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Sciopero generale a Genova: siamo ancora vivi, siamo ancora vive!
C’era un vento che portava via stamattina, in piazza Verdi, davanti alla stazione Brignole di Genova e a dire il vero non c’era nemmeno la folla che ci si aspettava, o in cui si sperava. Poi, piano piano, la situazione è cambiata: non quella meteorologica, ma quella umana. Gli studenti e le studentesse hanno cominciato a popolare la piazza. Il numero dei partecipanti è diventato più che ragguardevole e non perché è venerdì, come afferma chi non ha altri argomenti. Greta Thunberg, Francesca Albanese, Yanis Varoufakis: non si può certo dire che gli oratori della manifestazione di oggi siano “i soliti.” Foto di https://www.facebook.com/diem25.org Richi Rudino, il portuale che dà il via alla manifestazione, non ha fatto sconti a nessuno: gli aiuti raccolti per Gaza sono ancora fermi ai valichi controllati da Israele. I palestinesi sopravvissuti vivono in tende allagate e non era vero che seguendo i canali “istituzionali “ gli aiuti sarebbero stati consegnati in 48 ore. Non consegna aiuti umanitari chi ha deciso a tavolino di sterminare un intero popolo: perché dovrebbe? E non consegnano aiuti umanitari nemmeno i loro complici. E allora, c’è una sola cosa da fare: blocchiamo tutto, per bloccare la prepotenza del governo israeliano. Si parte, ancora una volta con i portuali in testa al corteo. Foto di Clara Habte Anche ventiquattro anni fa Genova era sulle prime pagine dei giornali. La città che aveva visto la resa dei nazisti ai partigiani e la ribellione di popolo contro il governo fascista Tambroni era stata scelta nel 2001 da Massimo D’Alema come teatro per la parata degli otto grandi, i padroni del mondo, venuti qui a ribadire che comandavano loro. Non perché avessero ricevuto un mandato politico dai popoli, o perché possedessero una qualsiasi legittimazione morale;  semplicemente perché erano i maggiori azionisti della Banca Mondiale. Genova 2001: Carlo Giuliani assassinato, cariche della polizia, torture. La posta in gioco era troppo grande: da una parte i padroni del mondo, dall’altra chi diceva no. Troppo ingenue erano state le persone che avevano pensato che si trattasse solo di una “manifestazione un po’ più importante”: le conseguenze di quei giorni e di quella prepotenza sono ben presenti ancora oggi. Dal 2000, in Italia come nel mondo, la povertà è cresciuta e la forbice tra i più ricchi e i più poveri si è allargata; si è intensificata la guerra contro i migranti; le guerre ed il riarmo sono sempre più considerate cose “normali; Il lavoro è sempre più precario e malpagato e ad esso si subordina qualunque scelta di vita. La solidarietà tra lavoratori è sempre più condizionata. A questo pensavo stamattina quando mi sono avviata in corteo dietro i portuali, che hanno fatto la differenza cinque anni fa bloccando le navi armiere della Bahri. “Sgréuzzi” (grezzi), dicono orgogliosamente di se stessi, ma indispensabili. E pensavo alle differenze e alle analogie con il corteo di stamattina e quelli di ventiquattro anni fa. Via Venti Settembre è ancora in salita (provate a percorrerla in corteo per crederci); gli studenti e le studentesse sono allegramente “misti”, di tutti i colori e di tutte le culture, come quelli che avevano animato il corteo dei migranti del 19 luglio 2001. Questi di oggi, però, allora non erano ancora nati. La repressione di piazza Alimonda e della Diaz, i governi fascisti, il Jobs Act, le riforme peggiorative della scuola e lo svuotamento della rappresentanza attraverso leggi elettorali sempre meno rappresentative non sono riusciti a condizionarli, a impaurirli, a scoraggiarli. Meloni, vai a casa, cantano con i loro ritmi, ma forse i ritmi sono uguali ai nostri…. “Quando è troppo, è troppo” hanno detto i portuali che hanno bloccato le navi armiere.  Camminando in mezzo ai miei compagni e compagne, finalmente non tutti miei coetanei e coetanee, mi è tornato alla mente un altro ricordo genovese: le lotte contro la Mostra Navale Bellica degli anni ’80. Costruire armi “dà lavoro” si dice da sempre e si diceva anche allora. Da oltre 25 anni manifesto, con pochi compagni e compagne ogni mercoledì sui gradini del Palazzo Ducale, il palazzo del G8, contro tutte le guerre.  “Costruire armi dà lavoro”, ci hanno ripetuto circa cinquemila volte le persone a cui consegnavamo i volantini. E’ da allora che cerchiamo di rispondere che anche l’arte, la salute, la cultura danno lavoro e che la differenza tra costruire armi e fare altro è negli enormi profitti che l’industria bellica dà ai suoi azionisti. Il fatturato della Leonardo spa è cresciuto enormemente da quando i teatri di guerra nel mondo si sono moltiplicati. E in proporzione si sono moltiplicati i compensi del suo amministratore delegato. Quando abbiamo cominciato a manifestare sui gradini del Palazzo Ducale Greta Thunberg non era ancora nata. Chissà se le farebbe piacere sapere che aveva dei compagni e compagne lontani, durante le sue manifestazioni solitarie per il clima davanti al Parlamento svedese e che prima o poi li avrebbe incontrati in piazza. E che anche loro avrebbero cercato di ricordare ai passanti che la guerra distrugge risorse, ambienti, vite e non risolve alcun problema, come sta dimostrando l’Ucraina. “E basta con ‘ste patrie!” recita uno striscione dei pacifisti e delle pacifiste dell’Ora in silenzio per la pace, ai quali, laici e cattolici, piace citare Don Milani: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.” (L’obbedienza non è più una virtù) Il corteo genovese di oggi è figlio anche della Global Sumud Flotilla.  Non c’era altro da fare, avranno certo pensato i partecipanti quando si sono imbarcati pieni di grandi speranze e, immagino, di grande paura. L’ingiustizia contro i palestinesi era troppo grande per accettarla in silenzio. E probabilmente molti e molte dei partecipanti, ideologicamente molto lontani dalla teoria e dalla pratica della nonviolenza, non avrebbero mai pensato che una volta nella vita avrebbero camminato, anzi, navigato, sulle orme di Gandhi… Gli incontri sono il bello dei cortei: anch’io ne ho fatti molti stamattina. E anch’io ho cercato tra la moltitudine dei miei compagni e compagne persone che so bene non avrei potuto incontrare, perché hanno lasciato questa vita: come Stefano Kovac, presidente di ARCI Genova, deceduto proprio oggi, o come Don Gallo, che non sarebbe mancato per niente al mondo. Ma c’era anche il più piccolino dei partecipanti, figlio di un mio ex alunno, poco più di un mese di vita… Hai un bel record, ragazzino! Tocca a te, ora! L’irriducibile Papillon del film di Franklin J. Schaffner, (“incorreggibile” l’avrebbero chiamato i giudici francesi) mentre fugge dall’Isola del Diavolo su una zattera ridicola, alza il pugno e grida: “Sono ancora vivo!” Grazie ai portuali, a Greta, a Francesca Albanese, alla Global Sumud Flotilla, agli obiettori e obiettrici di coscienza dell’esercito israeliano,  ai e alle manifestanti  anonimi  di Genova, di Seattle, di Torino, di Roma: siamo ancora vivi. Siamo ancora vive.   Redazione Italia
“Rebuild justice – Ricostruire la giustizia”, incontro all’Università Roma Tre
Sabato 29 novembre 2025, dalle ore 10:30 alle 13:00, l’Aula Magna di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre ospiterà l’iniziativa pubblica “Rebuild justice – Ricostruire la giustizia”, promossa dalla delegazione italiana del Global Movement to Gaza (GMTG) e dalla Global Sumud Flotilla (GSF). L’incontro si svolge in una data simbolica come la Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese e sarà dedicato a una riflessione rigorosa e plurale sul nesso tra giustizia, diritti umani e diritto internazionale, con particolare attenzione alla catastrofe umanitaria in Palestina e alle responsabilità della comunità internazionale. Inoltre, durante l’evento saranno annunciati i dettagli della prossima missione della Global Sumud Flotilla. “Parlare di Palestina oggi significa parlare del futuro della giustizia internazionale” afferma Maria Elena Delia, portavoce italiana del Global Movement to Gaza. “Il genocidio in corso mette alla