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STOP RWM
La RWM vuole aumentare la sua produzione di esplosivi e ordigni da guerra nel suo stabilimento di Domusnovs-Iglesias, ma ha bisogno dell’approvazione della Giunta della Regione Sardegna. Producono bombe per aereo, mine marine, proiettili di artiglieria e persino i micidiali droni killer israeliani; il loro mortifero business alimenta i peggiori teatri di guerra del pianeta: Palestina, Yemen, Ucraina, Kurdistan … Affermano di voler salvare il Sulcis dalla crisi ma hanno appena 102 dipendenti veri, il resto è manodopera precaria, fornita da agenzie interinali, che viene sistematicamente scaricata non appena la richiesta di ordigni cala. Il business delle armi è purtroppo cresciuto con le recenti guerre. La RWM ha avuto bisogno di ampliare il suo stabilimento, rapidamente e senza tanti scrupoli, perciò nel 2017 ha dichiarato, falsamente, di non fabbricare esplosivi, confidando nella credulità dei funzionari pubblici, evidentemente ben disposti nei suoi confronti. Un tribunale ha ristabilito la verità: il Consiglio di Stato, a novembre 2021, ha annullato le licenze edilizie concesse per ampliare la fabbrica RWM, senza una preventiva Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), obbligatoria per gli stabilimenti ad elevato rischio di incidente che producono esplosivi. L’azienda non si è però rassegnata a demolire le opere abusive e ha ottenuto dalla Regione di effettuare una Valutazione di Impatto ambientale a lavori terminati (una VIA ex-post). Nel corso della VIA ex-post, la RWM ha però fornito documentazione parziale e incompleta, minimizzando gli impatti. Ciò nonostante sono emerse gravi violazioni della normativa di protezione dell’ambiente, della sicurezza e della salute umana. Tanto per fare qualche esempio: gli ampliamenti sono stati realizzati anche in aree a rischio idrogeologico molto elevato, dove vige il divieto assoluto di edificazione, e sono stati sistematicamente violati i vincoli paesaggistici presenti, senza neppure il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza … L’istruttoria per la VIA ex-post ora è terminata, manca solo la decisione finale della Giunta regionale e della sua Presidenza. Il giudizio finale quindi non potrà che essere NEGATIVO. Il tempo stringe, il TAR della Sardegna ha stabilito che la decisione deve arrivare entro la metà di Dicembre. Chiediamo quindi alla Presidente Todde e alla sua amministrazione di non fare l’ennesimo favore a chi produce ordigni di morte, e di non cedere alle indebite pressioni governative. È ora di esprimere un chiaro parere NEGATIVO per l’impatto ambientale dell’ampliamento RWM. NESSUNA AUTORIZZAZIONE A CHI LUCRA SULLA GUERRA E LA PREPARA, DEVASTANDO L’AMBIENTE VALUTAZIONE NEGATIVA SUBITO PER L’IMPATTO AMBIENTALE DELL’AMPLIAMENTO DELLA FABBRICA RWM GIOVEDì 4 DICEMBRE 2025 dalle ore 10:00 alle ore 18:00 Presidio, tutto il giorno di fronte alla Presidenza regionale in viale Trento 69 Cagliari. Redazione Sardigna
Cagliari grida: giù le armi, su i salari!
