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Autorizzato l’ingresso dei nonni in Italia per accudire la minore e garantire il benessere dell’intero nucleo familiare
L’importante decisione della Corte d’Appello di Trento offre una lettura ampia e coerente dell’art. 31, comma 3, del Testo Unico Immigrazione, correggendo l’impostazione restrittiva adottata dal Tribunale per i Minorenni di Trento. Quest’ultimo aveva purtroppo concluso che non emergessero “elementi sufficienti a giustificare adeguatamente la necessità dell’ingresso” dei nonni della minore e che la bambina fosse “già adeguatamente accudita dai genitori”, negando quindi il carattere indispensabile della presenza dei nonni – anche per sostenere i genitori nell’accudimento – e la sussistenza di un grave pregiudizio derivante dalla loro lontananza. La Corte d’Appello riforma totalmente però questo approccio, chiarendo che il Tribunale non aveva correttamente applicato i principi consolidati in materia, né svolto il necessario giudizio prognostico richiesto dalla norma. Nel richiamare la cornice normativa e giurisprudenziale, il Collegio sottolinea come i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” debbano essere interpretati alla luce sia delle disposizioni interne sia degli obblighi derivanti dal diritto internazionale ed europeo, con particolare riguardo al superiore interesse del minore. La Corte ricorda che tali motivi ricorrono quando il mancato ingresso del familiare comporti “una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile”, e ribadisce che, pur non essendo un criterio assoluto, l’interesse del minore si trova “in una posizione di preminenza tale da imporre al giudice di considerare, in ogni singolo caso, quale delle soluzioni possibili sia ad esso più favorevole”. È in questa prospettiva che deve essere condotto anche il giudizio di proporzionalità richiesto dalla Corte EDU, volto a verificare se il diniego costituisca una misura necessaria e non eccessiva rispetto allo scopo perseguito. In appello emerge invece un quadro familiare e sanitario che il Tribunale non aveva valutato adeguatamente. La minore, nata in Italia e affetta da una gravissima e rara patologia congenita, “non è in grado di compiere alcuna attività della vita quotidiana e necessita di continua assistenza”, presenta disabilità fisiche, cognitive e sensoriali. Il nucleo familiare, proveniente da un paese dell’Asia meridionale e privo in Italia di qualunque rete parentale, sostiene da anni un carico assistenziale totalizzante. La madre, che non può lavorare per l’impegno giornaliero, è “particolarmente affaticata”, mentre il padre, impegnato in attività accademica spesso anche all’estero, presenta sintomi riconducibili a “stress da sovraccarico”. Le relazioni dei servizi territoriali confermano che i genitori stanno adempiendo con grande dedizione ai loro compiti, ma che le loro energie sono messe a dura prova dalla condizione della bambina. In questo contesto, la Corte riconosce che i nonni, residenti nel paese d’origine, costituirebbero un supporto essenziale, non sostituibile mediante altre soluzioni. Il Collegio sottolinea che il loro aiuto rappresenterebbe “un indispensabile ausilio alla gestione del ménage familiare, a vantaggio del benessere della nipote e a garanzia della sua sicurezza”, e valorizza anche la dimensione affettiva e culturale, evidenziando come la comunanza linguistica e culturale possa favorire ulteriormente il rapporto con la minore, soprattutto considerato il suo gravissimo deficit comunicativo. Per la Corte è dunque “evidente che la vicinanza fisica e psicologica dei nonni” apporterebbe un contributo determinante all’equilibrio del nucleo e, in via diretta, al benessere della minore. Alla luce di questi elementi, il Collegio ritiene che il diniego del Tribunale costituisca una misura “ingiustificata e sproporzionata” e che questa possa incidere negativamente sul diritto della bambina alla vita familiare, intesa come rete di affetti, relazioni e solidarietà. Il ragionamento della Corte si sviluppa in modo strettamente aderente al dettato dell’art. 31 TUI, ricordando che la tutela accordata dal legislatore è posta esclusivamente nell’interesse del minore, mentre l’interesse del familiare è solo riflesso e strumentale. Con queste motivazioni, l’appello è accolto e viene disposta un’autorizzazione alla permanenza dei nonni per due anni, prorogabile previa verifica dei requisiti: una soluzione che, nel rispetto del carattere temporaneo dell’istituto, consente tuttavia di dare piena tutela alla situazione eccezionalmente delicata emersa nel caso concreto. La Corte ribadisce così che, in presenza di una condizione di vulnerabilità estrema, l’intervento della rete familiare allargata può diventare elemento decisivo per la protezione complessiva del bambino, e che tale esigenza merita pieno riconoscimento anche attraverso l’uso della norma derogatoria prevista dal Testo Unico. Corte d’Appello di Trento, decreto del 25 settembre 2025 Il ricorso è stato patrocinato dall’avv. Giovanni Barbariol nell’ambito del progetto “Annick. Per il diritto all’unità familiare” a cura di Melting Pot ODV, in collaborazione con Circolo Arci Pietralata e il supporto dei legali dell’Associazione Spazi Circolari, dedicato ad Annick Mireille Blandine. Il progetto è stato finanziato nel 2024 da ActionAid International Italia E.T.S e Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto “THE CARE – Civil Actors for Rights and Empowerment” cofinanziato dall’Unione Europea. Il contenuto di questo articolo rappresenta l’opinione degli autori che ne sono esclusivamente responsabili. Né L’Unione europea né l’EACEA possono ritenersi responsabili per le informazioni che contiene né per l’uso che ne venga fatto. Analogamente non possono ritenersi responsabili ActionAid International Italia E.T.S. e Fondazione Realizza il Cambiamento.
