
Giustizia per le vittime della fortezza Europa
Progetto Melting Pot Europa - Monday, October 27, 2025122 funzionari dell’Unione Europea e dei suoi Stati Membri potrebbero essere indagati dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità a causa del trattamento dei richiedenti asilo nel Mediterraneo Centrale, in base al report presentato da Front-LEX.
Dopo sei anni di indagini, gli avvocati Juan Branco – uno dei difensori di Julian Assange – e Omer Shatz – direttore della ONG front-LEX 1,- insieme al team dell’organizzazione e la clinica legale “International Law in Action” dell’università parigina Sciences Po, hanno presentato 2 alla Corte Penale Internazionale un report di 700 pagine che denuncia come i membri dell’apparato di potere europeo siano direttamente ed individualmente responsabili per crimini contro l’umanità, avendo ideato ed implementato politiche restrittive contro i flussi migratori nel Mediterraneo Centrale 3.
Questo rapporto rappresenta il punto d’arrivo di un percorso quasi decennale.

front‑LEX è un’organizzazione legale indipendente, focalizzata sulla difesa dei diritti umani attraverso la litigazione strategica contro le politiche migratorie dell’UE, in particolare quelle gestite da Frontex 4. Utilizzando il diritto come strumento di cambiamento sociale, agisce in contesti legali complessi per sfidare pratiche come i respingimenti illegali e la cooperazione con regimi autoritari.
Dopo i grandi naufragi del 2013, l’Unione Europea e gli Stati Membri potenziano i loro accordi con i Paesi di transito, primo tra tutti la Libia, e viene dato inizio ad una campagna di diffamazione contro le ONG che lavorano nel Mediterraneo sopperendo alle mancanze dei governi europei.
L’8 maggio 2017 la Procuratrice della Corte Penale Internazionale (CPI) riporta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che «seri e diffusi» crimini contro l’umanità – tra cui omicidi, stupri, e torture – vengono commessi contro «migliaia di persone migranti vulnerabili, inclusi donne e bambini».
È un momento storico, la prima volta in cui viene formalmente riconosciuta la possibilità di crimini internazionali 5 lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Tuttavia, dopo 8 anni, più di 25mila morti e 150mila deportati in Libia, le parole della Procuratrice sono rimaste parole: la CPI non ha ancora aperto né l’istruttoria né formulato un’accusa.
La Corte Penale Internazionale (CPI), con sede all’Aia, è un tribunale permanente che giudica individui accusati di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e di aggressione. Istituita dallo Statuto di Roma del 1998, interviene solo quando gli Stati non possono o non vogliono perseguire tali crimini. È indipendente dalle Nazioni Unite, ma collabora con esse.

La società civile ha però continuato a lavorare. Nel 2019, l’avv. Shatz e l’avv. Branco hanno inviato una comunicazione4, in base all’Articolo 15 dello Statuto di Roma 6, il cui contenuto dimostra che i crimini “seri e diffusi” di cui aveva parlato la Procuratrice sono sistematici, e commessi in base alle politiche migratorie dell’Unione Europea, elaborate con lo scopo preciso di impedire a qualunque costo ai richiedenti asilo di raggiungere il suolo europeo.
In particolare, sono state individuate due politiche di deterrenza: la prima, uccisioni di massa per annegamento, iniziata con la chiusura dell’Operazione Mare Nostrum 7, inquadrata nel crimine contro l’umanità di omicidio; la seconda, adottata proprio contro le ONG che hanno tentato di riempire questo vuoto letale creato nel Mediterraneo, respingimenti di massa per procura grazie alla conclusione di accordi con la Libia 8 inquadrata nei crimini contro l’umanità di deportazione, sparizione forzata di persone, omicidio, tortura, stupro, riduzione in schiavitù, reclusione, e altri atti inumani diretti contro civili 9.