Almeno millecinquecento persone hanno partecipato a Cagliari alla manifestazione promossa dall’Unione Sindacale di Base, in concomitanza con lo sciopero generale ed alla vigilia del corteo di Roma del 29 novembre. “Contro la manovra di guerra e l’economia del genocidio, per salari, pensioni e diritti sociali”, i manifestanti hanno sfilato per le vie del centro storico per buona parte della mattinata. Assieme all’USB c’erano i COBAS, le associazioni e i comitati che si battono per liberare la Sardegna dalle basi militari, dalla fabbrica di bombe RWM, dall’assalto della speculazione energetica. Erano presenti i palestinesi che da tempo vivono sull’isola, i gruppi di sostegno alla causa palestinese, i pensionati, i lavoratori, gli studenti. Il corteo, variopinto e coeso, si è snodato fino alla meta: il palazzo del Consiglio regionale, in via Roma. Qui ci sono stati gli interventi delle varie realtà che si sono unite in questa giornata di sciopero che, se non ha bloccato tutto, come accaduto nell’ormai “storica” giornata del 22 settembre, ha potuto dimostrare una continuità di percorso e di obiettivi condivisi. Il problema non sono i palestinesi, che cercano di vivere sulla loro terra e sono costretti a farlo sotto occupazione, in condizioni disumane; il problema è Israele e soprattutto il sionismo e il suo disegno che vuole eliminare il popolo palestinese e che influenza la politica dei paesi europei, che ne diventano complici. Questo ha detto in sintesi, con intensità e calma, Fawzi Ismail, presidente dell’Associazione di Amicizia Sardegna Palestina. Enrico Rubiu, portavoce dell’USB del sud-Sardegna, ha posto l’accento su una manovra finanziaria contro i lavoratori, che non concede nulla ai diritti e non investe sulla vera sicurezza, quella sul posto di lavoro. “Il lavoratore deve uscire di casa sereno, senza pensare di poter tornare a casa sotto forma di bara, come troppo spesso succede”, ha urlato per chi possa sentire. Nei vari interventi che si sono succeduti è stato dato rilievo al problema della repressione nei confronti dei movimenti antimilitaristi, con ben trentasei indagati nella così detta “operazione Maistrali”, con anche accuse perfino di terrorismo. Si scopre però poi che, nello specifico e al di fuori dei titoloni sui giornali, si tratterebbe semplicemente di scritte sui muri, affissione di manifesti e al massimo, se fosse confermato, preparazione di petardi. Quest’altra operazione ha la chiara apparenza di un tentativo di criminalizzare il dissenso, sia per porlo su una cattiva luce mediatica, che per mettere in difficoltà ed intimidire le singole persone attiviste. Sono stati poi evocati i problemi cronici della Sardegna, dall’installazione di fabbriche inquinanti alla presenza da oltre sessant’anni di basi e poligoni militari, che hanno attivato per decenni esercitazioni a fuoco, con proiettili anche altamente inquinanti, come i missili “Milan”, che rilasciano torio radioattivo e hanno reso l’istmo di capo Teulada simile ad una Chernobyl mediterranea. Fino alle speculazioni capitaliste, dal vago odore mafioso, sulla corsa speculativa alle installazioni di pale eoliche e pannelli fotovoltaici su larga scala. Senza dimenticare quella che oggi sembra la questione più attuale: la risposta della Regione sarda alla richiesta di sanatoria da parte della RWM, attesa nel prossimo mese. C’è in ballo una scelta politica cruciale: saprà il governo regionale dare ragione alle più che legittime recriminazioni della società civile, basate su istanze ambientali e idrogeologiche specifiche, anche a costo di opporsi in modo netto alle politiche del governo di Roma? Ci saranno presto nuove iniziative su questo tema. Ce ne andiamo con una bella sensazione: gli esseri umani sono ancora vivi e pensanti e vogliono ancora esprimersi liberamente, rivendicare i propri bisogni, proporre una società alternativa a quella dell’aggressione, della devastazione, del genocidio, per il massimo profitto. La società sarda è pronta a resistere. Carlo Bellisai
Università Estiva Parco Toledo: smilitarizzare per proteggere la vita
Lo scorso 13 settembre, nell’ambito della terza edizione dell’Università Estiva dell’Umanesimo Universalista (Parco Toledo), si è tenuta la tavola rotonda “Smilitarizzare per proteggere la vita”. Hanno partecipato come relatori Ovidio Bustillo, di Alternativas Noviolentas, Juana Pérez Montero in rappresentanza della nostra agenzia stampa Pressenza, Valentina Carvajal di Greenpeace e Inma Prieto di Mondo senza Guerre e senza Violenza, tutti membri dell’Alleanza per il Disarmo Nucleare, con i quali abbiamo potuto parlare al termine dell’evento. Ecco le loro dichiarazioni sul tema che ci ha riuniti quel giorno. Ovidio Bustillo, che coordinava la tavola rotonda, ha fornito il quadro generale. Juana Pérez Montero ha parlato del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Valentina Carvajal ha incentrato il suo intervento sulla campagna di denuncia del commercio di armi con Israele, nel pieno del genocidio a Gaza, mentre Inma Prieto ha chiuso la tavola rotonda parlando delle diverse forme di violenza e di come affrontarle da diversi punti di vista, in particolare quello dell’istruzione. Ha concluso il suo intervento invitando i presenti a leggere e fare proprio l’Impegno Etico elaborato dalla sua organizzazione, che potete trovare QUI. Video (in spagnolo): Álvaro Orús. Intervista: Juana Pérez Montero --------------------------------------------------------------------------------   > Come attivare i sottotitoli in italiano: > > * Far partire il video > * Cliccare sul simbolo della rotella in basso a destra (Impostazioni) > * Cliccare su Sottotitoli > * Cliccare su Inglese > * Cliccare ancora su Sottotitoli (inglese) > * Scegliere Traduzione automatica > * Tornare nel video, in cui appare la lista delle lingue disponibili > * Scegliere la lingua italiana dalla lista > > La traduzione non è perfetta, ma facilita comunque la comprensione. TRADUZIONE DALLO SPAGNOLO DI STELLA MARIS DANTE Redacción Madrid
E’ proibito criticare le fabbriche di armi?
