un’oppositrice neoliberale a paladina dei diritti, creare il consenso mediatico internazionale, giustificare l’ingerenza o addirittura il colpo di Stato. Da anni del resto il Comitato Norvegese per il Premio Nobel di Oslo è diventato un specchio dell’ideologia dominante: raramente premia chi mette davvero in discussione i poteri globali, e quando l’ha fatto ha capito di aver generato miti incrollabili nonché esempi etici, morali, spirituali e politici per l’umanità (Mandela, Rigoberta Menchu Tum, Adolfo Perz Esquivel etc…) che è meglio non enfatizzare. Premiare Machado oggi equivale a legittimare un eventuale cambio di regime, un’eventuale “rivoluzione colorata”  funzionale all’ordine occidentale. È un messaggio chiaro: la “pace” è accettabile solo se coincide con l’obbedienza a Washington e con l’apertura dei pozzi. Come può definirsi una “pacifista” chi invoca le sanzioni e la forza armata contro il proprio paese? È il paradosso perfetto di un mondo in cui la guerra viene venduta come salvezza.   https://misionverdad.com/venezuela/maria-corina-machado-ofrece-venezuela-por-un-billon-de-dolares https://misionverdad.com/venezuela/washington-nueva-york-y-el-lobby-guerrerista-contra-venezuela https://misionverdad.com/venezuela/lucha-clandestina-y-terrorismo-la-opcion-machado   Lorenzo Poli
Dal chavismo al madurismo: il Venezuela visto da Cuba
Roberto Livi è un giornalista di lungo corso. A partire dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso ha scritto per il Manifesto, L’espresso e Il Messaggero, quotidiano per il quale è stato diverso tempo inviato a Mosca, seguendo la fase di crollo dell’Unione Sovietica. Da più di vent’anni vive a Cuba ed è corrispondente del Manifesto. Lo abbiamo intervistato sulla situazione in Venezuela, prendendo spunto dall’ultima tornata elettorale e si è soffermato anche su alcun aspetti cruciali dell’America Latina. La recentissima tornata elettorale ha registrato una scarsa partecipazione di cui hanno scritto anche alcuni giornali italiani. Il Manifesto ha riportato un dato che oscilla tra il 25 e il 42%. Qual è la tua valutazione? Si può parlare di disaffezione al voto?                                                              Indubbiamente è così; le cifre ufficiali parlano del 43%, cifra non controllabile, probabilmente è molto meno, però è un fenomeno riscontrabile in tutta l’America Latina. Tutte le inchieste esplicitano come il consenso verso la democrazia formale, cioè le elezioni, sia bassissimo, per ragioni storiche. Quindi si tratta di un dato strutturale. Queste elezioni venezuelane sono state anticipate ora rispetto a novembre, perché Maduro aveva l’esigenza di consolidarsi nei confronti di un’opposizione comunque molto indebolita e divisa, che ha raccolto il 17,3% dei consensi e 24 seggi, mentre la destra estrema guidata dalla Machado ha deciso di rimanere fuori dalla contesa elettorale. L’operazione politica di Maduro è stata un successo perché ora controlla l’Assemblea Nazionale con 253 deputati su circa 285, cioè ha la maggioranza qualificata per fare le cosiddette leggi “abilitanti”,  per la riforma della Costituzione articolo per articolo e per far passare altre riforme e leggi  che ha già ventilato. In sostanza si tratta di rafforzamento del madurismo, perché a mio avviso non si può più parlare di chavismo, e un indebolimento dell’opposizione. La pretesa della Machado che la bassa affluenza sia una vittoria è una pia illusione. Inoltre c’è da parte dello schieramento antigovernativo l’assenza di un programma politico che non sia quello di Trump. In definitiva non possono parlare di una “vittoria politica”. Per quanto riguarda la situazione sociale ed economica cosa sta accadendo? Si è parlato molto delle grandi difficoltà della popolazione, dei flussi migratori verso altri Paesi a causa delle condizioni materiali difficili… E’ esattamente quella che tu hai indicato: crisi economica, emigrazione, povertà, disillusione… Di nuovo c’è, se confermato, l’alleanza tra l’entourage di Maduro con il settore privato, criticata dalla sinistra