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“Gaza sta bruciando: scendi in piazza” Imponente mobilitazione a Napoli contro il genocidio in Palestina
In migliaia hanno sfilato da Piazza del Gesù a Piazza Municipio per chiedere la rottura dei rapporti con Israele, sanzioni ed embargo totale. Una mobilitazione pacifica e partecipata, in contemporanea con molte altre città italiane. In piazza ieri, 16 settembre, in simultanea a Roma, Milano, Napoli e in numerose altre città d’Italia, si sono svolte mobilitazioni a partire dalle ore 18. Migliaia di persone sono scese in strada per chiedere al governo di interrompere tutti i rapporti istituzionali, diplomatici ed economici con Israele e di attuare sanzioni ed embargo totale. «L’ONU ha riconosciuto che le azioni di Israele a Gaza costituiscono a tutti gli effetti genocidio. Da ieri è iniziata l’operazione di terra: i carri armati sono entrati a Gaza City per ridurre in polvere una città che già è un ammasso di macerie. È cominciata la “soluzione finale”», denunciano gli organizzatori della manifestazione di Napoli: l’UDAP – Unione Democratica Arabo Palestinese, la Rete di tutte le Comunità Palestinesi e il Centro Culturale Handala Alì. «Si sta compiendo sotto gli occhi del mondo un’operazione atroce di conquista coloniale e di sterminio di un popolo. Non possono più bastare le generiche dichiarazioni di contrarietà all’offensiva di terra: è il momento di fare chiarezza nei confronti degli italiani. Da che parte sta il governo? Dalla parte del diritto internazionale e della Costituzione, oppure dalla parte del genocidio?» chiediamo con fermezza i referenti del Movimento Globale a Gaza Campania. «È il momento della mobilitazione totale». E Napoli ha risposto con una partecipazione imponente. «Napoli lo sa da che parte sta: Palestina libera!» è stato l’urlo potente che si è alzato da Piazza del Gesù, una voce corale di solidarietà, di protesta ma anche di speranza, pensando alla missione della Global Flotilla in queste ore. Comunità palestinesi, Centro Culturale Handala Alì, Global Flotilla di Terra Campania, sindacati, organizzazioni territoriali, ANPI, collettivi studenteschi, centri sociali, attivisti, militanti e migliaia di cittadini comuni hanno invaso la piazza. Una mobilitazione coordinata in vista della grande manifestazione del 4 ottobre a Roma e dello sciopero generale indetto dai sindacati di base USB e CALP per il 22 settembre, che interesserà anche il blocco del porto di Napoli, delle ferrovie, degli aeroporti e delle università, con presidi in tutte le città italiane. Sugli striscioni campeggiava la scritta: «Bloccheremo tutto». Il corteo, numeroso ma assolutamente pacifico, è partito da Piazza del Gesù sfilando lungo via Monteoliveto e via Medina fino a Piazza Municipio. Una folla immensa, come da tempo non si vedeva, ha riempito le strade con bandiere, cartelloni e slogan. Donne, uomini e bambini – tantissimi, tenuti per mano dalle loro madri – hanno camminato insieme in un clima di forte emozione. Alle 17.30 Piazza del Gesù era già gremita. Le bandiere della Palestina sventolavano insieme ad altri simboli. L’atmosfera si è caricata di rabbia, dolore ma anche di tanta speranza. «Gaza resiste, la Palestina esiste!» è stato lo slogan più gridato. Piazza del Gesù si è trasformata in un simbolo di resistenza. Sumud è la parola che accompagna la missione umanitaria, e sumud – resistenza e resilienza – è quella che il popolo palestinese continua a praticare. «La resistenza resiste! Gli interessi economici e geopolitici non possono valere più delle vite umane», ha gridato un ragazzo al megafono. Il coro collettivo ha accompagnato l’intero percorso, con slogan scanditi in italiano e in arabo. Lungo il tragitto altre persone si sono aggiunte, facendo crescere ulteriormente il corteo: quando la testa è arrivata in Piazza Municipio, la coda era ancora all’altezza della Questura. Gli studenti dei collettivi universitari hanno ricordato di aver chiesto al rettore della Federico II di sospendere ogni accordo accademico con le università israeliane: «Purtroppo non