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Arrestate attiviste di Ultima Generazione in sciopero della fame per Gaza
Quattro donne di Ultima Generazione sono state arrestate questa mattina a Montecitorio, mentre annunciavano l’inizio dello sciopero della fame affinché il governo Meloni riconosca il genocidio dei palestinesi. Le forze dell’ordine con due auto della polizia le hanno circondate e poi le hanno prese di peso, nonostante si trattasse di un’azione di protesta nonviolenta. Trovo scandaloso questo spiegamento di forze contro quattro donne pacifiche che manifestano solidarietà alla Global Sumud Flotilla, movimento di resistenza civile nonviolenta che è partito ieri dalle coste siciliane per rompere il blocco criminale agli aiuti umanitari per Gaza. Voglio esprimere tutto il mio rammarico, la mia apprensione e lo sconcerto che ho provato di fronte ad una sproporzionate repressione della polizia, che voleva impedire anche il lavoro dei giornalisti, allontanando chi si avvicinava per documentare l’arresto delle 4 donne. Oltre alle tre in sciopero della fame, è stata arrestata anche quella che documentava la protesta con video e foto. Al momento le quattro donne si trovano ancora nel commissariato Trevi. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e a privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza” ha dichiarato Alina, madre di tre figli. Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse. Metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza; il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione, le persone partite tornino a casa senza un graffio e il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri a unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.” Rayman
Sciopero della fame per Gaza
Roma, 20 settembre 2025 Questa mattina tre persone supportate da Ultima Generazione – Beatrice (32 anni), Alina (36 anni) e Serena (39 anni) – hanno iniziato uno sciopero della fame a oltranza. Si sono presentate alle 9.45 davanti alla Camera dei Deputati in piazza di Montecitorio con una richiesta chiara: il Governo Meloni deve riconoscere ufficialmente il genocidio in corso in Palestina da parte di Israele e deve garantire protezione e ritorno in sicurezza per le persone italiane imbarcate nella Flotilla. Queste richieste sono in linea con quelle del grande sciopero nazionale del 22 settembre, a cui Ultima Generazione dà sostegno. Subito sono arrivate le forze dell’ordine che hanno sequestrato i cartelli delle tre persone con scritto “Meloni riconosca il genocidio. Sciopero della fame 1°giorno”, per poi restituirli. L’inizio dello sciopero era stato programmato nel momento in cui la Global Sumud Flotilla fosse stata bloccata dalla marina israeliana. Tuttavia, l’accelerazione del genocidio con l’invasione di terra a Gaza, unita alla vigliaccheria del governo italiano, che dopo due anni di stragi inizia timidamente a contestare i piani israeliani senza alcun atto concreto, hanno spinto le attiviste ad agire subito. Piani che sono chiari, come dichiarato dallo stesso ministro israeliano Smotrich: massacrare quanti più palestinesi possibile, cacciare i sopravvissuti, radere al suolo Gaza e speculare sui suoi terreni. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e di privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza – dichiara Alina, madre di tre figli. Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse, metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza, il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione e affinché le persone partite tornino a casa senza un graffio e che il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri ad unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.” IL GOVERNO MELONI DEVE RICONOSCERE IL GENOCIDIO Il genocidio in corso a Gaza è già stato riconosciuto da diversi organismi internazionali: la Commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite ha pubblicato un’analisi legale di 72 pagine che definisce inequivocabilmente genocidaria la guerra condotta da Israele. Eppure il governo Meloni non ha ancora compiuto un atto formale di riconoscimento. Non è solo una mancanza di coraggio politico: è una scelta che implica complicità diretta. Perché è importante chiamarlo genocidio? Usare la parola genocidio non è retorica. È una categoria giuridica precisa che ha conseguenze enormi: Sul piano internazionale, la Convenzione ONU sul genocidio obbliga tutti gli Stati firmatari a prevenire