Confermando questo inquadramento, nel 2020 il caso è stato ammesso dalla Procuratrice della CPI. Questa ha così affermato la propria giurisdizione: la CPI, in base all’articolo 13 dello Statuto di Roma, ha infatti giurisdizione non solo su deferimento dei procuratori nazionali o del Consiglio di Sicurezza, ma anche in caso di indagine aperta proprio motu, per cui è necessaria l’autorizzazione della Camera preliminare della Corte (Pre-trial Chamber).
Afferma anche il fatto che ci sia una base ragionevole per credere che tali crimini fossero effettivamente stati commessi. Ulteriore conferma è giunta nel 2023, quando una Missione di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite, istituita dal Consiglio dei diritti umani ha concluso che l’UE e gli Stati Membri stanno partecipando in crimini contro l’umanità commessi lungo la rotta del Mediterraneo centrale.
Tuttavia, in un’audizione davanti al Parlamento Europeo del maggio 2020, la Procuratrice della CPI ha sottolineato che la prima comunicazione di Front-lex riguardava la responsabilità degli Stati, elemento alieno alla giurisdizione della CPI, che si occupa invece di responsabilità individuale.
A luglio 2020, la comunicazione è stata aggiunta al dossier riguardante la situazione in Libia; secondo gli autori della comunicazione, erroneamente, considerando che le vicende analizzate sono diverse e concettualmente slegate dal conflitto civile libico.
Vista l’inerzia della CPI, il team di Front-lex ha presentato una seconda comunicazione, il 6 ottobre 2025 10. Questa è concentrata sull’apparato di potere che ha progettato e implementato i crimini descritti nella prima comunicazione e sull’identificazione degli individui che li hanno ideati, ordinati, ed eseguiti.
Sono stati analizzati i sistemi di 28 Stati (i 27 Stati UE e il Regno Unito) e le istituzioni europee, mappando ogni organo ed agenzia coinvolta, estraendo i nomi dei funzionari, e valutando la responsabilità penale individuale di ognuno. A tal fine, sono stati intervistati 77 testimoni e potenziali sospetti, sono stati analizzati documenti interni e verbali di riunioni confidenziali, nonché documenti pubblici.
Il risultato è una lista di 122 responsabili, nei cui confronti sussistono fondati motivi per ritenere che i sospettati abbiano partecipato alla commissione dei reati contestati.
Quello che si richiede alla CPI è di chiedere l’autorizzazione per aprire un’indagine ed esaminare la responsabilità penale dei sospetti individuati, coordinarsi con i rappresentanti legali delle vittime per ottenere ulteriori prove, e di ri-nominare la popolazione civile colpita come «richiedenti asilo di diverse nazionalità transitanti lungo la rotta del Mediterraneo centrale» (e non più come “migranti libici”).
I 122 responsabili sono stati suddivisi in quattro categorie, in base al grado di responsabilità (highest, high, medium e low). Nella prima, alti funzionari delle istituzioni e delle agenzie europee (il Consiglio dell’Unione Europea, la Commissione, Frontex, l’EEAS, e l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima), e Ministri e Capi di Stato europei. Spiccano Angela Merkel, Joseph Muscat (primo ministro maltese dal 2013 al 2020), e Viktor Orban.
I nomi italiani sono 32, un quarto del totale, cifra vertiginosa se si considera che la lista include cittadini di altri 27 Paesi e funzionari UE.
Tra questi, tre Presidenti del Consiglio dei Ministri (Paolo Gentiloni, Matteo Renzi e Giuseppe Conte), tre ministri degli interni (Angelino Alfano, Marco Minniti e Matteo Salvini), Andrea Orlando (ministro della Giustizia dal 2014 al 2018), Danilo Toninelli (ministro dei trasporti nel 2018), Elisabetta Trenta (ministra per la difesa nel 2018), Enzo Milanese (ministro per gli affari esterni nel 2018), membri di gabinetto, PM di Trapani e Catania, ufficiali della Guardia Costiera.
I rappresentanti legali delle vittime hanno presentato alla CPI anche un’altra lista, “the officials database”, contenente i nomi di individui che hanno ricoperto cariche ufficiali durante il periodo esaminato, il cui coinvolgimento merita ulteriori analisi.
