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Lo spazio: orizzonte di gioco o campo di battaglia? Sulla militarizzazione dei territori
Nell’ambito della manifestazione “Frascatiscienza” è programmato per il 26 settembre 2025 un Open Day organizzato dall’ESRIN, il centro dell’Agenzia Spaziale Europea dedicato ai programmi di osservazione della Terra (https://www.frascatiscienza.it/fsapp/evento/1825/26). L’evento è inserito nell’ambito della Notte Europea dei Ricercatori e si presenta come una proposta volta a “sensibilizzare il pubblico sull’importanza della ricerca scientifica e alle missioni spaziali”, con attività destinate ad adulti e bambin3, accompagnati “in un viaggio attraverso il mondo dell’ESA, fatto di approfondimenti, talks ispirazionali e quiz interattivi pensati per mettere alla prova la curiosità e la voglia di esplorare”. Nel programma leggiamo che “I lanci di razzo-modelli saranno un’altra attrazione della serata, che porterà entusiasmo e stupore tra grandi e piccoli”. Il programma della giornata potrebbe apparire innocuo da un punto di vista ingenuo, ma è anche attraverso attività come queste che passa la strategia di diffusione della “cultura della difesa” che l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università si impegna a denunciare. É noto il ruolo dell’industria aerospaziale nell’ambito della filiera bellica italiana e non c’è bisogno di richiamare il peso di colossi come Leonardo e Thales Alenia Space in questo specifico ambito produttivo, in cui la foglia di fico del “dual use” offusca lo sguardo del pubblico sul peso che questo settore riveste oggi in ambito militare. La stessa ESRIN-ESA d’altra parte ha nella stessa Frascati, dove ha sede, ospitato il 12 settembre l’evento “Il Lazio hub europeo dell’aerospazio” (https://www.regione.lazio.it/notizie/Frascati-evento-Lazio-hub-europeo-Aerospazio), svoltosi nell’ambito degli Stati generali difesa, spazio e cybersecurity, tra i cui obiettivi dichiarati c’è “la  costituzione del nuovo Distretto industriale e tecnologico dell’Aerospazio e della Sicurezza, con l’obiettivo di attivare risorse pubbliche e private e favorire la collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni”. Il Lazio, definito come “uno dei più grandi ecosistemi aerospaziali in Europa”, si candida a “a giocare un ruolo fondamentale in tutte le articolazioni di un settore chiave per l’industria e la sovranità tecnologica europea”, attraendo investimenti e mobilitando risorse economiche e “umane” in grado di sostenere la trasformazione della regione in un vero e proprio “hub dell’aerospazio”. Come Osservatorio vorremmo evidenziare il fatto che per capire cosa si muove dietro a queste iniziative è sufficiente svolgere un piccolo lavoro di ricognizione delle notizie: siamo partiti dalla curiosità per il programma di “Frascatiscienza”, in cui compare esclusivamente il riferimento all’ESRIN-ESA; siamo risaliti alla notizia dell’evento del 12 settembre pubblicata sul portale di Regione Lazio, in cui l’industria aerospaziale è presentata come perno della crescita economica del territorio. Se però vogliamo farci un’idea più precisa dei partecipanti a questo incontro e facciamo un’ulteriore ricerca, arriviamo alla “foto di gruppo” dell’evento (https://www.esa.int/Space_in_Member_States/Italy/Stati_Generali_su_Difesa_Spazio_e_Cybersicurezza._Foto_di_gruppo) e solo qui appare evidente il nesso, denunciato dall’Osservatorio, tra attività “ludiche” proposte alla cittadinanza, industria bellica, Ministero della Difesa e Forze Armate, che a questo punto è inquadrato nel contesto internazionale: “Rappresentanti delle maggiori entità europee hanno discusso del futuro dell’Unione Europea, che sta affrontando sfide senza precedenti dal periodo del dopoguerra, in un contesto geopolitico sempre più complesso. I partecipanti hanno esaminato le necessità dell’Europa