Il passaporto falso non incide sulla credibilità del richiedente: riconosciuta la protezione sussidiaria a minore del Sudafrica
Il Tribunale di Roma in questa bella pronuncia riconosce la protezione sussidiaria a un minore proveniente dal Sudafrica. La sentenza è interessante perché pur in presenza di un passaporto – ritenuto peraltro falso, richiesto solo per poter viaggiare in autonomia – non è intaccata la credibilità del ricorrente, che invece si evince da altri fattori e va valutata in relazione alla sua giovanissima età.  Il Tribunale di Roma infatti afferma che “si ritiene plausibile che l’età reale del ricorrente sia quella dichiarata e che quindi lo stesso sia tuttora minorenne;[…] è altresì plausibile che il passaporto non recasse soltanto un nome (XXX in luogo di XXX) ma anche una data di nascita falsa che, facendolo risultare maggiorenne, gli consentisse di viaggiare da solo in modo più agevole“. Sulla valutazione di credibilità, appunto, il Tribunale ritiene “il racconto così come le omissioni del ricorrente debbano essere valutati alla luce della giovane età dello stesso e della documentata persistente difficoltà a condividere il suo vissuto con gli altri, circostanza che può ritenersi del tutto comprensibile alla luce degli eventi traumatici subiti“. Infine, sul riconoscimento della protezione sussidiaria, il Tribunale conclude che “nel caso di specie ci si trovi dinanzi ad una minaccia alla sicurezza personale ed alla incolumità di un cittadino, proveniente da agenti di danno privati, e della incapacità dello Stato di offrire protezione. Vi sono dunque gli estremi del rischio di danno grave come declinato dalla lett. b) dell’art. 14 d.lgs. 251/2007“. Tribunale di Roma, decreto del 9 giugno 2025 Si ringrazia l’Avv. Anna Pellegrino per la segnalazione e il commento; il caso è stato seguito con l’Avv. Federica Remiddi e l’Avv. Salvatore Fachile. 
Autorizzato il padre con precedenti penali a restare in Italia per il supremo interesse dei figli: reati vecchi con pena già scontata
Il decreto della Corte d’Appello di Roma rappresenta un’importante conferma dell’orientamento giurisprudenziale consolidato che riconosce la prevalenza dell’interesse superiore del minore anche in presenza di precedenti penali del genitore, purché questi siano risalenti nel tempo e la pena sia stata interamente espiata. La Corte in particolare censura “… il diniego di autorizzazione da parte del Tribunale per i Minorenni, giustificato solo in ragione dei precedenti penali di …”. La decisione si inserisce perfettamente nel solco tracciato dalla giurisprudenza di legittimità più recente, che ha definitivamente superato ogni automatismo espulsivo basato sui soli precedenti penali. Come evidenziato dalla Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 4773 del 24 febbraio 2025, “il mero richiamo ai precedenti penali nel decreto che decide sull’autorizzazione non può esaurire il compito valutativo che il giudice è chiamato a svolgere in ordine ai requisiti di attualità e concretezza della pericolosità sociale, i quali devono sussistere al momento del giudizio“. Nel caso in esame, la Corte ha correttamente valorizzato il percorso di reinserimento sociale del padre (anche attraverso il positivo svolgimento della misura alternativa alla detenzione), la sua condotta irreprensibile attuale e il ruolo di riferimento economico per il nucleo familiare, elementi che attestano l’assenza di una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico. La decisione conferma inoltre il principio della presunzione di radicamento per i minori nati in Italia, come stabilito dalla stessa ordinanza del febbraio 2025, secondo cui  quando il permesso riguardi la permanenza del genitore già presente sul territorio insieme al figlio nato in Italia, si deve “presumere, almeno fino a prova contraria, un radicamento del minore nel suo ambiente nativo“. Corte d’Appello di Roma, decreto del 14 ottobre 2025 Si ringrazia l’Avv. Matteo Megna per la segnalazione e il commento. * Consulta altre decisioni relative al supremo interesse dei minori
Cittadinanza negata: le modifiche all’art. 14 L. 91/1992 per i minori nati all’estero e nuove gerarchie della cittadinanza
Promosso da: Spazi Circolari, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione – ASGI, Melting Pot Europa, Italiani senza Cittadinanza, ActionAid Italia. Collegamento tramite piattaforma Zoom e in diretta streaming su canale YouTube di Melting Pot. -------------------------------------------------------------------------------- Le recenti modifiche introdotte dal decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, convertito in legge 23 maggio 2025, n. 74, ridefiniscono in modo significativo le condizioni di accesso alla cittadinanza italiana per i minori stranieri nati all’estero, inclusi quelli che da anni vivono in Italia insieme ai genitori naturalizzati. Si consolida così una gerarchia della cittadinanza non solo tra figli di cittadini italiani per nascita e quelli di naturalizzati, ma anche tra minori appartenenti allo stesso nucleo familiare ai quali la cittadinanza sarà riconosciuta o negata in base al luogo di nascita. Le prime applicazioni delle nuove disposizioni, come emerge dalle circolari ministeriali e dalle prassi amministrative, stanno già producendo effetti concreti di esclusione e precarizzazione giuridica, contribuendo a rafforzare meccanismi di marginalizzazione già esistenti e sollevando rilevanti interrogativi sulla legittimità costituzionale delle norme e sulle possibili strategie di tutela e contrasto da adottare.  Il seminario intende: analizzare, dal punto di vista giuridico, le novità normative in materia di cittadinanza dei minori nati all’estero e residenti in Italia; discutere i primi casi concreti di esclusione della cittadinanza; esplorare le possibili strategie di contrasto, sia sul piano del contenzioso legale, sia su quello politico e di advocacy. Intervengono: * Federica Remiddi – Avvocata  * Salvatore Fachile – Avvocato   * Fioralba Duma – Italiani senza Cittadinanza * Antonio Liguori – Campaign Coordinator ActionAid Modera:  * Chiara Aliberti – Melting Pot Europa PROGRAMMA: * La cittadinanza dei figli minori nati all’estero di chi si naturalizza: analisi dell’art. 14, in combinato disposto con l’art. 3-bis della L. 91/1992, alla luce del quadro normativo vigente e delle prime interpretazioni ministeriali. * Prime applicazioni e criticità emerse: condivisione dei primi provvedimenti di rigetto della cittadinanza per i figli minori nati all’estero ed effetti concreti