il genocidio e a non esserne complici. La Corte Internazionale di Giustizia ha già riconosciuto un “rischio plausibile” di genocidio a Gaza, imponendo quindi obblighi anche all’Italia. Sul piano nazionale, la Legge italiana n. 962 del 1967 (“Punizione del crimine di genocidio”) recepisce questi principi nel nostro ordinamento: anche la complicità in genocidio è punita dal nostro codice penale. Voi che avete pronunciato la parola genocidio — Meloni, Tajani — non potete limitarvi alla retorica. Non accettiamo plausi verbali né usi strumentali del termine. Se lo avete detto, dimostrate di crederci: agite ora, perché la parola genocidio non è uno slogan ma un dovere giuridico e morale che impone responsabilità e interventi immediati. LE ULTIME CONFERME DI COMPLICITÀ DI QUESTO GOVERNO Il governo italiano non è un osservatore neutrale. La Camera ha appena rinnovato il memorandum di cooperazione militare con Israele, mentre i deputati di Fratelli d’Italia si sono astenuti e la Lega ha persino votato contro una risoluzione europea – già timidissima – di condanna. Arianna Meloni ha addirittura accusato la Flotilla di “strumentalizzare” il dolore di Gaza. In tutto questo, non riconoscere formalmente il genocidio equivale a mantenere e consolidare la complicità italiana: politica, economica e militare. La Flotilla esiste proprio perché i nostri governi sono marci. Alina, Beatrice e Serena, con i loro corpi e il loro sacrificio, sono lì a ricordarcelo e non si fermeranno fino a quando il governo italiano non avrà riconosciuto il genocidio in Palestina, agendo di conseguenza, e fino a quando le persone italiane presenti sulle imbarcazioni non saranno tornate sane e salve. Ultima Generazione sosterrà tutte le persone che sceglieranno lo sciopero della fame come forma di resistenza nonviolenta e di pressione sul governo italiano. BASTA SEPARARE IL BUSINESS DALLA POLITICA: BOICOTTIAMO Siamo già 53.000 ad aver scelto questa forma di resistenza attiva, unendoci in una mobilitazione che va oltre gli aiuti umanitari – pur necessari – e mira a compiere un atto politico concreto contro il genocidio in corso. Il boicottaggio colpisce direttamente le aziende italiane che continuano a esportare in Israele, scegliendo il profitto invece di assumersi la responsabilità di non essere complici. Continuare a commerciare significa sostenere, anche indirettamente, un sistema di violenza e oppressione: ecco perché la complicità economica non può più essere tollerata. L’obiettivo è duplice: incidere sugli interessi economici che alimentano l’occupazione e tentare di forzare il blocco navale imposto da Israele – a bordo delle barche ci sono anche persone di Ultima Generazione. Gli Stati europei restano legati a interessi militari ed energetici e non intervengono: spetta a noi cittadini agire, anche da casa propria, attraverso il boicottaggio. Come ricorda Francesca Albanese, in Quando il mondo dorme: “Il sistema che reprime i Palestinesi è lo stesso a cui apparteniamo noi.” Questo passa attraverso i supermercati, che vendono prodotti coltivati su terre sottratte ai palestinesi, mentre in Italia comprimono i piccoli agricoltori, trasformando la spesa quotidiana in un lusso. Siamo già in 53.000. Unisciti anche tu: https://vai.ug/boicottaggio?f=cs Ultima Generazione
La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Buon vento a Sumud Flotilla
Pubblichiamo il video del quinto giorno di navigazione per Stefano Bertoldi, docente e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione militarizzazione delle scuole e delle università, a bordo della Global Sumud Flotilla verso Gaza. Il docente, giornalista e attivista, fa un resoconto quotidiano della missione umanitaria. In poche parole il racconto della navigazione che porterà il gruppo di imbarcazioni con attiviste ed attivisti di diversa nazionalità verso Gaza, con loro un carico di aiuti, messaggi di pace e speranza per il popolo palestinese martoriato da lunghi e devastanti bombardamenti. Flotilla aggiornamento 5   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Arrivare a Gaza. Diario di bordo dalla Global Sumud Flotilla