chavista e dal Partito Comunista che la individua come la nascita della boliborghesia, cioè la borghesia bolivariana. E’ una scelta che però sta dando i suoi frutti perché secondo il governo l’85% dei prodotti  messi in vendita nel mercato nazionale sono  venezuelani. Dunque ci sarebbe il fenomeno che negli anni Settanta del secolo scorso si chiamava  “desarollismo”, cioè la creazione di una borghesia nazionale capace di produrre per sostituire le importazioni, per porre le basi di una nazionalismo democratico. Tutto questo è da verificare ma bisogna tenerlo presente. L’altra cosa da rilevare è che ha posto la questione della Guayana Esequiba, Stato annesso per le elezioni come territorio venezuelano, nonostante sia oggetto della Corte Internazionale di Giustizia per decidere a chi appartiene. Attualmente è della Guayana, una questione di non secondaria importanza perché là si estrae il petrolio. A mio avviso sono questi i due elementi di novità che andranno valutati nel prossimo periodo. Hai accennato al passaggio dal chavismo al madurismo. L’impressione è che il consenso che avevano le politiche di Chavez sia in netto calo. E’ bene ricordare che quando si tentò un colpo di mano militare arrestandolo, dopo due ore venne liberato a furor di popolo. Che differenze ci sono, se ci sono? La trasformazione della società verso il socialismo non c’è stata, ma del resto non è solo colpa di Maduro. Ci sono delle somiglianze con la situazione che si vive a Cuba. Galeano diceva che Cuba non è quello che ha voluto, ma quello che ha potuto essere. Cioè la Cuba di adesso non è certamente quella che Fidel voleva. E quella che ha potuto essere è ben poco non solo per gli errori interni, ma a causa dell’interventismo micidiale degli Stati Uniti. Lo stesso avviene in Venezuela. L’idea che forse si ha in Europa dell’embargo è molto inferiore rispetto alla realtà, perché si tratta di una minaccia pervasiva costante. Al Venezuela hanno sottratto l’oro, ora Trump ha tolto il permesso che Biden aveva dato di continuare a produrre, hanno tentato colpi di Stato, ne hanno fatte di tutti i colori. Quindi al di là di tutte le critiche che si possono fare sul fatto che il “Socialismo del XXI” secolo non si sia sviluppato, ripeto non solo a causa di Maduro, di uno che palesemente è attaccato al potere, che lo detiene perché ci sono i militari, che reprime, ma anche per il condizionamento criminale degli Stati Uniti che crea enormi difficoltà. In questo senso c’è una differenza di visione tra l’Europa e dove vivo io, come del resto sulla democrazia: la nostra generazione, cioè quella nata dopo il secondo dopoguerra, è cresciuta nella convinzione della democrazia formale, il Parlamento, il voto. Ora questo sistema è in crisi, come dimostra l’ascesa al potere di Meloni, Orban, il governo polacco, ecc., ma è stato sempre in crisi anche in America Latina, dove non c’è stata mai una cultura democratica come la intendiamo noi. Qui la democrazia era quella dei popoli indigeni, del tutto diversa dalla nostra. Anche in quei Paesi che si definivano “europei” come il Cile, nei momenti cruciali, tipo Allende, si è visto quanto la democrazia fosse rispettata. L’11 settembre del 1973 c’è stato il golpe  con tutto ciò che di orribile è accaduto. E’ vero che in Venezuela c’è repressione, polizia, non c’è rispetto dei diritti umani, però le condizioni sono difficili. Questo non significa giustificare, però è difficile giudicare. Hai fatto riferimento ai diritti umani. Negli ultimi mesi in Italia è cresciuta l’attenzione su Alberto Trentini, il cooperante arrestato e in carcere da tempo. Presa Diretta gli ha dedicato in parte una puntata e ha anche accesso i fari sulla prigionia di altri cittadini di altri Paesi. Tu che impressioni hai? Premesso che non me ne occupo direttamente, cioè non scrivo su questo, ho la sensazione che quello che si dice in buona parte sia vero. Però facendo riferimento al contesto cubano, il problema è che se si cede un poco cambia tutto. In sostanza se apro un po’ la porta, poi arrivano gli Stati Uniti. La stessa cosa in Venezuela. Per cui da una parte certamente la militarizzazione del potere è orribile, ma dall’altra ci sono i tentativi di colpi di stato, gli omicidi, ecc. Sergio Sinigaglia
