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Il CPR di Palazzo San Gervasio sotto la lente d’ingrandimento del Garante Nazionale
Sono stati pubblicati alla fine di agosto i rapporti stilati dalla delegazione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale che il 12 e 13 dicembre ha fatto visita ai Centri di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio e Bari – Palese 1. Si tratta di documenti importanti intanto per l’autorevolezza dell’Autorità che ha provveduto alla loro redazione, ma anche per i contenuti che confermano, se ancora ve ne fosse bisogno, le gravi mancanze che tali strutture presentano. In questo articolo ci soffermeremo su quanto riscontrato dalla delegazione nel Centro di Palazzo San Gervasio, rimandando ad altro intervento l’analisi della visita effettuata presso la struttura detentiva di Bari – Palese. LA VISITA PRESSO IL CPR DI PALAZZO SAN GERVASIO Il 12 dicembre 2024 una delegazione del Garante Nazionale, composta dl prof. Mario Serio e dalle dott.sse Elena Adamoli e Silvia Levorato, ha avuto accesso al CPR di Palazzo San Gervasio e nel corso dell’accesso ha avuto modo di interloquire con il Funzionario responsabile del dispositivo di vigilanza, con la responsabile dell’Ufficio immigrazione e con la responsabile dell’ente gestore – Cooperativa Officine Sociali, ma anche con diverse figure professionali presenti nella struttura. Assente invece la Prefettura di Potenza che, come riporta il rapporto, “non è stata in grado, per esigenze di ufficio, di inviare un proprio funzionario”. Un’assenza che non stupisce chi conosce le dinamiche del Centro di Permanenza di Palazzo San Gervasio ed è costretto a scontrarsi con le costanti assenze e i colpevoli silenzi della Prefettura di Potenza. La relazione pubblicata nel mese di agosto, dopo il preventivo invio alle autorità preposte ad effettuare osservazioni (Prefettura e Questura di Potenza) si compone di più parti, alcune destinate a fornire le informazioni generali sulla struttura visitata, altre ad analizzare singoli aspetti della vita dei trattenuti e dei servizi offerti (condizioni materiali, tutela della salute, assistenza psicologica e sociale, qualità della vita detentiva e contatti con il mondo esterno, sicurezza, diritto all’informazione e accesso alla giustizia). Per ognuna delle sopra indicate sezioni, oltre ad un’analisi della situazione riscontrata, la delegazione effettua una serie di raccomandazioni al fine di risolvere e migliorare le criticità riscontrate. CONDIZIONI MATERIALI DELLA STRUTTURA Con specifico riferimento alle condizioni materiali, il Garante evidenzia come la struttura appaia connotata da scarsità di arredi, sbarre alle finestre e una copertura metallica a maglia molto fitta intorno ai moduli abitativi. Si tratta di un rilievo già effettuato in passato dallo stesso ufficio del Garante Nazionale, oltre che dai rapporti pubblicati da ASGI 2 e da CILD 3 negli anni scorsi. I moduli abitativi sono 14 e sono circondati da alte cancellate perimetrali. Un’area abitativa è vuota e viene utilizzata solo nel caso in cui si renda necessario sfollare temporaneamente un settore per interventi di riparazione. I moduli visitati sono privi di spazi di socialità/mensa come invece richiede il Regolamento sui CPR all’art. 4, paragrafo 4, lett. G 4. Gli ambienti, inoltre, si presentano molto bui a causa della copertura fitta dell’area esterna. Non vi sono campanelli di chiamata utilizzabili per chiedere interventi di urgenza del personale in casi di necessità (come malori, aggressioni, disordini) e questa appare una elementare violazione degli standard di sicurezza che appare ancora più significativa nel CPR di Palazzo San Gervasio per la conformazione della struttura e la distanza che sussiste tra i moduli detentivi e l’area medica o l’area in cui sosta il personale di polizia. Rispetto a tale situazione, la delegazione evidenzia come il Garante Nazionale abbia già in passato evidenziato tale situazione e ribadisce pertanto la necessità di dotare i moduli detentivi di campanelli di allarme. Per quanto riguarda invece gli ambienti esterni ai moduli, la delegazione evidenzia le seguenti carenze: 1) assenza di locali per l’attività dell’informatore legale che è costretto a svolgere i colloqui con i trattenuti all’aperto davanti ai singoli moduli detentivi con i trattenuti oltre le sbarre; 2) la mancanza di ambienti per lo svolgimento di attività ricreative o formative. Di fatto, le attività vengono pianificate nell’unico locale disponibile nella palazzina uffici, la sala c.d. di degenza, utilizzata anche per i colloqui dello psicologo e dell’assistente sociale. Una sala che può ospitare non più di 4 persone. In alternativa le attività devono svolgersi all’aperto, quando possibile. Altra importante mancanza riguarda proprio la sala di degenza che dovrebbe essere adibita a “locale di osservazione sanitaria” per l’alloggiamento temporaneo di persone con particolari esigenze sanitarie. Tale locale appare privo dei requisiti minimi funzionali allo scopo cui è preordinata. Manca infatti un accesso diretto ai servizi igienici, presenta una scaffalatura occupata da faldoni e documentazione in uso allo psicologo, all’assistente sociale e all’informatore legale. Per completezza e in aggiunta a quanto rilevato dalla delegazione nel mese di dicembre del 2024, possiamo dire che da diversi mesi la situazione è addirittura peggiorata. Infatti, come denunciato da ASGI in una missiva inviata alla Prefettura di Potenza che non ha ottenuto alcuna risposta, da diversi mesi la c.d. sala di degenza viene utilizzata anche per i colloqui difensivi essendo stata occupata la sala che in precedenza veniva utilizzata dagli avvocati per incontrare i propri assistiti. Per quanto riguarda invece l’infermeria, la delegazione ha evidenziato la mancanza di un lavandino nella sala dove vengono effettuare le visite e somministrati i farmaci in violazione della normativa che prescrive i requisiti minimi che deve possedere un Ambulatorio medico, ed in particolare un lavandino con rubinetto a pedale. Appare singolare che nelle visite e accessi compiuti dalle autorità chiamate a vigilare sul CPR di Palazzo San Gervasio, tale mancanza non sia mai stata evidenziata. Strano che gli addetti dell’ASP e delle altre autorità di controllo non abbiano mai rilevato tale mancanza che appare particolarmente grave. TUTELA DELLA SALUTE Dalle informazioni raccolte dalla delegazione nel corso della visita anche a seguito del colloquio con il medico di turno, sono emerse difficoltà relative alle verifiche sanitarie preliminari da effettuare al momento dell’ingresso e la mancanza di documentazione sanitaria attestante i problemi di salute e le terapie in corso da parte degli stranieri che vengono condotti nella struttura. Una situazione che riguarda soprattutto i soggetti tossicodipendenti i quali fanno accesso alla struttura senza una preventiva, reale e concreta verifica della loro condizione e, quindi, della loro compatibilità con la vita ristretta. Particolarmente gravi appaiono le dichiarazioni della direttrice del Centro che riferisce alla delegazione in visita di aver avuto indicazione di accettare in ingresso nel CPR anche persone che giungono senza visita medica. Tale situazione sarebbe avvalorata da quanto sostenuto dal protocollo sottoscritto dalla Prefettura di Potenza, dalla Questura di Potenza, dall’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza e dall’Ente gestore, che consente di effettuare la visita anche