FREE SHAHIN: Campagna per la liberazione di Mohamed Shahin“L’arresto di Mohamed Shahin, la revoca del permesso di soggiorno e la decisione
del giudice di confermare l’espatrio forzato verso l’Egitto nonostante la
richiesta di asilo politico rappresentano una palese violazione dello spirito e
della lettera della Costituzione Italiana. Da un lato rappresentano un atto di
repressione politica per chi si è battuto contro il genocidio a Gaza e nello
stesso tempo un atto di violazione delle più elementari regole umanitarie visto
il rischio che Mohamed subisca i Egitto ogni sorta di violenza da parte del
regime al potere. Non è tollerabile che un cittadino straniero che partecipa
attivamente ai movimenti democratici che attraversano il paese venga trattato
come un assassino mettendo addirittura a rischio la sua incolumità fisica. Per
questo chiediamo un intervento urgente del governo per fermare questa azione
delittuosa tipica di uno stato di polizia e non di uno stato democratico.”
(Paolo Ferrero, segretario provinciale Prc-Se)
Torino-InfoPal. Mohamed Shahin, leader di una moschea a Torino, in Italia,
dissidente politico egiziano (che rischia la pena di morte in Egitto),
prominente attivista pro-Palestina e contro il genocidio a città di Gaza, è
stato arrestato due giorni fa dalla polizia italiana, su ordine del governo
filo-sionista, razzista e islamofobo della prima ministra Meloni, per il suo
sostegno alla Palestina.
È accusato di aver dichiarato, durante manifestazioni, che l’Operazione Al-Aqsa
Flood della Resistenza palestinese, il 7 ottobre 2023, è stata motivata da 80
anni di pulizia etnica e genocidio sionista contro i nativi palestinesi…
Un’affermazione storicamente comprovata e condivisa, ma poiché Shahin è un
immigrato e quindi legalmente vulnerabile, il governo ne ha ordinato l’arresto e
la deportazione.
La deportazione di Shahin in Egitto significa che verrà imprigionato, torturato
e probabilmente ucciso. La società civile italiana sta sostenendo Shahin e
chiede la sua liberazione.
È un uomo buono, pacifico e antisionista, conosciuto e amato da musulmani,
cristiani e dal resto della popolazione.
Il governo Meloni, con i suoi sostenitori razzisti della Lega Nord al potere,
sta alimentando divisioni, razzismo e conflitti.
A cura di TorinoPerGaza. C’è un angolo di Torino, tra le strade vive di San
Salvario, dove per più di vent’anni una figura gentile ha camminato con passo
sicuro, salutando volti che nel tempo sono diventati famiglia. È lì, tra quelle
vie multiculturali, che Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab,
ha costruito la sua vita, il suo futuro e quello dei suoi due splendidi bambini.
Torino non è semplicemente il luogo in cui vive: è la città che ha scelto, amata
con la dedizione di chi la considera casa in ogni senso.
Arrivato in Italia più di vent’anni fa, Mohamed ha intrecciato la sua storia con
quella della comunità torinese con una naturalezza rara. Chi lo conosce lo
descrive con parole che non hanno bisogno di essere elaborate: un uomo buono, un
uomo di fede, un uomo di pace. La sua voce, calma e ferma, è diventata negli
anni un punto di riferimento per centinaia di persone. In questi ultimi due
anni, il suo impegno verso la causa palestinese è stato totale. Ha ascoltato, ha
parlato, ha guidato, ha portato nelle piazze e nei cuori una richiesta semplice
e potente: dignità, giustizia, umanità. E in questo percorso non è mai stato
solo: attorno a lui, la comunità si è stretta come si fa attorno a un fratello,
a un padre, a una guida.
Per il quartiere di San Salvario, Mohamed non è soltanto un imam. È un pilastro,
una presenza che consola, accompagna, media. Sa trovare le parole giuste per chi
attraversa un momento difficile e sa ricordare, con il suo esempio, che il
dialogo non è una teoria, ma un gesto quotidiano. La sua fede, però, non è mai
stata confinata alle mura della moschea. Mohamed ha sempre creduto che il ruolo
di un leader religioso sia anche quello di costruire ponti. Lo ha fatto
attraverso il dialogo e l’integrazione, promuovendo attività culturali e sociali
che hanno reso Torino un luogo un po’ più aperto, un po’ più unito. Lo ha fatto
anche collaborando con le autorità locali e le forze dell’ordine, dimostrando
che la sicurezza e la coesione sociale si costruiscono insieme, con fiducia e
responsabilità condivisa. Un aspetto spesso ricordato da chi lo conosce è la sua
collaborazione, lunga e sincera con i Valdesi, i Cattolici e anche con la
sinagoga di San Salvario. In questi anni, Mohamed ha coinvolto i rabbini in
momenti di confronto e dialogo, ha visitato più volte la sinagoga e ha invitato
il rabbino nella moschea, trasformando la relazione fra le due comunità in un
esempio concreto e luminoso di rispetto reciproco e convivenza. Un ponte, ancora
una volta. Un ponte costruito non con le parole, ma con i gesti.
Tra le sue iniziative più significative, molti ricordano poi quella del 2016,
quando partecipò alla distribuzione della Costituzione italiana tradotta in
arabo. Non era solo un gesto simbolico: era un invito a far entrare nelle case
dei fedeli musulmani i valori fondamentali della Repubblica, perché integrazione
significa conoscersi, riconoscersi, camminare nella stessa direzione pur
portando storie diverse. Chi incontra Mohamed Shahin ne rimane colpito, quasi
toccato. Forse per la sua serenità. Forse per quella luce negli occhi che hanno
solo le persone che credono davvero negli altri. O forse perché, semplicemente,
Mohamed rappresenta ciò che spesso dimentichiamo: che una comunità si costruisce
con la cura, la presenza e l’ascolto.
E oggi, mentre in molti alzano la voce per lui, c’è una certezza che attraversa
Torino come un filo invisibile: un uomo così non si dimentica. Un uomo così
appartiene alla sua comunità. Un uomo così è casa Un uomo così, deve tornare a
casa, Ora!
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