Si è svolta il 24 novembre presso il tribunale di Cagliari l’ennesima udienza del processo in cui è imputata per diffamazione una giovane persona sarda, da tempo impegnata nei comitati che contrastano la fabbrica di ordigni bellici RWM, che ha sede nei territori di Domusnovas ed Iglesias. Davanti al palazzo di giustizia, c’era un presidio con lo striscione STOP RWM. Dopo un’attesa di due ore, l’udienza si è concentrata sulle arringhe degli avvocati. Ma la sentenza è stata rinviata al 12 gennaio del 2026. La RWM Italia, costola della tedesca Rheinmetal, con sede legale a Ghedi in provincia di Brescia, da circa quattro anni ha svolto ingenti lavori di ampliamento dello stabilimento, allo scopo di aumentare la propria produzione, che ultimamente si è arricchita non solo quantitativamente, ma anche diversificandosi, con la produzione di droni killer, su licenza dell’azienda israeliana Uvision. Ma l’ampliamento non era legale, per la mancanza di una valutazione d’impatto ambientale (VIA) e, in seguito ai ricorsi dei comitati, affiancati da sindacati di base e movimenti, è stato bloccato il suo utilizzo. Al momento, dopo che la RWM ha presentato un VIA ex-post, per cercare una sanatoria posticipata, la parola passa alla Regione Sardegna, che deve decidere se firmare e permettere l’utilizzo degli impianti abusivi, o negarne l’autorizzazione. Per questo nelle ultime settimane si stanno moltiplicando non solo a Cagliari e Iglesias, ma anche in altre città e paesi, le iniziative di sensibilizzazione sul problema. Per questo sono state presentate alla presidente della Regione delle lettere circostanziate, che si aggiungono al dossier sull’imbatto ambientale e il rischio idrogeologico, già da tempo inoltrato. Questa, in sintesi estrema, la situazione attuale, nella quale s’inquadra anche il processo che ha subito e subisce chi ha avuto il coraggio di parlare apertamente degli enormi profitti che i costruttori d’armi ricavano dalla morte e dalla distruzione. Chi ha il coraggio di mettere in discussione la catena di consenso che le grandi aziende mortifere propagano nel territorio, attraverso il ricatto occupazionale, in una subregione dai tassi di disoccupazione tra i più alti in Europa. Il tutto spesso con l’acquiescenza delle amministrazioni comunali. Per questo, dall’aprile del 2023, ha dovuto subire due anni e mezzo di iter giudiziari, di udienze e di rinvii, con un carico economico, ma soprattutto psicoemotivo assai duro da sopportare.  Oggettivamente, sembra un modo per far pagare ai giovani il loro impegno di cittadinanza attiva e dissuaderli dal continuare. Ma i partecipanti al presidio sui gradoni del tribunale sono ottimisti: molto difficile dissuadere questi giovani e questi meno giovani, gli anziani, le famiglie coi bambini, questo movimento con molte anime che vuole rimanere coeso sull’obiettivo, quello della chiusura della fabbrica o della sua riconversione ad usi civili. Ma oggi il primo obiettivo, quello immediato è lo stop all’ampliamento illegale. Secondo l’accusa l’attivista ha diffamato l’azienda, in quanto avrebbe “travalicato i confini della critica”. Ci chiediamo cosa possa significare. Forse che si può criticare fino a un certo confine? Ma quale confine? Forse quello del filo spinato, che qualcuno vorrebbe introiettato nelle menti. Al contrario, è giusto rivendicare il diritto di parola e di critica in un momento importante, nella lotta per il disarmo e, in particolare, contro le produzioni di morte della RWM in Sardegna. Ci saranno presto altre iniziative. Carlo Bellisai
Gaza. L’ONU approva la risoluzione statunitense. Contrari palestinesi e Israele
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la risoluzione presentata dagli Stati Uniti su Gaza basata sul Piano Trump. Il testo è stato modificato più volte durante i negoziati, è passato con 13 voti a favore e l’astensione di Cina e Russia. Con il piano viene autorizzata una forza militare internazionale di “stabilizzazione” per la […] L'articolo Gaza. L’ONU approva la risoluzione statunitense. Contrari palestinesi e Israele su Contropiano.