nelle successive 48 ore, ma si pone in contrasto con la Direttiva Lamorgese contenente il Regolamento sui CPR, che prevede un termine di 24 ore. Il Garante, pertanto, raccomanda di allinearsi a quanto previsto dal Regolamento CPR garantendo la visita di idoneità al massimo nelle 24 ore successive all’ingresso nel Centro. Ma le mancanze rilevate non si limitano a questo. Il Garante evidenzia anche la prassi in uso presso il CPR di Palazzo San Gervasio di consentire che lo screening sanitario in ingresso sia effettuato dall’operatore sanitario presente al momento, considerato che la presenza del medico è garantita soltanto per 35 ore settimanali. Tale differimento della visita medica è rischiosa e può arrecare danno alle persone che fanno il loro ingresso e anche alle persone che già sono trattenute nel Centro. Inoltre, oltre alle ragioni di opportunità a che tale prassi non venga seguita, vi sono anche ragioni di legittimità. La compilazione di una scheda medica da parte di personale che non riveste tale qualifica può considerarsi legittima? Ancora, sulle problematiche che attengono al diritto alla salute, si sottolinea nel rapporto che “anche alla luce della documentazione esaminata” e riguardante alcune segnalazioni pervenute al Garante, nella pratica la rivalutazione sanitaria può giungere con molto ritardo rispetto al manifestarsi delle vulnerabilità e soprattutto che, “nel caso di valutazioni psichiatriche, il medico si limita a stabilire una terapia senza interrogarsi sulla compatibilità delle condizioni di salute della specifica persona con la misura restrittiva cui è sottoposto”. Mancano inoltre protocolli di trattamento delle vulnerabilità e del rischio suicidario e in caso di azioni di autolesionismo ci si limita ad aumentare i colloqui con psicologo e assistente sociale. Un paragrafo, poi, è dedicato anche alla fase delle dimissioni dei trattenuti e alle assurde condizioni in cui queste avvengono. Sul punto il Garante evidenzia come le prassi in uso presso il CPR di Palazzo San Gervasio violino la disciplina di settore per i rimpatri e, in casi specifici, anche le raccomandazioni mediche. QUALITÀ DELLA VITA DETENTIVA E CONTATTI CON IL MONDO ESTERNO Nonostante un programma di iniziative previste per il giorno della visita (attività all’aperto, art therapy, giochi di società, calcio, gruppo di psicoterapia e corso di lingua italiana), la delegazione fa rilevare nel rapporto che “fatto salvo l’accesso al campo sportivo, le attività programmate il giorno della visita non avevano luogo concretamente, mentre psicologo e assistente sociale si limitavano a passeggiere accanto ai settori per qualche colloquio con gli stranieri”. Tale affermazione riassume perfettamente la realtà del Centro di Palazzo San Gervasio dove è facile riscontrare una costante discrasia tra quanto formalmente dichiarato e quanto concretamente attuato. D’altra parte, la mancanza di strutture, di spazi idonei, di convenzioni con associazioni esterne, rende la realizzazione di attività ricreative, sociali e culturali una semplice utopia. Quanto alla possibilità di mantenere rapporti con il mondo esterno, questa è fortemente limitata, se non addirittura preclusa, dalla prassi in uso presso il Centro di requisire i cellulari personali al momento dell’ingresso. L’unica possibilità di comunicare con il mondo esterno è data dall’utilizzo di un cellulare (non smartphone) che deve essere condiviso dagli ospiti dei singoli moduli. Tale condizione crea tensioni tra i trattenuti per l’utilizzo del telefono e limita anche la possibilità di comunicare con familiari e con il difensore. Per questo il Garante raccomanda di assicurare alle persone trattenute la libertà di corrispondenza che al momento appare limitata fortemente e si invita a garantire anche la possibilità di effettuare videochiamate. DIRITTO ALL’INFORMAZIONE E ACCESSO ALLA GIUSTIZIA Oltre alle condizioni di estrema precarietà che contraddistinguono la somministrazione della informativa legale da parte degli operatori legali, la delegazione ha evidenziato nel rapporto anche l’esiguità del Regolamento interno del Centro che si limita a riproporre alcune norme del Regolamento ministeriale senza aggiungere altro e senza regolamentare nello specifico il trattamento riservato ai soggetti trattenuti nella struttura di Palazzo San Gervasio. Assente nel regolamento è ogni riferimento ai controlli per il rinvenimento di oggetti vietati, o la custodia degli effetti personali, ma anche le modalità di presentazione di domante da parte dei trattenuti (istanze, reclami, richieste di protezione internazionale). Allo stesso modo non vi sono regole scritte che determinano le procedure di nomina dell’avvocato di fiducia, i colloqui e le visite, le modalità di comunicazione con l’esterno, l’accesso ai servizi, la fruizione delle attività, l’acquisto di beni, le regole di comportamento e di convivenza, la consultazione del cellulare personale. > In mancanza di norme scritte e precise, prevale la discrezionalità o > addirittura l’arbitrarietà. Tra le mancanze più importanti rilevate rispetto all’accesso alle informazioni e al diritto di difesa, oltre alla mancanza di mediatori culturali in grado di parlare il portoghese o le lingue asiatiche (Hindi, urdu, farsi, pshtu), lingue utilizzate da una quota non trascurabile di stranieri trattenuti, spicca la mancanza di pratiche tempestive per consentire la registrazione della volontà di chiedere la protezione internazionale. La prassi in uso presso il CPR di Palazzo San Gervasio prevede che lo straniero debba fare richiesta di colloquio con l’Ufficio immigrazione per il tramite del personale dell’ente gestore e che solo in sede di colloquio con l’Ufficio immigrazione viene presa in considerazione e formalizzata la richiesta di protezione internazionale. Considerando che l’Ufficio immigrazione non è operativo dal sabato pomeriggio al lunedì mattina, è facile che passino diversi giorni prima che una richiesta di colloquio venga presa in carico. Quanto poi al diritto di assistenza legale, il Garante evidenzia nel rapporto la necessità di inserire nel regolamento del Centro le modalità di nomina del legale di fiducia, che sia l’ente gestore a raccogliere le nomine e, infine, che la nomina venga tempestivamente comunicata al difensore incaricato. CONCLUSIONI Ancora una volta, il Garante nazionale ha evidenziato la presenza di gravi mancanze e di criticità all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio. Criticità che riguardano la struttura e la gestione della stessa, ma anche la mancanza di controlli da parte delle autorità che dovrebbero vigilare sul rispetto delle regole all’interno del Centro. La compressione di diritti fondamentali come quello ad una compiuta informazione legale o quello alla tutela della salute, anche dopo gli episodi numerosi e reiterati che sono stati segnalati in questi mesi, ma soprattutto dopo il decesso del povero Oussama Darkaoui il 5 agosto 2024 5, non sono più giustificabili, accettabili, tollerabili. Il rapporto della visita compiuta dalla delegazione del Garante nazionale lo scorso 12 dicembre, rappresenta l’ennesima dimostrazione che il CPR di Palazzo San Gervasio è un luogo strutturalmente patogeno e che troppe sono le omissioni da parte delle autorità a vari livelli. 1. Leggi il rapporto sulle visite effettuate ai Cpr di Palazzo San Gervasio e di Bari il 12 e il 13 dicembre 2024 ↩︎ 2. Diritti negati al CPR di Palazzo San Gervasio. Report e raccomandazioni di ASGI – 17 giugno 2022 ↩︎ 3. Buchi neri. La detenzione senza reato nei CPR – 15 ottobre 2021 ↩︎ 4. Si veda la direttiva ↩︎ 5. Oussama Darkaoui, un anno dopo: il ricordo, la lotta, la speranza ↩︎
