
Bari come Palazzo San Gervasio: troppe ombre nei CPR italiani
Progetto Melting Pot Europa - Thursday, September 25, 2025Il 15 settembre abbiamo parlato del rapporto stilato dalla delegazione del Garante nazionale dei diritti della libertà personale (GNPL) 1 dopo la visita effettuata presso il CPR di Palazzo San Gervasio il 12 dicembre del 2024.
Il CPR di Palazzo San Gervasio sotto la lente d’ingrandimento del Garante Nazionale
Pubblicato il Rapporto sulla visita ispettiva del 12 dicembre 2024 presso la struttura lucana
Avv. Arturo Raffaele Covella
15 Settembre 2025
Il 13 dicembre la stessa delegazione, composta dal prof. Mario Serio e dalle dott.sse Elena Adamoli e Silvia Levorato, ha effettuato una visita ispettiva anche al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Bari – Palese, alla presenza del Vice Prefetto di Bari – Pasqua Erminia Cicoria -, dell’Ispettore Di Lorenzo (Ufficio immigrazione), della dott.ssa Stefania Mingolla, in qualità di responsabile del Centro e dell’assistente sociale – dott.ssa Noemi Borraccini.
Anche la visita del 13 dicembre presso la struttura di Bari presenta elementi di grande interesse e merita un approfondimento.
La relazione predisposta dalla delegazione, infatti, contiene un quadro generale della situazione del Centro, evidenzia numerose criticità e rappresenta un punto di partenza necessario per un ulteriore approfondimento sul sistema CPR in Italia. Nello specifico, la relazione si compone di 7 paragrafi dedicati a:
- Informazioni generali;
- Condizioni materiali;
- Tutela della salute;
- Assistenza psico-sociale;
- Qualità della vita detentiva e contatti con l’esterno;
- Sicurezza;
- Diritto all’informazione e accesso alla giustizia.
Informazioni generali
Il Centro di Permanenza di Bari – Palese è gestito dalla Cooperativa “La mano di Francesco” in forza di convenzione scaduta il 5 novembre 2024 e rinnovata per 1 anno.
Dal progetto “Trattenuti” realizzato da ActionAid Italia e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari 2 apprendiamo che “La mano di Francesco”, cooperativa con sede legale a Favara, in provincia di Agrigento, gestisce il CPR di Bari dal 13 dicembre del 2023 3.
Peraltro, anche se ad aprile del 2025 è stato indetto un nuovo bando per l’affidamento dei servizi di gestione, in scadenza a giugno, al momento la cooperativa continua ad operare in regime di proroga 4.
Il Centro di Bari ha una capienza complessiva di 90 persone e al momento della visita erano presenti 82 trattenuti. Complessivamente, nel 2024 (fino al momento della visita), le persone trattenute risultavano essere 528, con diverse nazionalità, età variegate (dai 18 a 56 anni) e con status giuridici differenti.
Proprio rispetto a quest’ultimo dato, la delegazione sottolinea che i trattenuti, al momento della visita, erano alloggiati in maniera promiscua senza alcuna distinzione in base allo status rivestito (persone trattenute per irregolarità amministrativa, richiedenti asilo, soggetti provenienti dal circuito penale).
Con riferimento appunto alle condizioni generali del Centro, la delegazione evidenzia una prima criticità concernente la tenuta del registro degli eventi critici.
Si tratta di un documento particolarmente importante in cui vengono annotati tutti i fatti che accadono all’interno del Centro e che possono avere rilievo per diverse ragioni. Nel registro, infatti, vengono registrati eventuali episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio, incidenti, rivolte, risse, ma anche malori, ricoveri in ospedale.
Una buona tenuta del registro consente dunque di avere un quadro della vita del CPR e di poter compiere un’analisi dettagliata anche delle principali situazioni di disagio o di malessere presenti. Nel caso di Bari, il registro degli eventi critici è costituito da un quadernetto scritto a mano (che riporta data, descrizione dell’evento rilevante e firma dell’operatore) composto da pagine non numerate e non siglate.
Uno strumento che non presenta “le caratteristiche di un sistema che ne impedisca l’alterabilità, né garantisce una classificazione omogenea delle varie categorie di eventi e una numerazione progressiva degli inserimenti”.
