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190 palestinesi, tra cui 36 bambini, uccisi dalle forze di occupazione israeliane in Cisgiordania da gennaio
 Cisgiordania – PIC. Almeno 190 palestinesi sono stati uccisi e più di 1.500 feriti in Cisgiordania dall’inizio del 2025, a causa della continua aggressione israeliana, secondo dati recentemente pubblicati. Tra i martiri figurano 36 bambini, colpiti o uccisi in altro modo dalle forze di occupazione israeliane (IOF) nello stesso periodo. L’escalation, iniziata il 21 gennaio, ha visto migliaia di violazioni commesse dalle IOF in tutta la Cisgiordania, provocando la morte di 162 palestinesi solo da quella data. Nella città di Jenin e nel suo campo profughi, sotto attacco continuo da 189 giorni, sono stati uccisi 54 palestinesi, compresi due colpiti dalle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese. A Tulkarem, che subisce aggressioni continue da 184 giorni, sono stati uccisi 16 palestinesi, tra cui un bambino e due donne. Una delle donne era incinta di otto mesi. Dall’inizio dell’anno, le IOF hanno ferito almeno 1.528 persone, ne hanno arrestate 5.807 e hanno effettuato 8.655 incursioni in Cisgiordania. Nel frattempo, dall’inizio della guerra di sterminio nella Striscia di Gaza, nell’ottobre 2023, 1.056 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania, 7.587 feriti e più di 20.000 arrestati dalle IOF.
Israele effettua demolizioni a Gerusalemme Est e nel Negev
Gerusalemme/al-Quds –PIC. Martedì mattina, l’autorità di occupazione israeliana ha effettuato demolizioni nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est, a sud della Moschea di al-Aqsa, con il pretesto di lavori edilizi abusivi. Secondo fonti locali, bulldozer del comune israeliano e delle forze di polizia sono entrati con forza nel quartiere di Ein al-Luza a Silwan e hanno demolito un autolavaggio e una struttura residenziale di proprietà di Hani as-Salaymeh. Il comune israeliano ha inoltre demolito i muri esterni di un’abitazione di un altro cittadino di Gerusalemme nel quartiere di al-Bustan a Silwan. In un episodio separato, le autorità israeliane hanno condotto una vasta campagna di demolizioni in diversi villaggi palestinesi nel Negev, nel sud di Israele (Palestina occupata nel 1948), nell’ambito di uno sforzo volto a costringere i residenti locali ad abbandonare le loro terre. Nel corso della campagna in quei villaggi, le autorità israeliane hanno anche confiscato attrezzature appartenenti ai residenti e distribuito avvisi di evacuazione, sostenendo che la loro presenza nelle aree è illegale.
La Knesset vota sull’imposizione della sovranità israeliana sulla Cisgiordania
Cisgiordania. Mercoledì, la Knesset ha votato una dichiarazione a sostegno dell’imposizione della “sovranità” israeliana sulla Cisgiordania occupata. Il voto si è tenuto al termine della sua ultima sessione prima della pausa estiva. La misura rientra in una “proposta all’ordine del giorno” presentata dai membri della Knesset di destra, Simcha Rothman, Orit Strock, Dan Illouz e Oded Forer. La presidenza della Knesset ha approvato la proposta lunedì, nonostante la tempistica politicamente delicata sia sul piano nazionale che internazionale. Sebbene la dichiarazione sia simbolica e non vincolante, i promotori invitano il governo ad “adottare misure per attuare la sovranità in Giudea e Samaria”, con il sostegno di membri sia della coalizione che dell’opposizione. Secondo quanto riportato da Channel 12, funzionari diplomatici hanno esercitato pressioni sulla Knesset affinché chiarisse che la proposta è semplicemente un appello al governo, temendo che potesse altrimenti essere interpretata come un’approvazione parlamentare ufficiale dell’annessione. Questo voto è considerato parte di un più ampio sforzo della destra israeliana per promuovere un’annessione graduale. Fa seguito a un precedente voto della Knesset che ha respinto a larga maggioranza la creazione di uno Stato palestinese, inviando un chiaro messaggio politico alla comunità internazionale. La mossa riflette anche i continui tentativi della destra israeliana di formalizzare il controllo sulla Cisgiordania tramite iniziative legislative. L’attuale governo ha intensificato l’espansione degli insediamenti e adottato misure volte all’annessione de facto di ampie porzioni del territorio. (Fonte e foto: MEMO).