prova la nostra capacità di difendere i diritti umani ovunque siano violati. Con questa iniziativa vogliamo costruire uno spazio di confronto che metta al centro il diritto, la dignità delle persone e la responsabilità di chi ha voce nello spazio pubblico, in un tempo in cui la retorica della sicurezza e della forza spesso oscura il linguaggio del diritto”. All’evento interverranno, tra gli altri, Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati e promotrice dell’evento, Greta Thunberg, attivista per il clima e la giustizia climatica, Thiago Ávila, attivista e membro dello Steering Committee GSF, l’artista Alex Braga, insieme ad altre e altri rappresentanti del mondo della cultura, della società civile, del cinema e della musica italiana. I panel saranno moderati dal giornalista e scrittore Giulio Cavalli, i filosofi Maura Gancitano e Andrea Colamedici (Tlon). In collegamento da remoto parteciperanno inoltre Ezzedine Shlah, fondatore del Gaza International Film Festival for Women e Ahmed Muin, attivista, musicista e maestro di musica a Gaza.   Global Movement to Gaza
Paolo Romano: “Israele non è una democrazia”
Serata coinvolgente quella di martedì 25 novembre alla Sala Mura di Gavirate per l’incontro “Il racconto della Flottiglia”, organizzato in collaborazione con i circoli PD di Besozzo e Cocquio Trevisago e con l’ANPI. Pierluigi Lucchina e Paolo Romano. Foto di Gianfranco Ceccato Introdotto da Pierluigi Lucchina, segretario del circolo PD di Gavirate, Paolo Romano, Consigliere Regionale della Lombardia e membro dell’equipaggio della Global Sumud Flotilla, ha raccontato la sua esperienza in modo sincero e diretto, iniziando dalle motivazioni che lo hanno spinto a partire: un senso di impotenza davanti al genocidio perpetrato a Gaza avvertito come cittadino, ma anche come membro di un Consiglio Regionale dominato dalla destra, che boccia regolarmente qualsiasi mozione  di condanna di Israele e dell’invio di armi. A questo si è aggiunta l’indignazione per il vergognoso doppio standard applicato dalla maggior parte dei media quando si tratta di parlare di israeliani e palestinesi: massimo spazio ai primi, con tutti i possibili particolari sugli ostaggi e quasi niente sui secondi, che siano morti o prigionieri. E ancora, il bisogno di mostrare ai palestinesi che i popoli non sono come i governi complici del genocidio e il progetto di consegnare gli aiuti donati con grande generosità da tanti italiani, rompere l’assedio illegale di Gaza e aprire un corridoio umanitario. Il racconto è poi proseguito con la descrizione degli attivisti di 44 Paesi a bordo delle barche della Global Sumud Flotilla, con un’enorme diversità, ma un senso di unione e solidarietà che gli ha permesso di affrontare gli attacchi dei droni israeliani, l’abbordaggio e poi la detenzione. Questa è stata la parte più brutale, descritta in modo sincero, ma non vittimista e nemmeno vendicativo: botte, calci, perquisizioni così invasive da assomigliare a uno stupro, controlli, minacce, umiliazioni, negazione dei diritti più elementari (dai farmaci, agli assorbenti per le donne, alla presenza di un avvocato), celle strapiene (fino a 20 stipati in uno spazio per otto), niente acqua potabile, finte liberazioni… insomma, una disumanizzazione che pur con metodi diversi si ricollegava a quella nazista nei lager. Non siamo degli eroi, ha insistito Paolo Romano, riecheggiando le dichiarazioni di Greta Thunberg all’arrivo all’aeroporto di Atene, ma solo gente che rifiuta l’ipocrisia dell’Occidente e mette il proprio corpo in un rischio comunque molto minore di quello sperimentato dai palestinesi: noi siamo stati detenuti in condizioni terribili per tre giorni, loro le subiscono da decenni. E qui è arrivata un’affermazione forte ma inevitabile: Israele non è una democrazia. Un Paese democratico non si comporta in questo modo, non viola qualunque diritto con la sprezzante arroganza di chi sa di godere di una totale impunità. Uguale condanna ai 44 Paesi, Italia compresa, che non hanno mosso un dito per proteggere i loro cittadini arrestati