in materia di spazio, sicurezza informatica e difesa, nel quadro più ampio dell’Alleanza Atlantica”. Tra i partecipanti all’incontro leggiamo il nome dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Presidente del Comitato Militare della NATO, così come tra gli interventi è stato dato dalla stampa ampio risalto a quello di Andrius Kubilius, ex primo ministro della Lituania, è il commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, che ha dichiarato: “Lo spazio sta diventando un campo di battaglia. Nell’Unione europea siamo già sotto attacco” (clicca qui). Eravamo partiti da un’apparentemente innocente proposta per cittadini e famiglie, in cui si legge: “I più giovani potranno partecipare a divertenti laboratori didattici, pensati su misura per la loro età con l’obiettivo di avvicinarli alla scienza e allo spazio”. Non possiamo che concludere che l’obiettivo, come ormai da tempo l’Osservatorio denuncia, è proprio questo: avvicinare i giovani allo spazio, oggi, significa avvicinarli al campo di battaglia del presente e del futuro, e il reclutamento delle nuove leve avviene in modo subdolo e indiretto attraverso iniziative di cui non è sempre facile smascherare le intenzioni. L’Osservatorio lavora proprio per svolgere questo compito. Irene Carnazza, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Pacifisti protestano davanti alla Leonardo di Ronchi dei Legionari
Ieri 13 settembre si è tenuto un corteo di protesta con partenza dalla Leonardo di Ronchi dei Legionari, promosso dall’Assemblea No Leonardo, contro l’industria delle armi e dalla parte del popolo palestinese. Lo stabilimento di Ronchi produce droni militari venduti a diversi paesi, alcuni si trovano attualmente anche in stato di guerra.  Al corteo hanno partecipato circa 500 persone. Di seguito il testo dell’ “Assemblea No Leonardo”: A Ronchi dei Legionari sotto la bandiera dello Stato italiano vengono progettati e prodotti strumenti di morte, venduti all’estero senza alcuno scrupolo. Acclamato come eccellenza locale, lo stabilimento di Leonardo S.p.A. di Ronchi è specializzato in veicoli privi di pilota. Spesso spacciati alla stampa come dispositivi dalle mille possibilità di utilizzo, di fatto lo scopo di questi droni è quello di uccidere. Con l’obiettivo di incrementare la produzione di queste armi, nel marzo 2025 è stata avviata una joint venture tra Leonardo e Baykar, azienda turca e fiore all’occhiello di Erdogan, che rifornisce principalmente Qatar, Emirati ed esercito ucraino. Fra gli stabilimenti coinvolti in questo accordo c’è anche quello di Ronchi. Tra i vari prodotti di Leonardo troviamo sistemi di puntamento per caccia, venduti all’entità sionista e genocida, utilizzati da ormai quasi 2 anni per bombardare indiscriminatamente il popolo palestinese a Gaza e aggredire i popoli circostanti che si oppongono alla prepotenza coloniale e sanguinaria di Israele. Lo Stato italiano difende gli interessi di chi sta portando avanti il genocidio dei palestinesi. Il capitalismo crea crisi di cui si nutre, gli investimenti bellici sono fra i più redditizi a livello globale. Più di 60 aziende tra Pordenone, Gorizia e Trieste si sono dichiarate pronte ad una conversione ad industria per la produzione bellica. Contro l’orrore di Gaza e l’oppressione che si diffonde ovunque, resistiamo come i palestinesi, organizziamoci, mobilitiamoci anche qui, fermiamo questa fabbrica, non restiamo complici! Redazione Friuli Venezia Giulia
Presidio davanti alla sede della Leonardo a Roma