La lista contiene 384 nomi, tra cui l’ex Primo Ministro greco Tsipras e l’ex PM inglese David Cameron. Anche qui, l’Italia è sovra rappresentata: 108 italiani, tra cui Luciana Lamorgese, Luigi di Maio e Matteo Piantedosi. In quanto paese primario d’arrivo delle persone migranti, l’Italia ha avuto un ruolo centrale nell’implementazione delle politiche UE nel Mediterraneo Centrale, richiedendo e introducendo regole sempre più restrittive contro i richiedenti asilo e contro le ONG.
Il report analizza in particolare il coinvolgimento delle istituzioni italiane nella conclusione del Memorandum Italia – Libia, stabilito nel 2017 e rinnovato per la terza volta il 17 ottobre 2025 11, e nell’istituzione del Fondo Africa, nella collaborazione con Frontex e la “guardia costiera” libica per respingimenti in acque italiane e internazionali.
Memorandum Italia-Libia, un patto di violazioni e abusi
Il 2 novembre l’accordo sarà rinnovato. Refugees in Libya: manifestiamo a Roma il 18 ottobre
Carlotta Zaccarelli
29 Settembre 2025
L’azione di Front-lex e degli avvocati Branco e Shatz è innovativa.
Giuridicamente, è una strada mai provata prima: non esistono al momento cause intentate contro gli Stati europei o l’Unione Europea davanti alla CPI o alla Corte di Giustizia Internazionale per crimini commessi contro le persone migranti.
È invece consolidata la giurisprudenza della CEDU sul punto – tanto che è stato richiesto alla Corte di riconsiderare il proprio orientamento, considerato da diversi leader europei, Italia e Danimarca in primis, troppo garantista 12.
Anche a livello nazionale ci sono state delle evoluzioni: le corti penali italiani hanno emesso condanne concernenti naufragi o deportazioni forzate in Libia, e il Servizio Scientifico tedesco ha nel 2023 indicato come respingere i richiedenti asilo verso la Libia potesse dare adito a responsabilità penale individuale in base al Codice Penale tedesco. Nel 2024 la Corte costituzionale italiana ha riconosciuto che la Libia non è un Paese sicuro per i richiedenti asilo, e che i respingimenti costituiscono un crimine in base alla legge internazionale 13.
Corte di Cassazione: la Libia non è un porto sicuro
Chiunque consegni alle autorità libiche le persone soccorse è perseguibile
Avv. Arturo Raffaele Covella
28 Febbraio 2024
L’incisività della CPI è stata fino ad ora piuttosto limitata, e questo anche sul fronte delle indagini sulle azioni di Gheddafi e il conflitto libico. Ad ottobre 2024 la Camera preliminare ha desecretato sei mandati d’arresto contro membri della milizia al Kaniyat per crimini di guerra, ma i responsabili sono tuttora in libertà; nonostante ciò, la Corte ha annunciato la propria intenzione di chiudere il dossier nel 2026.
Il 18 gennaio 2025 la CPI emette un mandato d’arresto contro Osama Almasri Njeem. Poco dopo il suo arresto in Italia, viene rimpatriato in Libia a bordo di un aereo di Stato italiano. Gli avvocati Shatz e Branco presentano una mozione alla CPI richiedendo di indagare sull’accaduto, prospettando una responsabilità di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi per ostruzione della giustizia in base all’articolo 70 dello Statuto di Roma.
Caso Almasri: Lam Magok chiede alla Corte Costituzionale di fare luce sull’operato dei ministri
«L’Italia è sotto ricatto e il Governo lo rivendica come scelta politica»
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21 Ottobre 2025
Il 17 ottobre 2025 la Camera preliminare della CPI 14 ha individuato nel comportamento italiano una violazione dello Statuto di Roma. Secondo la CPI infatti rimpatriare Almasri senza informare la Corte dell’esito del procedimento davanti alla Corte d’appello né tanto meno del rimpatrio stesso costituisce una violazione dell’obbligo di cooperazione, in base all’articolo 97 dello Statuto di Roma.