dell’attuazione delle nuove norme da parte dei Comuni. * Profili di contenzioso e questioni di legittimità: esame delle possibili ipotesi di ricorso e dei potenziali profili di illegittimità costituzionale connessi alla nuova disciplina. * Verso una nuova gerarchia della cittadinanza? Riflessioni sul contesto e sugli effetti sistemici della nuova norma e sugli strumenti di intervento sul piano politico, giuridico e di advocacy. PARTECIPAZIONE E ISCRIZIONI: Il corso è gratuito. La partecipazione è aperta non solo a professionisti/e del settore o persone direttamente coinvolte, ma anche a decisori politici, giornaliste/e e cittadine/i interessati al tema. Le iscrizioni sono aperte fino alle ore 12.00 di mercoledì 19 novembre 2025. Per partecipare è necessario compilare il modulo online disponibile al seguente link: clicca qui Il link Zoom per seguire il seminario sarà inviato la mattina stessa dell’evento. In caso di posti esauriti, sarà possibile seguire la diretta streaming sul canale YouTube di Melting Pot. * Per informazioni: formazione@meltingpot.org
«Abbiamo agito per salvare vite»: sbarcate le 92 persone soccorse da Mediterranea
Dopo tre giorni di navigazione e di tensione crescente, la nave Mediterranea è finalmente entrata nel porto di Porto Empedocle alle 16:30 di martedì 4 novembre. Tre ore più tardi, alle 19:35, si sono concluse le operazioni di sbarco di tutte le 92 persone soccorse nel Mediterraneo centrale, tra cui 31 minori non accompagnati. La decisione di entrare nel porto siciliano è arrivata dopo ore di attesa e di richieste rimaste senza risposta. «Il Comandante ha dichiarato lo stato di necessità a tutela dell’incolumità, della salute e della sicurezza di tutte le persone a bordo», ha spiegato in una nota stampa l’equipaggio. A bordo la situazione era ormai insostenibile: «Le persone superstiti, già fortemente provate fisicamente e psicologicamente, temevano che ulteriori ritardi comportassero una deportazione in Libia e avevano cominciato a minacciare gesti disperati di autolesionismo». Mentre le operazioni di sbarco erano in corso, intorno alle 18, la Capitaneria di Porto ha notificato a Mediterranea una diffida formale, intimando alla nave di «riprendere la navigazione senza ritardo verso il porto di Livorno, successivamente allo sbarco dei soli minori». L’organizzazione parla di un atteggiamento assurdo: «Da una parte è stato riconosciuto che le condizioni di vulnerabilità fisiche e mentali non avrebbero consentito ai naufraghi di affrontare altri tre giorni di navigazione verso Livorno. Dall’altra, le Autorità minacciano ingiustificate ritorsioni contro la nave, colpevole solo di aver adempiuto al proprio dovere». Ph: Mediterranea IL PORTO LONTANO E LA SCELTA DI APPRODARE IN SICILIA Le autorità italiane avevano assegnato a Mediterranea come “porto sicuro” quello di Livorno, distante oltre 630 miglia nautiche – quasi 1.200 chilometri – dalla zona in cui erano stati effettuati i salvataggi. Una decisione definita dall’equipaggio «incomprensibile e pericolosa». «Un viaggio del genere – aveva denunciato l’organizzazione già la mattina del 4 novembre – non può essere affrontato in sicurezza da persone che hanno sofferto lunghi periodi di detenzione in Libia, terribili violenze e che sono pesantemente traumatizzate. Sono state tre giorni alla deriva senza acqua né cibo». La situazione era ulteriormente aggravata dal maltempo nel Canale di Sicilia: «Venti di Maestrale oltre i venti nodi e onde superiori ai due metri. Non si poteva navigare verso Nord in sicurezza». Per questo Mediterranea aveva chiesto lo sbarco urgente a Porto Empedocle, segnalando in particolare le condizioni dei minori alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Palermo. La stessa Procura, insieme al Centro internazionale per la salute in mare (CIRM), aveva chiesto di disporre lo sbarco immediato almeno dei minori. Ma dal Viminale non era arrivata nessuna risposta. «Se davvero le Autorità intendessero farci proseguire con le restanti 61 persone – aveva avvertito Mediterranea – il Governo violerebbe tutte le regole del diritto marittimo e umanitario, calpestando i diritti fondamentali alla vita, alla cura e alla dignità. Nessuna propaganda viene prima degli esseri umani». > 🔵 65 VITE SOCCORSE OGGI DA #MEDITERRANEA. > > La nostra nave ha soccorso in mattinata 37 persone che si trovavano su una > prima imbarcazione in vetroresina sovraffollata a rischio naufragio in acque > internazionali in zona SAR sotto il controllo libico. > > 1/3 pic.twitter.com/ufp2yaaxpG > > — Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) November 2, 2025 La missione di soccorso di questi giorni era la seconda della nave Mediterranea dopo la sospensione della sua detenzione amministrativa, imposta dal famigerato decreto Piantedosi. Il 29 ottobre il Tribunale di Trapani aveva infatti accolto il ricorso dell’organizzazione, permettendo alla nave di tornare in mare. Notizie/In mare LA NAVE MEDITERRANEA LIBERA, SMENTITO IL DECRETO PIANTEDOSI Il Tribunale di Trapani dà ragione a Mediterranea: «Il diritto più forte della propaganda» 8 Ottobre 2025 «Ripartiamo – aveva dichiarato la presidente Laura Marmorale – grazie alla decisione del Tribunale che ha riconosciuto la piena legittimità delle nostre scelte quando, per garantire cure adeguate alle persone soccorse, rifiutammo un porto lontano. Abbiamo agito per salvare vite, non per sfidare nessuno». «Solo nelle ultime due settimane – aveva aggiunto la capomissione Sheila Melosu – si sono verificati quattro naufragi con decine di vittime. È una situazione drammatica, inaccettabile». Ph: Mediterranea > «Abbiamo fatto il nostro dovere» Con lo sbarco a Porto Empedocle si conclude una missione difficile e l’organizzazione teme ripercussioni amministrative o penali. «Le Autorità minacciano sanzioni contro la nave, ma abbiamo solo adempiuto al nostro dovere nel rispetto del diritto marittimo e umanitario». Per Mediterranea, «la vera violazione è quella di chi impone porti lontani a persone fragili, contro ogni principio di sicurezza e umanità. Tutte le persone soccorse avevano bisogno di cure a terra subito. Lo abbiamo detto e lo abbiamo fatto». Con la nuova missione, questa volta fortunatamente portata a termine senza attacchi da parte della Guardia costiera libica, Mediterranea ha voluto denunciare che «i governi europei continuano a rafforzare la collaborazione con milizie e regimi criminali responsabili di violenze inaudite. Non possiamo accettare che il Mediterraneo sia trasformato in una zona di guerra contro l’umanità».
