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Non proroga del trattenimento in CPR: termini violati anche se il C3 viene depositato in udienza
Il cittadino tunisino era trattenuto presso il CPR di Bari – Palese. Dinanzi al Giudice di Pace di Bari aveva manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale e per tale motivo la Questura di Bari chiedeva la convalida del trattenimento ai sensi dell’art. 6 comma 3 D.Lgs. n. 142/2015. La Corte di Appello convalidava il trattenimento al fine di definire la procedura di protezione in atto. Durante il trattenimento il cittadino straniero subiva la fratturato del piede dx. e veniva dimesso dal medico del pronto soccorso per essere portato a domicilio in carico per le cure al medico curante e indicava per la deambulazione l’utilizzo delle stampelle. Rientrava nel CPR e lì scopriva che tali dispositivi sono vietati. Poco dopo veniva richiesta la proroga del trattenimento da parte della Questura di Bari. Negli atti inviati alla Corte di Appello l’amministrazione non riferiva nulla sullo stato di salute e tanto meno aveva depositato il referto del pronto soccorso; non riferiva che i termini per la procedura accelerata erano spirati; depositavano in udienza il modello C3 redatto oltre il termine di cui all’art. 26, comma 2 bis del D.lgs. n. 286/98. La Corte di Appello, in totale accoglimento della memoria difensiva depositata non prorogava il trattenimento con la seguente motivazione: “letta in particolare l’istanza, avanzata il 29.7.25, con cui la Questura di Bari, con riguardo al trattenimento ex art.6 co.3 D.Lgs.142/15 del suddetto straniero, convalidato da questa Corte di Appello il 4.6.25, ha tempestivamente chiesto una proroga per ulteriori 60 gg.; all’esito dell’odierna udienza camerale, in cui la Questura ha insistito per la proroga, mentre la difesa dello straniero si è opposta; rilevato che, mentre lo straniero ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale già in data 27.5.25 (in sede di convalida del suo primo trattenimento ex art.14 TUI davanti al Giudice di Pace), la redazione del modello C3, costituente adempimento necessario alla formalizzazione di tale domanda, è stata effettuata, secondo quanto riferito e documentato dalla stessa Questura all’odierna udienza, soltanto in data odierna, e quindi ben oltre il termine di 6 giorni lavorativi richiesti dall’art.26 co.2 bis D.Lgs.25/08; ritenuto che, per ormai consolidata giurisprudenza della S.C. (cfr. Cass.15894/25), da un lato il predetto termine sia da considerarsi perentorio, dall’altro lato la sua violazione sia rilevabile d’ufficio e non sia sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione e dall’intervenuta convalida del trattenimento, spettando al giudicante il rilievo officioso di eventuali vizi a monte della procedura di trattenimento; ritenuto, alla luce di quanto sopra, assorbente ogni altra questione sollevata dalla difesa (ivi compresa quella riguardante la compatibilità del regime di trattenimento con le condizioni sanitarie dello straniero come desumibili da referto del locale Pronto Soccorso), che non ricorrano i presupposti per prorogare il trattenimento dello straniero (…)”. Corte di Appello di Bari, provvedimento del 30 luglio 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
Bari come Palazzo San Gervasio: troppe ombre nei CPR italiani
Il 15 settembre abbiamo parlato del rapporto stilato dalla delegazione del Garante nazionale dei diritti della libertà personale (GNPL) 1 dopo la visita effettuata presso il CPR di Palazzo San Gervasio il 12 dicembre del 2024. Rapporti e dossier/CPR, Hotspot, CPA IL CPR DI PALAZZO SAN GERVASIO SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO DEL GARANTE NAZIONALE Pubblicato il Rapporto sulla visita ispettiva del 12 dicembre 2024 presso la struttura lucana Avv. Arturo Raffaele Covella 15 Settembre 2025 Il 13 dicembre la stessa delegazione, composta dal prof. Mario Serio e dalle dott.sse Elena Adamoli e Silvia Levorato, ha effettuato una visita ispettiva anche al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Bari – Palese, alla presenza del Vice Prefetto di Bari – Pasqua Erminia Cicoria -, dell’Ispettore Di Lorenzo (Ufficio immigrazione), della dott.ssa Stefania Mingolla, in qualità di responsabile del Centro e dell’assistente sociale – dott.ssa Noemi Borraccini. Anche la visita del 13 dicembre presso la struttura di Bari presenta elementi di grande interesse e merita un approfondimento. La relazione predisposta dalla delegazione, infatti, contiene un quadro generale della situazione del Centro, evidenzia numerose criticità e rappresenta un punto di partenza necessario per un ulteriore approfondimento sul sistema CPR in Italia. Nello specifico, la relazione si compone di 7 paragrafi dedicati a: * Informazioni generali; * Condizioni materiali; * Tutela della salute; * Assistenza psico-sociale; * Qualità della vita detentiva e contatti con l’esterno; * Sicurezza; * Diritto all’informazione e accesso alla giustizia. INFORMAZIONI GENERALI Il Centro di Permanenza di Bari – Palese è gestito dalla Cooperativa “La mano di Francesco” in forza di convenzione scaduta il 5 novembre 2024 e rinnovata per 1 anno. Dal progetto “Trattenuti” realizzato da ActionAid Italia e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari 2 apprendiamo che “La mano di Francesco”, cooperativa con sede legale a Favara, in provincia di Agrigento, gestisce il CPR di Bari dal 13 dicembre del 2023 3. Peraltro, anche se ad aprile del 2025 è stato indetto un nuovo bando per l’affidamento dei servizi di gestione, in scadenza a giugno, al momento la cooperativa continua ad operare in regime di proroga 4. Il Centro di Bari ha una capienza complessiva di 90 persone e al momento della visita erano presenti 82 trattenuti. Complessivamente, nel 2024 (fino al momento della visita), le persone trattenute risultavano essere 528, con diverse nazionalità, età variegate (dai 18 a 56 anni) e con status giuridici differenti. Proprio rispetto a quest’ultimo dato, la delegazione sottolinea che i trattenuti, al momento della visita, erano alloggiati in maniera promiscua senza alcuna distinzione in base allo status rivestito (persone trattenute per irregolarità amministrativa, richiedenti asilo, soggetti provenienti dal circuito penale). Con riferimento appunto alle condizioni generali del Centro, la delegazione evidenzia una prima criticità concernente la tenuta del registro degli eventi critici. Si tratta di un documento particolarmente importante in cui vengono annotati tutti i fatti che accadono all’interno del Centro e che possono avere rilievo per diverse ragioni. Nel registro, infatti, vengono registrati eventuali episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio, incidenti, rivolte, risse, ma anche malori, ricoveri in ospedale. Una buona tenuta del registro consente dunque di avere un quadro della vita del CPR e di poter compiere un’analisi dettagliata anche delle principali situazioni di disagio o di malessere presenti. Nel caso di Bari, il registro degli eventi critici è costituito da un quadernetto scritto a mano (che riporta data, descrizione dell’evento rilevante e firma dell’operatore) composto da pagine non numerate e non siglate. Uno strumento che non presenta “le caratteristiche di un sistema che ne impedisca l’alterabilità, né garantisce una classificazione omogenea delle varie categorie di eventi e una numerazione progressiva degli inserimenti”. CONDIZIONI MATERIALI Circa le condizioni materiali del Centro, la delegazione parte da una descrizione sommaria della struttura evidenziando che questa è composta da 7 moduli detentivi con 18 posti cadauno. Ogni modulo contiene al suo interno le stanze di pernottamento, i bagni, una sala giochi con tavole e panche ancorate a terra. I moduli 1 e 6, visitati dalla delegazione, mostravano carenze igieniche legate alla situazione dei bagni che apparivano in cattive condizioni, maleodoranti e, in alcuni casi, privi di porte. Come nel caso del CPR di Palazzo San Gervasio, all’interno dei singoli moduli abitativi mancano campanelli di allarme utili in caso di necessità per richiamare l’attenzione del personale medico o del personale dell’ente gestore. Per quanto riguarda gli ambienti diversi dai moduli abitativi, la delegazione si sofferma in particolare sulla situazione della sala adibita ad aula di udienza. Una sala spesso utilizzata anche per lo svolgimento dei colloqui difensivi che, in alternativa, si svolgono direttamente in corridoio senza alcuna possibilità di riservatezza e sotto il controllo costante delle forze di polizia. Ma tornando a quanto