
Palermo, tra mare e terra “Fermiamo la barbarie, fermiamo il genocidio!”
Pressenza - Monday, September 8, 2025Prosegue la mobilitazione a sostegno dell’operazione umanitaria internazionale Global Sumud Flotilla ed è un chiaro segnale, come ci ricordava Toni Casano a margine della manifestazione dello scorso 4 settembre, che la massa critica sta crescendo ed è destinata ad incidere con sempre maggiore forza sull’orientamento dell’opinione pubblica e sull’atteggiamento dei governi.
Il corteo di barche della Lega Navale Italiana nel golfo di Palermo, di fronte al lungomare intitolato a Yasser Arafat, storico leader della resistenza palestinese e capo dell’OLP, ha aperto la manifestazione indetta il 6 settembre scorso dalla CGIL a livello nazionale in varie città italiane e che, nel capoluogo siciliano, si è svolta a partire dalle 17.00.
Alla manifestazione, organizzata dalla CGIL di Palermo, hanno aderito diverse associazioni e movimenti, fra cui ARCI, UDU, il Presidio delle Donne per la Pace, l’UDIPalermo, l’Associazione Siciliana della Stampa, oltre alle diverse categorie del sindacato e ha visto la partecipazione di tante persone che spontaneamente hanno deciso di replicare la riuscitissima manifestazione di appena due giorni prima, facendo sentire sempre alta la voce contro il genocidio che lo stato di Israele sta perpetrando nei confronti del martoriato popolo palestinese.
Il corteo, dispiegatosi lungo tutto il Foro Italico, è arrivato fino alla Cala al lungomare dei Migranti, altro luogo simbolo del messaggio multiculturale e internazionalista che Palermo ha sempre dimostrato di saper far proprio per rimettere al centro della storia l’autodeterminazione dei popoli contro la deriva sovranista e fascista che rischia di prendere il sopravvento in gran parte dell’occidente.
“Fermiamo la barbarie, fermiamo il genocidio”, questo lo slogan scandito dalla manifestazione e scritto nello striscione di apertura del corteo su cui campeggiavano i colori della bandiera palestinese; “Israele uccide ancora. Basta! Gaza vuole vivere”, altro slogan accompagnato dalla richiesta di embargo contro le armi, e “Fuori la guerra dalla storia” scandito dalle Donne per la Pace, così come viene ormai ribadito da quando è esploso il conflitto russo-ucraino.
A margine della manifestazione, mi preme fare alcune considerazioni su l’accresciuta presa di coscienza rispetto a quanto sta accadendo nell’area medio-orientale e su quanto questo sia conseguenza e al tempo stesso incida sul sistema geo-politico internazionale.
Israele è riuscito, con la sua pervicace azione genocidiaria e suo malgrado, a ribaltare la condizione di vittima, nata a seguito della terribile vicenda dell’olocausto e con la quale in quasi ottant’anni di vita ha potuto giustificare ogni tipo di annessione e di espropriazione di territori al popolo palestinese con il conseguente tributo di sangue, senza che mai vi fosse una reale presa di posizione da parte delle principali potenze atta a contrastare tale politica.
L’idea dei “due popoli, due stati”, nata a partire dagli Accordi di Oslo del 1988 in cui l’OLP ha riconosciuto unilateralmente lo Stato di Israele senza che, tuttavia, quest’ultimo abbia mai fatto altrettanto con lo Stato di Palestina, non è e, probabilmente, non è mai stata nell’agenda politica del governo israeliano il quale, invece, è ormai deliberato a riaffermare la visione messianica della terra promessa, cancellando una volta e per tutte il diritto del popolo palestinese alla sua autodeterminazione e ad avere il suo Stato.
Cosa è cambiato, tuttavia, dal 7 ottobre 2023 ad oggi, dal momento in cui la violenza cieca di Hamas ha fornito l’alibi ad Israele per perpetrare il suo piano (da tempo congegnato) di estinguere Gaza ed il suo popolo? Per lunghi mesi a partire da quel giorno abbiamo assistito ad una sostanziale acquiescenza, per non dire aperto sostegno, dei principali governi occidentali, USA in testa, di fronte alla brutale rappresaglia israeliana che ogni giorno sommava decine e decine di morti fra uomini, donne e bambini; il cancelliere tedesco Merz, di fronte alla rappresaglia israeliana sull’Iran, intervenuto nel conflitto, è arrivato a dichiarare “Israele fa il lavoro sporco per conto nostro”.
Il dissenso nei confronti di questa logica omicida, prima fortemente represso con inaudita violenza in tutti i paesi e bollato senza alcuna reale motivazione come antisemitismo, soprattutto in quei paesi che vivono il complesso di colpa legato storicamente all’olocausto, oggi è sempre più diffuso e va sempre più coinvolgendo anche istituzioni culturali, sociali e politiche che non possono più girare lo sguardo da un’altra parte, rischiando di essere messi di fronte alle proprie responsabilità in un futuro prossimo.
Quando il cantante Ghali, dal palco del festival di Sanremo nel febbraio 2024, esclamò “Stop al genocidio”, fu una levata di scudi generale, a partire dai vertici della RAI, premuratisi ad assecondare le ire dell’ambasciatore israeliano; oggi, nessuno più può negare la realtà dei fatti, salvo poi riscontrare l’assoluta inconsistenza dell’azione dei governi, soprattutto quelli a guida destrorsa, per tentare di fermare Israele. L’UE è sempre più il fantasma di sé stessa, e ormai lo affermano anche i suoi principali fautori, fra cui ultimamente lo stesso Draghi; buona soltanto, insieme ai leader dei principali Stati europei, a far da scenografia secondaria intorno alla scrivania dello studio ovale del leader golpista statunitense.
Ma l’onda ormai si è mossa, i popoli si mobilitano e questo può cambiare anche l’orientamento dei governi, come già sta accadendo in molti casi. Ormai non è più scontato che l’ordine mondiale debba essere governato esclusivamente da ovest e che Israele debba costituirne il braccio armato; Russia, Cina e India insieme agli altri partner al vertice SCO (l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) ci danno l’idea che gli scenari sono in costante trasformazione e persino un ex Presidente del Consiglio italiano, D’Alema, non ha fatto mancare la sua presenza nella foto di gruppo per i festeggiamenti in Cina della ricorrenza della vittoria nel secondo conflitto mondiale.
Dal cuore del Mediterraneo si leva forte un grido: Fermiamo la barbarie, fermiamo il genocidio! I soldati israeliani, che a quanto pare vengono accolti in Italia per smaltire lo stress dei massacri, si stanno preparando ad accogliere a loro volta la spedizione di Global Sumud Flotilla. Il sostegno deve essere sempre più forte e determinato. Nessuno può più girare lo sguardo dall’altra parte.