
Il presidio giornaliero per la Palestina a Cagliari: ne parliamo con Vania Erby, portavoce del Comitato “Can’t stay silent”
Pressenza - Friday, November 28, 2025Ho incontrato per la prima volta Vania Erby in occasione della manifestazione del Movimento spontaneo per la Palestina “Can’t stay silent”-La corsa dell’indignazione, avendo ricevuto il comunicato stampa con il quale veniva annunciata per il 5 settembre 2025; comunicato pubblicato da pressenza il 2 settembre. Ingegnere, libera professionista in tematiche ambientali, coltiva la passione per lo sport, la corsa in montagna; inoltre, è attivista ambientale e per i diritti umani. Anima e portavoce del movimento.
Da dove nasce il tuo impegno per la Palestina e come è sorto il movimento “Can’t stay silent” che quest’estate, a più riprese, ha riempito le strade di Cagliari di migliaia di persone?
Ti ringrazio per questa domanda che mi consente di pormi interrogativi importanti. L’impegno civile nasce sempre dal desiderio di vivere in un mondo “ideale” nel quale diritti e doveri dovrebbero essere realmente uguali per tutti, dove la libertà degli individui non dovrebbe essere messa in discussione e dove il diritto alla vita non dovrebbe essere mai violato. L’impegno, per formazione personale, nasce decine di anni fa in relazione a tematiche ambientali, oramai però le evidenze della storia attuale ci raccontano che non è possibile separare le lotte sulla questione climatica dalle lotte per i diritti degli individui.
L’impegno civile credo sia una questione di ideali, coscienza, valori e giustizia, valori che si sente la necessità di condividere con i nostri simili. L’obiettivo delle lotte è sempre quello di tutelare il bene comune ed è questo il concetto che le supporta tutte. Negli scorsi mesi le evidenze, visibili in mondo visione, delle atrocità commesse nella striscia di Gaza dal governo israeliano e dallo stato di apartheid, le violazioni dei diritti civili in Cisgiordania, sono stati gli elementi trainanti che hanno smosso le coscienze. Credo che il movimento “Can’t stay silent” sia stato capace in qualche modo di accendere una miccia, di innescare una scintilla che ha permesso di infuocare il cuore dei cagliaritani e di farli scendere in massa nelle piazze della nostra città.
Da movimento spontaneo “Can’t stay silent”-La corsa dell’indignazione (era il titolo dato alla prima manifestazione); si è poi trasformato in Comitato e ha collaborato con l’ “Associazione Amicizia Sardegna Palestina” e il “Comitato Sardo di Solidarietà con la Palestina”. Vuoi raccontarci le motivazioni di questo sviluppo.
La risposta a questa domanda è semplice e unica: scendiamo in piazza per i diritti dei cittadini, per il diritto inviolabile di tutti i popoli alla libertà, ma scendiamo in loro rappresentanza e non credo sarebbe stato né giusto né possibile farlo senza le persone palestinesi, senza che loro fossero l’anima portante della protesta. L’unione di intenti porta sempre a cose grandi, come poi è accaduto. A Cagliari non ricordo a memoria manifestazioni così imponenti negli ultimi 30 anni. La forza della coesione fa proprio la differenza.
L’ultima iniziativa del Comitato “Can’t stay silent”, di cui sei la portavoce, è il presidio quotidiano a Cagliari, in Piazza Yenne, che ha riscosso l’adesione di tante persone. In altre città italiane ci sono presidi periodici, per lo più settimanali, ma di giornalieri, oltre a quello di Cagliari, è conosciuto quello di Milano. Ti chiedo com’è stata la partecipazione (dal 31 ottobre ad oggi)?
Dopo la manifestazione nella quale i sindacati si sono uniti, in cui a Roma sono scese in piazza 2 milioni di persone e a Cagliari, io credo, almeno 30.000, per gridare in pace “Palestina libera!”. Dopo che si è raggiunta il 10 ottobre una falsa tregua chiamata pace, gli animi delle persone in Sardegna, ma credo nel mondo intero, si sono riappacificati con quanto i governi occidentali ci hanno voluto far credere. Sappiamo bene però che tutto questo è un grande inganno, che la pace è un grande inganno perché non vera.
Israele continua a portare avanti il suo piano genocida, a spostare la linea gialla, continua a radere al suolo le case dei palestinesi a distruggere infrastrutture che con le forti piogge hanno ridotto i campi tendati in un mare di acqua, hanno trasformato i campi in luoghi invivibili. Oggi, Israele sta sterminando il popolo palestinese. In particolar modo uccide le bambine e i bambini palestinesi, soggetti preferiti di annientamento.

Vania Erby (foto Facebook)
Mi sono chiesta perché scegliesse prioritariamente i bambini e le bambine; credo che la risposta sia semplice e scontata. I bambini e le bambine rappresentano il futuro; rappresentano, da un lato la speranza di sopravvivenza e dall’altro, per gli israeliani, l’ostacolo alla conquista e al predominio assoluto in terra di Palestina.
Oggi noi non ci stiamo, continuiamo a scendere in piazza per i diritti degli indifesi: di bambini donne e uomini che chiedono solo di vivere. Ogni giorno siamo e saremo in piazza Yenne a Cagliari dalle 19:00 alle 20:00 e invitiamo tutti quelli che condividono i nostri principi e la nostra sofferenza ad unirci a noi. Con oggi siamo in piazza da 30 giorni.
Tante persone si sono unite a noi in questi 30 giorni, persone che come noi non riuscivano più a tenersi dentro al cuore la sofferenza per questo massacro, persone che hanno deciso che il silenzio non poteva continuare, perché oggi il silenzio uccide più di prima.
Non poche persone si sono domandate perché non si è scesi in piazza anche per solidarizzare con le altre popolazioni che nel mondo subiscono guerre altrettanto crudeli, e di cui poco si parla; penso in particolare alle guerre nelle Afriche: Sudan, Mali, Repubblica Democratica del Congo, Sahara Occidentale che vede coinvolta la popolazione Sahrawi, ecc.
Certamente, il silenzio uccide in molte parti del pianeta. Per questo abbiamo deciso che ci schieriamo con tutti i popoli che, nel nostro piccolo, vogliamo difendere con la nostra voce, quei popoli che gli stati sovrani hanno deciso di non difendere.
Con il presidio di Milano c’è stato qualche contatto; si è creata una qualche sinergia? Le prospettive per il futuro?
Fare rete è l’unica cosa che permetterà alla protesta di acquisire coscienza e forza. Circa 40 giorni fa vidi la foto su internet del presidio di Milano ed è lì che ho capito che quella era una buona strada per costruire consapevolezza e sviluppare azioni concrete di dissenso, creare un luogo di discussione, un luogo dove le proteste per i diritti umani violati potessero trovare casa.
Sono entrata in contatto subito con la piazza di Milano e spesso ci sentiamo. L’unione fa la forza e non solo a parole.
Grazie, Vania per questa tua testimonianza, per il tuo impegno personale e quello del Comitato “Can’t stay silent”, per il presidio quotidiano che animi in piazza Yenne, in solidarietà con la popolazione palestinese della Striscia di Gaza e della Cisgiordania occupata e con tutti i popoli, i diritti dei quali vengono calpestati.