Piano di insediamento israeliano: l’ONU segnala lo sfollamento di 69 comunità palestinesi
Gaza – Presstv.ir. Le Nazioni Unite hanno segnalato che, dal 2023, 69 comunità palestinesi nella Cisgiordania occupata sono state sfollate a causa dell’escalation di violenza da parte dei coloni israeliani. Secondo una dichiarazione dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) in Palestina, circa 2.895 palestinesi sono stati costretti ad abbandonare le proprie case negli ultimi due anni. L’OCHA attribuisce questo sfollamento a un ambiente coercitivo, favorito dalla crescente violenza dei coloni e dalle restrizioni all’accesso alla terra e alle risorse. L’OCHA ha sottolineato che l’intensificazione delle attività dei coloni ha portato a condizioni di vita insopportabili, spingendo le famiglie ad abbandonare case e terre. Il rapporto indica che il 45% delle famiglie sfollate proviene dal governatorato di Ramallah, con numeri significativi anche dai governatorati di Al-Khalil/Hebron, Betlemme, Nablus, Tubas, Salfit, Quds/Gerusalemme e Ariha/Gerico. In particolare, l’OCHA ha registrato un picco negli attacchi dei coloni dall’8 al 14 luglio, documentando almeno 30 episodi che hanno preso di mira civili palestinesi, causando vittime e danni materiali. Tra gli sfollati, 1.309 provenivano da Ramallah, mentre altre aree gravemente colpite includono al-Khalil/Hebron, Betlemme, Nablus, Tubas, Salfit, al-Quds/Gerusalemme e Ariha/Gerico. Il rapporto evidenzia, inoltre, che quasi un terzo degli sfollati, nel 2025, proviene dalla regione della Valle del Giordano. Inoltre, i dati della Commissione per la Resistenza al Muro e agli Insediamenti dell’Autorità Nazionale Palestinese hanno rivelato che, nella prima metà del 2025, si sono verificati oltre 2.153 attacchi da parte dei coloni. Questi attacchi hanno causato la morte di quattro palestinesi e hanno incluso incursioni nei villaggi, incendi dolosi di abitazioni, sparatorie, sequestri di terreni e la creazione di nuovi avamposti.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani lancia l’allarme sulla crescente violenza dei coloni nella Cisgiordania occupata
Cisgiordania-PIC. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha lanciato l’allarme per il forte aumento degli attacchi da parte di coloni ebrei contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est. Secondo l’ufficio di Ginevra, solo nel mese di giugno sono rimasti feriti 96 palestinesi, il numero mensile più alto degli ultimi vent’anni. Inoltre, centinaia di abitazioni sono state distrutte. Dall’inizio dell’anno, le Nazioni Unite hanno documentato 757 attacchi da parte di coloni che hanno causato vittime palestinesi o danni a proprietà — un aumento del 13% rispetto allo stesso periodo del 2024, ha dichiarato martedì un portavoce dell’ufficio ai giornalisti. Tali azioni, ha aggiunto il portavoce, “stanno contribuendo al continuo consolidamento dell’annessione israeliana di parti della Cisgiordania, una pratica considerata illegale dal diritto internazionale”, avvertendo che “lo sfollamento forzato di civili nei territori occupati può costituire un crimine contro l’umanità”. L’ufficio delle Nazioni Unite ha anche accusato le forze di sicurezza israeliane di uso eccessivo della forza contro individui disarmati in Cisgiordania. Il portavoce ha citato il caso di un bambino palestinese di 2 anni, colpito alla testa e ucciso lo scorso gennaio, e di un uomo di 61 anni, colpito a morte mentre era in bicicletta nel mese di luglio. L’Alto Commissariato ha inoltre condannato i piani del governo israeliano per una zona designata nel sud di Gaza, destinata a concentrare in un unico luogo i palestinesi sfollati. “Israele ha definito il sito una ‘città umanitaria’, ma secondo le Nazioni Unite il progetto potrebbe costituire un trasferimento forzato, vietato dal diritto internazionale”, ha affermato il portavoce. “I palestinesi obbligati a trasferirsi in quell’area rischierebbero la detenzione arbitraria, e il trasferimento proposto non potrebbe essere definito volontario”, ha aggiunto, sottolineando che “con le infrastrutture di base distrutte, le persone non avrebbero alcuna reale possibilità di scelta nei loro spostamenti”. Il commissario generale dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, ha lanciato l’allarme la scorsa settimana su X, affermando che la zona pianificata a Rafah, vicino al confine egiziano, di fatto “creerebbe enormi campi di concentramento al confine con l’Egitto per i palestinesi”.