riportato dalla delegazione rispetto all’aula di udienza, questa appare «priva delle caratteristiche di riservatezza e di tranquillità che devono connotare l’aula di udienza». Anche durante le udienze, infatti, il personale di polizia entra ed esce dalla sala e ciò rappresenta una violazione delle regole previste per l’udienza camerale. Una situazione che rispecchia la poca attenzione che viene riservato al controllo giurisdizionale sull’operato della Pubblica Amministrazione e alla importanza di un compiuto diritto di difesa. Un comportamento diffuso nei CPR che sfocia, in alcuni casi, in una sorta di “fastidio” per la presenza dei difensori nelle diverse strutture, soprattutto se questi compiono anche azione di segnalazione e di denuncia rispetto alle violazioni riscontrate. TUTELA DELLA SALUTE Rispetto al tema della tutela della salute, solamente nel mese di ottobre del 2024 è stato sottoscritto il protocollo d’intesa tra la Prefettura di Bari, e l’ASL, questione peraltro sollevata già in passato dal Garante Nazionale. L’adozione del protocollo è condizione necessaria ed indispensabile per l’accesso delle persone trattenute alle cure mediche e per garantire, dunque, una effettiva tutela sanitaria. Peccato che il personale medico in servizio al momento della visita mostra di non avere conoscenza dell’avvenuta sottoscrizione del protocollo e, quindi, del suo contenuto. Il medico, con cui la delegazione si è confrontato, viene descritto come «non adeguatamente informato sulle prescrizioni del Regolamento in materia di tutela della salute, soprattutto con riferimento alle questioni che attengono alle procedure di riesame sanitario, ai vincoli di valutazione dei piani terapeutici in caso di dimissioni, agli obblighi del medico in caso di possibili segni di violenza o tortura». Con riferimento a tale ultimo punto, in caso di possibili segni di tortura o di violenza, il medico riferisce «di non dare avvio ad alcuna procedura a fronte della negazione espressa dalla persona interessata». Si tratta di un atteggiamento non in linea con le Linee Guida sviluppate dall’Istituto Nazionale Salute Migrazione e Povertà (INMP) 5, dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dalla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM). Per questo il Garante Nazionale nella sua relazione raccomanda espressamente che i medici del CPR assicurino l’attuazione delle Linee Guida richiamate. Le informazioni raccolte dalla delegazione hanno poi consentito di verificare la presenza di importanti criticità rispetto soprattutto ai soggetti vulnerabili. In particolare emerge una scarsa collaborazione da parte del Serd e un problema legato alle tempistiche di presa in carico dei soggetti affetti da tossicodipendenza. Tra la segnalazione e la presa in carico, infatti, può trascorrere anche 1 settimana. Stesso problema si ripropone per l’accesso ai servizi che riguardano la tutela della salute mentale. Le visite specialistiche possono anche aver luogo dopo 3 settimane dall’accesso al CPR. Le criticità da ultimo richiamate, si sommano alla mancanza di protocolli specifici di trattamento delle vulnerabilità e del rischio suicidario. La prassi in uso presso il CPR di Bari è quella di destinare le persone in stato di particolare agitazione in una “stanza c.d. di accoglienza” con sorveglianza a vista da parte del personale di polizia. Una sorta di “stanza di isolamento”, almeno così viene percepita dai trattenuti. Si tratta di una procedura che non trova alcuna regolamentazione specifica e rispetto alla quale la delegazione non ha potuto effettuare alcuna verifica in quanto non esiste un registro dei transiti in tale particolare stanza. Infine, per motivi di sicurezza, le visite mediche vengono effettuate alla presenza di almeno 2 militari. Una prassi che si pone in contrasto finanche con le disposizioni della Questura di Bari del 23.11.2022 e che comunque rappresenta una grave violazione del rispetto della privacy e della tutela della dignità del trattenuto. ASSISTENZA PSICO SOCIALE L’attività del servizio di assistenza sociale è documentata ma, in pratica, i colloqui con i trattenuti vengono trasfusi in apposite relazioni solamente ove le circostanze lo richiedano, ad esempio, nel caso in cui vi sia una richiesta della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale o una specifica richiesta del difensore. In realtà, la mancata stesura di una relazione psicosociale e l’omesso invio all’Autorità di pubblica sicurezza costituisce una violazione del Regolamento CPR che prevede l’inserimento di tale documentazione nel fascicolo processuale della convalida o della proroga. QUALITÀ DELLA VITA DETENTIVA E CONTATTI CON L’ESTERNO La qualità della vita detentiva, da quanto emerge dalla relazione, non si può certo definire buona. Infatti, all’interno del CPR di Bari-Palese le attività ricreative, sociali e religiose sono del tutto assenti. Non vi è alcuna intesa con soggetti esterni della società civile per l’organizzazione di attività del tipo sopra richiamato e gli unici contatti con il mondo esterno sono limitati ai colloqui con i difensori. È stato da poco avviato un servizio di prestito bibliotecario e, anche se è presente un campo sportivo nel Centro, questo non viene mai utilizzato. Peraltro, come già visto nel caso di Palazzo San Gervasio, al momento dell’ingresso ai trattenuti vengono requisiti i cellulari di tipo smartphone, e, diversamente da Palazzo San Gervasio, non viene fornito alcun cellulare di vecchia generazione da parte dell’ente gestore. Inoltre nella struttura non vi sono telefoni fissi che possono essere utilizzati dai trattenuti. Pertanto, sono gli stessi cittadini stranieri a doversi adoperare per recuperare in qualche modo un dispositivo cellulare di vecchia generazione da utilizzare per comunicare con familiari, amici e con lo stesso difensore. Tale prassi limita fortemente la possibilità di accesso alle comunicazioni con il mondo esterno da parte dei trattenuti, genera forti disparità tra trattenuti e rappresenta anche un’evidente compromissione del diritto di difesa limitando la possibilità di interazione tra avvocato e assistito. Ecco perché il Garante Nazionale nella relazione stigmatizzata tale situazione e raccomanda di assicurare alle persone trattenute nel CPR di Bari la libertà di corrispondenza telefonica. SICUREZZA Il modello organizzativo adottato nel centro appare decisamente singolare in quanto il servizio di vigilanza è affidato ad un esiguo gruppo interforze (composto da unità della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) a cui si aggiunge un’ampia squadra di personale dell’esercito. In particolare, il personale dell’esercito, come osservato dalla delegazione durante la visita, svolge anche compiti di sorveglianza dei cittadini stranieri, entra nei moduli abitativi, preleva i trattenuti e li accompagna nell’aula di udienza. Si tratta di mansioni che non dovrebbero essere svolte da tali soggetti e, infatti, il coinvolgimento delle Forze armate in tali funzioni, non è in linea con quanto stabilito dal Regolamento nazionale sui CPR e con lo stesso Regolamento del CPR di Bari adottato dalla Prefettura nel giugno del 2024. Peraltro, la sorveglianza effettuata dal personale delle Forze armate è particolarmente pervasiva, tanto che osserva la delegazione del Garante Nazionale: il personale delle Forze armate «rimaneva presente all’interno della stanza ovi si stava svolgendo l’udienza in modalità da remoto». DIRITTO ALL’INFORMAZIONE E ACCESSO ALLA GIUSTIZIA Rispetto alle informazioni fornite agli stranieri in ingresso e in materia di accesso alla giustizia, sono diverse le criticità che emergono nel rapporto pubblicato lo scorso agosto. In primo luogo, va evidenziato che la Prefettura di Bari ha adottato nel mese di giugno del 2024 un nuovo Regolamento del CPR. Si tratta di un testo che ricalca sostanzialmente quanto stabilito dal Regolamento nazionale senza offrire una definizione puntuale e precisa delle regole di convivenza nella struttura e dei servizi garantiti. In secondo luogo, il materiale adottato dall’informatore legale non è aggiornato con le modifiche normative intervenute con l’emanazione del Decreto Legge n. 124 del 2023 6, soprattutto con riguardo ai tempi massimi del trattenimento e alle scadenze delle proroghe. A Bari come a Palazzo San Gervasio, poi, la prassi utilizzata per la presentazione delle domande di asilo genera ritardi nel riconoscimento dello status di richiedente asilo, in quanto, in prima battuta, viene semplicemente riportato che lo straniero vuole un colloquio con l’Ufficio immigrazione e, quindi, in