c’è stata alcuna risposta, e vogliamo dirlo qui con forza», ha dichiarato un’attivista. In Piazza Municipio i manifestanti si sono seduti a terra e hanno proseguito il presidio. La mobilitazione non si ferma: «Fermare le armi non è reato». A Napoli le iniziative continuano in preparazione dello sciopero generale di lunedì 22 settembre. – Oggi, 17 settembre: assemblea pubblica alle ore 18 al Parco Ventaglieri a Montesanto. – Giovedì 18 settembre: assemblea pubblica alle ore 17 al Centro Sociale “Carlo Giuliani” in via Rossarol. – Venerdì 19 settembre: manifestazione regionale indetta dalla CGIL alle ore 17.30 a Piazza del Gesù. – Lunedì 22 settembre: sciopero generale. Redazione Napoli
Mille bandiere per Gaza sul Pontile di Bagnoli
Difendi le barche della Global Sumud Flotilla Domenica 14 settembre corteo e manifestazione a Napoli a sostegno della Global Sumud Flotilla “ Difendi le barche della Global Sumud Flotilla ” è lo slogan lanciato dal Global Movement to Gaza per la Campania, che ha promosso per domenica 14 settembre una manifestazione con corteo per le strade di Bagnoli . Il corteo partirà alle ore 11:00 da Viale Campi Flegrei e si dirigerà verso il Pontile di Bagnoli , dove intorno alle ore 12:00 accoglierà le imbarcazioni provenienti da Torre Annunziata e Torregaveta. Ancora una volta, come un’onda inarrestabile, si scende in piazza per sostenere il popolo palestinese ed essere al fianco della missione umanitaria della Global Sumud Flotilla . La scelta di Bagnoli non è casuale: quartiere operaio che negli anni ’60 e ’70 è stato all’avanguardia del movimento di solidarietà con il popolo vietnamita in lotta contro il colonialismo, come ricordano gli attivisti del Movimento. I cittadini di Bagnoli sono chiamati a testimoniare concretamente quei valori e quella storia, a schierarsi senza ambiguità con la resistenza del popolo palestinese contro l’aggressione genocida del governo di Israele. È una chiamata all’agitazione permanente, in linea ea fianco della mobilitazione mondiale di solidarietà contro l’aberrante progetto di morte che cresce nel mondo ogni giorno, e al sostegno degli oltre mille attivisti provenienti da 44 Paesi che si stanno dirigendo verso Gaza con l’obiettivo di rompere l’assedio e portare aiuti concreti a una popolazione stremata, mentre le imbarcazioni subiscono pesanti attacchi dal cielo nelle acque tunisine. La Global Flotilla di terra della Campania chiede al governo di tutelare e proteggere i cittadini a bordo delle imbarcazioni, il ripristino della legalità internazionale e l’applicazione di sanzioni contro Israele. Nessuno può più rimanere inerme: è una chiamata rivolta a tutti. C’è bisogno come non mai di una voce collettiva che si levi sempre più alta, un grido contro cui devono infrangersi le minacce alla vita stessa degli attivisti. Bagnoli e l’Area Flegrea , territori di pace e di accoglienza, anche questa volta saranno in prima fila. Redazione Napoli
A Milano migliaia in corteo per il Leoncavallo
50.000 persone di tutte le età, provenienti da varie regioni d’Italia. hanno manifestato oggi a Milano in solidarietà con il Leoncavallo, il centro sociale sgomberato il 21 agosto scorso. Un gruppo di giovani ha appeso alle impalcature del cantiere del “Pirellino” due lunghi striscioni con la scritta “Giù le mani dagli spazi sociali”. All’ingresso in piazza Duomo, tra fumogeni e petardi, un altro striscione con la scritta “Giù le mani dalla città” è stato affisso alla statua equestre del Re Vittorio Emanuele II. Foto di Gemma Bird Redazione Milano
In piena Mostra del cinema di Venezia il successo della manifestazione pro Palestina