Israele rilancia il piano per l’insediamento E1 per dividere la Cisgiordania e distruggere il futuro Stato palestinese
Cisgiordania occupata –Quds News. Il governo israeliano ha ripreso i piani per espandere gli insediamenti illegali nell’area sensibile dell’E1, a est della Gerusalemme occupata, ha riferito lunedì il quotidiano Haaretz. La mossa minaccia di tagliare in due la Cisgiordania e di annientare ogni prospettiva futura per uno Stato palestinese geograficamente contiguo. Per la prima volta dal 2021, il Consiglio Supremo di Pianificazione israeliano discuterà i piani per l’E1. È prevista un’udienza pubblica per il 6 agosto, durante la quale i residenti palestinesi e le organizzazioni per i diritti umani potranno presentare obiezioni formali. Il progetto era rimasto congelato per anni a causa delle pressioni internazionali, in particolare da parte degli Stati Uniti. L’area dell’E1 copre circa 12 chilometri quadrati e collega l’insediamento illegale di Ma’ale Adumim a Gerusalemme Est occupata. Le autorità israeliane puntano a collegare i principali blocchi di insediamenti e isolare Gerusalemme dal resto della Cisgiordania. I critici avvertono che ciò ucciderà la soluzione dei due Stati. Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha confermato a maggio che il governo intende approvare i piani edilizi. Intervenendo a una conferenza sugli insediamenti, ha definito lo sviluppo dell’E1 una “fine di fatto dello Stato palestinese” e ha invocato l’arrivo di un altro milione di coloni in Cisgiordania. Ha dichiarato che Israele sta agendo “in modo professionale” e mira a imporre la propria sovranità sul territorio. All’inizio di marzo, il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato una strada alternativa per i palestinesi a sud dell’E1. La nuova arteria separerebbe fisicamente il traffico palestinese dalla Strada 1, che collega Gerusalemme a Ma’ale Adumim, e sarebbe riservata esclusivamente ai coloni israeliani. Il gruppo israeliano Peace Now ha avvertito che il governo del primo ministro Netanyahu sta sfruttando il genocidio a Gaza e la distrazione globale per imporre fatti compiuti e irreversibili sul terreno. L’organizzazione ha affermato che tali azioni cancellano ogni speranza di una soluzione politica e alimentano uno spargimento di sangue senza fine. “Se attuato, questo piano sarà un crimine contro le generazioni future”, ha dichiarato Peace Now. Secondo gli analisti, il progetto E1 eliminerebbe l’ultimo corridoio di terra aperto tra Ramallah, Gerusalemme e Betlemme, un’area che ospita quasi un milione di palestinesi. L’obiettivo è creare una cintura continua di insediamenti dalla Cisgiordania centrale a Gerusalemme, non lasciando spazio a una capitale palestinese o a uno Stato funzionale. Il piano E1, rilanciato, è considerato uno dei progetti di insediamento più pericolosi degli ultimi decenni. Minaccia non solo le prospettive di pace, ma anche la sopravvivenza dei villaggi palestinesi nel cuore della Cisgiordania.