Presentazioni della rivista ControFuoco: “Alle frontiere della detenzione. Genealogie, politiche, lotte”
«Controfuoco è un processo aperto e collettivo che vuole coinvolgere saperi e conoscenze composite e crescere a partire dalle diverse esperienze e biografie che intreccerà». «La rivista si pone come spazio di inchiesta e confronto, un cantiere collettivo per leggere criticamente l’ordine delle cose, a partire dalle lotte e dalle contraddizioni che lo attraversano». (dall’editoriale di ControFuoco N. 2, giugno 2025) Il secondo numero della rivista ControFuoco, intitolato “Alle frontiere della detenzione. Genealogie, politiche, lotte”, uscito nel mese di giugno, prosegue il percorso di ricerca collettiva e militante avviato con il primo numero, dedicato alle “figure della migrazione”. Questa volta il focus è sul sistema della detenzione amministrativa e sulle nuove frontiere del confinamento: dall’accordo Italia-Albania ai CPR in Italia ed Europa, dalle pratiche di resistenza ai saperi critici che ne smontano la legittimità. Approfondimenti/Il progetto/CPR, Hotspot, CPA CONTROFUOCO. PER UNA CRITICA ALL’ORDINE DELLE COSE (N° 2, GIUGNO 2025) «Alle frontiere della detenzione. Genealogie, politiche, lotte»: il nuovo numero della rivista di Melting Pot 22 Luglio 2025 Per discutere questi temi e intrecciarli con le mobilitazioni sui territori, il numero verrà presentato in tre città nel mese di settembre: Roma, Imperia e Genova. ROMA. SABATO 13 SETTEMBRE, ORE 18:00 Centro socio-culturale Ararat – Largo Dino Frisullo La presentazione aprirà l’assemblea pubblica verso il 27 settembre, giornata di mobilitazione contro il CPR di Ponte Galeria – Roma, che vedrà l’arrivo di Marco Cavallo 1. A dialogare con il pubblico ci saranno Francesco Ferri e Luca Ceraolo, tra gli autori del numero. Un momento per legare riflessione critica e lotta contro il sistema dei centri di detenzione. Evento su FB e IG IMPERIA. MARTEDÌ 16 SETTEMBRE, ORE 18:30 CSA La Talpa e l’Orologio – Via Argine destro 625, Barcheto – Oneglia Intervengono: Omid Firouzi Tabar (Ricercatore UniPD e attivista) Giovanni Marenda (Ricercatore UniGE, attivista Collettivo Rotte Balcaniche) Luca Daminelli (Ricercatore UniGE e attivista) La presentazione sarà anche un momento di solidarietà concreta: quanto raccolto durante la serata servirà a coprire le spese di viaggio per permettere alla famiglia Moussa Balde di essere presente al processo per omicidio colposo contro l’ex direttrice e il medico del CPR di Torino, a seguito della sua morte. Il giovane guineano di 23 anni, morì il 23 maggio 2021 nel CPR di Torino, dove era stato rinchiuso dopo aver subito una violenta aggressione razzista a Ventimiglia. Nonostante le sue condizioni di fragilità, venne posto in isolamento all’interno del centro, in una stanza priva di tutele adeguate, dove si tolse la vita. La sua morte ha scosso profondamente l’opinione pubblica e denunciato la brutalità del sistema dei CPR. Nel settembre 2025 si è aperto il processo 2 a carico dell’ex direttrice e del medico responsabile sanitario della struttura. La richiesta di giustizia portata avanti dai familiari e dalle reti solidali è parte integrante della mobilitazione più ampia contro la detenzione amministrativa. Evento su FB e IG GENOVA. GIOVEDÌ 18 SETTEMBRE, ORE 18:30 Infopoint SolidariPrè – Piazzetta Vittime di Tutte le Mafie Con: Omid Firouzi Tabar Giovanni Marenda Luca Daminelli Un altro momento di confronto sui temi affrontati dalla rivista, seguito da un aperitivo a sostegno dell’Infopoint SolidariPrè, spazio solidale che quotidianamente costruisce pratiche di mutualismo e resistenza nel cuore multiculturale della città. Evento su FB Le tre presentazioni di settembre sono occasioni per mettere in relazione la ricerca con le lotte sui territori, per alimentare un sapere situato e condiviso. ControFuoco non vuole essere solo una rivista, ma uno strumento collettivo: una cassetta degli attrezzi per decostruire le narrazioni dominanti e rafforzare i movimenti che si oppongono alla violenza istituzionale delle frontiere e della detenzione. Acquista una copia cartacea nel nostro shop: 1. Il progetto, lanciato dal Forum Salute Mentale ha raccolto decine di adesioni da associazioni, gruppi, operatori, comitati, attivisti e consiste in un viaggio nei CPR italiani: Gradisca d’Isonzo, Milano, Roma, Palazzo S. Gervasio, Brindisi e Bari. Ogni fermata di questo percorso di denuncia, sarà un’occasione per portare alla luce la realtà dei CPR, raccontare storie dimenticate e denunciare la disumanizzazione di chi vi è rinchiuso. Qui per approfondire ↩︎ 2. Morte di Moussa Balde, la responsabile Cpr si difende. Ma spunta un audio della Garante dei detenuti, La Stampa (9 settembre 2025) ↩︎
Trattenimento nei CPR anche dopo la non convalida: la Cassazione solleva una questione di legittimità costituzionale
La Prima Sezione penale della Cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, d.lgs. 142/2015, come modificato dal d.l. 37/2025. La vicenda trae origine dal ricorso presentato per un cittadino senegalese trasferito il 9 maggio nel CPR di Gjader in Albania, dove il 14 giugno aveva presentato domanda di protezione internazionale, respinta dalla Commissione territoriale di Roma il 30 giugno. Il Questore di Roma aveva quindi chiesto la convalida del trattenimento, rigettata dalla Corte d’Appello di Roma il 4 luglio. Nonostante ciò, il giorno successivo il Questore di Bari adottava un nuovo decreto di trattenimento (60 giorni prorogabili) presso il CPR di Bari-Palese, fondato sulla “pericolosità sociale” del soggetto. La Corte d’Appello di Bari convalidava, ma la difesa ricorreva in Cassazione denunciando l’incostituzionalità del meccanismo. Al centro vi è la norma che consente, in caso di mancata convalida del trattenimento, che il richiedente “permanga nel centro fino alla decisione sulla convalida del predetto provvedimento”, a condizione che il Questore adotti entro 48 ore un nuovo decreto ex art. 6, co. 2. Per la Suprema Corte, ciò introduce un “trattenimento ex lege” privo di titolo amministrativo o giudiziario, in contrasto con l’art. 13 Cost.: “si prevede che un provvedimento di trattenimento dichiarato illegittimo dal giudice […] non venga seguito dall’immediata liberazione dell’interessato, bensì legittimi la permanenza del migrante nel CPR”. La Cassazione ravvisa violazioni anche degli artt. 3 e 117 Cost., in relazione a CEDU, Patto ONU sui diritti civili e politici e Carta UE, poiché si determina una compressione della libertà personale “solo per volontà diretta del legislatore, in assenza di qualunque controllo o verifica giudiziaria”. La norma censurata appare dunque irragionevole e discriminatoria: “Consente la limitazione ex lege della libertà personale di un individuo solo perché si trovi già in un CPR […] a differenza di chi sia libero”. La Corte ricorda che “un tema particolarmente sensibile come quello della (ritenuta) illegittima restrizione della libertà personale non può che essere immediatamente sottoposto al vaglio della Corte costituzionale”. Gli atti sono stati quindi trasmessi alla Consulta, oltre che al Presidente del Consiglio e ai Presidenti di Camera e Senato. Corte di Cassazione, ordinanza n. 30297 del 4 settembre 2025 Si ringrazia l’Avv. Salvatore Fachile per la segnalazione. Il commento è a cura della redazione.