Diverse centinaia di persone sono arrivate in corteo, dopo una trattativa con la questura, fin davanti al cancello della Leonardo spa, la nota industria di armamenti a partecipazione statale, ex Finmeccanica. Il presidio era organizzato dal Coordinamento romano di Stop Rearm Europe, composto da oltre 70 associazioni, movimenti e partiti, per chiedere lo stop immediato alla vendita di armi da parte dell’azienda italiana a Israele e per sostenere la Global Sumud Flotilla. Nel corso del presidio si è tenuta una performance teatrale: al suono di una registrazione dei bombardamenti a Gaza alcuni manifestanti hanno simulato la fuga tra le bombe e la strage di civili. L’attrice Daniela Poggi ha letto testi di pacifisti palestinesi e israeliani e si è rivolta alla coscienza delle forze dell’ordine e dei pochi lavoratori presenti, presumibilmente i custodi. Il presidio si è concluso pacificamente e simbolicamente davanti ai cancelli chiusi della Leonardo,  che vorremmo restassero chiusi per sempre. Mauro Carlo Zanella
Stop Rearm Europe: “L’11/09 presidio davanti alla sede della Leonardo”
No al Defence Summit una prima vittoria. Verso mobilitazione permanente. “L’11 settembre saremo in presidio davanti alla sede di Leonardo per chiedere lo stop delle politiche belliciste, in primis della fornitura di armi e tecnologia militare a Israele, con cui la società pubblica, partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, fa affari d’oro, tra le altre cose, con il genocidio del popolo palestinese a Gaza e in Medio Oriente”. E’ quanto emerso dall’assemblea pubblica del Coordinamento romano di Stop Rearm Europe, svoltasi ieri al Polo Civico dell’Esquilino di Roma, e alla quale hanno partecipato, oltre ai tanti esponenti delle oltre 70 sigle già aderenti, molte nuove realtà internazionali e del territorio, dalla Global Sumud Flotilla, agli Artisti #NoBavaglio, fino al Quarticciolo Ribelle. “Anche se il Defence Summit, la fiera d’armi che doveva tenersi quel giorno davanti all’Auditorium, è saltato, abbiamo deciso di tenere comunque la mobilitazione e portarla davanti alla sede di Leonardo, la società pubblica che basa i propri profitti sulle guerre, presenti e future, anche grazie alle risorse che il Piano di riarmo UE e le politiche belliciste stanno spostando dalla spesa sociale all’economia di guerra”, dichiara il Gruppo promotore di Stop Rearm Europe – Roma. “Con lo stop al Defence summit, la città di Roma ha incassato una prima vittoria. Non basta: se le politiche belliciste arretrano, noi avanziamo finché queste non batteranno in ritirata per lasciare posto a un’alternativa sociale, politica e culturale fondata sulla giustizia sociale, ambientale e climatica. La nostra convergenza si allarga e procede verso una mobilitazione permanente.” STOP ReArm Europe
Protesta di fronte alla Leonardo di Tito Scalo (PZ)
Mercoledì 6 agosto in occasione dell’ottantesimo anno dal lancio della prima bomba atomica Little Boy sulla città giapponese di Hiroshima, i Comitati per la Pace e le Reti per la Palestina di Basilicata hanno organizzano un presidio nelle adiacenze della sede di “Leonardo Logistics” nella Zona Industriale di Tito Scalo (PZ) per chiedere l’interruzione immediata della produzione ed esportazione di armi negli scenari bellici, nel rispetto dell’art. 11 della Costituzione italiana e del diritto internazionale. Oltre un centinaio di persone e numerose testate giornalistiche locali hanno partecipato al presidio nel corso del quale i rappresentanti delle reti promotrici hanno incontrato, all’esterno, alcuni lavoratori che hanno ricevuto i volantini e preoccupazioni e dichiarato di lavorare esclusivamente per compagnia multinazionale Hitachi, nelle immediate vicinanze, la cui filiale lucana produce principalmente componenti per trasporto ferroviario. I Comitati per la Pace e le Reti per la Palestina di Basilicata protestano regolarmente contro la presenza del gruppo Leonardo S.p.A. in Basilicata e la complicità silente delle istituzioni. In particolare, i manifestanti hanno denunciato il sostegno assicurato dalla Regione Basilicata e dal Governo centrale all’industria bellica dietro il pretesto della “crescita economica”, soprattutto nelle aree strategiche dell’Italia meridionale. In