I minori stranieri non accompagnati (MSNA) nel sistema scolastico italiano
Papers, una rubrica di Melting Pot per la condivisione di tesi di laurea, ricerche e studi. Per pubblicare il tuo lavoro consulta la pagina della rubrica e scrivi a collaborazioni@meltingpot.org. -------------------------------------------------------------------------------- Master in Diritto e Politiche delle Migrazioni dell’Università di Trento I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI (MSNA) NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO Tesi di Laura Agostani Scarica l’elaborato INTRODUZIONE Negli ultimi anni la presenza di migranti di giovanissima età è sempre più evidente, si tratta sovente di minori alle soglie della maggiore età, i dati parlano di una percentuale attorno al 75% di minori stranieri non accompagnati tra i sedici e i diciassette anni. Pur essendo da considerarsi come giovani adulti, che hanno affrontato sfide ed esperienze non proprie dell’infanzia e dell’adolescenza, essi sono ancora sottoposti alle normative internazionali e nazionali relative ai fanciulli, primo fra tutti il principio del superiore interesse del minore, che vieta, tra le altre cose, la loro espulsione e che, insieme con le norme costituzionali (art. 34) impone la frequenza scolastica e il godimento del diritto all’istruzione. Nella trattazione viene analizzato il diritto allo studio e il suo godimento da parte dei MSNA, che si trovano ad interfacciarsi con un sistema scolastico non progettato per includerli, nonostante alcune utili normative e buone prassi che si riscontrano localmente. Vengono analizzate le difficoltà dei minori maggiori di sedici anni, considerati ormai “troppo grandi” per l’inserimento nella scuola dell’obbligo, che pare adatta solo agli infra-quattordicenni. Tuttavia, anche per i più giovani si profilano problematiche importanti, ne è un esempio il ritardo scolastico, raramente infatti i minori in questione sono inseriti nelle classi corrispondenti alla loro età anagrafica e, se questo può essere positivo da un lato per dare loro più tempo per l’apprendimento della lingua italiana, dall’altro lato comporta sovente una scarsa inclusione nel gruppo classe che può portare a episodi di discriminazione. Accanto ad esso la dispersione scolastica dei MSNA risulta ad oggi alquanto elevata, secondo i dati, infatti, solo il 32% di loro ha portato a termine il percorso scolastico intrapreso in Italia. Risulta evidente, dunque, la necessità di un ripensamento delle prassi ormai consolidate che caratterizzano la scuola italiana. Alcuni istituiti, singolarmente, si sono attivati in tal senso proponendo progetti volti a un miglioramento nell’inserimento scolastico dei minori con background migratorio, con esempi di attività di supporto tra pari o doposcuola per il rafforzamento nell’apprendimento della lingua. Nel tentativo di individuare un sistema che fosse maggiormente virtuoso nell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, si è, da ultimo, effettuato un confronto con i sistemi educativi di alcuni Stati europei, dal quale, tuttavia, è emersa una difficoltà generalizzata nell’individuare un metodo (o un sistema) migliore degli altri, le problematiche riscontrate nel nostro Stato persistono e si sommano ad altre criticità tipiche dei diversi sistemi analizzati.
ASGI: «Invertire la narrazione sui minori stranieri non accompagnati»
L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) lancia un allarme rivolto alle istituzioni per quanto riguarda la gestione dei minori stranieri non accompagnati (MSNA). Tra tagli, scelte politiche miopi e logiche securitarie, il sistema di accoglienza rischia di trasformarsi in un meccanismo di esclusione e marginalità. «L’assoluta mancanza di lungimiranza che ha caratterizzato l’azione dell’attuale governo in tema di immigrazione – scrive ASGI – risulta ancor più evidente quando si parla di minori stranieri non accompagnati». Nel documento, l’associazione richiama la Costituzione: «L’art. 31 impone allo Stato di proteggere la maternità, l’infanzia e la gioventù», ma si tratta di «una disposizione troppo spesso dimenticata». L’attuale governo, si legge, «ha mostrato grande preoccupazione per i bambini e i giovani che ancora devono nascere», ma «manca qualunque forma di reale e concreto interesse per i minori – tutti, italiani o stranieri – che già esistono». ASGI denuncia un sistema sanitario e sociale già in crisi per i giovani italiani, in cui «occorrono anni per una presa in carico» nei servizi di Neuropsichiatria Infantile. Il rapporto 2024 dell’ASL Città di Torino parla di diagnosi di psicosi triplicate tra i 21 e i 30 anni e di disturbi di personalità aumentati del 767%, «quasi con un profilo epidemico». Nessun potenziamento dei servizi, però, è seguito a questi dati. In un contesto tanto fragile, «le carenze risultano ancora maggiori» per i minori stranieri non accompagnati, che spesso presentano «forme precoci di dipendenza da stupefacenti, sindromi abbandoniche, traumi amplificati da un percorso migratorio che li ha ulteriormente infragiliti». Ma, invece di rafforzare il sistema di accoglienza, «il Governo sta procedendo al suo progressivo smantellamento». Lo stesso allarme è stato lanciato dall’ANCI l’8 agosto 2025, che ha denunciato «un’insufficienza di copertura delle spese dei Comuni connesse all’accoglienza dei Minori Stranieri Non Accompagnati».  Oggi, a fronte di 16.497 minori presenti in Italia, i posti SAI sono poco più di 6.000 e meno di 1.500 nei CAS per minori.  