Un’altra strage nel Mediterraneo, lo stesso cinismo

Progetto Melting Pot Europa - Friday, August 15, 2025

Un’altra strage di persone migranti a sud di Lampedusa. Ventisette morti, tra cui una neonata e tre ragazzini. Novantasette persone partite, sessanta arrivate vive. Lo ricorda con chiarezza «Osservatorio Repressione»: è l’onda lunga della “dottrina Piantedosi”. Aspettare, calcolare, trasformare il soccorso in un’operazione di polizia.

Il naufragio è avvenuto a 14 miglia a sud-ovest dell’isola, a due miglia dalle acque territoriali italiane. Due barconi partiti dalla costa libica, forse da Tripoli scrive nel suo comunicato la Guardia costiera italiana. Uno si riempie d’acqua, le persone si spostano sull’altro, che si ribalta a sua volta. Quando Guardia costiera e Guardia di finanza arrivano, lo scafo è già capovolto, i corpi già in mare.

Eppure un aereo di Frontex sorvolava quell’area la sera prima. Non li ha visti? O le autorità italiane stavano preparando l’ennesima «operazione di contrasto all’immigrazione irregolare» in attesa che le barche entrassero nelle acque nazionali? Oppure le autorità si attendevano l’ennesimo respingimento? Come mai le due imbarcazioni sono passate inosservate? 

Il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura lo scrive senza mezzi termini: «Strage senza immagini: zero dalla Guardia Costiera in mare, zero dal porto di Lampedusa. Serve far passare “in cavalleria” questo ennesimo dramma. Parlarne al massimo mezza giornata, nascondere i corpi dei vivi e dei morti: evitare al governo un altro incubo stile Cutro».

Il Comando della Guardia costiera si limita a un comunicato stringato, in violazione delle stesse procedure Sar nazionali che impongono la comunicazione pubblica delle operazioni di soccorso. Sapere se qualcuno era a conoscenza della situazione e non è intervenuto subito non è un dettaglio: significa stabilire se ci troviamo davanti a un’ennesima omissione di soccorso mascherata da «prontezza operativa».

Nella serata del 14 agosto, la GC ha poi diffuso alle redazioni un comunicato con due brevi video: il primo mostra le operazioni di soccorso di ieri, con l’imbarcazione in vetroresina rovesciata; il secondo documenta i pattugliamenti di oggi alla ricerca dei dispersi. Immagini che arrivano solo a posteriori, quando il racconto e la percezione pubblica della strage sono già stati neutralizzati.

Francesca Saccomandi di Mediterranean Hope è diretta: «Non sono tragedie ma morti annunciate, frutto di politiche di respingimento di cui i governi europei sono responsabili». Tra le salme ci sono un bambino di quattro anni e uno di appena un anno e mezzo. La madre di quest’ultimo ha perso nello stesso giorno marito e figlio. Un ragazzo ha visto morire il suo migliore amico, dopo otto anni di attesa in Libia.

Perfino Flavio Di Giacomo dell’Oim è netto: «È inadeguato il pattugliamento, il soccorso, il salvataggio. Serve rafforzare il sistema europeo di pattugliamento, perché salva vite e porta le persone in un porto sicuro, non in Libia». 

Sea Watch aggiunge: «Rabbia e frustrazione. È quello che sentiamo per l’ennesimo naufragio a poche miglia da Lampedusa. La nostra Aurora e altre Ong se indirizzate avrebbero potuto soccorrere le persone in pochi minuti. Qualcuno sapeva della presenza di quella barca?». E intanto l’aereo Seabird resta bloccato: avrebbe potuto avvistare le imbarcazioni e dare tempestivamente l’allarme, ma sarebbe stato un testimone scomodo del mancato soccorso.

Le ultime notizie riportano che la procura di Agrigento ha aperto un fascicolo di indagine per “per naufragio colposo”.

Per il governo Meloni, invece, la colpa è sempre e solo dei «trafficanti di esseri umani». Piantedosi ribadisce la necessità di «prevenire i viaggi in mare sin dai territori di partenza», mentre Meloni denuncia l’«inumano cinismo con cui i trafficanti organizzano questi loschi viaggi». Parole già pronte, buone per coprire le proprie responsabilità politiche.

Ma quando il governo un vero trafficante e torturatore ce l’ha sotto mano, come nel caso Almasri, ricorda ancora «Osservatorio Repressione», lo rimanda velocemente in Libia con un volo di Stato.

Il bollettino di guerra ha superato le 700 vittime nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno ad oggi. E si continuerà a contarle finché il mare resterà un confine da militarizzare e uno spazio di non soccorso, finché questo regime dei confini italiano ed europeo continuerà ad avvantaggiare altri amici trafficanti e a lasciare come unica via per arrivare in Europa quella del mare. Il resto è propaganda. E ipocrisia di chi è colpevole di queste morti.