e brutalizzati in violazione del diritto internazionale. Un altro punto impressionante riguarda la ferma convinzione mostrata da alcuni dei soldati più giovani, persuasi che i video dei bombardamenti e dei morti di Gaza siano finti e che comunque là non ci siano innocenti. Nemmeno i bambini, da ammazzare perché sono solo dei futuri terroristi. Gli interventi e le domande del pubblico hanno poi allargato il discorso al tema generale dei diritti, minacciati e ristretti anche qui e a un’affermazione che riassume bene lo spirito della serata: al di là della soluzione – uno Stato, due Stati, qualcos’altro – il punto centrale è che tutti, israeliani e palestinesi, abbiamo gli stessi diritti e lo stesso valore.     Anna Polo
Global Movement to Gaza aderisce alle mobilitazioni del 28 e del 29 novembre
La delegazione italiana del Global Movement to Gaza aderisce alle mobilitazioni del 28 e del 29 novembre, a Roma, Milano, Genova e in tutto il Paese, insieme a sindacati, associazioni e movimenti, contro una manovra che alimenta l’economia bellica e per difendere il ripudio della guerra sancito dall’articolo 11 della Costituzione. «È tempo di convergere contro l’economia di guerra e la diplomazia muscolare. Le mobilitazioni degli ultimi mesi hanno mostrato che milioni di italiani stanno dalla parte del diritto e della giustizia sociale. Con questa manovra dettata da diktat sovrastatali, il governo prova a renderci tutti e tutte complici: scendere in piazza il 28 e 29 novembre significa rifiutare quella complicità e ricordare a chi governa che deve rispondere ai bisogni dei propri cittadini, non a quelli dell’industria delle armi che alimenta il genocidio. Ci auguriamo un clima pacifico senza tentativi di repressione del diritto di manifestare», dichiara Maria Elena Delia, portavoce nazionale del Global Movement to Gaza. Questa doppia responsabilità – economica e diplomatica – è oggi il nodo politico centrale: con la Legge di Bilancio 2025 il governo aumenta la spesa militare comprimendo sanità, scuola e welfare, mentre sul piano internazionale sostiene il cosiddetto “piano di pace” recepito dalla risoluzione 2803 del Consiglio di Sicurezza ONU, che di fatto istituisce una “tutela internazionale” sulla Palestina senza garantire piena autodeterminazione. In parallelo, l’Italia non si dota di una politica capace di colpire sistematicamente l’espansione coloniale israeliana in Cisgiordania, dove oltre 26.000 nuove unità abitative e 194 piani insediativi minacciano ogni prospettiva di fine della pulizia etnica incrementale. La stessa postura emerge di fronte agli attacchi israeliani contro il contingente UNIFIL, definiti “inaccettabili” dallo stesso Consiglio Supremo di Difesa: non bastano più condanne e indignazione, chiediamo al governo di andare oltre le dichiarazioni di rito e sospendere le relazioni con Israele finché continuerà a violare il diritto internazionale e le risoluzioni ONU. È indispensabile affrontare le responsabilità, incluso il genocidio e gli altri crimini contro l’umanità. Per questo chiediamo l’introduzione di un embargo sulle forniture militari, l’adozione di sanzioni effettive, il boicottaggio delle imprese coinvolte e il sostegno ad azioni legali per le responsabilità di complicità nei crimini internazionali. Senza verità e giustizia, una pace autentica non potrà mai realizzarsi. In questo quadro, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, più concentrato su una campagna elettorale permanente che sul proprio ruolo istituzionale, trascina l’Italia in una deriva muscolare della politica estera, sempre più allineata al complesso militare-industriale e sempre meno ai diritti delle persone che dovrebbe rappresentare. Mentre si discute di “piani di pace”, la popolazione di Gaza continua a vivere una catastrofe umanitaria: nonostante il cessate il fuoco, gli aiuti che entrano restano insufficienti – meno di 150 camion al giorno contro i 600 promessi e necessari – e UNRWA denuncia fame, malattie e un inverno senza riparo. In questo contesto, iniziative come la Global Sumud Flotilla, che rivendicano un corridoio umanitario stabile e permanente, restano più che mai necessarie. Redazione Italia