Esperto di insediamenti: Israele sta trasformando la Cisgiordania in enclave isolate e mira alla piena occupazione dell’Area C
Cisgiordania-PIC. Jad Isaac, direttore generale dell’Applied Research Institute – ARIJ, ha avvertito che le autorità di occupazione israeliane stanno lavorando per trasformare la Cisgiordania occupata in “enclave” isolate, puntando al contempo ad assumere il pieno controllo dell’Area C, ponendo di fatto fine a qualsiasi possibilità di creare uno Stato palestinese vitale. L’esperto in materia di insediamenti ha aggiunto, lunedì, che Israele continua ad espandere l’attività di colonizzazione in Cisgiordania, a confiscare quanta più terra possibile e a incoraggiare la “migrazione volontaria” dei palestinesi. Dall’inizio della guerra genocida in corso a Gaza, il 7 ottobre 2023, sono aumentati gli appelli di ministri e membri della Knesset israeliana ad annettere la Cisgiordania occupata e ad applicarvi la piena sovranità israeliana. All’inizio di luglio 2025, 14 ministri israeliani e il presidente della Knesset hanno firmato una lettera indirizzata al primo ministro Benjamin Netanyahu, ricercato dalla giustizia internazionale, esortandolo ad annettere la Cisgiordania occupata. Zone isolate. Parlando all’agenzia Anadolu, Isaac ha spiegato che il governo israeliano, incluso il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich (che sovrintende agli affari degli insediamenti), mira a portare tutta l’Area C — comprese le riserve naturali — sotto il pieno controllo israeliano. Ciò lascerebbe i palestinesi confinati nelle restanti aree, accerchiati in enclave scollegate collegate solo da strade, tunnel o ponti, senza alcuna reale prospettiva di sostenibilità o sviluppo futuro. Ha espresso preoccupazione per il fatto che ciò che accade a Gaza possa rappresentare solo un preludio a misure simili in Cisgiordania. Ha indicato le operazioni militari israeliane nei campi profughi — in particolare nelle città settentrionali di Jenin, Nablus, Tulkarem e Tubas — come prova del tentativo di imporre nuove realtà sul terreno. Dal 21 gennaio di quest’anno, l’esercito israeliano ha avviato una campagna che ha preso il via a Jenin e nel suo campo profughi, per poi estendersi ai campi di Tulkarem e Nur Shams, distruggendo migliaia di unità abitative, demolendo infrastrutture e sfollando con la forza i residenti di questi campi e dei quartieri circostanti. Isaac ritiene che le autorità di occupazione stiano riconfigurando la Cisgiordania in cluster regionali, delegando poteri a leader tribali o figure locali per rafforzare il controllo sulla popolazione palestinese, eliminando di fatto ogni speranza per uno Stato palestinese sostenibile e smantellando qualsiasi percorso verso una soluzione a due Stati. Ha aggiunto che le Aree A e B saranno probabilmente ridotte a cantoni scollegati in cui i palestinesi potranno restare solo a condizioni tali da incoraggiare l’emigrazione volontaria. Secondo gli Accordi di Oslo II (1995), la Cisgiordania è stata suddivisa in tre aree: • Area A: pieno controllo palestinese • Area B: controllo civile palestinese con controllo della sicurezza israeliana • Area C: pieno controllo civile e di sicurezza da parte di Israele L’Area C rappresenta circa il 60% del territorio della Cisgiordania. Svuotamento della Valle del Giordano. Secondo Isaac, l’occupazione ha recentemente sgomberato 32 comunità beduine dai versanti orientali della Cisgiordania tramite sfollamenti forzati — crimini che, ha sottolineato, hanno ricevuto scarsa attenzione internazionale. Ha definito queste azioni crimini di guerra, spiegando che Israele mira a ridurre la popolazione palestinese nell’Area C attraverso intimidazioni, sfratti forzati e varie pratiche oppressive, in particolare nella Valle del Giordano. I terreni agricoli che un tempo erano coltivati dai palestinesi sono stati trasformati in avamposti per il pascolo a causa della mancanza di coloni che abitassero la zona. Per mantenere la presenza, è stato introdotto del bestiame, compresi i bovini. Attualmente, 133 avamposti controllano oltre 250.000 dunum (1 dunum = 1.000 m²) di terra nella Valle del Giordano, oltre a numerosi avamposti a sud di al-Khalil/Hebron, dove gli abitanti di Masafer Yatta subiscono quotidianamente sfollamenti forzati e persino il divieto di installare tende per gli studenti o rifugi. Confisca di terre sotto la maschera della “registrazione fondiaria”. A proposito della legge israeliana sulla registrazione delle terre in Cisgiordania, Isaac ha spiegato che, quando la Giordania governava la Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est), la registrazione ufficiale delle proprietà fondiarie era iniziata nel 1963, ma fu interrotta quando Israele occupò tutti i territori palestinesi nel 1967. Isaac ha affermato che le attività di registrazione fondiaria sono riprese circa un anno e mezzo fa a Gerusalemme Est occupata, dove il governo israeliano