Non proroga del trattenimento: libero il cittadino del Congo trattenuto tra il CPR di Gjadër in Albania e il CPR di Bari – Palese
Il cittadino del Congo rientrava dal CPR di Gjadër in Albania in quanto la Corte di Appello di Roma non convalidava il decreto di trattenimento del Questore di Roma. La Questura di Roma appena rientrato in Italia, però, disponeva un nuovo trattenimento questa volta ex art. 14 TUIMM e lo inviava per la convalida presso il CPR di Bari – Palese. Il trattenuto manifestava la volontà di chiedere nuovamente protezione dinnanzi al Giudice di Pace di Bari che convalidava il trattenimento ex art. 14 D.Lgs. n. 268 /98. Avendo chiesto protezione internazionale la Questura di Bari chiedeva alla Corte di Appello di Bari di convalidare il decreto di trattenimento adottato, questa volta, ai sensi dell’art. 6 comma 5 D.Lgs. n. 142/2015. La Corte di Appello di Bari convalidava il trattenimento per la durata di 60 giorni valutando la domanda di protezione, strumentale e finalizzata solamente a ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione, in quanto presentata solo a seguito di trattenimento presso il CPR in attesa dell’esecuzione del provvedimento prefettizio di espulsione. Prima della scadenza dei 60 giorni la Questura di Bari chiedeva la proroga per ulteriori giorni 90 pur essendo decorsi i termini di cui all’art. 26, comma 2 bis del D.lgs. n. 25/2008 in quanto il cittadino straniero non aveva nemmeno compilato il modello C3. La Corte di Appello di Bari, in accoglimento delle deduzioni difensive, non prorogava il trattenimento con la seguente motivazione: “(…) rilevato che il cittadino straniero … , nato in Repubblica Del Congo …, è stato inizialmente attinto da un provvedimento di trattenimento emesso ex art. 6 co. 3 d.lgs. 142/15 dalla Questura di Bari l’8.7.2025, convalidato il 9.7.25 dalla Corte d’Appello di Bari, per un periodo di 60 gg. prorogabile; -letta l’istanza, avanzata il 2.9.25, con cui la Questura di Bari ha tempestivamente chiesto una proroga di detto trattenimento per ulteriori 60 gg.; rilevato che, all’odierna udienza camerale, la Questura ha insistito per la proroga, mentre la difesa dello straniero si è opposta, invocando la violazione del termine di 6 gg. lavorativi fissato dall’art. 26 co.2 bis D.Lgs.25/08 per la formalizzazione della manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale, non essendo stato ancora compilato il modello C3; rilevato che, mentre lo straniero ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale già in data 2.7.25 (in sede di convalida del suo primo trattenimento ex art.14 TUI davanti al Giudice di Pace), la redazione del modello C3, costituente adempimento necessario alla formalizzazione di tale domanda, non è stata ad oggi ancora effettuata, come confermato dalla stessa Questura, in violazione del termine di 6 giorni lavorativi richiesti dall’art.26 co.2 bis D.Lgs.25/08; ritenuto che la violazione del predetto termine (che per ormai consolidata giurisprudenza della S.C. – cfr. Cass.15984/25 – è termine di natura perentoria, la cui violazione è rilevabile d’ufficio né è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione e dall’intervenuta convalida del trattenimento, spettando al giudicante il rilievo officioso di eventuali vizi a monte della procedura di trattenimento) sia di per sé decisiva al fine di precludere la proroga del trattenimento dello straniero; P.Q.M. Non autorizza la proroga del trattenimento”. Questo caso è assai particolare perché ha dimostrato come il trattenimento prima in Albania e poi in Bari non hanno prodotto alcun risultato utile e positivo, ma anzi hanno comportato solo la privazione della libertà personale e il dispendio di denaro pubblico per un cittadino che è inespellibile e che se avesse avuto l’opportunità di essere ascoltato dalla Commissione territoriale avrebbe ottenuto, proprio perché originario del Congo, lo status e/o la protezione come accade di sovente. Corte di Appello di Bari, decisione del 3 settembre 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
Marco Cavallo torna a camminare per i diritti
Marco Cavallo, simbolo della lotta per la libertà e i diritti, il cavallo azzurro, nato nel 1973 dai pazienti e operatori del manicomio di San Giovanni a Trieste durante l’esperienza di Franco Basaglia, attraverserà i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) italiani, in cui vengono trattenute persone straniere in attesa di rimpatrio. «Strutture che,» – spiegano i promotori – «per molti versi, ricordano gli OPG, ma che forse sono ancor più crudeli dal punto di vista umano». Notizie/CPR, Hotspot, CPA MARCO CAVALLO SCENDE IN PIAZZA: UN VIAGGIO CONTRO I CPR, LAGER DEL PRESENTE Si parte con una manifestazione a Gradisca d'Isonzo - Gorizia il 6 settembre 29 Luglio 2025 Il progetto, lanciato a febbraio dal Forum Salute Mentale ha raccolto decine di adesioni da associazioni, gruppi, operatori, comitati, attivisti 1. Il viaggio partirà ufficialmente il 6 settembre da Gradisca d’Isonzo 2, da uno dei CPR più duri dove le violenze sistematiche e le condizioni degradanti sono state documentate più volte. Una scelta tutt’altro che casuale quindi: questo centro è da sempre teatro di violenze, malattie lasciate senza cura e abusi quotidiani. Denunce recenti della rete Mai più lager – No CPR hanno raccontato l’estate di chi è rinchiuso lì: celle roventi, scabbia che si diffonde senza che le autorità intervengano, ragazzi che tentano il suicidio, autolesionismi ripetuti. E ancora le denunce di pestaggi notturni con manganelli, come quello che a maggio ha colpito un giovane con problemi psichici e fisici, o la violenza contro S., ventenne che a fine agosto si è procurato tagli profondi e, dopo aver chiesto aiuto e filmato la risposta sprezzante degli agenti, è stato picchiato per strappargli il cellulare dalle mani. «Agosto è il mese peggiore,» – sottolineano le attiviste nella sintesi di quanto accaduto in questo mese – «in cui emarginazione ed abbandono si fanno più vivi e i già scarsi servizi del gestore (presidio della salute compreso) che diventano inconsistenti quando non si estinguono del tutto». Tutto questo avviene in un contesto in cui l’uso degli smartphone, consentito a Gradisca e a Milano (ma non negli altri CPR, compreso quello in Albania), permette di far filtrare qualche prova. Negli altri centri regna invece il buio, con un telefono a sezione e nessuna possibilità di documentare, lasciando campo libero a insabbiamenti e violenze impunite. Un viaggio di solidarietà e testimonianza Il viaggio – frutto di un lavoro collettivo che sta coinvolgendo associazioni, gruppi e cittadini – prevede diverse tappe. Marco Cavallo consegnerà alle persone trattenute nei CPR lettere scritte dai sostenitori, portando un messaggio di vicinanza e speranza. Sarà accompagnato da bandiere realizzate con tessuti di scarto, simbolo poetico di legami e vite intrecciate. Il regista Giovanni Cioni documenterà l’intero percorso per realizzare un film che custodisca e diffonda le voci raccolte lungo la strada. Il 5 settembre, alle 17, al cinema Ariston di Trieste, amici, sostenitori, cittadini e associazioni potranno salutare Marco Cavallo prima della partenza, con la presentazione del progetto da parte dello psichiatra Peppe Dell’Acqua e la proiezione del film Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza della regista Erika Rossi. Il viaggio toccherà poi Milano, Roma, Palazzo San Gervasio, Brindisi e Bari, con iniziative pubbliche e momenti di confronto documentati sul Forum Salute Mentale. Questo viaggio si intreccia con la campagna “180 Bene Comune. L’arte per restare umani”, promossa dal Forum Salute Mentale. La legge 180 non è soltanto quella che ha chiuso i manicomi, ma un presidio di civiltà che riguarda tutti: parla di diritti, di riconoscimento dell’altro, della capacità di convivere tra diversità – dentro e fuori di noi. Oggi, mentre si tenta di dimenticare quella legge, i CPR rischiano di diventare le nuove istituzioni della segregazione e della violenza sociale. È per questo che Marco Cavallo ha deciso di rimettersi in viaggio. Ha nitrito di rabbia nell’apprendere cosa accade dentro questi luoghi, con il desiderio di abbatterne i muri; poi, parlando con Peppe Dell’Acqua, ha riconosciuto che questo è ancora una volta il suo momento: trasformare la collera in cammino, in testimonianza, in denuncia. «Sono vecchio e stanco» – confida – «ma ogni volta che mi chiamano in questi luoghi di dolore non posso che rimettermi in movimento» 3. 1. Adesioni a questo link ↩︎ 2. Per sostenere il progetto clicca qui ↩︎ 3. Leggi: Sono una bandiera di libertà: per questo viaggerò nei Cpr italiani. Veronica Rossi intervista Marco Cavallo ↩︎
