Mediterranea approda a Trapani disobbedendo al Viminale
La nave Mediterranea ha fatto sbarcare sabato sera alle 21.30 a Trapani le dieci
persone soccorse nella notte tra mercoledì e giovedì in acque internazionali,
disobbedendo all’ordine del Ministero dell’Interno che aveva assegnato Genova
come porto di sbarco.
Alle 2:35 del 23 agosto, il Viminale aveva comunicato che il “luogo sicuro di
sbarco” sarebbe stato il porto ligure, distante oltre 1.200 km e diversi giorni
di navigazione. Una decisione che, secondo l’organizzazione, non teneva conto
delle gravi condizioni dei naufraghi salvati dopo essere stati gettati in mare
dalle milizie libiche: «È inumano e inaccettabile che il Ministero dell’Interno
voglia costringere queste dieci persone – aveva dichiarato il capo missione
Beppe Caccia – a sostenere ancora tre giorni di navigazione, esponendoli a
inutili ulteriori sofferenze».
A bordo vi erano cittadini curdi di Iran e Iraq, egiziani e siriani, tra cui tre
minori non accompagnati di 14, 15 e 16 anni. Tutti avevano subito torture e
violenze in Libia e assistito alla morte di quattro compagni, gettati in mare
dai trafficanti armati. Secondo la medica di bordo, Vanessa Guidi, e lo stesso
CIRM, il centro per il soccorso medico consultato dall’MRCC di Roma, i
sopravvissuti necessitavano di «necessarie cure mediche e psicologiche» che non
potevano essere garantite a bordo.
Nel pomeriggio di sabato, mentre la nave si trovava al largo delle Egadi, il
comandante e il capo missione hanno comunicato al centro di coordinamento che
«visto il peggioramento delle condizioni psico-fisiche delle dieci persone
soccorse a bordo, non sussistono le condizioni di sicurezza per proseguire la
navigazione verso Genova». Da qui la scelta di dirigersi a Trapani. «Ci
assumiamo la piena responsabilità di questa scelta – ha spiegato Caccia -. La
nostra prima e unica preoccupazione sono le condizioni delle persone a bordo,
già provate e traumatizzate. Non possiamo tollerare giochetti politici sulla
pelle di dieci ragazzi che stanno male e devono essere curati».
Alle 20:45 Mediterranea è entrata nel porto siciliano, dove poco dopo è iniziato
lo sbarco. «Davanti a tutto questo, abbiamo scelto di riaffermare un principio
basilare, oggi tutt’altro che scontato: la dignità e la vita umana vengono prima
di ogni altra considerazione», ha sottolineato la presidente
dell’organizzazione, Laura Marmorale. «Lasciare per giorni dei naufraghi
traumatizzati a bordo di una nave è inaccettabile. È come costringere una
persona ustionata a restare tra le fiamme».
La presidente ha poi rivendicato la scelta di sfidare l’ordine ministeriale:
«Non possiamo accettare una visione del mondo in cui gli esseri umani sono
trattati come merce. Abbiamo detto no a questa logica disumana, perché ciò che
oggi viene inflitto a chi è considerato “umanità di scarto”, domani potrebbe
colpire tutti noi. Resistere a questa deriva significa difendere la nostra
stessa umanità».
Lo stesso Caccia, in un video diffuso sui social, ha definito la decisione del
Viminale «un ordine ingiusto e inumano» e ha rivendicato di aver scelto insieme
al capitano di «obbedire al diritto marittimo, alla Costituzione italiana e alle
leggi dell’umanità».
> 🔴🔴 BREAKING 🔴🔴
>
> Nave #MEDITERRANEA disobbedisce all’ordine ingiusto e inumano del Ministero
> dell’Interno e dirige verso il porto di #Trapani per sbarcare le dieci persone
> soccorse in mare, che hanno bisogno di immediate cure mediche e psicologiche a
> terra. pic.twitter.com/dFbXXelbOs
>
> — Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) August 23, 2025
Intorno alla mezzanotte, tutti e dieci i naufraghi erano già stati accolti in
strutture dedicate per ricevere cure mediche e supporto psicologico.
Resta ora da capire quale sarà la reazione del Ministero dell’Interno, se vorrà
procedere con un fermo amministrativo o con una multa. Di certo Mediterranea non
verrà lasciata sola e potrà contare, come ulteriore elemento a sua tutela, dei
precedenti in cui analoghi ordini, ritenuti brutali e ingiustificati, sono già
stati considerati illegittimi dai tribunali, smontando di fatto parti del
famigerato decreto Piantedosi.
Nel frattempo, la nave Humanity 1 ha soccorso oltre 50 persone in difficoltà,
tra cui più di dieci minori non accompagnati. Poco dopo, però, un secondo
gommone con altre 50 persone è stato intercettato dalla cosiddetta Guardia
costiera libica, sotto gli occhi dell’aereo umanitario Colibrì. «SOS Humanity –
si legge in una nota – è sconvolta dalle continue e sistematiche violazioni dei
diritti umani contro le persone in fuga attraverso il Mediterraneo» e chiede
«l’immediata fine di ogni accordo di cooperazione con le autorità libiche». Alla
nave Humanity 1 è stato assegnato l’approdo nel porto di Ravenna, a oltre 1.600
km dal luogo di salvataggio, corrispondenti a circa cinque giorni di
navigazione.
Ordini che hanno un unico obiettivo: tenere lontani il più a lungo possibile
testimoni scomodi della necropolitica italiana ed europea che ogni giorno si
consuma nel Mediterraneo. E dove non arrivano gli ordini, ci pensano le
motovedette libiche: come nel caso della Ocean Viking di SOS Méditerranée, che
domenica è stata attaccata con colpi d’arma da fuoco dalla cosiddetta Guardia
costiera libica.
> Oggi la #OceanViking è stata deliberatamente e violentemente attaccata in
> acque internazionali dalla Guardia Costiera libica che ha sparato centinaia di
> colpi contro la nostra nave. Gli 87 sopravvissuti e l'equipaggio stanno bene.
> Stiamo lavorando a ricostruire gli eventi. pic.twitter.com/fZurd3jOzb
>
> — SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) August 24, 2025