Coordinamento Disarmiamoli, 30.000 in piazza a Roma

Pressenza - Sunday, June 22, 2025

Se dovessimo utilizzare un’immagine per descrivere la piazza di ieri, 21 giugno, partita da piazza Vittorio per arrivare ai Fori Imperiali e organizzata dal coordinamento Disarmiamoli (composto, tra le altre moltissime realtà, da Potere al Popolo, Unione Sindacale di Base, Collettivi Autorganizzati Universitari e Cambiare Rotta) useremmo quella di un mare in tempesta.

Sì, perché 30.000 persone, lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, persone migranti, studenti e studentesse di tutte le età, come gocce, unendosi, sono andate a formare un mare in tempesta e hanno scosso Roma, scegliendo convintamente di aderire a quella piazza per urlare la necessità di un disarmo, per gridare la propria opposizione ai folli piani di riarmo che, sotto diverse forme, estrema destra e centro sinistra portano avanti in Italia e in Europa.

Il mare in tempesta non è ambiguo, e così non lo è stato neanche il corteo di ieri, che ha deciso di mostrare plasticamente a tutte e tutti, tramite azioni simboliche, che bisogna liberarsi dei simboli dell’oppressione, liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della guerra. Liberarsene non essendo ingranaggi per la macchina mortale del capitalismo di guerra del nostro tempo: rifiutandosi, come hanno fatto i portuali d’Europa, di movimentare materiale bellico; opponendosi nelle scuole e nelle università ad accordi e convenzioni con industrie e banche della morte; provando a sperimentare organizzazione e modi di stare insieme che non rispondano a meccanismi di profitto o di potere.

Queste erano le persone scese in piazza ieri in piazza Vittorio, quelle 30.000 persone che da anni subiscono sulla loro pelle gli effetti dell’economia di guerra, le conseguenze di scelte politiche securitarie, antisociali e antisindacali.

Il bombardamento americano sull’Iran di questa notte, la possibilità che le basi militari italiane vengano coinvolte e l’escalation bellica in corso ci mettono di fronte alla necessità di essere chiari su che cosa intendiamo quando parliamo di “pace”, di dire chiaramente che la NATO è uno strumento di guerra nel mondo, da cui è necessario prendere le distanze e di essere chiari sul fatto che il problema non è il governo di Netanyahu o l’emergenza umanitaria a Gaza, ma le dinamiche colonialiste e razziste su cui si basa il progetto politico del sionismo e dello Stato di Israele. La mancanza di chiarezza nel dibattito pubblico su che cosa significhi la parola “pace” ha come ripercussione la legittimazione delle feroci dichiarazioni di Trump, magicamente divenuto un “pacificatore” nel bombardare l’Iran. Questo non può essere permesso.

Dal corteo del Coordinamento Disarmiamoli questo è l’invito: «È venuto il momento dell’unità di tutti coloro che hanno un’idea di futuro diversa, ma questo futuro si può costruire solamente attraverso l’autonomia da coloro che strumentalizzano il concetto di pace per portarci alla guerra, l’autonomia da quei soggetti per cui la pace non è un argomento abbastanza importante per dividersi dai propri alleati storici».

Emiliano Palpacelli