Condizioni materiali
Circa le condizioni materiali del Centro, la delegazione parte da una descrizione sommaria della struttura evidenziando che questa è composta da 7 moduli detentivi con 18 posti cadauno. Ogni modulo contiene al suo interno le stanze di pernottamento, i bagni, una sala giochi con tavole e panche ancorate a terra.
I moduli 1 e 6, visitati dalla delegazione, mostravano carenze igieniche legate alla situazione dei bagni che apparivano in cattive condizioni, maleodoranti e, in alcuni casi, privi di porte. Come nel caso del CPR di Palazzo San Gervasio, all’interno dei singoli moduli abitativi mancano campanelli di allarme utili in caso di necessità per richiamare l’attenzione del personale medico o del personale dell’ente gestore.
Per quanto riguarda gli ambienti diversi dai moduli abitativi, la delegazione si sofferma in particolare sulla situazione della sala adibita ad aula di udienza. Una sala spesso utilizzata anche per lo svolgimento dei colloqui difensivi che, in alternativa, si svolgono direttamente in corridoio senza alcuna possibilità di riservatezza e sotto il controllo costante delle forze di polizia.
Ma tornando a quanto riportato dalla delegazione rispetto all’aula di udienza, questa appare «priva delle caratteristiche di riservatezza e di tranquillità che devono connotare l’aula di udienza». Anche durante le udienze, infatti, il personale di polizia entra ed esce dalla sala e ciò rappresenta una violazione delle regole previste per l’udienza camerale.
Una situazione che rispecchia la poca attenzione che viene riservato al controllo giurisdizionale sull’operato della Pubblica Amministrazione e alla importanza di un compiuto diritto di difesa.
Un comportamento diffuso nei CPR che sfocia, in alcuni casi, in una sorta di “fastidio” per la presenza dei difensori nelle diverse strutture, soprattutto se questi compiono anche azione di segnalazione e di denuncia rispetto alle violazioni riscontrate.
Tutela della salute
Rispetto al tema della tutela della salute, solamente nel mese di ottobre del 2024 è stato sottoscritto il protocollo d’intesa tra la Prefettura di Bari, e l’ASL, questione peraltro sollevata già in passato dal Garante Nazionale.
L’adozione del protocollo è condizione necessaria ed indispensabile per l’accesso delle persone trattenute alle cure mediche e per garantire, dunque, una effettiva tutela sanitaria. Peccato che il personale medico in servizio al momento della visita mostra di non avere conoscenza dell’avvenuta sottoscrizione del protocollo e, quindi, del suo contenuto.
Il medico, con cui la delegazione si è confrontato, viene descritto come «non adeguatamente informato sulle prescrizioni del Regolamento in materia di tutela della salute, soprattutto con riferimento alle questioni che attengono alle procedure di riesame sanitario, ai vincoli di valutazione dei piani terapeutici in caso di dimissioni, agli obblighi del medico in caso di possibili segni di violenza o tortura».
Con riferimento a tale ultimo punto, in caso di possibili segni di tortura o di violenza, il medico riferisce «di non dare avvio ad alcuna procedura a fronte della negazione espressa dalla persona interessata».
Si tratta di un atteggiamento non in linea con le Linee Guida sviluppate dall’Istituto Nazionale Salute Migrazione e Povertà (INMP) 5, dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dalla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM).
Per questo il Garante Nazionale nella sua relazione raccomanda espressamente che i medici del CPR assicurino l’attuazione delle Linee Guida richiamate.
Le informazioni raccolte dalla delegazione hanno poi consentito di verificare la presenza di importanti criticità rispetto soprattutto ai soggetti vulnerabili. In particolare emerge una scarsa collaborazione da parte del Serd e un problema legato alle tempistiche di presa in carico dei soggetti affetti da tossicodipendenza.
Tra la segnalazione e la presa in carico, infatti, può trascorrere anche 1 settimana. Stesso problema si ripropone per l’accesso ai servizi che riguardano la tutela della salute mentale. Le visite specialistiche possono anche aver luogo dopo 3 settimane dall’accesso al CPR.
Le criticità da ultimo richiamate, si sommano alla mancanza di protocolli specifici di trattamento delle vulnerabilità e del rischio suicidario.
La prassi in uso presso il CPR di Bari è quella di destinare le persone in stato di particolare agitazione in una “stanza c.d. di accoglienza” con sorveglianza a vista da parte del personale di polizia.
