
La Lotta entra dentro i luoghi di lavoro attraverso lo Sciopero: imponente manifestazione per la Palestina a Calenzano
Pressenza - Monday, September 22, 2025Lunedì 22 Settembre, all’uscita dell’autostrada a Calenzano le persone arrivano da strade diverse, sembrano piccoli cortei che si uniscono a quello che a tutti gli effetti sembra quasi un presidio, se con questo termine intendiamo l’esserci con i propri corpi nella presenza di una testimonianza.
Ci sono le bandiere, di diversi colori e appartenenze, perché ci stiamo dicendo che non possiamo non essere di parte davanti al genocidio del popolo palestinese a opera di Israele; ci sono le scritte sopra scatoloni di cartone divenuti spazio sul quale rappresentare i pensieri e forse anche le emozioni trasformate così in parole; ci sono le persone da sempre attive dentro i movimenti e le reti, che passano faticosamente dentro una fitta presenza prima solo al centro poi via via allargandosi verso la direzione che prenderà poi il corteo; ci sono le studentesse e gli studenti, come ci sono anche le famiglie con passeggini, un mondo eterogeneo, un mondo arrabbiato ma mai arreso.
Quando il presidio diventa quindi percorso ed inizia il cammino (dopo circa due ore dal ritrovo), sembra davvero che le strade non contengano le persone, ma qui non siamo sulle vie strette del centro di Firenze, siamo nelle strade della piana, quelle che conducono verso Campi, quelle solitamente attraversate da auto che rapidamente sfrecciano per raggiungere i posti di lavoro o per rientrare a casa la sera; eppure oggi siamo marea, un solo fiume in piena che cresce e che a tratti defluisce solo per brevi soste o per ritrovare persone che sono più indietro nel cammino. Il momento davanti alla fabbrica di costruzione di armi, potremmo chiamarla la fabbrica della morte, è forse uno dei più caldi, anche se nel complesso trattenuto il grido; chi vuole e se la sente, in spontaneità lancia messaggi che forse non arrivano a coloro i quali presidiano le scelte di come investire quei soldi e soprattutto quelle persone complici anche quando ultimo anello di una catena.
Foto di Tatiana Boretti
Il momento che segue viene segnato dall’evento (atteso) di un temporale violento, come se tutto insieme scendesse tutta la rabbia, si trasformasse in acqua, inondasse le strade; ebbene non è la natura che si scatena, sono le conseguenze del nostro essere donne e uomini che con il proprio agire hanno condizionato equilibri ed eco-sistemi… ma il ritmo dell’ultima parte del corteo si fa così intenso che a tratti insieme ai compagni ed alle compagne di percorso non puoi non dirti: e noi che siamo qua che diritto abbiamo a preoccuparsi se ora siamo stanche, bagnate, noi che siamo dalla parte del mondo in cui puoi tornare a casa, riposarti e ripartire. Quei colori, quelle bandiere che nello sciopero di oggi sono state tenute insieme, insieme anche con le realtà senza nome, con le persone comuni, tutte hanno avuto le conseguenze della pioggia… che non lava comunque via i motivi del nostro essere qui, che insieme alle altre manifestazioni delle altre città possano essere ribaditi e gridati forte, perché possano arrivare fino a quelle terre martoriate: Palestina libera: una utopia o forse anche un inganno il nostro illuderci, a volte nel nostro cammino di resistenza, nella Flotilla di terra sentiamo tutta l’impotenza, ma non fermiamo qui il Viaggio.
Lo sciopero è quello strumento che permette alla Lotta di entrare dentro i luoghi di lavoro, di comunicare dove noi lavoriamo che non protestiamo per i diritti di noi lavoratrici e lavoratori, per i nostri stipendi, perché siano garantiti i nostri diritti sul luogo di lavoro; forse in parte, ma in massima parte protestiamo per i diritti di chi non ha più diritti, di chi subisce le conseguenze di operazioni di sterminio di un popolo, proprio partendo dall’eliminazione (intenzionale) delle bambine e dei bambini, del futuro. Oggi quel futuro non è garantito là, a Gaza, siamo consapevoli che noi dobbiamo convergere, lottare perché il tuo diritto non rispettato è motivo della mia indignazione e se smetterò di lottare perché ti sia garantita la vita, la salute, la sanità, devo lottare perché siano garantiti i diritti fondamentali a tutte e tutti, particolarmente oggi in quella terra lontana vicina. Sentiamo l’impotenza di essere a terra, sul questa terra, di non essere nel viaggio che fa rotta verso Gaza, forse un simbolo, che prova ad unire Speranza e Realismo; nei recenti giorni Firenze ha visto attraversare mondi diversi, vestiti bianchi e bandiere rosse; siamo tutte e tutti coinvolti, nostro compito tenere insieme (sim-bolo in fondo significa proprio questo) e al tempo stesso orientare con decisione il passo verso, senza più pronunciare parole di compromesso, perché dobbiamo essere partigiane e partigiani: per la Palestina.
Emanuela Bavazzano