Equipaggi di mare e di terra contro genocidio ed economia di guerra
Quasi 200 persone hanno partecipato alla potente assemblea degli equipaggi di mare e di terra di giovedì 30 ottobre a Esc. Nell’arco delle tre ore di discussione ci sono stati confronti, proposte e condivisioni rispetto alla nuova fase che sta attraversando il movimento esploso a fine agosto per la fine del genocidio a Gaza e contro l’economia di guerra. Abbiamo cercato di organizzare la discussione lungo tre assi principali, la condivisione di iniziative e progetti già in corso, la progettazione di obiettivi comuni e le pratiche/metodi che vogliamo mantenere. PROGETTI COMUNI Rispetto ai progetti comuni è emersa la volontà di opporsi alla complicità al genocidio all’interno del comune di Roma, nei confronti di aziende come Teva, Leonardo e Mekorot. Si è pure immaginata una vera e propria campagna di boicottaggio culturale degli interessi israeliani nel comune di Roma. Sarà importante costruire materiale informativo ad hoc. Si è discusso al lungo sull’opposizione alle spese militari come possibile focus di campagna, consapevoli di quanto esse siano il nuovo centro dell’economia del paese e strumento di disciplinamento della società tanto a Gaza quanto qui – non a caso le aziende pronte a costruire il Ponte sullo stretto sono le stesse che ricostruiranno Gaza. In tal senso l’opposizione alla finanziaria di guerra del governo diventa centrale. Il focus va mantenuto anche su territori periferici che sono utilizzati e sacrificati per l’economia del genocidio, come la Valle del Sacco, dove l’assemblea NoWar sta contrastando le mire di espansione delle fabbriche del militare come Avio e ex-Winchester. Altrettanta attenzione va posta ai territori di serie B che sono i primi a essere sottoposti a progetti di militarizzazione, come recentemente accaduto al Quarticciolo. È stato evidenziato quanto importante sia mantenere lo sguardo attento su quanto accade in Palestina. Questo significa tanto prestare attenzione alla Cisgiordania (violenze e soprusi) e a Gaza (ricostruzione con interessi privati di ditte italiane come We Build), quanto riconoscere la presenza di un paradigma Israele che sta imponendosi nelle nostre società (disciplinamento, regime di guerra, apartheid) al quale bisogna essere in grado di rispondere con una alleanza della Palestina globale in resistenza. È stata inoltre sottolineata la linea rossa che collega l’autodeterminazione della Palestina a quella dei nostri corpi, similmente sottoposti a disciplinamento e militarizzazione, con un particolare attacco alle donne, ai corpi non normati e le libere soggettività. Questo tema assieme agli altri, attraverserà le mobilitazioni transfemministe di novembre. Si è ribadita in modo netto la centralità dell’unificazione degli scioperi come strumento di eccedenza e di potenza, come 22 settembre e 3 ottobre hanno dimostrato. Lo sciopero è e deve mantenersi uno strumento in mano ai lavorator* e non una proprietà delle organizzazioni sindacali. Deve essere costruito assieme tramite un percorso assembleare allargato e partecipativo. Deve essere uno sciopero che costruisca blocchi reali contro i soggetti che agiscono la guerra nel nostro territorio. Si sono proposte anche azioni di solidarietà futura con la Palestina, da carovane di terra in Cisgiordania fino a nuove flottiglie in partenza in primavera e pure iniziative per una ricostruzione dal basso di Gaza. METODI E PRATICHE Si è ribadito quanto importante sia rimanere nei territori e al tempo stesso avere un respiro internazionale. Si è ribadito che il movimento deve avere una dimensione orizzontale, aperta a chiunque, non identitaria tanto nelle assemblee come nelle piazze. Si è ribadita la necessità