Una sorta di “stanza di isolamento”, almeno così viene percepita dai trattenuti. Si tratta di una procedura che non trova alcuna regolamentazione specifica e rispetto alla quale la delegazione non ha potuto effettuare alcuna verifica in quanto non esiste un registro dei transiti in tale particolare stanza.
Infine, per motivi di sicurezza, le visite mediche vengono effettuate alla presenza di almeno 2 militari. Una prassi che si pone in contrasto finanche con le disposizioni della Questura di Bari del 23.11.2022 e che comunque rappresenta una grave violazione del rispetto della privacy e della tutela della dignità del trattenuto.
Assistenza psico sociale
L’attività del servizio di assistenza sociale è documentata ma, in pratica, i colloqui con i trattenuti vengono trasfusi in apposite relazioni solamente ove le circostanze lo richiedano, ad esempio, nel caso in cui vi sia una richiesta della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale o una specifica richiesta del difensore.
In realtà, la mancata stesura di una relazione psicosociale e l’omesso invio all’Autorità di pubblica sicurezza costituisce una violazione del Regolamento CPR che prevede l’inserimento di tale documentazione nel fascicolo processuale della convalida o della proroga.
Qualità della vita detentiva e contatti con l’esterno
La qualità della vita detentiva, da quanto emerge dalla relazione, non si può certo definire buona. Infatti, all’interno del CPR di Bari-Palese le attività ricreative, sociali e religiose sono del tutto assenti.
Non vi è alcuna intesa con soggetti esterni della società civile per l’organizzazione di attività del tipo sopra richiamato e gli unici contatti con il mondo esterno sono limitati ai colloqui con i difensori.
È stato da poco avviato un servizio di prestito bibliotecario e, anche se è presente un campo sportivo nel Centro, questo non viene mai utilizzato.
Peraltro, come già visto nel caso di Palazzo San Gervasio, al momento dell’ingresso ai trattenuti vengono requisiti i cellulari di tipo smartphone, e, diversamente da Palazzo San Gervasio, non viene fornito alcun cellulare di vecchia generazione da parte dell’ente gestore. Inoltre nella struttura non vi sono telefoni fissi che possono essere utilizzati dai trattenuti.
Pertanto, sono gli stessi cittadini stranieri a doversi adoperare per recuperare in qualche modo un dispositivo cellulare di vecchia generazione da utilizzare per comunicare con familiari, amici e con lo stesso difensore.
Tale prassi limita fortemente la possibilità di accesso alle comunicazioni con il mondo esterno da parte dei trattenuti, genera forti disparità tra trattenuti e rappresenta anche un’evidente compromissione del diritto di difesa limitando la possibilità di interazione tra avvocato e assistito.
Ecco perché il Garante Nazionale nella relazione stigmatizzata tale situazione e raccomanda di assicurare alle persone trattenute nel CPR di Bari la libertà di corrispondenza telefonica.
Sicurezza
Il modello organizzativo adottato nel centro appare decisamente singolare in quanto il servizio di vigilanza è affidato ad un esiguo gruppo interforze (composto da unità della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) a cui si aggiunge un’ampia squadra di personale dell’esercito.
In particolare, il personale dell’esercito, come osservato dalla delegazione durante la visita, svolge anche compiti di sorveglianza dei cittadini stranieri, entra nei moduli abitativi, preleva i trattenuti e li accompagna nell’aula di udienza.
Si tratta di mansioni che non dovrebbero essere svolte da tali soggetti e, infatti, il coinvolgimento delle Forze armate in tali funzioni, non è in linea con quanto stabilito dal Regolamento nazionale sui CPR e con lo stesso Regolamento del CPR di Bari adottato dalla Prefettura nel giugno del 2024.
Peraltro, la sorveglianza effettuata dal personale delle Forze armate è particolarmente pervasiva, tanto che osserva la delegazione del Garante Nazionale: il personale delle Forze armate «rimaneva presente all’interno della stanza ovi si stava svolgendo l’udienza in modalità da remoto».
Diritto all’informazione e accesso alla giustizia
Rispetto alle informazioni fornite agli stranieri in ingresso e in materia di accesso alla giustizia, sono diverse le criticità che emergono nel rapporto pubblicato lo scorso agosto.
In primo luogo, va evidenziato che la Prefettura di Bari ha adottato nel mese di giugno del 2024 un nuovo Regolamento del CPR. Si tratta di un testo che ricalca sostanzialmente quanto stabilito dal Regolamento nazionale senza offrire una definizione puntuale e precisa delle regole di convivenza nella struttura e dei servizi garantiti.