Grecia. Il Closed Controlled Access Centre (CCAC) di Vastria
In Grecia, nel corso del 2025, le politiche per “combattere l’immigrazione” si sono intensificate, soprattutto in seguito alla direzione data da Makis Voridis come Ministro per la Migrazione. Quest’ultimo, già noto per le sue affiliazioni con l’estrema destra e per aver sempre descritto gli immigrati come una minaccia per l’Europa 1, ha proposto al Parlamento greco nuove legislazioni sul tema: l’estensione del periodo in cui i migranti possono essere trattenuti in detenzione amministrativa, la criminalizzazione di coloro che restano dopo che la richiesta di asilo è stata rifiutata e la proibizione della residenza per le persone senza documenti, che prima potevano chiederla una volta ottenuto un lavoro 2. Approfondimenti/CPR, Hotspot, CPA GRECIA, SOSPENSIONE DELL’ASILO E NUOVA RIFORMA RAZZISTA DEL GOVERNO MITSOTAKIS Atene anticipa la linea più dura del Patto UE Redazione 14 Agosto 2025 Nonostante l’incarico si sia concluso già a giugno, a causa del coinvolgimento dello stesso ministro in un’inchiesta, il suo successore, Thanos Plevris, sta portando avanti la stessa linea politica, sottolineando anzi come “la sicurezza dei confini non può esistere se non ci sono perdite e, per essere chiari, se non ci sono morti” e affermando che le condizioni di vita per i migranti dovrebbero apparire loro peggiori di quelle dei paesi d’origine 3 . Come illustrato da diversi osservatori 4, il cambio di ministri non ha comportato un cambiamento di approccio, ma piuttosto una continuazione e un rafforzamento del regime migratorio razzista e violento dello Stato greco. Le politiche di frontiera a Lesbo continuano a violare diversi diritti fondamentali: i migranti subiscono violenze, vivono in condizioni degradanti nei campi, sono soggetti a sorveglianza, sfratti, negazione dell’assistenza finanziata dall’UE e ritardi arbitrari nelle domande di asilo. Inoltre, nuove leggi e tattiche amministrative, come il ripristino della Turchia come “paese terzo sicuro” nonostante le sentenze dei tribunali, perpetuano l’incertezza giuridica.  Il Closed Controlled Access Centre (CCAC) di Vastria a Lesbo esemplifica questa tendenza, rafforzando la detenzione e l’espulsione come pilastri centrali della politica migratoria greca, e della generale assimilazione di approccio in tutta Europa. A differenza dei centri di detenzione già esistenti (come quello tristemente noto di Moria 5), Vastria costituisce un modello per un nuovo tipo di struttura: isolata geograficamente, sorvegliata attentamente tramite controlli biometrici, difficilmente accessibile dall’esterno. Il nuovo centro, infatti, si troverà in un bosco a 30 km da Mitilene, luogo strategico per isolare i migranti dallo spazio pubblico e limitare il coinvolgimento e la supervisione della società civile.  Nonostante numerosi problemi legali, dovuti anche al fatto che la struttura viola gli standard ambientali (dovrebbero essere abbattuti 35.000 alberi solo per costruire la strada di accesso, in una zona già ad alto rischio di desertificazione e incendi 6), la costruzione prosegue e il Ministero della Migrazione, citando gli obblighi di finanziamento dell’UE, ha sostenuto la continuazione dei lavori e la deforestazione. Cos’è il CCAC di Vastria? Closed Controlled Access Centre (CCAC) di Vastria, Lesbo Capacità prevista: fino a 5.000 persone, fra cui famiglie, minori non accompagnati e persone vulnerabili Funzione prevista: non un centro di accoglienza temporaneo, ma una struttura di detenzione prolungata: tutte le procedure di asilo ed espulsione saranno centralizzate in sito L’opposizione si è concentrata sul mancato rispetto da parte del governo delle decisioni giudiziarie e delle leggi ambientali, ha messo in guardia dai danni irreversibili alla più grande pineta di Lesbo e ha sollecitato la sospensione immediata dei lavori, che però non è mai stata disposta.  A marzo, invece, è stato firmato un contratto da 1 milione di euro per l’installazione di un sistema di rilevamento incendi entro settembre 2025. Nel giugno 2025, infatti, un incendio boschivo sull’isola di Chios ha costretto all’evacuazione del CCAC locale e, nonostante la costruzione di un sistema di rilevamento incendi presso il CCAC di Vastria a Lesbo, il campo di Vastria è ancora privo di vie di fuga antincendio, il che significa che l’evacuazione in caso di incendio a Lesbo sarà ancora più difficile.  Nel frattempo, il governo continua ad affittare il sito per 748.800 euro all’anno e, dato il sostegno politico e finanziario della Commissione europea, il progetto rimane una priorità politica per la Grecia e l’Unione Europea. Se completato, il centro di Vastria, pur non essendo classificato come una prigione, istituzionalizzerebbe un sistema detentivo carcerario: la struttura è infatti creata per imporre limitazioni molto strette alla libertà di movimento, creando di fatto una zona grigia in cui migliaia di persone verranno private dei propri diritti, senza alcun processo legale.  PH: Legal Centre Lesvos In quest’ottica, il CCAC di Vastria prevede anche l’implementazione di due sistemi di intelligenza artificiale avanzata, Centaur e Hyperion, che combinano riconoscimento biometrico, sistemi di videosorveglianza, sorveglianza con droni e analisi comportamentale. Nel 2024, l’Autorità ellenica per la protezione dei dati ha già inflitto una multa significativa al Ministero della Migrazione per gravi violazioni del GDPR (Regolamento UE 2016/679 sulla Protezione Generale dei Dati, entrato in vigore nel 2018 7). Nel frattempo, in altre strutture, in particolare a Samo e Lesbo, sono stati segnalati casi di confisca sistematica dei telefoni dei residenti, limitando l’accesso all’assistenza legale e la supervisione esterna attraverso comunicazioni limitate 8.  Rapporti e dossier/CPR, Hotspot, CPA VITE MONITORATE: COME LA TECNOLOGIA RIDEFINISCE LA LIBERTÀ NEL CCAC DI SAMOS IN GRECIA Le organizzazioni denunciano monitoraggio oppressivo e abusi Rossella Ferrara 25 Agosto 2025 Lungi dall’essere uno spazio di accoglienza transitorio, il CCAC è concepito come un luogo di detenzione prolungata, con una capacità massima di 5.000 persone, tra cui famiglie, minori non accompagnati e richiedenti particolarmente vulnerabili, che vengono trattenuti per mesi in attesa di decisioni amministrative o di espulsione.  Le ONG, tra cui Amnesty International 9, denunciano già da tempo le diverse violazioni dei diritti di coloro che verranno rinchiusi in questo tipo di struttura. Oltre alla violazione dei diritti umani alla vita (nel caso specifico di Vastria si aggiunge il rischio di morire in un incendio, data la vicinanza ai boschi e la mancanza di vie di fuga), alla libertà e alla sicurezza, le persone migranti non vedranno garantiti nemmeno i propri diritti alla protezione dei dati personali e all’educazione: a causa dei problemi strutturali presenti nei programmi di integrazione e nell’accesso a strutture educative, infatti, molti giovani non avranno la possibilità di frequentare la scuola, né dentro né tanto meno fuori dal Centro, e saranno, al contrario, attivamente guidati verso l’esclusione e la criminalizzazione.  L’isolamento non è quindi un effetto collaterale, ma l’obiettivo di una chiara politica migratoria. Come sottolinea il report di Community Peacemaker Teams, Vastria rappresenta “l’incarnazione materiale di un cambiamento nella politica europea verso l’invisibilizzazione, il controllo tecnologico e l’esclusione burocratica. Secondo il progetto attuale, il centro rimane una potenziale trappola mortale – e un monumento a una politica migratoria fallimentare basata sulla reclusione piuttosto che sulla protezione” 10. Questo modello non si sviluppa in un vuoto istituzionale, ma è strettamente legato al nuovo Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo. Adottato nel 2024, dovrebbe essere “orientato ai risultati ma ben ancorato ai nostri valori europei” 11, come riporta il sito ufficiale della Commissione europea. La logica del Patto, che entrerà in vigore dal 2026, è messa in pratica in strutture come Vastria e comporta l’accelerazione delle decisioni in materia di asilo, la centralizzazione delle funzioni burocratiche, la riduzione al minimo delle garanzie procedurali e la rapida espulsione dei richiedenti respinti.  1. Greek PM seeks ‘reset’ with former far-right activist as migration minister, The Guardian (14 marzo 2025) ↩︎ 2. Migration minister scraps residence permit extension, Kathimerini (marzo 2025) ↩︎ 3. Greece names new ministers after high-level resignations over farm scandal. Thanos Plevris was appointed migration minister – Politico (28 giugno 2025); Θάνος Πλεύρης / Όταν ζητούσε νεκρούς μετανάστες και πρόσφυγες στα σύνορα (βίντεο) – AVGI (27 giugno 2025) ↩︎ 4. Lesvos Situation Report January – June 2025 – Legal Centre Lesvos ↩︎ 5. Quel che resta di Moria. A Lesbo per i rifugiati inizia un’altra detenzione di Valerio Nicolosi – Altreconomia (20 Settembre 2020) ↩︎ 6. Εικόνες σοκ από νέες υλοτομήσεις στη Βάστρια αποκαλύπτουν το έγκλημα κατά της φύσης – StoNisi (2 Maggio 2025) ↩︎ 7. Regulation (EU) 2016/679 of the European Parliament and of the Council ↩︎ 8. Report on the Situation in the Samos Closed Controlled Access Centre (CCAC), I Have Rights and Homo Digitalis – (Maggio 2025) ↩︎ 9. One year since Greece opened new “prison-like” refugee camps, NGOs call for a more humane approach (settembre 2022) ↩︎ 10. New report unpacks the construction of a migrant detention centre, a report by CPT Aegean Migrant Solidarity (16 luglio 2025) ↩︎ 11. Patto sulla migrazione e l’asilo ↩︎