Venezuela, Elezioni regionali e legislative: schiacciante vittoria del Grande Polo Patriottico
Questa domenica il popolo venezuelano si è recato alle urne per eleggere 285 deputati al Parlamento, 24 governatori e 260 parlamentari regionali. Alle elezioni regionali e legislative hanno partecipato 54 partiti politici di tutti gli orientamenti politici e più di 6.800 candidati. L’affluenza alle urne ha raggiunto il 42,63% delle liste elettorali attive, con oltre 5,5 milioni di venezuelani che hanno esercitato il loro diritto di voto in una giornata che Amoroso ha descritto come “ardua” ma positiva per il sistema elettorale venezuelano.   Elezioni regionali, Grande Polo Patriottico vince in 23 governatorati e in Guyana Essequiba Dopo un’intensa giornata elettorale il Consiglio Elettorale Nazionale del Venezuela (CNE) ha annunciato che il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar (Gppsb) ha vinto 23 governatorati nel paese, tra cui quello di Guayana Esequiba. Con il 93,01% delle schede elettorali scrutinate, la coalizione del Grande Polo Patriottico ha vinto 23 dei 24 governatorati del Paese, dimostrando il sostegno del popolo venezuelano al presidente costituzionale Nicolás Maduro e al proceso rivoluzionario bolivariano. Secondo i risultati annunciati dal vicepresidente del CNE Carlos Quintero, il candidato del Gppsb Luis Marcano Salazar ha vinto la carica di governatore dello stato di Anzoátegui con l’87,30% dei voti. La carica di governatore dello stato di Apure è stata vinta dal candidato ufficiale , Wilmer Rodríguez, con il 96,19% dei voti, mentre la candidata , Joana Norelys Sánchez, ha vinto la carica di governatore di Aragua , nel centro del paese. Gli altri candidati della coalizione di governo usciti vincitori sono stati Yulisbeth García nello stato di Bolívar con l’87,85% dei voti, Donald Rafael Donaire a Guárico con oltre il 93% e Luis Ramón Reyes nello stato di Lara con il 90,95% dei voti. Sono stati rieletti governatori anche Victor Clark a Falcón con oltre l’80% dei voti, Rafael Lacava nello stato di Carabobo con l’87,67% delle schede e Freddy Bernal a Táchira ottenendo l’80% dei voti scrutinati, mentre l’ opposizione Alberto Galíndez tornerà a governare lo stato di Cojedes , nell’ovest del paese. In queste elezioni, il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV ) ha recuperato le cariche di governatore dello stato di Barinas con il candidato Adán Chávez Frías che ha ottenuto il 72,45% dei voti, di Zulia con Luis Gerardo Caldera Morales che ha vinto con oltre il 64% e dell’entità di Nueva Esparta con la candidata Marisel Velázquez Millán che ha vinto con il 55,33% dei voti. I governatorati degli stati di Mérida , Miranda e Monagas sono stati vinti dai candidati del Grande Polo Patriottico, rispettivamente Arnaldo Sánchez Pérez , Elio José Serrano ed Ernesto Luna González . Le regioni di Amazonas , Delta Amacuro e Yaracuy saranno governate da Miguel Tadeo Rodríguez , Loa Tamaronis e Leonardo Cipullo . In Portogallo, il candidato del GPPSB , Antonio Primitivo Cedeño, ha vinto con il 93,61% dei voti. Da parte sua, lo stato di Sucre sarà governato da Jhoanna Carrillo Malave, che ha ottenuto oltre il 94% dei voti. Le entità di Trujillo e La Guaira sono state lasciate nelle mani dei candidati ufficiali , Gerardo Márquez con il 91,86% dei voti e José Alejandro Terán che ha ottenuto il 90,65%. Nella regione di Guayana Esequiba, il candidato in carica Neil Villamizar ha vinto con il 97,40% dei voti. “L’Essequibo ha un governatore ” – ha detto Maduro. “Avrà pieno appoggio di bilancio affinché il popolo di Essequibo abbia tutti i diritti che merita in quanto popolo del Venezuela” – ha sottolineato. Elezioni legislative, Grande Polo Patriottico ha vinto con l’82,68% Il Grande Polo Patriottico ha ottenuto una schiacciante vittoria anche alle elezioni legislative del Venezuela