La CPI parla di comunicazioni interrotte dall’Italia dopo l’arresto, e di spiegazioni “contraddittorie e giuridicamente infondate” fornite riguardo alla vicenda. La CPI ha differito il rinvio al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea ONU, ma ha esplicitato come l’Italia abbia impedito alla Corte stessa di esercitare le sue funzioni e i suoi poteri 15.
CI si chiede se l’impressionante lavoro di Front-lex e degli avvocati Branco e Shatz porterà un risultato concreto. Negli ultimi mesi, davanti al genocidio in corso a Gaza, i dubbi riguardo l’efficacia e la stessa ragion d’essere del diritto internazionale sono cresciuti.
Diversi Stati firmatari dello Statuto di Roma hanno dimostrato grande noncuranza per le decisioni della CPI: nel 2025 l’Ungheria ha annunciato il proprio recesso dallo Statuto di Roma, e sia Putin – oggetto di un mandato d’arresto da parte della CPI – che Netanyahu – per cui il mandato è stato richiesto, si sono recati in Stati membri.
L’Italia, membro fondatore della Corte, ha dimostrato un particolare disinteresse per i contenuti dello Statuto, permettendo a Netanyahu l’accesso al proprio spazio aereo e direttamente ostacolando la Corte nell’arresto di Almasri.
Nel frattempo, la “guardia costiera” libica usa la violenza sempre più frequentemente, anche contro le navi di soccorso delle ONG; le persone morte cercando di raggiungere l’Italia sono almeno 738 solo nel 2025, e dalla presentazione della comunicazione di Front-lex i naufragi documentati almeno due. Il Mediterraneo centrale resta la frontiera più letale al mondo.
- ONG che si occupa di strategic litigation davanti alla Corte di Giustizia dell’UE, alla CEDU e alla CPI ↩︎
- Press Release ↩︎
- Per un riassunto completo del caso, l’elenco dei presunti responsabili, delle vittime e delle prove presentate alla CPI, si rimanda qui ↩︎
- Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, un’agenzia dell’Unione Europea che si occupa del controllo e della gestione delle frontiere esterne degli stati membri dell’UE e dell’area Schengen ↩︎
- Ossia quelli su cui esercita giurisdizione la CPI: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione. ↩︎
- Trattato istitutivo della Corte penale internazionale, che definisce i crimini internazionali più gravi (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra, aggressione), adottato a Roma nel 1998 ↩︎
- Operazione militare e umanitaria italiana (2013–2014) nel Mediterraneo centrale, volta al soccorso in mare e al contrasto del traffico di esseri umani. Sostituita dall’operazione Triton di Frontex nel 2014 ↩︎
- Il Memorandum Italia-Libia, firmato il 2 febbraio 2017 e ufficialmente rivolto a fermare i flussi irregolari, e la Dichiarazione di Malta, del 3 febbraio 2017, con cui l’UE impegna 200 milioni € per formare e finanziare la Guardia Costiera Libica e migliorare le strutture di accoglienza in Libia ↩︎
- In base all’articolo 7 dello Statuto di Roma, i crimini contro l’umanità sono atti commessi “nell’ambito di un attacco esteso o sistematico contro una popolazione civile con la consapevolezza dell’attacco” ↩︎
- Leggi la comunicazione ↩︎
- Il governo Meloni ha deciso di mantenere in vigore il Memorandum con la Libia, che prevede collaborazione nel controllo delle frontiere e sostegno alla guardia costiera libica, nonostante le richieste di opposizioni e ONG di interromperlo. L’accordo dura tre anni e si rinnova automaticamente se una delle due parti non ne chiede la cessazione entro tre mesi dalla scadenza ↩︎
- Leggi la comunicazione ↩︎
- Per i riferimenti delle sentenze e delle comunicazioni clicca qui ↩︎
- Caso Almasri la Corte Penale Internazionale ricostruisce la sequela di omissioni. Entro venerdì 31 ottobre l’Italia deve fornire ulteriori informazioni, Giustizia Insieme (24 ottobre 2025) ↩︎
- La decisione completa è disponibile qui ↩︎