realtà, le reti promotrici del presidio riportano come “gli intrecci tra ENI, Leonardo e multinazionali occupano il territorio, escludendo democrazia e consultazione della popolazione nei processi decisionali”. Oltre ad essere stata a lungo terra di indisturbato addestramento militare, la Basilicata oggi deve affrontare anche la scomoda eredità dell’ITREC (Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile) della Trisaia, nel comune di Rotondella, nel Centro Ricerche ENEA, costruito tra 1965 e 1970 nel quadro dell’accordo tra il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN) e la Commissione statunitense per l’energia atomica (USAEC). Gli esperimenti di fattibilità della chiusura del ciclo uranio-torio, con trattamento del combustibile irraggiato e rifabbricazione di nuovo combustibile utilizzando uranio e torio recuperati, hanno portato alla consegna di 84 elementi di combustibile irraggiato provenienti dal reattore nucleare sperimentale di Elk River in Minnesota. La prospettiva dello smantellamento delle strutture e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi ha prodotto nel 2003, un tentativo mediato dal generale Carlo Jean di imposizione del sito unico delle scorie radioattive nel territorio di Scanzano Jonico, per fortuna respinto con forza e determinazione dalle compatte mobilitazioni popolari. Restano nella “piscina” dell’ITREC i rifiuti ad alta radioattività, costituiti da 64 barre di uranio, mentre 130 tonnellate di rifiuti a media radioattività ubicati nel cosiddetto “monolite” in cemento armato con 220 fusti, sono state rimosse solo nel 2019. Nel frattempo, la bonifica non è stata completata e resta oscura l’origine di pesanti contaminazioni, mentre il piano di rilancio del nucleare incoraggiato dal Governo in carica ne allontana gli orizzonti. La stessa questione del Sito Unico è in sospeso e rimane irrisolta, con ben 16 “candidature” di siti potenziali dislocati tra Montescaglioso, Bernalda, Ginestra. In tale contesto, Leonardo S.p.A. gioca un ruolo di primo piano sul territorio lucano anche in virtu della collaborazione con ENI e con la società danese MAERSK impegnata nella fornitura di sistemi di sicurezza per le emissioni chimiche e presente al Centro Olio Val d’Agri (C.O.V.A.) Eni S.p.A. di Viggiano (PZ). Leonardo S.p.A. è un colosso degli armamenti a compartecipazione statale e tra le prime 10 aziende mondiali nel settore della ricerca e della produzione militare, con l’83% del fatturato proveniente dalla produzione di armi vendute a governi coinvolti in conflitti. Il gruppo esporta sistematicamente armi usate in scenari di guerra, tra cui il genocidio in Palestina nel quale vengono utilizzati cannoni OTO Melara e droni, proiettili della Fiocchi a Lecco e Beretta a Brescia, aerei da combattimento ed addestramento M-346 dagli stabilimenti di Alenia Aermacchi di Varese usati da Israele, con relativa manutenzione, logistica, simulazione. La Basilicata ospita, inoltre, il Centro spaziale e-GEOS di Matera (controllato da Leonardo), che fornisce dati “dual use”, dunque rilevanti a causa delle ambiguità del duplice uso bellico e/o civile quindi anche per scopi militari, ma ha una lunga storia di basi NATO (missili nucleari negli anni Sessanta) e siti contaminati (ITREC di Rotondella, scorie radioattive). Oltre a fornire armi all’esercito israeliano, Leonardo lavora in joint venture con aziende israeliane (es. RADA Technologies) che producono tecnologie sofisticate usate anche per l’occupazione. I manifestanti chiedono con fermezza alle istituzioni locali di adoperarsi per garantire * La Trasparenza sulle attività di ricerca e produzione di merci e dati “dual use” con possibili applicazioni militari in Basilicata e mappatura delle banche, dei siti, delle aziende, delle ricerche di CNR e Università, che orientano alla produzione bellica investimenti e strategie economiche * Chiari