La manifestazione ‘Stop al genocidio – Corteo per la Palestina’ che si è svolta nel tardo pomeriggio del 30 agosto al Lido di Venezia, in piena Mostra cinematografica proprio per attirare il più possibile l’attenzione sulla tragedia, è stata un successo: c’è chi parla di cinquemila, chi di diecimila partecipanti. Erano indubbiamente tantissimi, un fiume di persone che per ore hanno invaso il Lido di Venezia al grido di “Palestina Libera”,  sono arrivati a lambire  pacificamente i dintorni del Palazzo del Cinema per poi tornare sui loro passi. La manifestazione è stata organizzata da un comitato che riunisce oltre 200 associazioni insieme ai centri sociali del Nord Est. Oltre ai centri, alle associazioni come quella degli Artisti No Bavaglio, ai sindacati, l’evento è stato lanciato in particolare dal gruppo Venice4Palestine, fatto di tecnici e lavoratori dello spettacolo. Più di 1.500 artisti e cineasti lo scorso 22 agosto hanno firmato un appello contro il genocidio a Gaza e i crimini contro l’umanità commessi da Israele. Da Rosi, a Toni Servillo, alle sorelle Rohrwacher, a Emanuela Fanelli, conduttrice della serata inaugurale della Mostra del cinema di Venezia, agli attori Michele Riondino ed Elio Germano, al fumettista Zerocalcare, alle attrici Valentina Bellè e Laura Morante, alla regista Carolina Cavalli, sono queste alcune delle personalità dello spettacolo che hanno dato l’adesione. Vincenzo Vita, giornalista, saggista e politico, presente alla manifestazione, ha così espresso il significato della partecipazione sua e delle associazioni da  lui rappresentate:  “Articolo21 e l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico sono a questa bellissima iniziativa perché oggi è in corso un genocidio, perché la caratteristica di questa nuova stagione autoritaria è di non volere che si sappia quello che succede,  ragion per cui si oscura l’informazione e si cancella la memoria. Quella memoria che rende possibile fare confronti e capire che ciò che accade oggi non è del tutto inedito, che potrebbe cioè tornare quel buio del ‘900 che abbiamo rimosso …” Foto di Bruna Alasia e Marino Bisso, Rete no bavaglio Bruna Alasia
Molfetta, 24 luglio: corteo per liberazione del popolo palestinese, pace e giustizia in Medio Oriente
GIOVEDÌ, 24 LUGLIO 2025 – ORE 19:00 CORSO UMBERTO, ALTEZZA GALLERIA PATRIOTI MOLFETTESI Invitiamo tutte le associazioni, i collettivi, i comitati e le realtà politicamente attive nella città di Molfetta, nonché tutti i cittadini e le persone che vivono e attraversano la città, a partecipare ad un forte momento di mobilitazione a Molfetta contro il genocidio del popolo palestinese e per la pace e la giustizia nel mondo. Come ben noto a tutti e a tutte, dal 7 ottobre 2023 sono stati uccisi dall’esercito israeliano 62.614 palestinesi nella Striscia di Gaza. La Striscia di Gaza è completamente distrutta. Numerosissimi sono le donne e i bambini palestinesi uccisi. 28 mila donne e ragazze. Lo dice UN Women, che ha calcolato come, in media, da ottobre 2023 vengano uccise da raid israeliani due donne palestinesi ogni ora. Dal 7 ottobre 2023, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno 16.800 bambini, secondo i funzionari palestinesi. Alcuni investigatori della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sul territorio palestinese occupato hanno affermato che la violenza sessuale e di genere da parte delle forze di sicurezza israeliane contro i palestinesi, compresi i bambini, è stata sempre più utilizzata “come metodo di guerra” dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 che hanno aperto le porte al genocidio a Gaza. La popolazione della Striscia non ha accesso ad aiuti umanitari bloccati dal governo israeliano, il quale ha imposto la consegna di beni di prima necessità – in quantità e modalità ritenute completamente inadeguate dalle autorità delle Nazioni Unite – attraverso una propria ONG appena costituita, la Gaza Humanitarian Foundation, sbeffeggiando ogni norma internazionale. Si continuano a segnalare spari contro i palestinesi che cercano di accedere alle scorte di cibo a Gaza, con conseguenti vittime, e il blocco del carburante in corso sta mettendo a grave rischio i servizi di sostentamento vitale. Almeno 463 operatori umanitari sono stati uccisi a Gaza dall’ottobre 2023. Il numero dei giornalisti e dei reporter morti è tra i più alti di sempre; almeno 229 giornalisti palestinesi sono deceduti a Gaza. Secondo le organizzazioni per i diritti umani e i rapporti delle Nazioni Unite, le forze israeliane hanno deliberatamente preso