Prosegue a fasi alterne la comunicazione con la studentessa Nancy Hamad, laureanda in Economia, a cui vorrei, inseguendo un sogno consegnare di persona  la laurea honoris causa da parte di dei ricercatori e solidali di “RomaTre Etica”, che già fece il gesto, ma solo virtualmente. La Global Sumud Flotilla è in procinto di partire e ora che ci hanno raggiunto le delegazioni tunisine e spagnole saremo circa 50 imbarcazioni, la maggior parte a vela e una minima parte a motore.  Non sappiamo se Israele, all’ultimo e a sorpresa, sotto la pressione della comunità internazionale e soprattutto di milioni di cittadini solidali, molti dei quali sono scesi in piazza da mesi in ogni parte del mondo a sostegno della flottiglia, farà arrivare questa variopinta delegazione di popolo nonviolento fino alle spiagge di Gaza Ma ci piace pensare così Ecco le ultime notizie ricevute da Nancy. Ciao Stefano, spero che tu stia bene. Volevo dirti che io e la mia famiglia siamo stati costretti a fuggire dal nord di Gaza verso sud sotto il fuoco dell’artiglieria e dei bombardamenti aerei. Lo sfollamento è stato molto difficile e ci sono volute più di sei ore di viaggio per raggiungere una destinazione sconosciuta, poiché non sapevamo dove saremmo andati. Le persone gentili del sud ci hanno accolto in una terra deserta, dove non ci sono acqua, elettricità o internet. Abbiamo montato le nostre tende e ci siamo seduti al buio della notte. Ho piantato del basilico nei primi giorni del mio arrivo al nord e, quando abbiamo deciso di trasferirci al sud, l’ho sradicato e portato con me, sperando che mi infondesse speranza dopo tutti gli sfollamenti e la distruzione che avevamo subito. Stefano Bertoldi
Grandi scintille sull’attuale cammino buio dell’umanità
Giorni fa ero ancora convinto che lo scandalo dello scandalo  caratterizzante la fase storica attuale fosse rappresentato dal fatto che, da un lato, il governo d’Israele poteva commettere una serie sciagurata di crimini contro l’Umanità e, dall’altro, il presidente degli Stati Uniti poteva compiere coscientemente una sfilza di atti vergognosi, indegni e inammissibili. Poteva con questi atti demolire i principali capisaldi della Legge, della Giustizia, del Rispetto  degli Umani, del socievole Vivere Insieme, della Natura Madre Terra, dell’Educazione, della  Pace, senza che nessuno al mondo mostrasse l’intenzione concreta di agire ed opporsi per arrestare le infernali macchine israeliana e statunitense. Né gli Stati né le grandi istituzioni pubbliche internazionali, né le reti di imprese multinazionali, né una coalizione di potenti ONG, né gli organismi mondiali morali  con miliardi di fedeli… Eppure essi sono dotati, ciascuno su basi specifiche, della  legittimità e del potere reale per farlo. Ebbene mi sono sbagliato. Anche se dovesse essere arrestata dalle bombe israeliane, la coraggiosa Global Sumud Flotilla composta da più di 70 imbarcazioni in navigazione da diversi porti del Mediterraneo verso la striscia di Gaza con viveri e medicinali per liberare i Palestinesi dal blocco totale in cui Israele li ha imprigionati per annientarli, farli morire, rappresenta una grande scintilla luminosa, l’esistenza dell’Umanità in rivolta, in difesa della giustizia. La “Flottiglia dell’Umanità”, altro nome appropriato, è il simbolo delle Vele al Vento verso una Nuova Terra  di tutti i popoli, di tutte le comunità umane. I membri a bordo, giovani in maggioranza, non hanno armi, nemmeno per difendersi. Non sono conquistadores. Hanno in mano l’Olivo, l’albero della pace, nato millenni fa proprio nei paesi del Mediterraneo. Sono  portatori di ideali di Pace, Giustizia e Fraternità . È sotto questa luce che la seconda grande scintilla è brillata a partire dal Parlamento dello Stato sub-nazionale di Santa Fe in  Argentina la settimana scorsa. Su proposta della Cattedra del Agua dell’Università Nazionale di Rosario, il Parlamento ha approvato l’inserimento nella Costituzione dello Stato di Santa Fe del diritto all’acqua potabile ed ai servizi igienico-sanitari, il riconoscimento del  diritto all’acqua, alla sua sicurezza ed integrità e del diritto dei fiumi, dei laghi e delle zone umide alla loro protezione. La costituzionalizzazione dei corpi  idrici in quanto soggetti titolari di diritti e doveri  fa parte del grande movimento internazionale che da anni lotta in favore di una  nuova concezione dei soggetti e dei contenuti del Diritto mondiale comprendente le specie viventi naturali e non solo la specie umana. Si  tratta di un insieme di principi ispirati  ad una visione della vita post-antropocentrica, post-utilitarista e post-guerriera. Nel frattempo, l’operato degli USA in salsa Trump, parte  integrante dell’eredità del sistema America, esalta la legge del più forte come legge dell‘ordine mondiale. Predica la rivalità per la sopravvivenza ed il primato del