Vite monitorate: come la tecnologia ridefinisce la libertà nel CCAC di Samos in Grecia
I report di I Have Rights, Border Violence Monitoring Network e Homo Digitalis 1 denunciano l’uso massiccio di tecnologie di sorveglianza e gravi violazioni della privacy da parte del Ministero greco dell’Immigrazione nel Centro Chiuso ad Accesso Controllato sull’isola greca di Samos. Reti e filo spinato circondano il centro (Amnesty international) Le tecnologie di sorveglianza sono uno strumento sempre più utilizzato per la gestione migratoria e i controlli di frontiera in Unione Europea. Negli ultimi vent’anni diversi sistemi informatici sono stati implementati ai nostri confini: Eurodac, dove sono raccolti e conservati dati biometrici di richiedenti asilo e persone migranti, il Sistema di Informazione Schengen, di Informazione Visti, di ingressi/uscite 2. Dal 2019 questi sistemi sono interoperabili, e ciò permette la creazione di veri e propri fascicoli di dati biografici e biometrici di ogni persona registrata, aumentando così il rischio di commistione tra sorveglianza e gestione amministrative delle domande d’asilo. Con l’approvazione a giugno 2024 del Nuovo Patto su Asilo e Migrazione questo sistema è stato potenziato. Parallelamente, l’entrata in vigore del nuovo AI Act 3 estende ulteriormente la possibilità di usare sistemi informatici e di intelligenza artificiale in frontiera. Le attività connesse al controllo dei confini sono infatti esentate dai rigidi obblighi contenuti nel Regolamento sull’intelligenza artificiale, e accademici e attivisti hanno già evidenziato come questo rischi di rendere la frontiera europea un laboratorio normativo opaco, in cui tecnologie invasive usate in situazioni di profonda asimmetria di potere sono usate senza rispettare i diritti fondamentali delle persone migranti 4. Questo coincide con una progressiva erosione dei diritti fondamentali in frontiera, luogo che è stato definito “zona anomala” 5 e “non-territorio” 6. Lo stesso concetto di frontiera è usato in modo flessibile, e include non solo la linea geografica di confine, ma anche i luoghi dove sono svolti i controlli di frontiera e in particolare i centri di accoglienza/trattenimento/detenzione per le persone migranti, quali gli hotspot italiani e i Centri Chiusi ad Accesso Controllato (CCAC) greci. La Grecia ha difatti avuto un ruolo di primo piano nel definire le eccezioni dell’AI Act in frontiera. A novembre 2023 il delegato greco ha richiesto l’utilizzo illimitato dei sistemi di RBI (Real-time biometric identification) – altrimenti vietati dall’AI Act – nelle zone di frontiera. In una situazione di crescente ambiguità normativa, le autorità greche non hanno specificato se i CCAC rientrano o meno nella definizione di frontiera. Tuttavia, diversi report 7 svelano che già prima del novembre 2023 tecnologie di IA erano state istallate nel CCAC di Samos, e come evidenziato da un’indagine di Statewatch 8 il territorio greco è usato come laboratorio: il budget stanziato dall’UE per i controlli di frontiera in Grecia tra il 2021 e il 2027 è di più di 1 miliardo di euro, un aumento del 248% rispetto al budget precedente 9. Gli stessi CCAC rappresentano per ora un esperimento delle istituzioni europee: progettati dopo l’incendio nell’hotspot di Moria a Lesbo del 2020, sono stati finanziati dall’Unione Europea e costruiti come precursori dei centri di screening introdotti dal Nuovo Patto su Asilo e Migrazione9. Il centro di Samos è stato il primo ad aprire, il 18 settembre 2021, seguito da analoghe strutture a Kos, Leros, Lesbo e Chio. Il centro di Samos è composto da decine e decine di container, dove le persone trattenute vivono. Le varie aree sono separate da checkpoint, segnati da tornelli, barriere e filo spinato e controllate dalla polizia greca, dalla polizia di frontiera, e da addetti alla sicurezza di G4S, una azienda privata. Le condizioni materiali, già critiche per le strutture inadeguate, sono complicate dal sovraffollamento. Al momento della pubblicazione del report di I Have Rights, a inizio 2025, le persone trattenute a Samos erano 4303, il 118% della capacità del CCAC. Amnesty International dopo una visita a fine 2023 descrive il centro – che l’Unione Europea aveva promesso sarebbe stato “aderente agli standard europei” per garantire “condizioni abitative migliori per tutti” – come un “incubo distopico”: un campo militarizzato, senza le infrastrutture e i servizi più essenziali, dove, con il pretesto di identificare le persone, le autorità sottopongono sistematicamente i richiedenti asilo a detenzione illegittima e arbitraria 10. Sono forse questi gli standard europei promossi dal Nuovo Patto? L’elemento chiave del sistema dei CCAC è la restrizione della libertà delle persone trattenute. In teoria, la permanenza nel centro dovrebbe durare massimo 5 giorni, ma nella maggior parte dei casi viene estesa a 25 giorni e oltre, spesso senza una decisione ufficiale a riguardo; durante questo periodo non è possibile uscire dal centro, salvo rare eccezioni (cure mediche, attività ricreative per i minori). I Have Rights ha dimostrato che un tale livello di restrizione deve essere qualificato come detenzione de facto 11, e la stessa Commissione Europea – promotrice e finanziatrice dei centri – ha individuato nella detenzione sistematica dei richiedenti protezione una violazione del diritto dell’UE, in una procedura di infrazione iniziata contro la Grecia. Le restrizioni alla libertà personale sono però ancora più profonde. I check point e in particolare le tecnologie di sorveglianza nel campo creano un ambiente estremamente securitizzato, dove ogni movimento è controllato e registrato. Le telecamere del sistema Centaur, installate anche negli spazi usati come abitazioni (I have rights) Per attraversare i checkpoint che separano le varie zone del CCAC è necessario presentare una tessera di identificazione biometrica e scannerizzare le proprie impronte digitali. Il controllo è capillare: in base a quanto riportato da IHR e BVMN, il CCAC di Samos è dotato di almeno quattro sistemi informatici: Centaur, Hyperion, Rea e Alkioni, finanziati dall’Unione Europea. Centaur utilizza algoritmi di analisi dei movimenti e trasmette immagini, video, e audio delle telecamere a circuito chiuso e raccolti dai droni ad una sala di controllo nel Ministero della Migrazione e l’Asilo. Secondo IHR, le informazioni fornite dal Ministero greco non chiariscono se Centaur usa sistemi di IA oppure algoritmi di analisi dei comportamenti. Le aziende coinvolte nello sviluppo e utilizzo dei sistemi sono almeno cinque, di cui tre greche (ESA Security, Space Hellas, Adaptit) e due israeliane (ViiSights e Octopus, che hanno tra i propri clienti anche il governo israeliano). In base alle interviste condotte nel campo, le telecamere e i droni sono presenti anche nei luoghi dove le persone vivono e dormono – nonostante le rassicurazioni del Ministero. Una parte delle persone intervistate ha riportato di sentirsi al sicuro grazie ai sistemi di sorveglianza, ma a causa della mancanza di informazioni molti hanno espresso dubbi a riguardo e paragonato il campo ad una prigione. La presenza di aziende israeliane nel CCAC non è senza conseguenze: dopo il 7 ottobre 2023, centinaia di residenti del campo hanno protestato contro la risposta di Israele, e un drone è subito intervenuto per raccogliere immagini e video da trasmettere ad Atene in tempo reale; subito dopo i cancelli che separano le varie zone del campo sono stati chiusi, e cinque richiedenti asilo arrestati 12. Il sistema Hyperion utilizza dati biometrici per monitorare gli ingressi e le uscite dal CCAC. I richiedenti asilo devono presentare le proprie impronte digitali