di mira giornalisti e istituzioni mediatiche. Oltre 400 giornalisti sono rimasti feriti, decine sono stati arrestati e gli uffici della maggior parte delle testate giornalistiche locali e internazionali che operano nella Striscia sono stati distrutti. A Gaza è in atto un genocidio ormai da oltre un anno per mano del governo israeliano mentre in Cisgiordania continuano le violenze da parte dei coloni israeliani nei confronti della popolazione autoctona palestinese con l’obiettivo di colonizzare sempre più territorio. Il governo del presidente Benjamin Netanyahu, con la sua filosofia di matrice sionista, affligge il popolo palestinese e il suo diritto all’autodeterminazione, minato fin dalla Nakba – l’esodo forzato del 1948 – che ha privato più di 700 mila palestinesi della propria terra. Nonostante l’opposizione interna di pochi cittadini israeliani che rifiutano di prendere parte alla violenza del proprio esercito, e la grande mobilitazione di ebrei in tutto il mondo per lo stop al conflitto e al progetto coloniale di Israele, il governo di destra di Netanyahu rimane al potere, impunito, blandamente criticato o supportato da molti governi occidentali, tra cui quello italiano e quello europeo. I mandati d’arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu e dell’ex ministro della difesa Yoav Gallant non hanno interrotto, come era doveroso che accadesse, i rapporti bilaterali tra Israele e i suoi storici alleati occidentali. Numerose aziende, prime tra tutte quelle dell’industria bellica e dell’intelligence, si sono arricchite e continuano a farlo in questi mesi sulla pelle dei palestinesi. In questo Paese che tentenna a prendere una posizione seria e forte nei confronti del genocidio in atto, in questa Europa che non vive all’altezza dei propri valori costitutivi, occorre unirsi in nome della pace e della giustizia, rigettando anti-semitismo e islamofobia, facendosi portavoce di lotta contro il razzismo, il sionismo e il colonialismo. É importante che la nostra città caratterizzata da una tradizione pacifista faccia sentire forte la propria voce a sostegno del popolo palestinese e contro la violenza nei confronti delle persone inermi da parte degli eserciti e dei gruppi armati di ogni colore politico. Non è più tempo di delegare, di lasciar correre. Mala tempora currunt e i nostri silenzi verranno giudicati complici dalla storia. La Palestina è molto più di un popolo. La Palestina è anche molto più della storia aberrante di un genocidio. La Palestina parla di noi occidentali, dei nostri governi complici, delle “nostre” aziende che fanno profitti, del nostro spirito colonialista che non siamo mai a riusciti a scalfire alla radice. Ciò che succede in Palestina ci riguarda tutti. Per questo, giovedì 24 luglio 2025, scendiamo tutt* in piazza! Per dire: SÌ ALLA PACE. NO AL RIARMO. STOP AL GENOCIDIO. Ore 19:00 → Incontro a Corso Umberto, altezza Galleria Patrioti Molfettesi Camminiamo insieme fino al Calvario e al monumento dedicato a Don Tonino Bello, a ridosso della Villa Comunale. Chiudiamo il corteo con ospiti e interventi a Piazza Municipio. NON MANCARE. FREE PALESTINE. Le adesioni per la partecipazione possono essere inviate al Coordinamento Molfetta per la Palestina tramite email: molfetta.palestina.coordinamento@gmail.com COMITATO PROMOTORE Coordinamento Molfetta per la Palestina  (Le Macerie Baracche Ribelli, Fa’ – Fiera delle Autoproduzioni, Partito della Rifondazione Comunista Molfetta) Amnesty International Molfetta ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Associazione di Promozione Sociale “Guglielmo Minervini” Azione Cattolica C.d.a.l. – Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali Camera del lavoro CGIL di Molfetta Casa per la Pace A.P.S. Centro Antiviolenza Pandora Città dell’Uomo Cobas Scuola Molfetta Comitato Difesa Verde e Territorio Conte Rosso Social Club Legambiente LO STREGATTO-MOLFETTA associazione animalista/ambientalista Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Presidio Libera di Molfetta “Gianni Carnicella” R.A.D.I.C.I. Aps Sportello Medico Popolare Molfetta odv TESSERE – Prospettive di città OdV
