FREE SHAHIN: Campagna per la liberazione di Mohamed Shahin

Pressenza - Thursday, November 27, 2025

“L’arresto di Mohamed Shahin, la revoca del permesso di soggiorno e la decisione del giudice di confermare l’espatrio forzato verso l’Egitto nonostante la richiesta di asilo politico rappresentano una palese violazione dello spirito e della lettera della Costituzione Italiana. Da un lato rappresentano un atto di repressione politica per chi si è battuto contro il genocidio a Gaza e nello stesso tempo un atto di violazione delle più elementari regole umanitarie visto il rischio che Mohamed subisca i Egitto ogni sorta di violenza da parte del regime al potere. Non è tollerabile che un cittadino straniero che partecipa attivamente ai movimenti democratici che attraversano il paese venga trattato come un assassino mettendo addirittura a rischio la sua incolumità fisica. Per questo chiediamo un intervento urgente del governo per fermare questa azione delittuosa tipica di uno stato di polizia e non di uno stato democratico.” (Paolo Ferrero, segretario provinciale Prc-Se)

Torino-InfoPal. Mohamed Shahin, leader di una moschea a Torino, in Italia, dissidente politico egiziano (che rischia la pena di morte in Egitto), prominente attivista pro-Palestina e contro il genocidio a città di Gaza, è stato arrestato due giorni fa dalla polizia italiana, su ordine del governo filo-sionista, razzista e islamofobo della prima ministra Meloni, per il suo sostegno alla Palestina.
È accusato di aver dichiarato, durante manifestazioni, che l’Operazione Al-Aqsa Flood della Resistenza palestinese, il 7 ottobre 2023, è stata motivata da 80 anni di pulizia etnica e genocidio sionista contro i nativi palestinesi… Un’affermazione storicamente comprovata e condivisa, ma poiché Shahin è un immigrato e quindi legalmente vulnerabile, il governo ne ha ordinato l’arresto e la deportazione.

La deportazione di Shahin in Egitto significa che verrà imprigionato, torturato e probabilmente ucciso. La società civile italiana sta sostenendo Shahin e chiede la sua liberazione.
È un uomo buono, pacifico e antisionista, conosciuto e amato da musulmani, cristiani e dal resto della popolazione.
Il governo Meloni, con i suoi sostenitori razzisti della Lega Nord al potere, sta alimentando divisioni, razzismo e conflitti.

A cura di TorinoPerGaza. C’è un angolo di Torino, tra le strade vive di San Salvario, dove per più di vent’anni una figura gentile ha camminato con passo sicuro, salutando volti che nel tempo sono diventati famiglia. È lì, tra quelle vie multiculturali, che Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab, ha costruito la sua vita, il suo futuro e quello dei suoi due splendidi bambini. Torino non è semplicemente il luogo in cui vive: è la città che ha scelto, amata con la dedizione di chi la considera casa in ogni senso.

Arrivato in Italia più di vent’anni fa, Mohamed ha intrecciato la sua storia con quella della comunità torinese con una naturalezza rara. Chi lo conosce lo descrive con parole che non hanno bisogno di essere elaborate: un uomo buono, un uomo di fede, un uomo di pace. La sua voce, calma e ferma, è diventata negli anni un punto di riferimento per centinaia di persone. In questi ultimi due anni, il suo impegno verso la causa palestinese è stato totale. Ha ascoltato, ha parlato, ha guidato, ha portato nelle piazze e nei cuori una richiesta semplice e potente: dignità, giustizia, umanità. E in questo percorso non è mai stato solo: attorno a lui, la comunità si è stretta come si fa attorno a un fratello, a un padre, a una guida.

Per il quartiere di San Salvario, Mohamed non è soltanto un imam. È un pilastro, una presenza che consola, accompagna, media. Sa trovare le parole giuste per chi attraversa un momento difficile e sa ricordare, con il suo esempio, che il dialogo non è una teoria, ma un gesto quotidiano. La sua fede, però, non è mai stata confinata alle mura della moschea. Mohamed ha sempre creduto che il ruolo di un leader religioso sia anche quello di costruire ponti. Lo ha fatto attraverso il dialogo e l’integrazione, promuovendo attività culturali e sociali che hanno reso Torino un luogo un po’ più aperto, un po’ più unito. Lo ha fatto anche collaborando con le autorità locali e le forze dell’ordine, dimostrando che la sicurezza e la coesione sociale si costruiscono insieme, con fiducia e responsabilità condivisa. Un aspetto spesso ricordato da chi lo conosce è la sua collaborazione, lunga e sincera con i Valdesi, i Cattolici e anche con la sinagoga di San Salvario. In questi anni, Mohamed ha coinvolto i rabbini in momenti di confronto e dialogo, ha visitato più volte la sinagoga e ha invitato il rabbino nella moschea, trasformando la relazione fra le due comunità in un esempio concreto e luminoso di rispetto reciproco e convivenza. Un ponte, ancora una volta. Un ponte costruito non con le parole, ma con i gesti.

Tra le sue iniziative più significative, molti ricordano poi quella del 2016, quando partecipò alla distribuzione della Costituzione italiana tradotta in arabo. Non era solo un gesto simbolico: era un invito a far entrare nelle case dei fedeli musulmani i valori fondamentali della Repubblica, perché integrazione significa conoscersi, riconoscersi, camminare nella stessa direzione pur portando storie diverse. Chi incontra Mohamed Shahin ne rimane colpito, quasi toccato. Forse per la sua serenità. Forse per quella luce negli occhi che hanno solo le persone che credono davvero negli altri. O forse perché, semplicemente, Mohamed rappresenta ciò che spesso dimentichiamo: che una comunità si costruisce con la cura, la presenza e l’ascolto.

E oggi, mentre in molti alzano la voce per lui, c’è una certezza che attraversa Torino come un filo invisibile: un uomo così non si dimentica. Un uomo così appartiene alla sua comunità. Un uomo così è casa Un uomo così, deve tornare a casa, Ora!

 

InfoPal