investimenti in lavoro civile, orientato al valore d’uso, non finalizzato alla produzione di armamenti ed alla sorveglianza, ma utile alla salute ed al territorio * Solidarietà con la Palestina ed opposizione alla complicità di aziende ed istituzioni italiane nel genocidio in atto. Nel corso del presidio, è stato, inoltre, richiesto alle istituzioni e le amministrazioni locali un impegno per spingere il governo centrale a non rinnovare il ventennale Memorandum d’Intesa in materia di cooperazione militare e di difesa sottoscritto da Italia ed Israele, come richiesto dall’Atto di Diffida recapitato alle competenti autorità governative italiane lo scorso 21 maggio 2025 da dieci giuristi italiani.   I Comitati per la Pace e le Reti per la Palestina di Basilicata   Redazione Italia
Riconvertire l’industria a fini militari per superare la crisi sistemica
ANCHE SE SI PARLA, TROPPO POCO, DELLA FINANZIARIA DI GUERRA, LA RICONVERSIONE DELL’INDUSTRIA CIVILE A SCOPO MILITARE È GIÀ UNA REALTÀ Quando si parla di economia di guerra dovremmo fare riferimento allo spacchettamento di aziende e alla loro riconversione (in toto o in parte) a produzioni militari Merita attenzione quanto sta avvenendo attorno a Iveco Group NV, ce ne hanno parlato in anteprima Bloomberger e Scenari Economici dando notizia dell’imminente cessione delle unità di difesa a Leonardo SpA, mentre la divisione specializzata nella produzione di veicoli commerciali è destinata alla multinazionale indiana Tata Motors Ltd. E l’arrivo di Leonardo è conseguenza del vivo interesse manifestato dalla multinazionale spagnola Indra, una delle aziende leader nel settore militari europeo e capace di raggiungere risultati straordinari in borsa. Qual è il valore economico della cessione di Iveco? La cessione di Iveco Defence a Leonardo spa è avvenuta per 1,7 miliardi, quella di Iveco group (senza la sezione difesa) a Tata Motors per 3,8 miliardi. Iveco in Italia ha circa 14.000 dipendenti dei 36 mila totali, conta su alcuni stabilimenti dislocati in varie parti del paese, da Torino (sede principale) a Brescia, da Suzzara (Mantova) a Foggia senza dimenticare Bolzano. Oltre 1000 dipendenti lavorano per Defence. La sede principale rimarrà a Torino, Tata ha dichiarato che non ci saranno esuberi, delocalizzazioni o chiusure di fabbriche, evidentemente questa operazione è il trampolino di lancio per l’ingresso dell’India nei mercati europei attraverso l’acquisizione, dopo la Guzzi, di un marchio rinomato. La crisi di Iveco si risolve con uno spezzatino aziendale e l’intervento diretto del Governo italiano per conservare la produzione in campo militare nel nostro paese rafforzando il polo produttivo nazionale, si parla in termini tecnici di mantenere un asset strategico sotto il controllo nazionale. Stando a Scenari Economici, l’ offerta vincente è stata quella arrivata dalla joint venture con la tedesca Rheinmetall AG per 1,6 miliardi di euro, debito incluso. Eppure anche la multinazionale spagnola si presentava con ottime credenziali soprattutto per avere attuato la riconversione di alcuni stabilimenti civili in militari come il sito produttivo di Duro Felguera a Gijón (Asturie) dove produrranno veicoli militari e carri armati d’Europa. Indra rappresentava un competitor pericoloso essendo tra le aziende leader nello sviluppo di sistemi elettronici che digitalizzano e forniscono informazioni ai veicoli corazzati e carri armati di ultima generazione, l’arrivo in Iveco di Leonardo ha evitato che sul territorio nazionale, dopo i turchi, arrivassero anche gli spagnoli. Sullo sfondo di queste acquisizioni lo scontro intestino tra paesi e multinazionali del vecchio paese per accaparrarsi le aree più ambite della produzione di armi e del mercato. E’ormai risaputo che la holding degli Agnelli, proprietaria dell’Iveco, abbia da tempo svincolato le proprie strategie dal settore automobilistico a favore di altre aree di investimento. E la sola preoccupazione del Governo italiano era quella di conservare la produzione italiana in campo militare nel nostro paese. Urgeva quindi scongiurare quanto già accaduto con Piaggio Aerospace, azienda  produttrice di sistemi ampiamente utilizzati dalle Forze armate italiane e acquistata nei mesi scorsi dal gruppo turco Baykar.  