NÙGORO IN PRATZA PRO SA PALESTINA
Il 19 giugno, a Nuoro, migliaia di persone sono scese in piazza, per denunciare il genocidio in atto in Palestina e per rivendicare il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Al corteo, promosso dalla recentemente costituita “Assemblea contra a sa gherra”, composta da diverse realtà e individualità attive nel territorio, ci siamo ritrovat* in tant*, esprimendo a gran voce l’opposizione all’occupazione militare in Sardegna, sottolineando il ruolo cruciale della nostra Isola nello scenario bellico internazionale e la necessità di non esserne complici. Lungo le vie del centro, a questo proposito, abbiamo denunciato la recente scoperta di ordigni inesplosi al largo delle coste ogliastrine, provenienti dal Poligono Interforze del Salto di Quirra, così come i fatti di Decimomannu, esprimendo grande solidarietà‌ al compagno Luca, attualmente agli arresti domiciliari in seguito ai fatti del 10 maggio a Cagliari. Abbiamo lanciato un chiaro messaggio verso il governo regionale e le amministrazioni locali, tra cui/come la neoletta giunta comunale nuorese, per chiedere, da parte loro, il riconoscimento dell’autodeterminazione del popolo palestinese. È stata evidenziata l’importanza del boicottaggio, su diversi livelli, dell’entità sionista: in ambito istituzionale e in ambito accademico, con la cessazione della collaborazione con le Università‌ israeliane, gli enti e le imprese dello Stato di Israele, e in ambito individuale, promuovendo la scelta di non acquistare prodotti provenienti dallo stesso paese e, in generale, da aziende che finanziano il genocidio in corso. Siamo sces* in piazza esprimendo la nostra forte condanna al progetto di riarmo europeo, e alla conseguente narrazione bellicista che imperversa nei media mainstream, e abbiamo esplicitato la nostra indignazione per le politiche repressive portate avanti dal governo Meloni, culminate con l’entrata in vigore del ddl 1660. In definitiva, questo percorso aperto, alimentato da realtà differenti unite da istanze comuni, ha portato a un primo traguardo, ovvero una manifestazione significativa e realmente partecipata. Auspichiamo che questa grande giornata di piazza possa aprire una nuova stagione di partecipazione, costruzione politica popolare e mobilitazione, in un territorio attraversato da mille problematicità, ma, come dimostrato, con una forte sensibilità verso ciò che accade qui e dall’altra parte del Mediterraneo. #aforas
Coordinamento Disarmiamoli, 30.000 in piazza a Roma
Se dovessimo utilizzare un’immagine per descrivere la piazza di ieri, 21 giugno, partita da piazza Vittorio per arrivare ai Fori Imperiali e organizzata dal coordinamento Disarmiamoli (composto, tra le altre moltissime realtà, da Potere al Popolo, Unione Sindacale di Base, Collettivi Autorganizzati Universitari e Cambiare Rotta) useremmo quella di un mare in tempesta. Sì, perché 30.000 persone, lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, persone migranti, studenti e studentesse di tutte le età, come gocce, unendosi, sono andate a formare un mare in tempesta e hanno scosso Roma, scegliendo convintamente di aderire a quella piazza per urlare la necessità di un disarmo, per gridare la propria opposizione ai folli piani di riarmo che, sotto diverse forme, estrema destra e centro sinistra portano avanti in Italia e in Europa. Il mare in tempesta non è ambiguo, e così non lo è stato neanche il corteo di ieri, che ha deciso di mostrare plasticamente a tutte e tutti, tramite azioni simboliche, che bisogna liberarsi dei simboli dell’oppressione, liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della guerra. Liberarsene non essendo ingranaggi per la macchina mortale del capitalismo di guerra del nostro tempo: rifiutandosi, come hanno fatto i portuali d’Europa, di movimentare materiale bellico; opponendosi nelle scuole e nelle università ad accordi e convenzioni con industrie e banche della morte; provando a sperimentare organizzazione e modi di stare insieme che non rispondano a meccanismi di profitto