La questione spinosa della fabbrica Rwm al Unsilence Forum di Barcellona
Si sono chiusi ieri i tre giorni di UNSILENCE FORUM, il meeting euromediterraneo tenutosi a Barcellona dal 14 al 16 novembre 2025, il “grande incontro attivista euro-mediterraneo per la Palestina, contro genocidio, guerra, riarmo, autoritarismo. Per agire insieme, per rompere la complicità”, a cui ha partecipato una delegazione della Sardegna composta da Simone Garau ed Eleonora Camba dell’equipaggio di terra della Global Sumud Flotilla e Ennio Cabiddu per la “Campagna Stop Rwm”. Delegazione sarda al Unsilence Forum (foto organizzatori Act×Palestine) Molto interesse ha suscitato il loro intervento sulla fabbrica di bombe Rwm – Rheinmetall di Domusnovas/Iglesias nel Sulcis-Iglesiente. Sono stati esposti i motivi etici, ambientali e urbanistici per cui si chiede che la Regione Sardegna dica un secco no alla VIA (Valutazione di impatto ambientale) ex post con cui RWM vorrebbe sanare gli ampliamenti già realizzati. In modo particolare, ha suscitato preoccupazione il passaggio della relazione nel quale i rappresentanti della Sardegna hanno sottolineato il pericolo che questa fabbrica di morte invece che alla chiusura vada incontro ad un radioso futuro, con fatturati spaventosi anche grazie alla nuova linea di produzione dei droni killer, su licenza della israeliana UVISION Ltd. Molto importanti, inoltre, sono state le relazioni che i pacifisti sardi hanno tessuto con i delegati dell’area euromediterranea, relazioni che vanno a rafforzare la già intensa “Campagna Stop Rwm”. Pierpaolo Loi
Roma, assemblea nazionale Contro i re e le loro guerre, per la convergenza e l’inclusione
Sabato 15 novembre centinaia di militanti provenienti da tutta Italia si sono riuniti in un’aula troppo piccola dell’Università la Sapienza, a Roma, allo scopo di rilanciare il movimento oceanico sceso in piazza dal 22 settembre all’8 ottobre in solidarietà con la Global Sumud Flotilla, con la Freedom Flotilla e con la decennale lotta del popolo palestinese. L’assemblea, ispirata nel nome al No Kings Day che il 18 ottobre ha visto manifestare 7 milioni di americani contro l’autoritarismo di Trump, è stata organizzata da centinaia di realtà sociali, dalla Rete No Dl Sicurezza al Global Movement to Gaza, dalla CGIL alla campagna Stop Rearm Europe, fino alla Rete No Bavaglio e ad Assopace Palestina. Foto di Luciano Cerasa Decine gli interventi in presenza (tra gli altri Luisa Morgantini, i lavoratori della ex Gkn, Marco Bersani, membri degli equipaggi di mare e di terra delle Flotille, Maia Issa del Movimento Studenti Palestinesi) e a distanza. Marica Di Pietro di A Sud si collega da Belém, in Brasile, dove si stanno svolgendo la COP30 e il Vertice dei Popoli, un giovane obiettore di coscienza della rete Mesarvot parla da Tel Aviv e Arab Barghouti, il figlio più giovane del leader palestinese Marwan Barghouti in un videomessaggio ringrazia per il sostegno al popolo palestinese e annuncia che il 29 novembre si rilancerà la campagna per la liberazione del padre e di tutti i prigionieri palestinesi. Maya Issa del Movimento Studenti Palestinesi https://pressingweb.altervista.org/ In diversi interventi si propone che la manifestazione nazionale del 29 novembre diventi un appuntamento fondamentale della convergenza dei vari movimenti che costituiscono questo movimento composito per la caduta del governo, per fermare la corsa al riarmo e alla guerra e per costruire dal basso un altro mondo radicalmente diverso e ancora possibile. E’ necessario attraversare tutte le iniziative, cercando unità e convergenza al di là delle sigle che le promuovono: gli scioperi generali del 28 novembre (USB) e 12 dicembre (CGIL) la manifestazione di Nonunadimeno contro la violenza di genere il 22 novembre a Roma e il 25 a livello locale, quella del 23 novembre contro la transfobia e la manifestazione a Bologna il 21 novembre contro la partita di pallacanestro con la squadra di Israele. La rappresentante di Magistratura Democratica chiede di attivare una mobilitazione per il No al referendum sulla separazione delle carriere, che intende smembrare il CSM e mettere la mordacchia all’autonomia della magistratura, lasciando campo libero allo strapotere dispotico e antidemocratico dell’esecutivo. Al termine dell’assemblea i partecipanti si uniscono al Climate Pride, convocato per difendere l’ambiente e il clima, per chiedere una vera transizione ecologica, per promuovere la pace e opporsi all’oppressione del popolo palestinese. Foto di Mauro Zanella Mauro Carlo Zanella