Piaggio Aerospace produce velivoli come il P.180 Avanti e sistemi aerei a pilotaggio remoto come il P.1HH HammerHead ma è uno dei punti di riferimento europei per la manutenzione degli strumenti bellici. L’aumento delle spese militari al 5% del Pil offre una occasione unica alle imprese attive nella produzione di armi, di pochi giorni fa la notizia che Fincantieri vorrebbe riconvertire due impianti produttivi civili tra i quali il cantiere di Castellammare di Stabia. E la stessa Piaggio Aeronautica annuncia la produzione di droni visto che la multinazionale turca oggi proprietaria del marchio è tra i principali esportatori degli aerei senza pilota. Chi pensava che l’Italia fosse ancora ferma dovrà ricredersi, non siamo ai livelli tedeschi con alcune aziende dell’indotto meccanico già riconvertite alla produzione dei sistemi di arma, ma decisamente avanti rispetto all’immaginario comune. E proprio dalla Germania arriva una notizia interessante ossia che in campo militare verranno reiterate le politiche di delocalizzazione già ampiamente attuate in campo civile e nel settore meccanico Rheinmetall ha lanciato una nuova rete di produzione in Romania per rafforzare il settore della difesa del Paese, per costruire nuove alleanze con aziende operanti nel settore della difesa ma in paesi nei quali il costo della forza lavoro è decisamente più basso. Le armi saranno quindi prodotte in un paese dell’est europeo che presto potrebbe diventare un distretto industriale tedesco fuori confine e sotto l’egida Nato. Poco sappiamo delle aziende militari presenti nei paesi ex Patto di Varsavia, parliamo di imprese che da anni operano a stretto contatto con multinazionali Usa e europee, in Romania produrranno veicoli da combattimento per le forze armate rumene ma anche munizioni destinate al mercato europeo. E anche in questo caso arriva il plauso del Governo locale che esulta davanti all’investimento di Rheinmetall per creare posti di lavoro e offrire il supporto tecnologico avanzato a paesi più arretrati che presto saranno interamente dipendenti dai grandi marchi smantellando magari produzioni civili a vantaggio di quelle militari
Sesto Calende: “Leonardo produce genocidio”
Sesto Calende. Questa mattina alle 10, 5 attiviste di Palestina Libera, la campagna italiana del gruppo Palestine Action, hanno bloccato l’ingresso della Divisione Elicotteri dell’azienda Leonardo SpA. Le attiviste di Palestina Libera hanno bloccato l’ingresso principale della sede. Due di loro si sono legate con delle catene a terra per evitare il passaggio di mezzi. Due attiviste hanno invece occupato il tetto di uno degli edifici colpendo con della vernice rossa l’insegna della Leonardo. Sono stati accesi due fumogeni rossi, insieme alla vernice, come simbolo del sangue dei Palestinesi. “Leonardo Produce Genocidio”, l’insegna di circa 5 metri dell’azienda è stata modificata con della vernice spray dagli attivisti che hanno raggiunto il tetto. Dopo pochi minuti sono arrivate le forze dell’ordine. Al momento di scrittura, le attiviste si trovano ancora sul posto. Nel rapporto pubblicato dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati Francesca Albanese il 30 giugno è emerso come la Leonardo SpA, controllata dallo stato italiano, sia una delle aziende più coinvolte nel rifornire militarmente Israele durante il genocidio del popolo Palestinese, e una delle aziende che ne ha tratto più profitto, chiudendo 2023 e 2024 con profitti record anche grazie all’aggressione a