bianco, del maschio, dell’americano. Espelle gli immigrati e cerca di appropriarsi delle risorse della Groenlandia e del Panama e di annettere il Canada. Afferma che l’America – ed il suo capo – non deve rispettare od obbedire a nessun’altra autorità o potere al mondo proclamandosi cosi un fuorilegge mondiale. La decisione del Parlamento dello Stato di Santa Fe in Argentina costituzionalizza una cultura della vita e del mondo  centrata sull’esaltazione della Legge, della Giustizia, dell’Uguaglianza universale rispetto ai diritti, dei Beni Comuni Pubblici Mondiali essenziali per la vita, della Comunità Globale della vita sulla Terra. È immensa la differenza tra la Grande Cultura e Civiltà del Parlamento del piccolo Stato federale di Santa Fe in Argentina da un lato e la Global Sumud Flotilla, dall’altro lato. È grande la differenza tra la miserevole barbarie predatrice della Grande America dominante e l’indegnità del governo del Grande Israele. La differenza riguarda gli alleati sudditi della Grande America, in particolare i Paesi europei accomunati dalle credenze nel dio del dominio (“Only the strongest will survive”), degli dei dell’utilitarismo (“Everything is a commodity”, “The value of life is its price”, “There is no society but market”, “Not Aid, Trade”, “Water is Blue Gold”). La credenza nel dio della competitività (“The Competitivity Imperative”, “No Competitiveness, No Future”), negli dei del razzismo e del classismo (“We don’t want you here”, “Stay out”, “America First”, “Britain First”, “D’Abord la France”, “Prima gli Italiani”), e del dio della guerra (“War for Peace”) !!! Il cammino buio attuale sarà spazzato via da tante scintille, piccole e grandi, come la Global Sumud Flotilla e l’atto del Parlamento di Santa Fe in Argentina. Riccardo Petrella
La coscienza collettiva dei movimenti dal basso oltre la memoria selettiva dall’alto
Avendo partecipato l’altro ieri – presso l’Istituto Gramsci di Palermo – alla presentazione del libro di Donatella della Porta “Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica”, di cui ci ha parlato Daniela Musumeci nel suo articolo, ritengo opportuno tornare su alcune questioni poste sia dal volume che dalla discussione scaturita dall’incontro con l’autrice. La ricerca condotta dalla sociologa della Normale di Pisa dimostra che in Germania, come anche in altri Paesi occidentali, i cosiddetti imprenditori del panico morale, categoria introdotta in sociologia agli inizi degli anni ‘70, hanno messo in atto già da anni, con l’ausilio degli apparati burocratici e dei media, azioni repressive nei confronti di tutti coloro che criticano la politica colonialista di Israele, usando lo stigma dell’antisemitismo. A farne le spese sono stati e sono in primo luogo intellettuali e artisti, tra questi anche ebrei dissenzienti, a cui viene negata la possibilità di esprimere le proprie idee in convegni o manifestazioni con strumenti indiretti, come la minaccia di sospendere i finanziamenti agli enti organizzatori, o diretti come negare il visto di ingresso nel Paese dove si svolge l’evento.  Queste forme di repressione si fondano su una prospettiva rovesciata che ha ridefinito il concetto di antisemitismo, mirando a farvi rientrare qualunque critica nei confronti dello Stato di Israele, ed è il frutto del senso di colpa vissuto dalla Germania per le responsabilità connaturate con la tragedia dell’Olocausto; non va dimenticato, peraltro, che anche altri Paesi europei condividono le pesanti responsabilità che hanno condotto alla Shoah, motivo per cui questa sorta di ridefinizione semantica dell’antisemitismo ha un’ampia diffusione in Europa e non solo.  Da un dato momento storico in poi, che possiamo individuare negli eventi che dopo la caduta del muro di Berlino hanno portato all’unificazione della Germania, la colpa originaria è stata fatta ricadere sui nuovi capri espiatori del terzo millennio, i migranti, che, essendo prevalentemente arabi e musulmani, vengono tacciati dal mainstream imposto dall’alto di essere i portatori del nuovo antisemitismo. Ecco, quindi, il dato caratteristico di questa prospettiva rovesciata: i colpevoli diventano innocenti e gli innocenti colpevoli, secondo un leitmotiv cavalcato dall’internazionale di destra che oggi governa o avanza in gran parte dei Paesi occidentali e che trova purtroppo anche sponda in formazioni della sinistra storica, come Spd e Verdi in Germania, e che si rafforza ulteriormente con il fermo ed ininterrotto sostegno