nonché avere con sé carte elettroniche dove sono registrate foto, impronte digitali e firma del possessore, che vengono lette attraverso sistemi di Radio Frequency Identification. È da notare che nessuno degli operatori che lavorano nel campo ha acconsentito a registrare le proprie impronte digitali, ritenendolo non necessario e una violazione dei loro diritti, e accedono quindi tramite le proprie carte di identità, che non contengono dati biometrici. Il mediatore europeo ritiene che l’infrastruttura di sorveglianza del CCAC ricalchi quello di un carcere, e dubita che il rispetto per la dignità umana e la protezione dei minori e delle persone vulnerabili siano possibili in una simile struttura 13. Anche la Relatrice speciale sul traffico delle persone delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per le tecnologie di sorveglianza utilizzate, che, insieme alla posizione isolata rispetto al centro abitato di Samos, causa restrizioni alla libertà personale e mancanza di servizi 14. Secondo IHR e BVMN, questo si allinea perfettamente con la politica delle autorità greche, che a gennaio 2025 sono state ancora una volta sanzionate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per detenzione sistematiche e respingimenti 15. Samos, dopo Lesbo, è l’isola greca dove si registrano più push-back. L’utilizzo massiccio di sistemi algoritmici e di IA aumenta anche il rischio di bias contro le persone trattenute nel centro, che potrebbero essere segnalate come minaccia in base a bias algoritmici. L’agenzia dell’UE per i Diritti Fondamentali ha espresso i propri dubbi proprio rispetto all’algoritmo usato da Centaur, chiedendo al Ministero greco per la Migrazione e l’Asilo di condividere più informazioni riguardo al suo funzionamento. Al momento della pubblicazione del report di IHR e BVMN, il Ministero non aveva ancora dato seguito a queste richieste. L’Autorità per la Protezione dei Dati (APD) greca è intervenuta ad aprile 2024, in seguito a segnalazioni di organizzazioni della società civile greca, comminando una sanzione record (175000 €) al Ministero per la Migrazione per gravi violazioni del GDPR (il Regolamento UE sulla protezione dei dati). Tra le violazioni, l’APD ha individuato mancanza di trasparenza riguardo proprio ai sistemi Centaur e Hyperion. Oltre alla multa, ha poi ordinato al Ministero di conformarsi al GDPR entro luglio 2024, evidenziando quattro punti: violazione dei principi di legalità e trasparenza per la mancanza di una base giuridica chiara per il trattamento dei dati; violazione del diritto delle persone migranti ad una informazione completa; assenza di un chiaro protocollo per la valutazione obbligatoria sulla protezione dei dati; infine, mancata cooperazione del Ministero con l’APD. A partire da questa storica decisione, IHR e Homo Digitalis hanno condotto un’indagine tra luglio 2024 e marzo 2025 per monitorare la risposta del Ministero 16. La conclusione raggiunta, grazie a interviste e analisi del quadro giuridico, è che il Ministero non ha adempiuto al proprio obbligo, e le violazioni nel CCAC di Samos continuano: le persone trattenute nel centro non ricevono informazioni sufficienti sui sistemi di sorveglianza utilizzati, e riportano di non avere la possibilità di rifiutare la registrazione delle impronte digitali o la consegna dei telefonini – che sono sistematicamente ritirati e controllati. Secondo il report, il Ministero greco non ha inoltre fornito chiarimenti sui protocolli utilizzati né sugli algoritmi di Centaur e Hyperion, rendendo impossibile una valutazione imparziale del loro impatto sui diritti fondamentali. I report di I Have Rights, Border Violence Monitoring Network e Homo Digitalis si concludono con tre raccomandazioni rivolte alle istituzioni greche ed europee: si richiede trasparenza e individuazione delle responsabilità in capo alla Polizia Ellenica e per gli algoritmi di Centaur e Hyperion; è imprescindibile proteggere i diritti delle persone in movimento, fermando la confisca sistematica dei telefoni, fornendo informazioni chiare e accessibili sulle tecnologie di sorveglianza usate nel CCAC, e utilizzando sistemi meno invasivi di registrazione; è necessario approntare tutele contro la discriminazione algoritmica, controllando l’algoritmo di Centaur e pubblicando regolarmente report di valutazione dell’impatto che queste tecnologie hanno su persone vulnerabili, che si trovano in posizione di grande debolezza rispetto alle autorità. Il crescente impiego della tecnologia nel contesto migratorio – raccolta di dati, interoperabilità delle banche dati, sistemi decisionali automatizzati – genera maggiore incertezza riguardo alle responsabilità legali e ai mezzi di ricorso. La Grecia e l’Unione Europea stanno utilizzando il CCAC di Samos come territorio di prova, e con il Nuovo Patto e l’AI Act si preparano a rafforzare ulteriormente il ricorso a tecnologie di sorveglianza e controllo automatizzato delle frontiere. Il lavoro di organizzazioni come IHR, BVMN e Homo Digitalis è sempre più essenziale per garantire il monitoraggio da parte della società civile e mantenere al centro del dibattito politico la protezione delle persone, non dei confini. 1. NGOs on Samos uncover a covert operation against asylum seekers and the invasive use of technology in the Samos Closed Controlled Access Centre ↩︎ 2. Visti, di ingressi/uscite Sicurezza e migrazione: sistemi informatici a livello di UE, Consiglio Unione Europea. Statewatch ed Euromed Rights ne hanno fatto un’analisi critica: leggi ↩︎ 3. Legge sull’IA ↩︎ 4. In particolare la #Protectnotsurveil coalition ↩︎ 5. G. Campesi, The EU Pact on Migration and Asylum and the Dangerous Multiplication of ‘Anomalous Zones’ for Migration Management ↩︎ 6. J. P. Cassarino, The Pact on Migration and Asylum: Turning the European Territory into a Non-territory? ↩︎ 7. Come quelli di Solomon e di I Have Rights e Border Violence Monitoring Network (Qui il rapporto) ↩︎ 8. Consulta l’indagine ↩︎ 9. Le istituzioni europee denominano infatti i centri Multi-Purpose Reception and Identification centres, Melting Pot (2023) ↩︎ 10. People seeking asylum detained in EU-funded “pilot” refugee camp on Samos, Amnesty (30 luglio 2024) ↩︎ 11. The EU-Funded Closed Controlled Access Centre – The De Facto Detention of Asylum Seekers on Samos ↩︎ 12. Invisible Walls: How AI Tech at Europe’s Borders Threatens People Seeking Refuge ↩︎ 13. Decision in strategic inquiry OI/3/2022/MHZ on how the European Commission ensures respect for fundamental rights in EU-funded migration management facilities in Greece ↩︎ 14. Leggi la relazione ↩︎ 15. G.R.J. c. Grecia. 2025. No. 15067/21 e A.R.E. c. Grecia.2025. No. 15783/21 ↩︎ 16. Leggi l’indagine ↩︎
Nei CPR ancora violazioni del diritto di difesa: il caso di un cittadino tunisino tra Bari e Brindisi
Il Giudice di Pace di Brindisi si pronuncia sul caso di non convalida del trattenimento di un cittadino tunisino, incensurato e richiedente asilo. Nella prima settimana di luglio, a seguito delle proteste esplose all’interno del CPR di Bari-Palese l’uomo veniva arrestato insieme ad altri due trattenuti con l’accusa di aver promosso la rivolta. Nel corso del procedimento penale sono state rese dichiarazioni molto forti sui motivi della protesta e, all’esito dell’interrogatorio, gli atti del processo – su richiesta del PM di udienza – sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica. Il giudice penale, a seguito di un patteggiamento con pena sospesa per il solo danneggiamento di una finestra, ne disponeva l’immediata liberazione. Tuttavia, dopo la dimissione dalla casa circondariale di Bari, il cittadino tunisino veniva nuovamente trasferito e trattenuto, questa volta presso il CPR di Restinco (Brindisi). All’ingresso del centro l’uomo nominava un difensore di fiducia, ma immediatamente veniva condotto all’udienza di convalida davanti al Giudice di pace di Brindisi, che convalidava il trattenimento con l’assistenza di un difensore d’ufficio. Né il giudice né il difensore di fiducia erano stati informati di due circostanze fondamentali: che il cittadino straniero aveva nominato un proprio avvocato e che era richiedente asilo. Con ricorso per il riesame, il difensore di fiducia eccepiva: * la violazione del diritto di difesa, poiché non era stato avvisato dell’udienza né lo era stato il trattenuto; * l’incompetenza per materia, sostenendo che gli atti avrebbero dovuto essere trasmessi alla Corte d’Appello di Lecce. Il Giudice di pace di Brindisi, con la decisione qui allegata, ha accolto il ricorso rilevando la violazione del diritto di difesa. È stato infatti documentato che, già il 10 luglio 2025 – cioè prima dell’udienza