di avere modalità includenti e di costruire mobilitazioni comuni. Si è proposto di avere momenti di studio e approfondimento sulla economia del genocidio. Si è ribadito che la mobilitazione deve avere carattere intergenerazionale ma anche europeo e internazionalista. Sono state proposte assemblee popolari nei quartieri, un canale di comunicazione comune, la creazione di gruppi di lavoro, la possibilità di avere un’azione da promuovere appena accade qualcosa, anche a livello individuale. Si è ribadito che la scuola è un luogo da proteggere dal continuo disciplinamento e dalla militarizzazione in atto da tempo. Perché questo significa battersi contro una economia di guerra che passa anche per la formazione delle nuove generazioni, attraverso la normalizzazione della presenza di forze dell’ordine e dei militari nelle scuole o nei quartieri riproducendo il modello Caivano. Si è ribadito che l’università deve rimanere uno spazio di conflitto visto gli interessi che gravitano attorno ad essa. Si è confermata l’importanza di vedere la Palestina come simbolo del Sud globale schiacchiato da neocolonialismi e genocidi, e che aprire gli occhi sulla Palestina deve aiutarci ad aprire gli occhi su altri Sud globali ancora più dimenticati come Sudan e Congo. DATE A DISPOSIZIONE COMUNE 4 Novembre, presidio al Mim contro militarizzazione scuola (ancor di più ora dopo annullamento del convegno) 9 novembre manifestazione a Fiumicino contro il porto croceristico nel quale ci sono evidenti interessi di guerra israeliani 12 novembre mobilitazione delle assemblee precarie universitarie 16 o 23 novembre: mobilitazione a Monteverde contro la violenza squadrista e sionista che si manifesta nel quartiere 15 novembre mattina: assemblea nazionale lanciata da rete no-DL sicurezza,  Stop rearm, gkn, global movement to gaza e che vuole allargarsi nell’ottica dello sciopero comune e verso mobilitazioni comuni a dicembre. 15 novembre, Climate Pride come spazio ecologista e intersezionale in contemporanea alla cop30 di Belem 22 novembre corteo nazionale transfemminista contro la violenza di genere 25 novembre mobilitazioni locali diffuse in occasione della giornata mondiale contro la violenza di genere 28 novembre sciopero generale che vogliamo generalizzato e sociale, perché lo sciopero è di chi lo pratica non solo di chi lo indice dicembre: mobilitazione comune contro la finanziaria di guerra proposta da rete no-ddl sicurezza. Per proseguire questo lavoro assieme ci vediamo giovedì 6 novembre alle 18.00 a Esc. La foto di copertina è a cura di DINAMOpress SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Equipaggi di mare e di terra contro genocidio ed economia di guerra proviene da DINAMOpress.
Israele intensifica gli attacchi in Libano, gli USA se ne lavano le mani
La situazione libanese ha visto un’escalation significativa negli ultimi giorni, anche se i media ne parlano poco. Il paese dei cedri è stato sotto i bombardamenti israeliani ininterrottamente, nonostante ci sia un cessate il fuoco in atto. Ma Israele sta facendo sempre più pressione affinché il presidente Aoun, eletto a […] L'articolo Israele intensifica gli attacchi in Libano, gli USA se ne lavano le mani su Contropiano.
Sondaggio tra i palestinesi: cosa pensano del ‘piano Trump’?
Un recente sondaggio pubblicato dal Palestinian Centre for Policy and Survey Research (PCPSR) ha interrogato i palestinesi stessi su cosa pensano riguardo al piano di ‘pace’ (cioè di nuova amministrazione coloniale) promosso dal presidente USA Trump. Le risposte che sono state registrate lascerebbero sicuramente spiazzati molti commentatori occidentali, se solo […] L'articolo Sondaggio tra i palestinesi: cosa pensano del ‘piano Trump’? su Contropiano.