degli USA alle politiche aggressive di Israele, condiviso sia dai presidenti repubblicani che da quelli democratici (Biden prima ancora di Trump, tanto per citarne uno). La memoria selettiva imposta dall’alto, così come ci ricorda della Porta, rende impossibile la realizzazione di una memoria che faccia risaltare gli elementi universalistici che andrebbero attribuiti a un evento tragico come l’Olocausto (“Se questo è un uomo” di Levi ci riconduce proprio a quel carattere); esso viene, invece, inquadrato come un evento unico e distinto dalle altre forme di razzismo che hanno caratterizzato le politiche coloniali dei Paesi occidentali e, soprattutto, non può mai essere associato alle azioni compiute da Israele. È di tutta evidenza l’incapacità civile di riconoscere il razzismo che c’è dietro questa impostazione, e anche la sinistra in Germania è parte di questa assimilazione: le azioni di boicottaggio portate avanti dal movimento Bds, anche se non sono illegali, vengono stigmatizzate come antisemite.  In Italia, le azioni di panico morale sono meno strutturate e istituzionalizzate, tanto è vero che prendono campo tante forme di mobilitazione, a partire dalle università e dai movimenti di base, finalizzate ad azioni di boicottaggio e ad esprimere piena solidarietà al popolo palestinese. C’è voluto, tuttavia, un po’ di tempo prima che partiti e organizzazioni della sinistra storica si esprimessero esplicitamente contro il genocidio e avviassero azioni di mobilitazione più incisive: Donatella della Porta ci ha ricordato l’importanza della crescente azione dal basso, portata avanti soprattutto dal sindacalismo di base e dai movimenti più radicali (si pensi alla mobilitazione dei portuali di Genova a sostegno della missione di Global Sumud Flotilla), auspicando al contempo che si ricrei una concezione di sinistra della solidarietà simile a quella attuata negli anni ‘70 con i profughi cileni scampati al golpe sanguinario di Pinochet. Da tutto ciò nasce la necessità di una riflessione attenta sul che fare, per superare la difficoltà evocata da Baris, docente dell’Università di Palermo, ad immaginare interventi concreti di contrasto a questa immane tragedia, e che vadano oltre le azioni di boicottaggio la cui importanza è stata in ogni caso sottolineata sia da della Porta che da  Amal Khayal, attivista del CISS che ha partecipato al dibattito in collegamento con un appassionato intervento.  Condivido quanto sostenuto da Giuseppe Lipari, Phd presso la Normale e attivista nei movimenti giovanili, in merito ai cambiamenti determinati dalle iniziative assunte dai movimenti dal basso che sono riuscite ad affermare una nuova coscienza collettiva ed a modificare le modalità di azione degli altri attori sociali della sinistra. Il sostegno diffuso a Sumud Flotilla è il segno tangibile di come in questo caso non si sia creata una situazione di panico morale così come era successo per altre iniziative umanitarie ferocemente stigmatizzate dal mainstream della destra. Il libro della professoressa della Porta è stato scritto un anno fa e da allora ad oggi pare che qualcosa sia cambiato, e anche se la docente della Normale rimane scettica sulla situazione in Germania: la solidarietà concreta nei confronti del popolo palestinese è cresciuta ed assume proporzioni sempre più vaste non solo nel mondo intellettuale ma anche in ampi strati sociali; di fronte all’escalation portata alle estreme conseguenze da Israele con quella che ormai appare a tutti gli effetti come la soluzione finale, le posizioni dei governi iniziano a segnare una certa distanza, almeno nelle dichiarazioni, dopo aver a lungo offerto un sostegno incondizionato. A margine, mi preme sottolineare che queste forme di criminalizzazione del dissenso attuate dagli imprenditori del panico morale ormai hanno come obiettivo tutti i grandi temi che sono al centro del dibattito politico e sociale, dai processi migratori ai cambiamenti climatici, dalle lotte per l’uguaglianza sociale e politica ai movimenti contro le discriminazioni sessuali. L’omicidio di Kirk negli USA e la conseguente reazione scomposta del mondo MAGA che attribuisce alla sinistra la matrice della violenza, trova sponda in Italia grazie a Meloni e a tutto il centrodestra, evocando a sproposito la stagione del terrorismo. Ci vuole una sinistra organizzata e strutturata che sappia mettere in atto azioni di contrasto legale all’offensiva della destra internazionale, responsabile di condurci sul baratro di un