Il presidio giornaliero per la Palestina a Cagliari: ne parliamo con Vania Erby, portavoce del Comitato “Can’t stay silent”
Ho incontrato per la prima volta Vania Erby in occasione della manifestazione
del Movimento spontaneo per la Palestina “Can’t stay silent”-La corsa
dell’indignazione, avendo ricevuto il comunicato stampa con il quale veniva
annunciata per il 5 settembre 2025; comunicato pubblicato da pressenza il 2
settembre. Ingegnere, libera professionista in tematiche ambientali, coltiva la
passione per lo sport, la corsa in montagna; inoltre, è attivista ambientale e
per i diritti umani. Anima e portavoce del movimento.
Da dove nasce il tuo impegno per la Palestina e come è sorto il movimento “Can’t
stay silent” che quest’estate, a più riprese, ha riempito le strade di Cagliari
di migliaia di persone?
Ti ringrazio per questa domanda che mi consente di pormi interrogativi
importanti. L’impegno civile nasce sempre dal desiderio di vivere in un mondo
“ideale” nel quale diritti e doveri dovrebbero essere realmente uguali per
tutti, dove la libertà degli individui non dovrebbe essere messa in discussione
e dove il diritto alla vita non dovrebbe essere mai violato. L’impegno, per
formazione personale, nasce decine di anni fa in relazione a tematiche
ambientali, oramai però le evidenze della storia attuale ci raccontano che non è
possibile separare le lotte sulla questione climatica dalle lotte per i diritti
degli individui.
L’impegno civile credo sia una questione di ideali, coscienza, valori e
giustizia, valori che si sente la necessità di condividere con i nostri simili.
L’obiettivo delle lotte è sempre quello di tutelare il bene comune ed è questo
il concetto che le supporta tutte. Negli scorsi mesi le evidenze, visibili in
mondo visione, delle atrocità commesse nella striscia di Gaza dal governo
israeliano e dallo stato di apartheid, le violazioni dei diritti civili in
Cisgiordania, sono stati gli elementi trainanti che hanno smosso le coscienze.
Credo che il movimento “Can’t stay silent” sia stato capace in qualche modo di
accendere una miccia, di innescare una scintilla che ha permesso di infuocare il
cuore dei cagliaritani e di farli scendere in massa nelle piazze della nostra
città.
Da movimento spontaneo “Can’t stay silent”-La corsa dell’indignazione (era il
titolo dato alla prima manifestazione); si è poi trasformato in Comitato e ha
collaborato con l’ “Associazione Amicizia Sardegna Palestina” e il “Comitato
Sardo di Solidarietà con la Palestina”. Vuoi raccontarci le motivazioni di
questo sviluppo.
La risposta a questa domanda è semplice e unica: scendiamo in piazza per i
diritti dei cittadini, per il diritto inviolabile di tutti i popoli alla
libertà, ma scendiamo in loro rappresentanza e non credo sarebbe stato né giusto
né possibile farlo senza le persone palestinesi, senza che loro fossero l’anima
portante della protesta. L’unione di intenti porta sempre a cose grandi, come
poi è accaduto. A Cagliari non ricordo a memoria manifestazioni così imponenti
negli ultimi 30 anni. La forza della coesione fa proprio la differenza.
L’ultima iniziativa del Comitato “Can’t stay silent”, di cui sei la portavoce, è
il presidio quotidiano a Cagliari, in Piazza Yenne, che ha riscosso l’adesione
di tante persone. In altre città italiane ci sono presidi periodici, per lo più
settimanali, ma di giornalieri, oltre a quello di Cagliari, è conosciuto quello
di Milano. Ti chiedo com’è stata la partecipazione (dal 31 ottobre ad oggi)?
Dopo la manifestazione nella quale i sindacati si sono uniti, in cui a Roma sono
scese in piazza 2 milioni di persone e a Cagliari, io credo, almeno 30.000, per
gridare in pace “Palestina libera!”. Dopo che si è raggiunta il 10 ottobre una
falsa tregua chiamata pace, gli animi delle persone in Sardegna, ma credo nel
mondo intero, si sono riappacificati con quanto i governi occidentali ci hanno
voluto far credere. Sappiamo bene però che tutto questo è un grande inganno, che
la pace è un grande inganno perché non vera.
Israele continua a portare avanti il suo piano genocida, a spostare la linea
gialla, continua a radere al suolo le case dei palestinesi a distruggere
infrastrutture che con le forti piogge hanno ridotto i campi tendati in un mare
di acqua, hanno trasformato i campi in luoghi invivibili. Oggi, Israele sta
sterminando il popolo palestinese. In particolar modo uccide le bambine e i
bambini palestinesi, soggetti preferiti di annientamento.
Vania Erby (foto Facebook)
Mi sono chiesta perché scegliesse prioritariamente i bambini e le bambine; credo
che la risposta sia semplice e scontata. I bambini e le bambine rappresentano il
futuro; rappresentano, da un lato la speranza di sopravvivenza e dall’altro, per
gli israeliani, l’ostacolo alla conquista e al predominio assoluto in terra di
Palestina.
Oggi noi non ci stiamo, continuiamo a scendere in piazza per i diritti degli
indifesi: di bambini donne e uomini che chiedono solo di vivere. Ogni giorno
siamo e saremo in piazza Yenne a Cagliari dalle 19:00 alle 20:00 e invitiamo
tutti quelli che condividono i nostri principi e la nostra sofferenza ad unirci
a noi. Con oggi siamo in piazza da 30 giorni.
Tante persone si sono unite a noi in questi 30 giorni, persone che come noi non
riuscivano più a tenersi dentro al cuore la sofferenza per questo massacro,
persone che hanno deciso che il silenzio non poteva continuare, perché oggi il
silenzio uccide più di prima.
Non poche persone si sono domandate perché non si è scesi in piazza anche per
solidarizzare con le altre popolazioni che nel mondo subiscono guerre
altrettanto crudeli, e di cui poco si parla; penso in particolare alle guerre
nelle Afriche: Sudan, Mali, Repubblica Democratica del Congo, Sahara Occidentale
che vede coinvolta la popolazione Sahrawi, ecc.
Certamente, il silenzio uccide in molte parti del pianeta. Per questo abbiamo
deciso che ci schieriamo con tutti i popoli che, nel nostro piccolo, vogliamo
difendere con la nostra voce, quei popoli che gli stati sovrani hanno deciso di
non difendere.
Con il presidio di Milano c’è stato qualche contatto; si è creata una qualche
sinergia? Le prospettive per il futuro?
Fare rete è l’unica cosa che permetterà alla protesta di acquisire coscienza e
forza. Circa 40 giorni fa vidi la foto su internet del presidio di Milano ed è
lì che ho capito che quella era una buona strada per costruire consapevolezza e
sviluppare azioni concrete di dissenso, creare un luogo di discussione, un luogo
dove le proteste per i diritti umani violati potessero trovare casa.
Sono entrata in contatto subito con la piazza di Milano e spesso ci sentiamo.
L’unione fa la forza e non solo a parole.
Grazie, Vania per questa tua testimonianza, per il tuo impegno personale e
quello del Comitato “Can’t stay silent”, per il presidio quotidiano che animi in
piazza Yenne, in solidarietà con la popolazione palestinese della Striscia di
Gaza e della Cisgiordania occupata e con tutti i popoli, i diritti dei quali
vengono calpestati.
Pierpaolo Loi