Contro i re e le loro guerre: il 15 novembre tutt3 a Roma
“Al via la convergenza di reti e movimenti contro lo Stato di guerra e l’autoritarismo: sabato, 15 novembre,  alle ore 9:30, presso la Sapienza Università di Roma, si terrà l’assemblea nazionale ‘Contro i re e le loro  guerre’, promossa da una pluralità di realtà sociali, che vanno dalla Rete No Dl Sicurezza ‘A pieno regime’ al  Global Movement to Gaza, che ha organizzato la missione della Global Sumud Flotilla in Palestina, fino alla  campagna Stop Rearm Europe, che a sua volta raccoglie in Italia l’adesione di oltre 500 sigle”. Lo  annunciano i promotori dell’assemblea nazionale ‘Contro i re e le loro guerre’, lanciata nei giorni scorsi con  una lettera-appello (Link al testo: https://forms.gle/KhcPvkFLCytgHGpE7) firmata dagli esponenti di decine  di reti e movimenti sociali.   “In Italia si è aperta una crepa. Con la Flotilla abbiamo visto che un movimento largo può rompere la  rassegnazione, attraversare confini, mettere in difficoltà poteri che si credevano intoccabili. La guerra in  Palestina mostra il punto estremo della violenza del sistema, fondato sull’economia del genocidio, sulla  conquista coloniale e sulla violazione del diritto internazionale e umanitario, che soccombono alla ‘legge del  più forte’. L’Europa si converte ad armamenti e controllo; il governo Meloni prepara una finanziaria che  connette economia di guerra, precarietà, autoritarismo, repressione della libertà d’informazione e  d’espressione, patriarcato, militarizzazione della cultura e delle coscienze. – dichiarano – Le piazze di  settembre e ottobre hanno detto che il desiderio di vita non è spento e che in campo circola un’energia  palpabile per il cambiamento. Sta a noi convergere, costruendo un grande momento di confronto, uno  spazio molteplice e plurale, pronto a farsi travolgere ancora dalla forza collettiva del movimento e a  rilanciare la sfida per un mondo nuovo. Ci incontriamo a Roma per costruire un percorso, una connessione  dei territori, delle città, delle pratiche di mobilitazione emerse durante gli scioperi generali di settembre e  ottobre e i prossimi che verranno. Ci incontriamo in assemblea tra reti e realtà che negli ultimi anni e mesi  si sono battute contro il nesso autoritario-bellico, nelle maree di piazza contro le condizioni di miseria e  sfruttamento. Convergiamo per un’Europa di pace, ecologica, transfemminista e non più complice del  sistema di morte; per costruire insieme la lotta contro i re che dominano in ogni città, in ogni paese e in  ogni continente e saccheggiano intere comunità, stanche di essere trattate come sudditi”, concludono.  Leggi l’appello e aderisci: https://forms.gle/KhcPvkFLCytgHGpE7  Ufficio stampa  Rosa Lella, cell: 348 9105440; email: rosalella3@gmail.com Redazione Italia
Verso la Palestina e oltre
di Marta Di Giacomo e Nicola Scotto (Laboratorio Insurgencia) Quando la scorsa estate iniziarono a circolare le prime voci sull’assemblaggio di una flotta civile determinata a rompere l’assedio a Gaza, era difficile immaginare o prevedere quello che sarebbe accaduto nei Continua a leggere L'articolo Verso la Palestina e oltre proviene da ATTAC Italia.
All’arrembaggio!
di La ciurma di ecologia politica Roma   Il mondo si è fermato Mò ce lo riprendiamo. Mai più io sarò saggio – 99 Posse   Chi campa ‘nsiene ‘a te, te para’ nient’ Si jesce pazz è pazz overamente L’unica Continua a leggere L'articolo All’arrembaggio! proviene da ATTAC Italia.