«Abbiamo agito per salvare vite»: sbarcate le 92 persone soccorse da Mediterranea

Progetto Melting Pot Europa - Wednesday, November 5, 2025

Dopo tre giorni di navigazione e di tensione crescente, la nave Mediterranea è finalmente entrata nel porto di Porto Empedocle alle 16:30 di martedì 4 novembre. Tre ore più tardi, alle 19:35, si sono concluse le operazioni di sbarco di tutte le 92 persone soccorse nel Mediterraneo centrale, tra cui 31 minori non accompagnati.

La decisione di entrare nel porto siciliano è arrivata dopo ore di attesa e di richieste rimaste senza risposta. «Il Comandante ha dichiarato lo stato di necessità a tutela dell’incolumità, della salute e della sicurezza di tutte le persone a bordo», ha spiegato in una nota stampa l’equipaggio.

A bordo la situazione era ormai insostenibile: «Le persone superstiti, già fortemente provate fisicamente e psicologicamente, temevano che ulteriori ritardi comportassero una deportazione in Libia e avevano cominciato a minacciare gesti disperati di autolesionismo».

Mentre le operazioni di sbarco erano in corso, intorno alle 18, la Capitaneria di Porto ha notificato a Mediterranea una diffida formale, intimando alla nave di «riprendere la navigazione senza ritardo verso il porto di Livorno, successivamente allo sbarco dei soli minori».

L’organizzazione parla di un atteggiamento assurdo: «Da una parte è stato riconosciuto che le condizioni di vulnerabilità fisiche e mentali non avrebbero consentito ai naufraghi di affrontare altri tre giorni di navigazione verso Livorno. Dall’altra, le Autorità minacciano ingiustificate ritorsioni contro la nave, colpevole solo di aver adempiuto al proprio dovere».

Ph: Mediterranea

Il porto lontano e la scelta di approdare in Sicilia

Le autorità italiane avevano assegnato a Mediterranea come “porto sicuro” quello di Livorno, distante oltre 630 miglia nautiche – quasi 1.200 chilometri – dalla zona in cui erano stati effettuati i salvataggi. Una decisione definita dall’equipaggio «incomprensibile e pericolosa».

«Un viaggio del genere – aveva denunciato l’organizzazione già la mattina del 4 novembre – non può essere affrontato in sicurezza da persone che hanno sofferto lunghi periodi di detenzione in Libia, terribili violenze e che sono pesantemente traumatizzate. Sono state tre giorni alla deriva senza acqua né cibo». La situazione era ulteriormente aggravata dal maltempo nel Canale di Sicilia: «Venti di Maestrale oltre i venti nodi e onde superiori ai due metri. Non si poteva navigare verso Nord in sicurezza».

Per questo Mediterranea aveva chiesto lo sbarco urgente a Porto Empedocle, segnalando in particolare le condizioni dei minori alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Palermo. La stessa Procura, insieme al Centro internazionale per la salute in mare (CIRM), aveva chiesto di disporre lo sbarco immediato almeno dei minori.

Ma dal Viminale non era arrivata nessuna risposta. «Se davvero le Autorità intendessero farci proseguire con le restanti 61 persone – aveva avvertito Mediterranea – il Governo violerebbe tutte le regole del diritto marittimo e umanitario, calpestando i diritti fondamentali alla vita, alla cura e alla dignità. Nessuna propaganda viene prima degli esseri umani».

🔵 65 VITE SOCCORSE OGGI DA #MEDITERRANEA.

La nostra nave ha soccorso in mattinata 37 persone che si trovavano su una prima imbarcazione in vetroresina sovraffollata a rischio naufragio in acque internazionali in zona SAR sotto il controllo libico.

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— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) November 2, 2025

La missione di soccorso di questi giorni era la seconda della nave Mediterranea dopo la sospensione della sua detenzione amministrativa, imposta dal famigerato decreto Piantedosi. Il 29 ottobre il Tribunale di Trapani aveva infatti accolto il ricorso dell’organizzazione, permettendo alla nave di tornare in mare.

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«Ripartiamo – aveva dichiarato la presidente Laura Marmorale – grazie alla decisione del Tribunale che ha riconosciuto la piena legittimità delle nostre scelte quando, per garantire cure adeguate alle persone soccorse, rifiutammo un porto lontano. Abbiamo agito per salvare vite, non per sfidare nessuno».

«Solo nelle ultime due settimane – aveva aggiunto la capomissione Sheila Melosu – si sono verificati quattro naufragi con decine di vittime. È una situazione drammatica, inaccettabile».

Ph: Mediterranea

«Abbiamo fatto il nostro dovere»

Con lo sbarco a Porto Empedocle si conclude una missione difficile e l’organizzazione teme ripercussioni amministrative o penali. «Le Autorità minacciano sanzioni contro la nave, ma abbiamo solo adempiuto al nostro dovere nel rispetto del diritto marittimo e umanitario».

Per Mediterranea, «la vera violazione è quella di chi impone porti lontani a persone fragili, contro ogni principio di sicurezza e umanità. Tutte le persone soccorse avevano bisogno di cure a terra subito. Lo abbiamo detto e lo abbiamo fatto».

Con la nuova missione, questa volta fortunatamente portata a termine senza attacchi da parte della Guardia costiera libica, Mediterranea ha voluto denunciare che «i governi europei continuano a rafforzare la collaborazione con milizie e regimi criminali responsabili di violenze inaudite. Non possiamo accettare che il Mediterraneo sia trasformato in una zona di guerra contro l’umanità».