Spari contro la Sea-Watch 5 con motovedette donate dall’Italia

Progetto Melting Pot Europa - Monday, September 29, 2025

Nella notte del 26 settembre, una motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica ha aperto il fuoco contro la nave di soccorso Sea-Watch 5, impegnata in un’operazione di salvataggio di 66 persone nel Mediterraneo centrale. Nessuno tra i naufraghi e l’equipaggio è rimasto ferito, ma l’episodio è un altro chiaro segnale delle intimidazioni contro le Ong impegnate in attività SAR e dell’impunità che godono i miliziani libici. 

Secondo quanto riferito dall’organizzazione, a sparare è stata la Corrubia Class 660, una motovedetta ceduta dall’Italia a Tripoli nel 2018. Tutto è iniziato quando la milizia libica ha ordinato via radio alla Sea-Watch 5 di interrompere l’operazione e virare verso nord. «Poiché ciò avrebbe comportato l’interruzione del salvataggio – ha spiegato l’equipaggio – non abbiamo ottemperato alla richiesta. La motovedetta si è quindi avvicinata e ha aperto il fuoco».

La dinamica ricalca quanto avvenuto solo un mese fa, il 24 agosto, quando la nave Ocean Viking, di SOS Méditerranée, con a bordo 87 sopravvissuti appena soccorsi, è stata colpita da centinaia di proiettili sparati in acque internazionali contro l’imbarcazione per almeno 20 minuti ininterrotti.

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«Nel Mediterraneo si stanno raggiungendo livelli di violenza inaudita contro la società civile», ha dichiarato la portavoce di Sea-Watch Giorgia Linardi. «È inaccettabile che il governo italiano e l’Unione europea lascino che milizie criminali sparino contro i civili utilizzando le ex motovedette della Guardia di Finanza italiana».

Gli attacchi libici sono una diretta conseguenza delle politiche europee

Sea-Watch

Linardi ha chiesto l’immediata sospensione del memorandum Italia-Libia e la revoca degli accordi che, di fatto, hanno affidato il controllo delle frontiere marittime a milizie accusate da tempo di violenze e abusi sistematici. Inoltre, l’equipaggio, quando ha avviato il salvataggio, ha notato due uomini con il passamontagna, che alla fine hanno rifiutato l’assistenza e si sono allontanati.

La denuncia trova eco e sostanza nelle rivelazioni di Mediterranea Saving Humans, che il 16 settembre ha presentato un esposto alla Procura di Trapani sul tentato omicidio di dieci ragazzi gettati in mare da militari libici. Video e fotografie mostrano come dietro queste violenze ci siano uomini appartenenti alla 111ª Brigata, un’unità delle forze armate del governo di Tripoli, guidata dal viceministro alla Difesa Dbeibah 1.

«Lo abbiamo sempre saputo che la cosiddetta “guardia costiera libica” altro non è che una copertura costruita in particolare dai servizi segreti italiani per bande di criminali come Almasri», ha denunciato Mediterranea. «Il Governo italiano sostiene e finanzia da anni una struttura criminale e offre anche copertura politica a queste centrali del traffico di petrolio, armi, droga e persone».

Secondo l’organizzazione, i militari libici non solo gestiscono i lager dove migliaia di persone migranti vengono detenuti, ma sono direttamente coinvolti nel traffico di esseri umani. «Stavolta li abbiamo fotografati e filmati, siamo risaliti alle loro identità. Abbiamo inviato tutto alla Corte Penale Internazionale. Alla sbarra dovrebbero andare non solo i criminali dei lager e delle fosse comuni, ma anche chi li protegge e chi li finanzia».

Gli episodi di questi ultimi mesi dimostrano come il silenzio e la complicità dell’Italia e dell’Unione europea stia sostenendo nel Mediterraneo il lavoro sporco dei libici, trasformando le motovedette donate da Roma in strumenti di intimidazione contro chi salva vite in mare ed è considerato testimone scomodo.

  1. Leggi l’inchiesta completa ↩︎