Ma «non pare proprio ci si stia muovendo in questa direzione»: sempre più ragazzi vengono collocati nei Centri di Accoglienza Straordinaria per adulti, come consente il decreto legge 133/2023, senza un’adeguata valutazione delle loro vulnerabilità. ASGI segnala anche criticità nella legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 5/2025, che «impedisce di fatto la realizzazione di nuove comunità per MSNA nei capoluoghi e principali centri urbani», relegandole a zone isolate. Una norma che l’associazione giudica «di dubbia legittimità costituzionale», poiché invade competenze statali in materia di immigrazione e programmazione. A tutto questo si sommano prassi amministrative arbitrarie: le Questure, prosegue il comunicato, «sottopongono a condizioni non previste il rilascio dei permessi di soggiorno per minore età» o rigettano le richieste di conversione alla maggiore età per cause non imputabili ai ragazzi. Particolarmente grave è la gestione del cosiddetto prosieguo amministrativo, lo strumento che dovrebbe garantire continuità di sostegno oltre i 18 anni. A causa della carenza di risorse e di competenze, «i più fragili rischiano di essere relegati alla marginalità». La repressione, osserva ASGI, ha ormai preso il posto della prevenzione. Il “Decreto Caivano” (D.L. 123/2023) ha accentuato l’approccio punitivo nel sistema della giustizia minorile, mentre mancano «comunità educative con operatori formati e contratti adeguati» e «servizi etnopsichiatrici con mediatori culturali». I trasferimenti frequenti da un istituto all’altro interrompono percorsi educativi e affettivi, e il passaggio nei penitenziari per adulti «rende impossibile ogni continuità di presa in carico». Non stupisce quindi che nel 2024 si siano registrate 28 rivolte negli Istituti Penali per Minorenni e un uso crescente di psicofarmaci: secondo la rivista Altreconomia, tra il 2022 e il 2024 la spesa per antipsicotici è aumentata fino al 435% in alcune strutture. La crisi investe anche il personale. Le indagini sul carcere minorile “Beccaria” di Milano – 42 persone indagate per maltrattamenti e torture – rivelano un contesto in cui «la disumanità dei luoghi finisce con l’avere conseguenze anche su chi ci lavora». Il caso più recente e drammatico resta il suicidio di Danilo Riahi, diciassettenne tunisino, minore non accompagnato, morto nel carcere di Treviso: «Quale sintomo più dirompente della crisi in cui versa il sistema?», denuncia ASGI. Nemmeno le condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per l’inadeguata accoglienza dei MSNA hanno prodotto un cambio di rotta: il Consiglio d’Europa mantiene ancora aperta la procedura di supervisione sull’Italia. In conclusione, per l’associazione, le soluzioni devono partire da un cambio di prospettiva radicale. «Le risposte vanno trovate in una valutazione integrata, complessa, completa, lungimirante, del tutto incompatibile con l’istituzionalizzazione attualmente perseguita». Serve «invertire la narrazione: i ragazzi non sono problemi a cui far fronte in modo semplicistico, bensì portatori di risorse potenziali che occorre riconoscere e rafforzare, con strumenti nuovi e occhi diversi». Leggi il documento completo
E’ diritto del minore convivente con genitori regolarmente soggiornanti ottenere sempre un PdS per motivi familiari
Il tribunale di Torino stabilisce il diritto del minore convivente con genitore regolare di ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 31 comma 1 TUI a prescindere dalla sussistenza di requisiti reddituali o alloggiativi.  La Questura di Torino, infatti, è solita rigettare le richieste di permesso di soggiorno per figli ultraquattordicenni se i genitori non dimostrano di avere i requisiti reddituali e alloggiativi previsti dall’art. 29 TUI e richiamati all’art. 30 TUI.  Il Tribunale ha invece accolto la tesi difensiva e chiarito che “l’art. 31 co. 1 TUI introduca un autonomo permesso di soggiorno per motivi familiari, il quale persegue finalità diverse rispetto alla normativa generale di quegli articoli 28, 29 e 30 (interesse del minore vs. unità familiare) e richiede la verifica in ordine alla sussistenza di diversi requisiti. L’autonomia concettuale e la diversità strutturale tra i permessi di soggiorno di cui agli articoli 29-30 e 31 co. 1 TUI è stata affermata in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità. Si richiama in particolare la sentenza della Corte di Cassazione n. 15754/2006, laddove si legge testualmente che “l’iscrizione di cui all’art. 31, comma 1, non presuppone che essa avvenga all’esito della sola procedura di ricongiungimento di cui all’art. 29, comma 1, lett. B) e commi 7, 8, 9” (nello stesso senso, cfr. Cass. n. 8398/2014). Orbene, come già rilevato, l’art. 31 co. 1 TUI stabilisce che il minore convivente “segue la condizione giudica del genitore”. L’assertività della disposizione è tale da escludere che si possa condizionare il rilascio del permesso citato alla sussistenza di ulteriori requisiti, quali quelli reddituali e alloggiativi previsti dall’art. 29 TUI. L’interpretazione alternativa proposta dalla PA, per cui bisognerebbe comunque fare riferimento agli ulteriori requisiti di cui all’art 29 TUI, si pone peraltro in contrasto con l’inequivocabile dato normativo di cui all’art 31 co. 1 TUI. Invero, l’art. 31 co. 1 TUI è una norma speciale introdotta dal legislatore nello specifico interesse del minore, circostanza che ne giustifica una maggiore ampiezza rispetto alla regola generale di cui all’art. 29 TUI. A tal proposito, merita ricordare che l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del bambino è espressamente sancito dall’art. 24 par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ed è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia UE, la quale – chiamata a pronunciarsi in materia di ricongiungimento familiare – ha altresì affermato che “la facoltà prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86 deve essere interpretata restrittivamente. La discrezionalità riconosciuta agli Stati membri [di introdurre requisiti reddituali per l’autorizzazione al soggiorno, n.d.r.] non deve essere impiegata dagli stessi in modo da pregiudicare l’obiettivo della direttiva e il suo effetto utile” (così CGUE, sentenza 6.12.2012, ause riunite C‑356/11 e C‑357/11, punto 74)”. La pronuncia, peraltro, è stata resa in favore di una minore divenuta maggiorenne nelle more della valutazione questorile: anche sul punto il Giudice ha accolto le nostre argomentazioni e riconosciuto ugualmente il diritto al permesso per motivi familiari considerato che al momento di presentazione della domanda la stessa era ancora minorenne. Tribunale di Torino, sentenza del 22 maggio 2025 Si ringrazia l’Avv. Elena Garelli per la segnalazione e il commento. Il caso è stato seguito insieme all’Avv. Paola Fierro dello Studio Legale.