Gaza. Il Gruppo Leonardo è coinvolto nell'”economia di guerra” descritta nel rapporto di Francesca Albanese anche tramite le sue partecipate estere come RADA e altre, di cui detiene il controllo. L’Italia è ancora la terza nazione per rifornimenti bellici a Israele, nonostante le accuse di genocidio della Corte Penale Internazionale e il mandato di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità che pende su Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano. Ad oggi, sono circa 58 mila le morti accertate a Gaza. In uno studio pubblicato dal Lancet nel giugno 2024, esperti stimavano che a Gaza dal 7 ottobre 2023 sono morti più di 186 mila palestinesi a causa dell’aggressione israeliana e del blocco imposto all’ingresso di aiuti umanitari. Tra queste persone, sono 50 mila i bambini uccisi o feriti, uno ogni 20 minuti. “Ogni giorno sono stati uccisi in media 28 bambini, l’equivalente di una classe intera” dichiara Catherine Russell, direttrice esecutivo dell’UNICEF Il Governo Italiano è complice in atti di genocidio – Coinvolgimento Leonardo SpA Secondo le dichiarazioni del sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli sono state compiute a partire dal 7 ottobre 2023 circa 212 operazioni di esportazioni tra Italia e Israele. Secondo quanto dichiarato dalla stessa Leonardo, nel 2024 sono state previste attività di sostegno logistico per la flotta di velivoli da addestramento M-346 per un valore complessivo di circa sette milioni di euro. Altri rifornimenti militari Leonardo SpA a Israele A bordo dei carri armati che hanno raso al suolo tanti quartieri di Gaza sono stati predisposti sofisticati sistemi di “autoprotezione” realizzati in joint venture dalla controllata USA di Leonardo (DRS) e aziende israeliane leader nel settore bellico”. Leonardo SpA ha rifornito l’esercito israeliano anche con cannoni super-rapidi Oto Melara 76/62 che montano sulla loro flotta, heavy-duty tank trailers (HDTT) e sistemi di puntamento laser. Attraverso le prove dell’uso dei cannoni Oto Melara per bombardare le coste di Gaza anche in presenza di civili, sappiamo come israele usa le armi italiane, ed è inaccettabile oltre che illegale continuare a rifornirla militarmente. Negli stabilimenti AgustaWestland di Leonardo sono stati realizzati gli elicotteri d’addestramento AgustaWestland AW119Kx “Koala-Ofer” che le forze armate israeliane hanno acquistato un paio di anni fa per ‘formare’ i piloti della Israel Air Force (IAF) presso la base aerea di Hatzerim. La vendita fa parte di una serie di trattative iniziate nel 2019 e concluse nel 2022, che prevedono la fornitura di 16 elicotteri e servizi logistici per 20 anni, per un valore totale di almeno 67 milioni di dollari. Lo scorso mese, il memorandum d’intesa Italia Israele è stato rinnovato assicurando la cooperazione tra l’Italia e le forze militari israeliane accusate di perseguire un Genocidio. Il memorandum assicura inoltre la continuità di invii di materiale bellico da parte dello stato italiano. 10 giuristi hanno presentato una diffida al governo italiano richiedendo di non rinnovarlo e rispettare la costituzione italiana. La diffida è stata ignorata. La complicità è uno dei mezzi più comuni di partecipazione in un atto illecito a livello internazionale. La Leonardo, in quanto azienda a controllo pubblico il cui maggior azionista è lo Stato italiano, lo rappresenta. Secondo la legge 185 del 1990 tutte le sue esportazioni dovrebbero essere facilmente tracciabili. L’attuale proposta di riforma di questa legge tuttavia metterà a rischio questa trasparenza. La proposta dell’attuale governo intendera infatti offuscare ulteriormente gli invii di materiale bellico. Dichiarazioni “E’ inaccettabile sostenere un governo criminale che sta commettendo un massacro e una pulizia etnica davanti agli occhi del mondo solo perché economicamente conveniente. Gli italiani non vogliono essere complici di questo genocidio”. “Siamo qui oggi per ricordare alla Leonardo che la costituzione Italiana ripudia la guerra e noi non lasceremo che non la rispettino” “Israele è sotto processo per atti di genocidio, il suo primo ministro Benjamin Netanyahu è un ricercato internazionale per crimini di guerra, su di lui pende un mandato di arresto della corte penale internazionale. La Leonardo fa affari con queste persone, traendo profitto dal genocidio dei palestinesi” Redazione Italia