ha iniziato a rivedere i titoli di proprietà registrati a nome degli antenati palestinesi. Le proprietà venivano assegnate a coloro che erano fisicamente presenti in città, mentre i palestinesi residenti altrove perdevano ogni diritto su quei beni. “Di fatto”, ha dichiarato Isaac, “Israele si è attribuito l’autorità di gestire la registrazione fondiaria, in violazione del diritto internazionale, poiché la potenza occupante non ha il diritto di avviare tali procedure sui territori occupati”. Ha aggiunto: “La Knesset ha deciso di applicare le procedure di registrazione fondiaria nell’Area C, anche se in precedenza l’Autorità Palestinese aveva già effettuato tale registrazione. Israele si rifiuta di riconoscerla.” Ha sottolineato che è stato avviato un nuovo processo di registrazione sotto l’Amministrazione Civile israeliana, con nuovi requisiti, “e vedremo quanta terra perderemo con questo processo”. Isaac ha definito questo passaggio come estremamente pericoloso, in quanto conferisce a Israele una sovranità autoproclamata sui territori occupati, nel silenzio generale di un mondo che non vede, non sente e non parla. Violenza parallela a Gaza e in Cisgiordania. Parallelamente al genocidio in corso a Gaza, Israele ha intensificato gli attacchi da parte dell’esercito e dei coloni in Cisgiordania, causando la morte di almeno 998 palestinesi e il ferimento di circa 7.000 persone negli ultimi 21 mesi, secondo dati palestinesi. A Gaza, Israele, con il sostegno degli Stati Uniti, sta perpetrando un genocidio che ha causato oltre 196.000 tra morti e feriti palestinesi — perlopiù donne e bambini — dall’ottobre 2023. Inoltre, oltre 10.000 persone risultano disperse, centinaia di migliaia sono state sfollate e la carestia ha causato la morte di molti, inclusi decine di bambini.
Un campo di concentramento israeliano a Rafah per confinare “l’intera popolazione” di Gaza
Gaza-The Cradle. Dirigenti israeliani hanno informato giornalisti e diplomatici stranieri su un piano per costringere l’intera popolazione di Gaza — oltre 2 milioni di persone — a trasferirsi in un campo di concentramento controllato dall’esercito israeliano nei pressi del confine tra Gaza e l’Egitto, secondo quanto riportato dal New York Times (NYT) il 14 luglio. Il governo israeliano non ha ancora annunciato ufficialmente né commentato il piano, proposto per la prima volta la scorsa settimana dal ministro della Difesa Israel Katz durante un briefing con i corrispondenti israeliani esperti in affari militari. Il New York Times ha esaminato i resoconti scritti dell’incontro redatti dai partecipanti. I primi rapporti indicavano che 600.000 palestinesi sarebbero stati costretti a trasferirsi nel campo. Il quotidiano ha osservato che, secondo esperti legali, il piano violerebbe il diritto internazionale e costituirebbe una forma di pulizia etnica, poiché ai civili palestinesi confinati nel campo sarebbe vietato tornare nelle loro case nel nord dell’enclave devastata. Hamas ha citato la proposta di Katz come uno degli ultimi ostacoli al raggiungimento di un nuovo accordo di cessate il fuoco. Husam Badran, alto esponente del gruppo, ha definito la creazione del campo sulle rovine di Rafah, nel sud di Gaza, una “richiesta deliberatamente ostruzionistica” che complicherebbe i colloqui per il cessate il fuoco. “Sarebbe una città isolata, simile a un ghetto”, ha dichiarato Badran lunedì. “È assolutamente inaccettabile e nessun palestinese potrebbe farlo”. Mentre alcuni funzionari israeliani hanno definito il campo una “città umanitaria”, altri — tra cui l’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert — lo hanno descritto come un campo di concentramento simile a quelli che rinchiudevano ebrei e altri prigionieri durante la Seconda Guerra Mondiale. “È un campo di concentramento, mi dispiace”, ha dichiarato Olmert quando gli è stato chiesto del piano. Una volta all’interno, ai palestinesi non sarebbe consentito uscire se non per recarsi in altri paesi, ha confermato Katz. “Se i palestinesi verranno deportati nella nuova ‘città umanitaria’, allora si potrà dire che questo fa parte di una pulizia etnica”. All’inizio di quest’anno, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito di “ripulire” Gaza dai suoi 2,2 milioni di residenti, affinché possa essere trasformata e ricostruita come la “Riviera del Medio Oriente”. L’inviato speciale di Trump nella regione e responsabile dei negoziati per il cessate il fuoco con Hamas è Steve Witkoff, fondatore e presidente del Witkoff Group, una società immobiliare con sede a New York. Anche Jared Kushner, genero del presidente degli Stati Uniti, è un noto imprenditore immobiliare di New York tramite l’azienda di famiglia, la Kushner Companies. Nel mese di marzo, Kushner ha descritto il “grandissimo potenziale” delle proprietà sul lungomare di Gaza, suggerendo che Israele dovrebbe rimuovere i palestinesi mentre “ripulisce” la Striscia.