In secondo luogo, il materiale adottato dall’informatore legale non è aggiornato con le modifiche normative intervenute con l’emanazione del Decreto Legge n. 124 del 2023 6, soprattutto con riguardo ai tempi massimi del trattenimento e alle scadenze delle proroghe.
A Bari come a Palazzo San Gervasio, poi, la prassi utilizzata per la presentazione delle domande di asilo genera ritardi nel riconoscimento dello status di richiedente asilo, in quanto, in prima battuta, viene semplicemente riportato che lo straniero vuole un colloquio con l’Ufficio immigrazione e, quindi, in attesa che si svolga effettivamente il colloquio, lo straniero non è considerato ancora richiedente asilo.
Una prassi non in linea con quanto stabilito dalla giurisprudenza nazionale ed europea, secondo la quale, lo straniero deve essere considerato richiedente asilo dal momento in cui manifesta la volontà e non dalla formalizzazione della domanda di protezione internazionale.
Infine, vi sono problemi anche rispetto alle nomine dei difensori di fiducia. Non è previsto, infatti, nell’elenco del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari dedicato ai difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato, una specifica categoria dedicata “al diritto dell’immigrazione”, mentre sono specificate almeno una quarantina di altre diverse specializzazioni.
Conclusioni
La visita della delegazione presso il Centro barese e il rapporto successivamente predisposto dal Garante Nazionale, evidenzia una situazione caratterizzata da forti criticità e da palesi violazioni dei diritti delle persone trattenute.
Le violazioni più evidenti e più odiose riguardano il diritto alla salute che, soprattutto per i soggetti vulnerabili, è messo a dura prova all’interno del CPR di Bari.
La mancata conoscenza di protocolli e delle Linee Guida da parte dei sanitari è segno di una grave superficialità nell’approccio al lavoro all’interno del Centro, ma mostra anche di un deficit di formazione e di scelta di personale da parte dell’ente gestore. Mancanze gravi che non possono essere sottaciute e che andrebbero affrontate con maggiore attenzione e serietà dagli organi preposti a svolgere attività di controllo.
Anche le omissioni dei medici in caso di segni evidenti di violenza e tortura, oltre che rappresentare palesi violazioni deontologiche, andrebbero valutate da chi di dovere per le opportune verifiche di quanto realmente accade nella struttura.
Le segnalazioni raccolte da diverse associazioni che operano per il rispetto dei diritti dei trattenuti, parlano di violenze perpetrate ai danni dei trattenuti e andrebbero considerate con maggiore attenzione dalle Autorità competenti.
D’altra parte, l’organizzazione di tipo militare in essere all’interno del CPR con un uso eccessivo del personale dell’esercito, anche per compiti e mansioni non di competenza, il controllo e la presenza asfissiante dei militari e degli agenti sia durante le udienze, sia durante i colloqui difensivi, sia ancora durante le visite mediche, non è certo un buon segno e non crea un clima positivo all’interno della struttura.
In conclusione, per ricordare ancora una volta cosa significa fare l’esperienza del CPR, può essere opportuno riportare la “confidenza” fatta dal medico della struttura alla delegazione in visita: «Le persone, durante il trattenimento, peggiorano notevolmente la condizione psichica e, a maggior durata della permanenza presso il CPR, corrisponde un più elevato rischio di decadimento psichico».
In queste parole è racchiuso tutto il senso del fallimento del sistema CPR e la necessità di un intervento politico per superare tale sistema.
- Rapporto sulle visite effettuate ai Cpr di Palazzo San Gervasio e di Bari il 12 e il 13 dicembre 2024 ↩︎
- Un report e la piattaforma opendata costituiscono il progetto “Trattenuti” frutto di un
lavoro collettivo di raccolta e analisi dei dati svolto da ActionAid Italia e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari ↩︎ - Qui la pagina sul CPR di Bari Palese dal Rapporto “Trattenuti” di Action Aid e UniBa ↩︎
- Gara europea a procedura aperta per l’affidamento dei servizi di gestione del CPR, Prefettura di Bari ↩︎
- Programma nazionale “Linee guida sulla tutela della salute e l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti” ↩︎
- Il Decreto Legge n. 124 del 2023 è un provvedimento urgente che contiene “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”. Tra le principali misure, detta disposizioni relative ai centri di permanenza per i rimpatri ↩︎