Palermo, tra mare e terra “Fermiamo la barbarie, fermiamo il genocidio!”
Prosegue la mobilitazione a sostegno dell’operazione umanitaria internazionale
Global Sumud Flotilla ed è un chiaro segnale, come ci ricordava Toni Casano a
margine della manifestazione dello scorso 4 settembre, che la massa critica sta
crescendo ed è destinata ad incidere con sempre maggiore forza sull’orientamento
dell’opinione pubblica e sull’atteggiamento dei governi.
Il corteo di barche della Lega Navale Italiana nel golfo di Palermo, di fronte
al lungomare intitolato a Yasser Arafat, storico leader della resistenza
palestinese e capo dell’OLP, ha aperto la manifestazione indetta il 6 settembre
scorso dalla CGIL a livello nazionale in varie città italiane e che, nel
capoluogo siciliano, si è svolta a partire dalle 17.00.
Alla manifestazione, organizzata dalla CGIL di Palermo, hanno aderito diverse
associazioni e movimenti, fra cui ARCI, UDU, il Presidio delle Donne per la
Pace, l’UDIPalermo, l’Associazione Siciliana della Stampa, oltre alle diverse
categorie del sindacato e ha visto la partecipazione di tante persone che
spontaneamente hanno deciso di replicare la riuscitissima manifestazione di
appena due giorni prima, facendo sentire sempre alta la voce contro il genocidio
che lo stato di Israele sta perpetrando nei confronti del martoriato popolo
palestinese.
Il corteo, dispiegatosi lungo tutto il Foro Italico, è arrivato fino alla Cala
al lungomare dei Migranti, altro luogo simbolo del messaggio multiculturale e
internazionalista che Palermo ha sempre dimostrato di saper far proprio per
rimettere al centro della storia l’autodeterminazione dei popoli contro la
deriva sovranista e fascista che rischia di prendere il sopravvento in gran
parte dell’occidente.
“Fermiamo la barbarie, fermiamo il genocidio”, questo lo slogan scandito dalla
manifestazione e scritto nello striscione di apertura del corteo su cui
campeggiavano i colori della bandiera palestinese; “Israele uccide ancora.
Basta! Gaza vuole vivere”, altro slogan accompagnato dalla richiesta di embargo
contro le armi, e “Fuori la guerra dalla storia” scandito dalle Donne per la
Pace, così come viene ormai ribadito da quando è esploso il conflitto
russo-ucraino.
A margine della manifestazione, mi preme fare alcune considerazioni su
l’accresciuta presa di coscienza rispetto a quanto sta accadendo nell’area
medio-orientale e su quanto questo sia conseguenza e al tempo stesso incida sul
sistema geo-politico internazionale.
Israele è riuscito, con la sua pervicace azione genocidiaria e suo malgrado, a
ribaltare la condizione di vittima, nata a seguito della terribile vicenda
dell’olocausto e con la quale in quasi ottant’anni di vita ha potuto
giustificare ogni tipo di annessione e di espropriazione di territori al popolo
palestinese con il conseguente tributo di sangue, senza che mai vi fosse una
reale presa di posizione da parte delle principali potenze atta a contrastare
tale politica.
L’idea dei “due popoli, due stati”, nata a partire dagli Accordi di Oslo del
1988 in cui l’OLP ha riconosciuto unilateralmente lo Stato di Israele senza che,
tuttavia, quest’ultimo abbia mai fatto altrettanto con lo Stato di Palestina,
non è e, probabilmente, non è mai stata nell’agenda politica del governo
israeliano il quale, invece, è ormai deliberato a riaffermare la visione
messianica della terra promessa, cancellando una volta e per tutte il diritto
del popolo palestinese alla sua autodeterminazione e ad avere il suo Stato.
Cosa è cambiato, tuttavia, dal 7 ottobre 2023 ad oggi, dal momento in cui la
violenza cieca di Hamas ha fornito l’alibi ad Israele per perpetrare il suo
piano (da tempo congegnato) di estinguere Gaza ed il suo popolo? Per lunghi mesi
a partire da quel giorno abbiamo assistito ad una sostanziale acquiescenza, per
non dire aperto sostegno, dei principali governi occidentali, USA in testa, di
fronte alla brutale rappresaglia israeliana che ogni giorno sommava decine e
decine di morti fra uomini, donne e bambini; il cancelliere tedesco Merz, di
fronte alla rappresaglia israeliana sull’Iran, intervenuto nel conflitto, è
arrivato a dichiarare “Israele fa il lavoro sporco per conto nostro”.
Il dissenso nei confronti di questa logica omicida, prima fortemente represso
con inaudita violenza in tutti i paesi e bollato senza alcuna reale motivazione
come antisemitismo, soprattutto in quei paesi che vivono il complesso di colpa
legato storicamente all’olocausto, oggi è sempre più diffuso e va sempre più
coinvolgendo anche istituzioni culturali, sociali e politiche che non possono
più girare lo sguardo da un’altra parte, rischiando di essere messi di fronte
alle proprie responsabilità in un futuro prossimo.
Quando il cantante Ghali, dal palco del festival di Sanremo nel febbraio 2024,
esclamò “Stop al genocidio”, fu una levata di scudi generale, a partire dai
vertici della RAI, premuratisi ad assecondare le ire dell’ambasciatore
israeliano; oggi, nessuno più può negare la realtà dei fatti, salvo poi
riscontrare l’assoluta inconsistenza dell’azione dei governi, soprattutto quelli
a guida destrorsa, per tentare di fermare Israele. L’UE è sempre più il fantasma
di sé stessa, e ormai lo affermano anche i suoi principali fautori, fra cui
ultimamente lo stesso Draghi; buona soltanto, insieme ai leader dei principali
Stati europei, a far da scenografia secondaria intorno alla scrivania dello
studio ovale del leader golpista statunitense.
Ma l’onda ormai si è mossa, i popoli si mobilitano e questo può cambiare anche
l’orientamento dei governi, come già sta accadendo in molti casi. Ormai non è
più scontato che l’ordine mondiale debba essere governato esclusivamente da
ovest e che Israele debba costituirne il braccio armato; Russia, Cina e India
insieme agli altri partner al vertice SCO (l’Organizzazione per la Cooperazione
di Shanghai) ci danno l’idea che gli scenari sono in costante trasformazione e
persino un ex Presidente del Consiglio italiano, D’Alema, non ha fatto mancare
la sua presenza nella foto di gruppo per i festeggiamenti in Cina della
ricorrenza della vittoria nel secondo conflitto mondiale.
Dal cuore del Mediterraneo si leva forte un grido: Fermiamo la barbarie,
fermiamo il genocidio! I soldati israeliani, che a quanto pare vengono accolti
in Italia per smaltire lo stress dei massacri, si stanno preparando ad
accogliere a loro volta la spedizione di Global Sumud Flotilla. Il sostegno deve
essere sempre più forte e determinato. Nessuno può più girare lo sguardo
dall’altra parte.
Redazione Palermo