Treviso, verità e giustizia per Danilo Riahi
Si terrà questo giovedì 28 agosto alle 19 il presidio «Verità e giustizia per Danilo Riahi» organizzato dal Collettivo Rotte Balcaniche, Centro Sociale Django di Treviso e Centro Sociale Arcadia di Schio davanti al carcere di via Santa Bona Nuova a Treviso. La protesta nasce dalla morte del diciassettenne tunisino, deceduto il 13 agosto all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso dopo un tentativo di suicidio nell’istituto penale minorile, dove era stato rinchiuso pochi giorni prima. Il ragazzo era arrivato in Italia un anno fa attraversando il Mediterraneo: era quello che viene definito un minore straniero non accompagnato. Il 9 agosto era stato arrestato a Vicenza, dopo vari tentativi di furto e una fuga dalla polizia in «evidente stato di agitazione». Immobilizzato con il taser, era stato trasferito nel carcere minorile di Treviso, dove, secondo la versione ufficiale, avrebbe tentato il suicidio poche ore dopo. Le realtà promotrici del presidio sottolineano come la sua morte non possa essere liquidata come una fatalità. «L’ultima volta che un ragazzo si era tolto la vita in un carcere minorile era il 2003, 22 anni fa. E non è un caso che accada ora, dopo il decreto Caivano del governo Meloni. Con questo decreto, nelle carceri minorili italiane si registra un sovraffollamento inedito e l’adozione di un paradigma sempre più punitivo anche per i minori detenuti. E non è un caso che succeda a Treviso, l’istituto più sovraffollato d’Italia, dove si sfiora il doppio delle presenze rispetto alla disponibilità di posti». Secondo le organizzazioni, restano troppi punti oscuri: «Come mai è stato portato in un carcere minorile invece che in un ospedale? È stato visitato dopo essere stato colpito con il taser? Cosa (non) è stato fatto per accertarne le condizioni di salute psico-fisica prima di rinchiuderlo in un carcere? Per quanto tempo è stato privo di sorveglianza mentre tentava il suicidio?». Il comunicato critica anche le prime ricostruzioni ufficiali: «Un presunto “eccellente lavoro” delle forze dell’ordine, una morte troppo in fretta derubricata a fatalità». Ancor più duro il giudizio sulla conferenza stampa convocata dal questore di Vicenza mentre Danilo Riahi era in ospedale in fin di vita, durante la quale gli agenti sono stati elogiati per il loro operato: «Un gesto che mostra quanto sia radicata la logica della disumanizzazione: un ragazzo in fin di vita sparisce di fronte all’occasione per celebrare l’efficienza repressiva». Nel mentre, sottolineano, «la famiglia del ragazzo, residente a Tunisi, ha ricevuto dalle autorità informazioni molto scarne sulla morte del figlio». La storia di Danilo Riahi, sottolineano le realtà solidali, non può essere archiviata come una «piccola storia ignobile». È invece «una storia che parla delle migliaia di ragazzi che come Danilo vivono le nostre città, costantemente etichettati come soggetti pericolosi “delinquenti”, “maranza”, per giustificare la sempre maggiore militarizzazione della vita sociale». Infine l’appello alle istituzioni e a tutta la cittadinanza: «Chiediamo con forza verità e giustizia, che vengano aperte delle indagini serie sulla sua morte e su tutto quello che l’ha preceduta. Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza con noi giovedì 28 agosto, ore 19, fuori dal carcere di Treviso».
Piccoli Schiavi Invisibili 2025, il nuovo rapporto di Save The Children
Nel nuovo dossier di Save The Children, il 38% delle vittime di tratta è un minore: cresce lo sfruttamento, alimentato anche dalle nuove tecnologie È un mondo iperconnesso, il nostro. Social media, gaming online, app di messaggistica, piattaforme di live streaming: lì dove passiamo la maggior parte del nostro tempo, oggi si sviluppano nuove forme di sfruttamento, che colpiscono soprattutto chi ha meno strumenti di difesa. Sono bambini e adolescenti, sempre più esposti offline e online. Aumentano, infatti, i casi di sfruttamento e tratta “tradizionali”, ma anche quelli virtuali, al centro del nuovo rapporto “Piccoli Schiavi Invisibili 2025 – La digitalizzazione della tratta: Come il digitale sta trasformando i fenomeni di tratta e sfruttamento dei minori” 1, pubblicato da Save The Children nella sua quindicesima edizione. Nel 2021, secondo i dati della ONG, 49,6 milioni di persone vivevano in condizioni di schiavitù moderna: una su quattro (24,8%) era minorenne. In gran parte vittime di matrimoni forzati (9 milioni di bambine e bambini), ma anche di sfruttamento sessuale e lavorativo, o impiegati in attività illecite come lo spaccio. Altri dati ci restituiscono un quadro complesso, e sicuramente sottostimato, data la difficoltà di raccogliere dati puntuali: secondo il Global Report on Trafficking in Persons 2024 2, redatto dallo United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) – l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di contrasto al crimine organizzato, al traffico di esseri umani, alla corruzione e al narcotraffico – le vittime di tratta identificate nel 2022 sono state 74 mila, in aumento del 25% rispetto al periodo pre Covid. Il 38% di loro, più di uno su tre, è un minore. Lo sfruttamento sessuale colpisce soprattutto le bambine (60%), mentre tra i casi di lavoro forzato il 45% riguarda i ragazzi e il 21% ragazze. Tre i fattori che hanno contribuito all’aumento delle vittime: «una maggiore incidenza delle ragazze tra le vittime trafficate a fini di sfruttamento sessuale», «un aumento dei ragazzi vittime di tratta per lavoro forzato», specialmente in Europa e Nord America, e «una forte crescita delle vittime minorenni in Africa Sub-Sahariana», racconta il dossier di Save The Children. Numeri e tipologie di sfruttamento cambiano in base al luogo in cui avvengono: più di 3 vittime su 5 in America Centrale e nei Caraibi sono minorenni, spesso legati a contesti di criminalità organizzata, e i bambini sono destinati principalmente al