"Siamo farfalle!" Premio Nobel per la #Pace a Francesca Albanese - Io ho firmato. Anche perchè nel rapporto "DALL'ECONOMIA DELL' OCCUPAZIONE ALL' ECONOMIA DEL #GENOCIDIO" si citano le maggiori aziende belliche per l'apporto ad #Israele E c'è #Leonardo https://chng.it/Ft4WKJq8gC
Stop Riarmo a Torino dentro la fabbrica della Leonardo SpA
Stop Riarmo a Torino dentro la fabbrica della Leonardo SpA presso l’aeroporto di Caselle Nella mattina di sabato 5 luglio a Torino attivisti e attiviste del percorso Stop Riarmo sono entrati/e nello stabilimento di Leonardo presso l’aeroporto di Caselle per manifestare contro il riarmo e il genocidio in Palestina. Una enorme bandiera palestinese e uno striscione con lo slogan “No riarmo” sono stati srotolati dal tetto della fabbrica. Nel pomeriggio, invece, si è svolto un meeting al Parco del Valentino con una tavola rotonda che ha visto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università tra i partecipanti. Terry Silvestrini, che ha tenuto l’intervento, osserva che l’Osservatorio ormai è conosciuto, e non ha quasi bisogno di presentazioni, mentre meno conosciuti sono il Piano di comunicazione della difesa, con il suo concetto chiave di “Difesa”, e i passi che si vanno facendo verso la leva obbligatoria attraverso i diversi progetti di legge in campo. A questo link un resoconto della tavola rotonda: https://www.pressenza.com/it/2025/07/bloccare-la-guerra-dai-nostri-territori-e-possibile-prima-parte/ L’importante produzione bellica e gli investimenti in questo campo si fanno sentire in maniera determinante a Torino: in questo momento storico la riconversione industriale in chiave bellica e il diktat della ricerca universitaria funzionale alla guerra sono un quadro cristallino degli obiettivi dei governi come quello italiano. Le fabbriche della guerra come Leonardo costellano il territorio torinese e bloccare la guerra significa bloccare la loro produzione. Molti operai hanno sospeso il loro lavoro al passaggio dei giovani e delle giovani che parlavano di ‘Stop alla guerra’ ma che hanno anche sottolineato l’urgenza della loro lotta e degli scioperi per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Dopo circa un’ora durante la quale il corteo ha fatto il giro dei vari stabilimenti della fabbrica, issando bandiere palestinesi sugli aerei militari e scandendo cori contro il riarmo, é stato srotolato dal tetto di uno di essi un enorme bandierone palestinese e uno striscione con scritto STOP RIARMO, la Digos è arrivata per identificare i presenti. Il percorso cittadino STOP RIARMO vuole costruire una dimensione larga e partecipata di confronto e di attivazione su questi temi: contro la guerra che ha conseguenze nella vita quotidiana e in ogni ambito, dalla sanità alla scuola, dall’università al lavoro, dall’ambiente all’aggressione dei territori. Nel pomeriggio al Parco del Valentino il programma è continuato con una tavola rotonda dal titolo “Bloccare la guerra dai nostri territori é possibile” con vari ospiti come Michele Lancione, Gianni Alioti, ReCommon, il Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, il Movimento No Base da Pisa, i portuali del GAP di Livorno e alcune testimonianze da chi ha partecipato alla March to Gaza da Torino. Per ulteriori informazioni seguire il canale Telegram @STOPRIARMO. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università