di convalida fissata per l’11 luglio – il cittadino aveva formalmente nominato l’avv. Uljana Gazidede come difensore di fiducia, mediante l’apposito modulo disponibile presso il CPR di Restinco. Nonostante ciò, l’udienza si era svolta senza la sua partecipazione e con l’assistenza di un difensore d’ufficio. La Suprema Corte ha più volte stabilito che, in tema di immigrazione, la nomina del difensore di fiducia prima dell’udienza di convalida rende obbligatoria la sua presenza e comporta la puntuale comunicazione di data e luogo dell’udienza (Cass. 12210/2020; Cass. 18769/2018). Pertanto il Giudice ha annullato il provvedimento di trattenimento. Questa decisione è particolarmente rilevante perché evidenzia gravi carenze sistemiche nei CPR, dove spesso vengono compromessi i diritti di difesa proprio a causa della mancata presenza del difensore di fiducia alle udienze. Nel CPR di Bari-Palese, inoltre, si registra la prassi per cui le istanze di riesame non vengono calendarizzate oppure le udienze, quando fissate, vengono rinviate a tempo indeterminato. La detenzione amministrativa spinge così i trattenuti allo stremo, a causa delle pessime condizioni di vita all’interno dei centri, costringendoli a protestare. Non di rado queste proteste sfociano in atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, scioperi della fame o danneggiamenti delle strutture, con conseguenze penali gravi per chi le mette in atto. Giudice di Pace di Brindisi, ordinanza del 25 luglio 2025
CPR di Palazzo San Gervasio: dall’esasperazione alla protesta per denunciare condizioni disumane
Sono stati giorni di forti tensioni quelli appena trascorsi nel Centro di Permanenza di Palazzo San Gervasio in Basilicata. Giorni particolari sfociati nella eclatante protesta del 5 agosto con 9 trattenuti che salgono sul tetto dei moduli abitativi per manifestare tutto il loro disappunto e la loro frustrazione per le condizioni in cui sono costretti a vivere. Una protesta che si consuma, ironia della sorte, mentre all’esterno un gruppo di attivisti e di associazioni svolgevano un pacifico sit-in per ricordare il giovane Oussama Darkaoui, morto nel Centro di Palazzo San Gervasio, il 5 agosto del 2024. Notizie/CPR, Hotspot, CPA OUSSAMA DARKAOUI, UN ANNO DOPO: IL RICORDO, LA LOTTA, LA SPERANZA Dal CPR di Palazzo San Gervasio, una storia che chiede giustizia Avv. Arturo Raffaele Covella 5 Agosto 2025 La manifestazione dei 9 “ribelli” è durata diverse ore e si è conclusa solamente a tarda sera con l’arresto in flagranza di 2 manifestanti. Per altri 7 partecipanti, invece, si è provveduto con l’arresto in flagranza differita dopo l’analisi delle immagini delle videocamere e delle foto scattate dalla polizia. Tale procedura è stata applicata in base alle disposizioni del Decreto Sicurezza 2025 (D.L. 48/2025, convertito in legge n. 80 del 9 giugno 2025), approvato definitivamente dal Senato il 4 giugno, che ha esteso l’uso della flagranza differita anche a reati commessi nel corso di manifestazioni pubbliche. E’ stata la prima applicazione in Basilicata del nuovo decreto. A tutti i partecipanti sono stati contestati i reati di danneggiamento e rivolta. Approfondimenti/CPR, Hotspot, CPA DDL SICUREZZA: AUMENTI DI PENE, REATO DI RIVOLTA, NORMA ANTI ONG, DIVIETO DI SIM PER CHI NON HA IL PDS L’analisi del Capo III articolo per articolo 19 Ottobre 2024 Gli arresti sono stati successivamente convalidati dal gip del Tribunale di Potenza; mentre, però, per il promotore della protesta è stata confermata la misura cautelare della detenzione in carcere, per gli altri, non essendo stata disposta alcuna misura cautelare, si è provveduto solamente al trasferimento in altri Cpr. PH: Melting Pot Quanto accaduto riporta l’attenzione sul CPR di Palazzo San Gervasio e sulle condizioni di vita nella struttura. La protesta del 5 agosto non può, infatti, essere declassata a semplice notizia di cronaca. Si tratta piuttosto di capire le ragioni che hanno indotto queste persone a manifestare. Sarà infatti il Tribunale di Potenza a pronunciarsi sulle ipotesi di reato contestate e a determinare le eventuali responsabilità per i fatti contestati. Noi osservatori abbiamo invece la responsabilità di provare a capire il perché di una protesta che, anche alla luce degli ultimi interventi normativi, rende non certo facile la situazione degli attuali indagati. Comprendere le ragioni della protesta, allora, vuol dire interrogarsi sulle condizioni di vita all’interno del CPR di Palazzo San Gervasio e sulla incompatibilità tra queste condizioni e la dignità umana. La protesta del 5 agosto è il punto di arrivo di una settimana di tensioni. PH: Melting Pot Lo sfogo finale di un gruppo di trattenuti stanchi di subire, non solo la privazione della libertà determinata dalla detenzione, ma anche la privazione della dignità determinata dalle condizioni di quel trattenimento. Chiusi in gabbia con temperature che, nelle ore più calde della giornata, arrivano anche a 37°, privati della possibilità di utilizzare il campo di calcio (unico “diversivo” presente nella struttura), davanti al gip di Potenza, i ragazzi hanno raccontato anche dei ritardi nella somministrazione dei pasti, della scarsa qualità del cibo somministrato, dei tanti che hanno avuto malori nei giorni precedenti e che non sono stati portati in ospedale. Non possiamo dimenticare le reali condizioni di vita degli stranieri trattenuti nei Centri di Permanenza. Privati della libertà e spogliati della dignità, rimane solo la disperazione. Ignorare queste condizioni significa accettare tacitamente che luoghi come il CPR di Palazzo San Gervasio possano continuare a esistere in questo stato. Non si tratta di giustificare o condannare un gesto, ma di comprenderne le radici: le proteste non nascono nel vuoto, ma germogliano in un terreno fatto di soprusi, disattenzione e silenzi istituzionali. Senza uno sguardo lucido e onesto sulla realtà quotidiana di chi è trattenuto, episodi come quello del 5 agosto verranno liquidati come atti di teppismo o criminalità, mentre sono – in verità – la fotografia di un sistema che produce sofferenza e frustrazione. Raccontare e analizzare queste vicende significa dare voce a chi, rinchiuso dietro le sbarre di un CPR, viene reso invisibile. E l’invisibilità, in una democrazia, è la forma più subdola di negazione dei diritti. PH: Melting Pot
Trattenuto nel CPR senza valutazione psichiatrica: un’altra decisione svela la prassi illegittima e ne ordina la liberazione
Il Giudice di Pace di Roma, con decreto del 31 luglio 2025, non convalida il trattenimento presso il CPR di Roma Ponte Galeria di un ristretto che presenta tagli sul corpo “non potendosi pertanto escludere con certezza l’assenza di patologie di natura psichiatrica stante l’assenza di specifico certificato psichiatrico depositato in atti”. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 Nel caso di specie, l’ASL competente aveva certificato l’idoneità alla vita ristretta compilando un semplice prestampato (flaggando assenza di patologie), mentre il medico dell’ente gestore aveva – quanto meno – riportato nella scheda di primo ingresso la presenza di tagli al braccio e al polpaccio. Entrambi le certificazioni sono state redatte da un medico generale senza la partecipazione di uno psichiatra o altro specialista, in aperta violazione della norma secondaria prevista dall’art 3 del cd decreto Lamorgese. Tale disposizione vieta infatti il trattenimento di persone con vulnerabilità psichiatrica e impone dunque che l’assenza di patologie psichiatriche debba essere verificata prima dell’ingresso in struttura. Nel corso dell’udienza di convalida si è provata la totale assenza di un contatto tra ristretto al suo ingresso e psichiatra. Mancata verifica dell’assenza di vulnerabilità psichiatrica che ha dunque portato il Giudice di Pace a non convalidare il trattenimento per non poter escludere la vulnerabilità psichiatrica in assenza di visita psichiatrica. Tale decisione non è isolata e dimostra la prassi di trattenere in CPR persone con vulnerabilità psichiatrica salvo allorquando la difesa fa leva sulla norma secondaria già citata (art. 3 Decreto Lamorgese). Ciò in quanto, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza 96 del 2025, persiste un  vulnus di una normativa di fonte primaria che imponga – quanto meno – l’obbligo di una visita psichiatrica per tutti e tutte le persone destinatarie di un provvedimento limitativo della libertà personale. Giudice di Pace di Roma, provvedimento del 31 luglio 2025 Si ringrazia l’Avv. Gennaro Santoro per la segnalazione e il commento. * Consulta altre decisioni favorevoli alla non convalida del trattenimento nei CPR