traffico di sostanze e ad altre attività criminali forzate. In Africa Sub-Sahariana e nel Nord Africa il 61% delle vittime di tratta identificate ha meno di 18 anni, sfruttati in agricoltura, estrazione mineraria, pesca e lavoro domestico. Nel Sud-est asiatico cresce il fenomeno del turismo sessuale minorile, nel Sahel rimane costante l’accattonaggio. I contesti di conflitto rappresentano le aree più a rischio. Oltre un bambino su sei oggi vive in zone di crisi: è il dato più alto dalla fine della seconda guerra mondiale. Alle brutalità della guerra, si sommano i casi di reclutamento da parte dei gruppi armati, le violenze sessuali e i matrimoni forzati. Nel 2024 i casi documentati sono stati 7.400 – dato fortemente sottostimato – soprattutto in Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Somalia, Siria e Myanmar. Per le bambine, il fenomeno dei matrimoni forzati o precoci cresce nelle aree colpite da guerre e crisi umanitarie, dove le famiglie spinte dalla povertà e dall’insicurezza, vedono nel matrimonio precoce una forma di protezione dalle violenze sessuali, dalla fame o da altre minacce. L’UNICEF stima che nel mondo circa 640 milioni di ragazze si siano sposate prima dei 18 anni. Al vertice della classifica c’è l’Asia del Sud (45% dei matrimoni avvenuto prima della maggiore età), seguita da Africa Sub-sahariana (20%), Asia dell’Est e Pacifico (15%).  TRATTA E SFRUTTAMENTO: LA SITUAZIONE IN EUROPA E ITALIA Il fenomeno ha una forte rilevanza anche in Europa, dove nel 2023 sono state identificate 1.358 vittime minorenni, pari al 12,6% del totale. In Italia, i numeri ufficiali restano contenuti – 82 minori identificati nel 2023 su 2.051 vittime totali – ma Save the Children avverte: è solo la punta dell’iceberg. I minori stranieri non accompagnati (MSNA), coloro cioè che arrivano in Europa senza familiari al seguito, sono tra i più esposti, soprattutto nelle fasi successive all’arrivo, quando spesso si allontanano dalle comunità per raggiungere le frontiere interne, con l’intenzione di proseguire il viaggio verso altri paesi europei. Secondo i dati di Lost in Europe 3, almeno 51.433 MSNA sono scomparsi dopo essere arrivati in Paesi europei. L’Italia è in cima alla classifica, con 22.899 casi. Il rischio è che molti di questi minori, privi di tutela e assistenza, possano diventare bersaglio delle reti criminali, costretti a entrare nei circuiti illegali dello spaccio, o dedicati allo sfruttamento sessuale o lavorativo. I dati del sistema SIRIT indicano che nel 2024 il 4,8% delle valutazioni antitratta ha riguardato minori (137 casi) 4, e nel primo semestre del 2025 la percentuale è salita al 5,2% (61 minori).  Fonte: Osservatorio Interventi Tratta, Relazione annuale 2024 Oltre alle persone di nazionalità tunisina e nigeriana, che si confermano in numero maggiore, sono in aumento i minori provenienti da Bangladesh, Costa d’Avorio e Gambia, con le regioni di maggiore emersione localizzate in Sicilia, Liguria ed Emilia-Romagna. Le fasce d’età più colpite sono quelle tra i 16 e i 17 anni, ma non mancano casi di minori più piccoli. Le forme di sfruttamento più diffuse tra i minori in Europa sono lo sfruttamento sessuale (70% dei casi), il lavoro forzato (13%) e l’accattonaggio o le attività criminali forzate (17%), come furti, borseggio o trasporto di sostanze. In Italia, oltre alle situazioni di sfruttamento sessuale e lavorativo, il rapporto segnala la presenza di minori coinvolti in contesti informali e domestici o in circuiti criminali invisibili, dove il riconoscimento della vittima è spesso assente. A fronte di questo scenario, il dossier sottolinea le lacune nei sistemi di identificazione precoce, protezione effettiva e presa in carico duratura, soprattutto nelle zone di frontiera e nei contesti ad alta vulnerabilità. NUOVE FORME DI SFRUTTAMENTO: DIGITALE E NUOVE TECNOLOGIE Fonte: Save The Children «Tutti possono diventare potenziali vittime di tratta, questo è molto vero nel contesto digitale». Alessia Vedano, funzionaria OSCE, descrive così i rischi connessi alle nuove tecnologie, che hanno abbattuto oggi molte delle barriere linguistiche e territoriali che in alcuni casi ostacolavano, o contenevano, il fenomeno della tratta di esseri umani. L’e-trafficking, quel fenomeno, cioè, che «include tutte le forme di tratta di esseri umani che si avvalgono delle tecnologie sia per il reclutamento, l’adescamento e il controllo delle vittime, sia per la gestione logistica, il pagamento e la distribuzione dei profitti», ha oggi raggiunto livelli sempre più preoccupanti. Quasi tutte le forme di sfruttamento sessuale minorile oggi presentano una componente online. La maggior parte degli abusi infatti comincia online e poi sfocia in incontri fisici, o rimane relegato alla sfera virtuale, tramite live streaming o produzione di materiale su richiesta via webcam. Tra le pratiche più diffuse ci sono il grooming, la tecnica dei lover boys, la sextortion, il live streaming degli abusi e l’adescamento tramite social, chat e piattaforme di gaming. Il primo consiste nell’inscenare affetto, supporto o comprensione sfruttando le fragilità emotive dei e delle minori, attraverso un rapporto manipolativo più veloce di quanto si possa pensare: secondo il Global Threat Assessment 2023 di WeProtect Global Alliance 5, infatti, in media ci vogliono 45 minuti per instaurare una relazione ad alto rischio. In alcuni casi, bastano 20 secondi. C’è poi il fenomeno dei lover boys: relazioni sentimentali fittizie costruite online con lo scopo, ancora una volta, di manipolare le vittime. «Il fenomeno è centrale nella nuova stagione della tratta minorile in Europa», commenta Silvia Maria Tăbuşcă, «e colpisce in particolare le minori tra i 12 e i 14 anni, età in cui emergono i primi sentimenti romantici […] e il rischio di manipolazione è elevato». Sextortion e live streaming sono due facce della stessa medaglia: dopo aver condiviso contenuti intimi, le vittime minorenni vengono minacciate e ricattate di diffondere il materiale affinché continui lo sfruttamento, con richieste sempre più invasive. Infine la gamification: le attività illecite da compiere vengono descritte come sfide o esperimenti sociali, attraverso la promessa di premi e ricompense elargite dopo il superamento delle “prove”.  