Espansione coloniale in Cisgiordania: Israele prevede di costruire circa 2.340 alloggi per coloni
Cisgiordania-PIC. L’Ufficio nazionale per la Difesa della Terra dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ha dichiarato che l’Autorità di Occupazione Israeliana (IOA) intende costruire circa 2.340 unità abitative per coloni ebrei nella Cisgiordania meridionale e centrale, nell’ambito di piani generali che mirano a centinaia di dunum di terreni privati palestinesi. “Il Consiglio Superiore di Pianificazione dell’amministrazione civile israeliana sta attualmente discutendo diversi importanti progetti di espansione degli insediamenti”, ha dichiarato l’Ufficio Nazionale nel suo rapporto settimanale. L’Ufficio Nazionale ha sottolineato che esistono chiari ruoli di coordinamento e complementari a questo proposito tra il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, che guida i piani di espansione degli insediamenti, e il ministro della Guerra israeliano Israel Katz, che fornisce la copertura di sicurezza per proteggere i coloni e le loro attività. Secondo il rapporto, il piano prevede la costruzione di 117 unità abitative nell’insediamento di Ma’ale Amos, situato a sud-est di Betlemme, e di 150 unità nell’insediamento di Ganei Modi’in, a ovest di Ramallah. Il progetto nei pressi di Ganei Modi’in segna il primo esempio di espansione dell’insediamento oltre il muro di separazione, invadendo terreni appartenenti alla città di Ni’lin. L’IOA sta inoltre valutando un piano per espandere l’insediamento di Kedumim a est di Qalqilya, creando un nuovo quartiere su un’area di 280 dunum, che includerebbe 1.352 unità abitative per i coloni. Questo quartiere sarebbe collegato all’insediamento principale da un ponte, creando un’ulteriore barriera che isolerebbe i villaggi palestinesi circostanti, rendendoli enclave chiuse circondate dalle colonie ebraiche. Nella provincia di Betlemme, il rapporto parla di un piano israeliano per espandere l’insediamento coloniale di Nokdim – fondato su terreni annessi ai villaggi di Arab al-Ta’amira – creando un nuovo quartiere composto da 290 unità abitative su un’area di 239 dunum. Il governo israeliano ha inoltre approvato la costruzione di ulteriori 430 unità abitative negli insediamenti coloniale di “Eli” e “Givat Zeev”, comprese 348 unità da costruire nell’avamposto di Palgei Mayim, vicino a Eli e parte di esso. Questo avamposto aveva ricevuto l’autorizzazione ufficiale da parte di Israele nel giugno 2023. L’Ufficio nazionale ha inoltre affermato che il ministero israeliano dei Beni Culturali ha avviato i lavori di demolizione per istituire il cosiddetto “Parco Nazionale di Samaria” presso il sito archeologico della città di Sebastia, a nord-ovest di Nablus, con un budget fino a 32 milioni di shekel, sottolineando che questo progetto mira a giudaizzare il sito. Sono stati inoltre stanziati 3,5 milioni di shekel per la costruzione di recinzioni, cancelli e ripari di cemento attorno alla storica stazione ferroviaria di Massoudiya, a nord di Nablus, in un’area priva di insediamenti ebraici e adiacente all’Area “B” della Cisgiordania, sotto il controllo civile e amministrativo dell’Autorità Nazionale Palestinese. Secondo l’Ufficio Nazionale, l’area è nota per essere un parco molto frequentato dai cittadini palestinesi.