o di potere. Queste erano le persone scese in piazza ieri in piazza Vittorio, quelle 30.000 persone che da anni subiscono sulla loro pelle gli effetti dell’economia di guerra, le conseguenze di scelte politiche securitarie, antisociali e antisindacali. Il bombardamento americano sull’Iran di questa notte, la possibilità che le basi militari italiane vengano coinvolte e l’escalation bellica in corso ci mettono di fronte alla necessità di essere chiari su che cosa intendiamo quando parliamo di “pace”, di dire chiaramente che la NATO è uno strumento di guerra nel mondo, da cui è necessario prendere le distanze e di essere chiari sul fatto che il problema non è il governo di Netanyahu o l’emergenza umanitaria a Gaza, ma le dinamiche colonialiste e razziste su cui si basa il progetto politico del sionismo e dello Stato di Israele. La mancanza di chiarezza nel dibattito pubblico su che cosa significhi la parola “pace” ha come ripercussione la legittimazione delle feroci dichiarazioni di Trump, magicamente divenuto un “pacificatore” nel bombardare l’Iran. Questo non può essere permesso. Dal corteo del Coordinamento Disarmiamoli questo è l’invito: «È venuto il momento dell’unità di tutti coloro che hanno un’idea di futuro diversa, ma questo futuro si può costruire solamente attraverso l’autonomia da coloro che strumentalizzano il concetto di pace per portarci alla guerra, l’autonomia da quei soggetti per cui la pace non è un argomento abbastanza importante per dividersi dai propri alleati storici». Emiliano Palpacelli
QUANTO COSTA LA GUERRA?
L’altro ieri, a quasi 20 giorni dalla conclusione dell’esercitazione interforze Joint Stars 2025, è stata resa pubblica dai giornali sardi la presenza di due ordigni inesplosi nelle acque fronte ai territori occupati dal Poligono Interforze del Salto di Quirra. La notizia proviene da due ordinanze della Capitaneria di porto di Arbatax, pubblicate rispettivamente il 30 maggio e il 3 giugno che fanno riferimento alla presenza di due missili a carica esplosiva, lanciati durante l’esercitazione Joints Star. Si tratterebbe di un STINGER e un ASTER30, rispettivamente a 100 e 600 metri di profondità, di cui il primo in linea con la spiaggia di Murtas, anche se distante dalla riva, e il secondo più al largo, secondo quanto comunicato nelle due ordinanze. Il secondo di questi, l’ASTER30, come viene riportato dai giornali, appartiene al sistema di missili SampT, fornito dall’Europa all’Ucraina. Di fabbricazione italo-francese (Eurosam) ha un costo di 2.000.000 di euro per missile ed è stato recentemente oggetto di acquisto – si parla di circa 220 unità –, da parte di Regno Unito, Francia e Italia, nell’ambito del programma ReArm Europe, per un totale, stimiamo, di circa 440.000.000 di euro. Se 440.000.000 di euro ci sembrano molti, quanti sono gli 800 miliardi che l’Europa ha richiesto per il suo programma bellicista? I costi della guerra sono tanti; in primis nei luoghi in cui la guerra viene importata, foraggiando l’industria bellica con le violenze compiute su corpi e territori. A seguire nei luoghi dove lo Stato preferisce investire in armamenti più che in sanità, in armi più che nell’istruzione, dove la terra che poteva essere coltivata è resa incalpestabile a causa delle sperimentazioni, dove natura e ecosistemi, vita umana e non, diventano sacrificabili per il solo motivo di poter garantire la riproduzione di un sistema che da cinquecento anni opprime, sfrutta, violenta e uccide in tutto il mondo. E così degli ordigni inesplosi nel nostro mare risultano solo un piccolo danno collaterale, non degno di essere reso noto. Per lo Stato italiano la nostra salute e la nostra sicurezza, nostre e dei nostri territori, sono da sempre un piccolo danno collaterale, anche esso non degno di essere noto. Vorrebbero una Sardegna vuota, alcun* già pensano sia così. Ma si sbagliano. Ci vediamo domani, 19 giugno, a Nuoro, ore 18, fronte Stazione dei treni. In Pratza pro sa Palestina. Per la Palestina, contro il genocidio, e contro la guerra. Uniti e solidali a tutt* “i piccoli danni collaterali” del mondo.