Sempre più spesso questi crimini avvengono su piattaforme poco sorvegliate o non regolamentate, in particolare nei Paesi dove le leggi sono assenti o inefficaci. Vengono utilizzati anche sistemi di pagamento in criptovaluta, che rendono quasi impossibile rintracciare gli autori degli abusi. Inoltre, cresce la produzione e diffusione di materiali pedopornografici (CSAM – Child Sexual Abuse Material), anche attraverso dirette video a pagamento, un fenomeno reso possibile dalla facilità di accesso ai dispositivi digitali da parte dei minori e dalla carenza di controlli efficaci sulle piattaforme.  «Nel mondo reale, le vittime vengono adescate tra persone con necessità economiche. Online, invece, il rischio cresce tra i minori che sono molto attivi sui social, che pubblicano tutto senza filtri e sono particolarmente esposti alla realtà virtuale», spiega Fabrizio Sarrica dell’UNODC. «I trafficanti vanno a studiare questi profili e iniziano l’adescamento». I PROGETTI DI COMUNITÀ E LE PROSPETTIVE FUTURE Fonte: Vie d’Uscita, Save The Children Continuano i progetti che da anni Save The Children ha messo in campo per cercare di contrastare il fenomeno e offrire percorsi di autonomia a bambini e adolescenti. Con Nuovi Percorsi, nato nel 2021 in sinergia con il Numero Verde Antitratta, l’ONG sostiene minori e madri sopravvissuti a tratta e sfruttamento, attraverso l’erogazione di “Doti di cura”: una presa in carico che si sviluppa in sostegno materiale, educativo, formativo o psico-sociale. I beneficiari del progetto sono stati fino ad oggi 1348: nei primi sei mesi del 2025 hanno ricevuto sostegno 139 persone, di cui 37 bambine, 39 bambini e 46 madri. Nel 2022, il progetto si è ampliato attraverso l’attivazione di uno sportello di ascolto e sostegno a Roma. Da allora, lo Sportello ha sostenuto 1596 persone. Il progetto Vie d’Uscita, attivo dal 2012 in sinergia con enti antitratta piemontesi, liguri, laziali e veneti, è rivolto a minori e neomaggiorenni, per supportarne l’identificazione e l’emersione, ma anche attraverso il sostegno alla presa in carico successiva affinché possa essere efficace per lo sviluppo di un’autonomia personale. Liberi dall’Invisibilità, invece, dal 2022 interviene nella zona agricola della Fascia Trasformata, in provincia di Ragusa. Attraverso il partenariato con l’Associazione “I tetti colorati” e la Caritas Diocesana della zona, il progetto ha coinvolto fino ad oggi 515 persone, di cui 296 minori e 219 adulti. Si organizzano laboratori artistici, supporto scolastico, accompagnamento alla genitorialità, orientamento sanitario, supporto alle iscrizioni scolastiche, orientamento legale-amministrativo. L’ultimo in ordine di attivazione, nell’aprile 2023, è stato il progetto transnazionale E.V.A. (Early identification and protection of victims of trafficking and exploitation in border areas). Attraverso il lavoro congiunto tra Italia, Francia e Spagna, lo scopo è quello di potenziare la pre-identificazione in frontiera di minori e donne adulte vittime di tratta, affinché la messa in protezione possa avvenire in una fase preliminare. Negli ultimi due anni sono state intercettate 995 potenziali vittime di tratta, di cui 416 solo in Italia. I progetti messi in campo sui territori da Save The Children, dagli enti anti tratta e da altre organizzazioni internazionali sono efficaci, ma non bastano. Il fenomeno si sta evolvendo, la digitalizzazione rende sempre più complessa l’intercettazione delle vittime. I dati raccolti mostrano chiaramente come milioni di bambini e adolescenti siano esposti a violenze e abusi sistematici, resi ancora più insidiosi dalla povertà, dai conflitti, dalle disuguaglianze di genere e, sempre più, dall’uso distorto delle tecnologie digitali. L’identificazione delle vittime, in particolare tra i minori stranieri non accompagnati, rimane ancora troppo frammentaria e tardiva, e le risposte istituzionali risultano spesso inefficaci, soprattutto nei contesti di accoglienza o lungo le frontiere. Per questo, per Save The Children è indispensabile rafforzare in modo deciso gli strumenti di prevenzione e protezione: non solo intervenendo nei singoli casi, ma agendo sulle cause profonde che alimentano la vulnerabilità minorile – come l’accesso negato all’istruzione, la violenza domestica, la discriminazione o l’instabilità economica. È altrettanto fondamentale migliorare i meccanismi di identificazione precoce delle vittime, investendo nella formazione di operatori sociali, sanitari, scolastici, prevedendo protocolli di collaborazione tra tutti gli enti coinvolti, a più livelli, e garantendo percorsi di tutela realmente accessibili, multidisciplinari e su misura per i minori. Un’attenzione particolare va infine riservata allo spazio digitale, sempre più centrale nei processi di adescamento e sfruttamento: servono regolamenti chiari e strumenti efficaci per il controllo delle piattaforme, dalla verifica dell’età alla moderazione dei contenuti, oltre a percorsi di educazione digitale rivolti sia ai giovani che agli adulti. Senza dimenticare il piano internazionale, dove un maggiore coordinamento tra Paesi di origine, transito e arrivo – unito a un’effettiva raccolta dati e a programmi di protezione transfrontaliera – potrebbe rappresentare un argine concreto alla dispersione e all’invisibilità delle vittime. Al centro di tutto, però, dovrebbero esserci proprio loro: i minori, da ascoltare, coinvolgere e rendere protagonisti delle scelte che li riguardano. 1. Consulta il rapporto ↩︎ 2. Consulta il rapporto ↩︎ 3. Consulta i dati ↩︎ 4. Leggi la relazione 2024 ↩︎ 5. Global Threat Assessment 2023 ↩︎