
Para bellum atlantico: «Io la penso come i romani»
Pressenza - Thursday, June 26, 2025Meloni in Parlamento. La preparazione e l’allestimento della guerra, ora con armi sempre più costose e sofisticate, pare che non stia alla fine realizzando nessuna vera pace.
«Io la penso come i romani: si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra», così Giorgia Meloni in Parlamento in risposta a chi chiedeva chiarezza sulla disponibilità dell’Italia con basi e servitù militari verso le guerre dell’imperatore Trump.
Prima di andare al Consiglio Europeo e al vertice atlantico dell’Aja che impone un devastante riarmo, il 5% per le spese della difesa UE che va correttamente intesa, dicono Rutte e Meloni all’unisono, come «colonna europea» della Nato. Siamo all’Unione Atlantica. Si è sfilata solo la Spagna, minacciata dal bullo americano.
Ma, signora presidente del Consiglio, la sua citazione riguardava l’impero romano… Come è finito? Guerre di conquista, guerre civili e i barbari alla fine sono arrivati. Meno male che c’è stata la guerra sociale, la rivolta degli schiavi, che testimoniavano come la grandezza e la civiltà di Roma derivavano dalla violenza contro di loro necessaria a costruirle. E come è finito il più recente impero italiano-mussoliniano che aveva la forza militare come asse di riferimento per la sua credibilità, interna ed internazionale?
La filologia in campo ricorda Vegezio, Cornelio Nepote, Cicerone all’origine del detto. C’è però da ricordare un’altra piccola citazione. Il grande storico Tacito raccontando la vita e le imprese del generale romano Agricola conquistatore delle Britannie, cita le parole di Calgaco, il capo sconfitto dei calédoni, sulla vera natura imperiale di Roma: «Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero», e soprattutto dichiara: «Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant », «Dove hanno fatto un deserto l’hanno chiamato pace». Questa è la pace delle armi “preparate”, allora come adesso.
La cui incertezza sui risultati reali di pace raggiunti è sotto i nostri occhi, quella di una tregua di 12 ore voluta dall’Augusto Trump che è stato tirato per il bavero dal satrapo Netanyahu nell’attacco ai “persiani” e ora è preoccupato del disastro e soprattutto dei risultati concreti dell’attacco armato che ha ordinato e per ora zittisce – giustificando il bombardamento all’Iran “risolutivo” come per Hiroshima e Nagasaki – ogni critica, non proprio pacifista, che lo invita a finire il lavoro sporco.
In buona sostanza contraddicendo il “si vis pacem para bellum”. Perché la preparazione e l’allestimento della guerra, ora con armi sempre più costose e sofisticate, pare che non stia alla fine realizzando nessuna vera pace, se non la situazione quo ante, se non quello che è sotto i nostri occhi: un clima di attesa armata in preparazione di un disastro peggiore, che a Gaza e in Cisgiordania è già apertamente criminale, per un Medio Oriente che appare proprio come un deserto che assomiglia sempre più al caos.
Ma se «per la pace» è giusto prepararsi alla guerra, come dimenticare che la cosiddetta pace in Europa è stata garantita per decenni dalla deterrenza nucleare- che definivamo “del terrore” – ma che, anche se non ha fermato la corsa al riarmo nucleare oltre i Paesi potenti che la possedevano, almeno è stata acquisita con un Trattato di Non proliferazione che sembra avere però ora un destino incerto.
Naturalmente le parole «se vuoi la pace, prepara la guerra», di Giorgia Meloni che vanta un gonfiato credito internazionale, suonano anche come collocazione internazionale dell’Italia e messaggio al mondo. Che se lo assume specularmente che succede?
Non le viene il dubbio che il Cesare russo, Putin, il “nemico”, la pensi e faccia proprio come lei? E, in tal senso, ci si chiede: per quale motivo l’Iran, che finora si è battuto per il “solo” nucleare civile, non dovrebbe dotarsi di un’arma nucleare, visto che in Medio Oriente Israele è l’unico Paese ad averne di atomiche a centinaia, e senza mai essere sottoposto ad una verifica internazionale perché sono un “non detto”? Tanto più che avere la Bomba sarebbe per Teheran la garanzia di non essere attaccato e dunque, secondo la strategia meloniana, sarebbe «per la pace». Oppure il «Si vis pacem para bellum» appartiene solo all’Occidente, per scaricare minacce e guerre sanguinose oltre i suoi confini?
La verità, che non viene più raccontata né preparata, è che l’unica vera garanzia di pace è solo il disarmo nucleare del Medio Oriente – e del mondo.
A proposito dell’incertezza di morte che produce la guerra, ci piace ricordare l’ambigua risposta della Sibilla cumana: «Ibis, redibis, non morieris in bello», «Andrai, ritornerai e non morirai in guerra», data a un soldato che la consultava sull’esito della sua missione. Dov’è l’ambiguità? Basta spostare la seconda virgola per avere «Ibis, redibis non, morieris in bello», «Andrai, non ritornerai e morirai in guerra». Un’ultima citazione e un invito a Giorgia Meloni, nata come militante fascista nel bunker di Colle Oppio tra rovine romane con vista – distorta – su Colosseo e Fori: «I Meloni dei romani sono belli», «Va’…o Meloni, al suono di guerra del dio romano».
Ripubblicazione autorizzata dall’autore.
Link all’articolo originale:
https://ilmanifesto.it/para-bellum-atlantico-io-la-penso-come-i-romani