Le forze di occupazione israeliane iniziano la demolizione di 400 case nel campo profughi di Tulkarm
PIC-Tulkarm. Lunedì, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno iniziato la demolizione di 400 abitazioni nel campo profughi di Tulkarm, nell’ambito del loro assalto alla città e al campo, che giunge al suo 162° giorno consecutivo. Fonti locali hanno riferito che pesanti bulldozer israeliani hanno iniziato a demolire strutture nel quartiere “Al-Marbou’a” del campo, nell’ambito di un nuovo piano per radere al suolo 104 edifici che ospitano circa 400 abitazioni. Questo si aggiunge alle recenti demolizioni effettuate in diversi quartieri del campo. Le IOF hanno annunciato domenica la loro intenzione di effettuare demolizioni su larga scala nel campo profughi di Tulkarm a partire da lunedì, ignorando una precedente decisione della Corte Suprema israeliana che aveva temporaneamente congelato gli ordini di demolizione. Il Centro Legale “Adalah” ha dichiarato che questo annuncio fa seguito a una sentenza modificata della Corte Suprema israeliana del 3 luglio, che consente all’esercito di procedere con le demolizioni in caso di “urgente necessità militare e chiare esigenze di sicurezza”. In precedenza, il 2 luglio, il tribunale israeliano aveva emesso un’ordinanza di congelamento delle demolizioni in risposta a una petizione urgente presentata da Adalah per conto di 11 residenti del campo. In risposta al nuovo sviluppo, Adalah ha presentato oggi una nota scritta al tribunale, affermando che l’annuncio dello Stato contraddice direttamente la sentenza del tribunale del 3 luglio, che stabiliva che le demolizioni potevano procedere solo in condizioni di sicurezza urgenti. Suhad Bishara, responsabile dell’Unità Legale di Adalah, ha sottolineato che persino l’annuncio israeliano riconosceva che il campo era ormai quasi vuoto di residenti, vanificando la giustificazione dell’esercito basata su “urgenti esigenze di sicurezza” per una demolizione immediata. Il 4 luglio, l’esercito israeliano ha rilasciato un aggiornamento in cui affermava che quattro edifici sarebbero stati esentati dalla demolizione a causa della decisione di “riconsiderare” il loro status, una decisione che, secondo Adalah, evidenzia ulteriormente la mancanza di solide basi legali alla base degli ordini di demolizione. Il centro legale ha sottolineato nella sua nota che procedere con le demolizioni senza dare ai residenti la possibilità di difendere i propri diritti impone una realtà irreversibile e nega alle famiglie la possibilità di contestare o presentare ricorso per vie legali. Ha avvertito che le demolizioni porteranno allo sfollamento forzato e alla perdita totale di case e proprietà. Adalah ha richiesto l’approvazione del tribunale per includere una perizia, precedentemente redatta da “Bimkom, Planners for Planning Rights”, al fine di rafforzare ulteriormente l’istanza legale, soprattutto considerando i tempi stretti imposti dagli ordini militari emessi il 30 giugno, che prevedevano un preavviso di sole 72 ore. Domenica, l’esercito ha permesso a un numero limitato di famiglie che non erano state precedentemente evacuate di rientrare brevemente nel campo e recuperare i propri beni. Tra queste, 54 case erano destinate alla demolizione. L’operazione si è svolta con severe restrizioni, con segnalazioni di abusi, detenzioni, ostruzioni al processo di evacuazione e persino spari contro i residenti. Questa escalation fa parte di una più ampia politica di punizione collettiva contro i residenti del campo, che hanno subito ordini di evacuazione forzata fin dall’inizio dell’assalto. La comunità è ancora sotto shock e dolore per la minaccia di perdere le proprie case e i propri beni, mentre l’esercito israeliano mantiene un rigido assedio attorno al campo e ai suoi dintorni, già segnati dalla demolizione di decine di case negli ultimi giorni.