tenutesi domenica, ottenendo l’82,68% dei voti validi per i deputati della lista nazionale, secondo i risultati ufficiali annunciati dal Consiglio Elettorale Nazionale (CNE). Il partito al governo ha ottenuto 4.553.484 voti su un totale di 5.507.324 voti espressi , assicurandosi 40 dei 50 seggi in disputa, con una “tendenza irreversibile”, ha riferito il presidente del CNE, Elvis Amoroso , durante una conferenza stampa a Caracas. I risultati riflettono un ampio vantaggio del partito al governo sulle forze di opposizione . L’Alleanza Democratica, la principale coalizione di opposizione, ha ottenuto solo 344.422 voti (6,25%), seguita dall’UNTC Única Alliance con 285.501 voti (5,18%) e dalla Neighborhood Force Alliance con 141.566 voti (2,57%). I voti rimanenti , comprese le schede nulle e altre opzioni minori, ammontano a 182.351 voti , pari al 3,31% del totale . Queste cifre consolidano il predominio elettorale del chavismo nel Parlamento venezuelano per la prossima legislatura. Amoroso ha espresso il “profondo orgoglio” del ramo elettorale nell’organizzazione delle elezioni , sottolineando la trasparenza del processo in mezzo alle tensioni politiche che sta attraversando il Paese sudamericano.     I risultati preliminari segnano una nuova vittoria per il progetto politico avviato da Hugo Chávez e proseguito da Nicolás Maduro, rafforzando la gestione governativa della Rivoluzione in un contesto di sfide economiche e diplomatiche internazionali promosse principalmente da Washington. Elvis Amoroso riteneva che il popolo venezuelano fosse protagonista e decidesse il destino del Paese . “Un giorno in cui il popolo ha, per la prima volta, un governatore entrato in carica grazie alla volontà popolare”, ha affermato, sottolineando che siamo profondamente orgogliosi di questa giornata. Ha riconosciuto che si tratta di un lavoro profondo per il quale dobbiamo ringraziare i funzionari del CNE e le Forze Armate. provenienti dal Venezuela che sono stati nei luoghi in cui i venezuelani si sono espressi. ” Siamo grati agli osservatori internazionali che sostengono il Consiglio elettorale nazionale, nella nazione con il miglior sistema elettorale al mondo”, ha affermato. “Il Venezuela è un esempio per il mondo e possiamo dimostrare ancora una volta la forza del CNE”, ha aggiunto. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha dichiarato domenica che la vittoria appartiene agli uomini e alle donne comuni dei quartieri venezuelani , dopo che il Consiglio elettorale nazionale (CNE) ha annunciato che il Grande Polo Patriottico ha vinto le elezioni legislative tenutesi oggi con l’82,68% dei voti. In un messaggio al popolo venezuelano, il presidente si è congratulato con l’intera nazione per l’elezione democratica dei governatori, dei consigli legislativi e dell’Assemblea nazionale per il mandato 2026-2031, affermando che adesso il loro compito è “perseverare, creare e cercare soluzioni “. “Il popolo è il protagonista” – ha detto Maduro, sottolineando che questa è una vittoria per la pace e la stabilità per tutto il Venezuela. “Dopo i blocchi, il fascismo e la violenza, oggi la Rivoluzione bolivariana ha dimostrato di essere più viva che mai” – ha affermato, sottolineando la ripresa del chavismo in stati come Barinas. Ha menzionato il piano di violenza che “siamo riusciti a sconfiggere contro i centri elettorali, contro Guri, contro le caserme militari ”. “Siamo riusciti a neutralizzare il piano di violenza”, ha affermato Maduro, garantendo al contempo che le elezioni si sono svolte in modo pacifico, calmo e senza incidenti . Maduro ha detto ai governatori che dovranno affrontare una sfida importante nel coordinamento con la comunità e i gruppi di base . “Voglio vederli lavorare insieme alle persone che lavorano alla base”, ha sottolineato. Fonte: teleSUR https://www.telesurtv.net/estado-por-estado-los-resultados-del-las-mega-elecciones-de-venezuela/ https://www.telesurtv.net/maduro-victoria-pertenece-pueblo-venezuela/ https://www.telesurtv.net/gran-polo-patriotico-elecciones-legislativas/ Lorenzo Poli