Corteo contro il dl Sicurezza: non vincono, non vinceranno, non hanno domani
Un corteo imponente, unitario, pacifico nelle forme ma determinato nei contenuti ha attraversato Roma, dalla multietnica Piazza Vittorio alla storica Piazza di Porta San Paolo, luogo dove iniziò dopo l’8 settembre la Resistenza a Roma contro i nazifascisti. Negli anni Sessanta fu luogo di scontri tra forze dell’ordine e lavoratori a seguito della svolta a destra del quadro politico per il sostegno che il Movimento Sociale Italiano diede al governo del democristiano Tambroni. La svolta a destra venne fermata dando inizio alla stagione riformatrice dei governi di cento sinistra, ma il costo fu alto per le vittime causate dalla iniziale, brutale repressione. Dopo un lungo percorso seguendo le Mura Aureliane, decine di migliaia di giovani e giovanissimi hanno interamente occupato la piazza, riempiendola di colori e della musica sparata a tutto volume dai diversi camion che hanno accompagnato il corteo, che più che marciare ballava libero e scatenato, con la certezza di stare dalla parte giusta della Storia e che il futuro non potrà che appartenere a loro. Un corteo di opposizione politica, sociale e culturale a un governo che senza mezzi termini viene definito reazionario e fascista, a cui non si chiede nulla se non di andarsene (“Te ne vai o no, te ne vai sì o no!”). Durante il percorso si alternano le differenti anime di un movimento unitario con uno slancio che la variegata sinistra italiana riesce ad avere soltanto quando il pericolo di perdere la nostra fragile democrazia diventa concreto. Così sono molte e variegate le associazioni che accompagnano i giovanissimi, quelli dei centri sociali ma non solo, poiché per questo governo essere giovani è di per sé motivo di sospetto, salvo vestirsi con capi firmati che denotano l’appartenenza reale o ideologica al campo delle classi dominanti e privilegiate. L’antiproibizionismo è visto dai ragazzi e dalle ragazze come il cuore di un’ideologia reazionaria pronta a colpire i consumatori di marjuana, ma impotente o direttamente collusa con le mafie in doppio petto che si spartiscono il mercato delle sostanze pesanti, a cominciare dalla cocaina. Prendono la parola i collettivi transfemministi e ambientalisti, i comitati per il diritto ad abitare, i gruppi territoriali antifascisti e antirazzisti, i sintonizzati gruppi di solidarietà con la  Palestina e il Rojava, i comitati dei precari, ma anche i rappresentanti della CGIL e dei Cobas, dell’Anpi e dell’Arci, di Amnesty International, dei Giuristi Democratici e del Cred, dell’Alleanza Verdi Sinistra e di Rifondazione Comunista e infine la variegata galassia di militanti della sinistra comunista. La partecipazione imponente, pacifica ma determinata e unitaria insieme all’età media finalmente piuttosto bassa fanno ben sperare. “È soltanto l’inizio. Non passeranno!” dicono. Inguaribile e velleitario ottimismo? Staremo a vedere, ma non dalla finestra, marciando insieme a loro. Foto di Mauro Zanella e Rete No Bavaglio Mauro Carlo Zanella