Trump minaccia ripresa di test nucleari, un passo indietro pericoloso e inaccettabile. L’Italia lo condanni
La Rete Italiana Pace e Disarmo, partner della Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN, Premio Nobel per la Pace 2017), condanna con forza le recenti dichiarazioni del Presidente statunitense Donald Trump, che sui social media ha annunciato di aver “dato istruzioni al Dipartimento della Guerra di iniziare a testare le armi nucleari alla pari di Russia e Cina”. Si tratta di un’affermazione gravissima, oltre che ambigua: né la Russia né la Cina – così come tutte le potenze nucleari, USA compresi – stanno oggi effettuando test nucleari, ma soltanto prove sui sistemi di consegna e lancio di tali ordigni. Non è dunque chiaro cosa intenda realmente il Presidente Trump, ma è chiaro invece come ogni eventuale ritorno ai test concretizzerebbe un passo indietro pericoloso, irresponsabile e inaccettabile. Testare un’arma nucleare significa in definitiva usarla: le esplosioni “sperimentali” non sono banali e innocue prove scientifiche, ma veri e propri atti di violenza contro persone e ambiente con conseguenze devastanti e durature. Tra di esse: contaminazione radioattiva, malattie, malformazioni, traumi collettivi, distruzione di ecosistemi. Le comunità che in passato hanno subito gli effetti dei test nucleari continuano ancora oggi a pagarne il prezzo. Ripetere quei crimini sarebbe moralmente e politicamente indifendibile. Storicamente i test sono serviti non solo a perfezionare la capacità distruttiva delle testate, ma anche a inviare segnali di forza e “postura minacciosa” a potenziali avversari: un linguaggio di intimidazione e paura che potrebbe riporta l’intera umanità sull’orlo dell’abisso di una mutua distruzione completa. L’annuncio di Trump dimostra quanto sia fragile la sicurezza globale e quanto si confermi al contrario urgente l’eliminazione definitiva delle armi nucleari. Finché esisteranno, la minaccia del loro uso — anche in ambito di prova — resterà reale. La loro abolizione resta l’unica vera garanzia contro una catastrofe futura. Questa dichiarazione infiammatoria giunge in un contesto di crescente escalation nucleare: la Corea del Nord ha annunciato nuovi test missilistici in concomitanza con la visita di Trump nella regione; la NATO ha recentemente condotto le proprie esercitazioni annuali che simulano l’impiego di armi nucleari (operazione Steadfast Noon); la Russia ha effettuato manovre e dimostrazioni delle proprie capacità missilistiche strategiche. E gli stessi Stati Uniti stanno già testando i sistemi di consegna nucleare, inclusi i meccanismi di comando e controllo e tutti i componenti della cosiddetta “triade nucleare” (aerea, terrestre e marina). In tale scenario, l’annuncio di Trump rischia di innescare una nuova corsa agli armamenti e di vanificare decenni di sforzi diplomatici per il disarmo. È importante ricordare che il Presidente USA ha parlato di “Dipartimento della Guerra”, ma la responsabilità dei test nucleari statunitensi non appartiene a quel dicastero bensì al Dipartimento dell’Energia: un’ulteriore prova della confusione e della pericolosità del messaggio lanciato. Non va poi dimenticato come lo stesso Trump, sin dal suo secondo insediamento, aveva riconosciuto la pericolosità delle armi nucleari e la necessità di ridurle. Le sue parole attuali smentiscono quelle promesse e si aggiungono alla modernizzazione e all’espansione in corso dell’arsenale nucleare USA, un progetto miliardario che allontana il mondo da ogni prospettiva di pace e sicurezza sostenibile. A fronte di tutto questo, l’Italia non può rimanere in silenzio. Nel corso della recente Audizione parlamentare della campagna Italia Ripensaci, la Rete Italiana Pace e Disarmo ha ribadito la necessità di una scelta chiara, quella del disarmo nucleare globale, in coerenza con i principi della nostra Costituzione e con la tradizione diplomatica del Paese: “Non possiamo arrenderci al rischio esistenziale di una guerra nucleare. L’Italia deve scegliere da che parte stare: dalla parte della vita, del diritto internazionale e della Pace”. Il nostro Paese sostiene da sempre il Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari (CTBT), considerandolo uno strumento cruciale per la sicurezza internazionale e proprio per tale motivo dovrebbe oggi esprimere con forza, insieme ai partner europei, ferma condanna e chiara contrarietà all’ipotesi di ripresa dei test da parte degli Stati Uniti, anche in virtù del fatto che armi nucleari statunitensi sono ancora dislocate sul nostro territorio. Se davvero vogliamo costruire sicurezza e stabilità, dobbiamo imboccare la strada del disarmo, del dialogo e della cooperazione multilaterale. Rete Italiana Pace e Disarmo rinnova il suo appello al governo e al Parlamento italiani: è tempo di aderire al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN) come già fatto dalla maggioranza degli Stati del mondo, sostenendo con decisione ogni percorso verso un mondo libero da armi nucleari.     Rete Italiana Pace e Disarmo
Il PKK annuncia il ritiro definitivo delle proprie forze dalla Turchia
Il PKK ha compiuto un altro passo unilaterale, conseguente alla chiamata al disarmo effettuata da Ocalan e la successiva risoluzione di scioglimento del proprio congresso: dopo la cerimonia simbolica di distruzione delle armi dello scorso luglio1, il 26 ottobre le Forze di Difesa del Popolo (HPG) e l’Unità delle Donne […] L'articolo Il PKK annuncia il ritiro definitivo delle proprie forze dalla Turchia su Contropiano.