nuovo conflitto mondiale e delle forme repressive nei confronti di ogni dissenso anche grazie all’utilizzo martellante dei mass media omologati al sistema di potere. Il solidarismo internazionalistico degli anni ‘70, che ci ha ricordato della Porta, insieme alla capacità di ritrovare i caratteri universalistici delle lotte per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia sociale devono tornare ad essere la cifra della sinistra. L’atroce esperienza della vicenda palestinese, pur nel suo drammatico e attuale epilogo, ci dimostra che il potere dei media di regime, delle istituzioni e delle burocrazie non sempre riesce a condizionare le coscienze; anzi, tanto maggiore è il livello aggressivo delle elités istituzionali nell’affermare le proprie visioni del mondo, tanto più forte potrà essere la presa di coscienza collettiva capace di dare vita a movimenti di lotta in tutto il mondo. Redazione Palermo
Finalmente riunite le barche partite dall’Italia, da Barcellona e da Tunisi. Diario di bordo dalla Global Sumud Flotilla
In maniera inversamente proporzionale, a mano a mano che i movimenti spontanei od organizzati già dai tempi della Global March to Gaza, insieme a tutti i movimenti che si sono potenziati dopo il 7 ottobre a favore del popolo palestinese, il carro armato mediatico colluso col governo italiano e con le varie lobby sioniste sta sparando con tutta la propria forza d’urto: giusto per portare uno dei tanti esempi a nostra disposizione il Giornale, giusto ieri, si concentrava in modo meticoloso e autistico nella creazione di fake-news tra le più fantasiose, inventando problemi inesistenti sulla Global Sumud Flotilla. La flotta semplicemente attendeva nelle acque di Portopalo le venticinque barche provenienti da Tunisi e da Barcellona, che alla fine sono arrivate con i loro piccoli problemi da affrontare. Il 19 settembre è prevista la partenza, in flottiglia, di una formazione costituta al 90% da barche a vela e il resto a motore come barche-appoggio, seguita a distanza dalla nave Life Support di Emergency. Insomma, si parte diretti a Gaza per la più grande operazione di disobbedienza civile e di pressione politica verso i governi occidentali e a quello di Israele affinché finisca il regime di apartheid e l’operazione di genocidio nella Striscia di Gaza. Si tratta dell’atto finale di un processo premeditato che parte da lontano, fin dal 1948 (ma in realtà già sotto il mandato inglese dopo il primo conflitto mondiale), con la pianificazione di un colonialismo di insediamento, di cui oggi vediamo i risultati più sanguinari. Stefano Bertoldi
Due imbarcazioni di f.lotta raggiungono e si uniscono alla Global Sumud Flotilla
Aggiornamenti da una compagna di f.Lotta su quanto sta accadendo nel Mediterraneo. Due imbarcazioni di questo movimento indipendente e orizzontale si sono unite alla Global Sumud Flotilla per rompere l'assedio illegale su Gaza via mare, aprire un corridoio umanitario e porre fine al genocidio in corso del popolo palestinese.  f.Lotta occupa il mediterraneo sotto Lampedusa per rivendicare la libertà di movimento per tutt* contro il modello di controllo e esternalizzazione – razzista, capitalista e neocoloniale – proposto dalla Fortezza Europa. La Sumud sta mandando un messaggio condiviso dal mondo intero: che i/le palestinesi a Gaza e in tutta la Palestina non sono soli, e che i popoli non resteranno in silenzio.
Global Movement to Gaza: la nostra Carta di Valori
In considerazione delle recenti mobilitazioni pubbliche e degli incidenti correlati verificatisi negli ultimi giorni, il Global Movement to Gaza condanna tutti gli episodi di violenza e ribadisce con fermezza l’essenza nonviolenta della propria missione, pubblicando altresì una Carta dei Valorifinalizzata ad enunciare definitivamente i principi che animano il movimento all’interno della missione Global Sumud Flotilla. La nostra convinzione è semplice e categorica: rompere l’assedio significa affermare il diritto universale alla vita e alla dignità umana. Chi aderisce al Global Movement to Gaza Italia si riconosce in questi principi e si impegna a rispettarli in ogni parola, gesto e rappresentanza pubblica. Tale Carta definisce i valori che guidano ogni nostra azione, rappresentando il fondamento della nostra credibilità, unità e forza collettiva. Rispettarla significa preservare la dignità del nostro movimento e delle persone per cui ci mobilitiamo. https://drive.proton.me/urls/XSPZSGV8H0#5LDZqjQqLgB0 Redazione Italia