attesa che si svolga effettivamente il colloquio, lo straniero non è considerato ancora richiedente asilo. Una prassi non in linea con quanto stabilito dalla giurisprudenza nazionale ed europea, secondo la quale, lo straniero deve essere considerato richiedente asilo dal momento in cui manifesta la volontà e non dalla formalizzazione della domanda di protezione internazionale. Infine, vi sono problemi anche rispetto alle nomine dei difensori di fiducia. Non è previsto, infatti, nell’elenco del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari dedicato ai difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato, una specifica categoria dedicata “al diritto dell’immigrazione”, mentre sono specificate almeno una quarantina di altre diverse specializzazioni. CONCLUSIONI La visita della delegazione presso il Centro barese e il rapporto successivamente predisposto dal Garante Nazionale, evidenzia una situazione caratterizzata da forti criticità e da palesi violazioni dei diritti delle persone trattenute. Le violazioni più evidenti e più odiose riguardano il diritto alla salute che, soprattutto per i soggetti vulnerabili, è messo a dura prova all’interno del CPR di Bari. La mancata conoscenza di protocolli e delle Linee Guida da parte dei sanitari è segno di una grave superficialità nell’approccio al lavoro all’interno del Centro, ma mostra anche di un deficit di formazione e di scelta di personale da parte dell’ente gestore. Mancanze gravi che non possono essere sottaciute e che andrebbero affrontate con maggiore attenzione e serietà dagli organi preposti a svolgere attività di controllo. Anche le omissioni dei medici in caso di segni evidenti di violenza e tortura, oltre che rappresentare palesi violazioni deontologiche, andrebbero valutate da chi di dovere per le opportune verifiche di quanto realmente accade nella struttura. Le segnalazioni raccolte da diverse associazioni che operano per il rispetto dei diritti dei trattenuti, parlano di violenze perpetrate ai danni dei trattenuti e andrebbero considerate con maggiore attenzione dalle Autorità competenti. D’altra parte, l’organizzazione di tipo militare in essere all’interno del CPR con un uso eccessivo del personale dell’esercito, anche per compiti e mansioni non di competenza, il controllo e la presenza asfissiante dei militari e degli agenti sia durante le udienze, sia durante i colloqui difensivi, sia ancora durante le visite mediche, non è certo un buon segno e non crea un clima positivo all’interno della struttura. In conclusione, per ricordare ancora una volta cosa significa fare l’esperienza del CPR, può essere opportuno riportare la “confidenza” fatta dal medico della struttura alla delegazione in visita: «Le persone, durante il trattenimento, peggiorano notevolmente la condizione psichica e, a maggior durata della permanenza presso il CPR, corrisponde un più elevato rischio di decadimento psichico». In queste parole è racchiuso tutto il senso del fallimento del sistema CPR e la necessità di un intervento politico per superare tale sistema. 1. Rapporto sulle visite effettuate ai Cpr di Palazzo San Gervasio e di Bari il 12 e il 13 dicembre 2024 ↩︎ 2. Un report e la piattaforma opendata costituiscono il progetto “Trattenuti” frutto di un lavoro collettivo di raccolta e analisi dei dati svolto da ActionAid Italia e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari ↩︎ 3. Qui la pagina sul CPR di Bari Palese dal Rapporto “Trattenuti” di Action Aid e UniBa ↩︎ 4. Gara europea a procedura aperta per l’affidamento dei servizi di gestione del CPR, Prefettura di Bari ↩︎ 5. Programma nazionale “Linee guida sulla tutela della salute e l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti” ↩︎ 6. Il Decreto Legge n. 124 del 2023 è un provvedimento urgente che contiene “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”. Tra le principali misure, detta disposizioni relative ai centri di permanenza per i rimpatri ↩︎
Trattenimento nei CPR anche dopo la non convalida: la Cassazione solleva una questione di legittimità costituzionale
La Prima Sezione penale della Cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, d.lgs. 142/2015, come modificato dal d.l. 37/2025. La vicenda trae origine dal ricorso presentato per un cittadino senegalese trasferito il 9 maggio nel CPR di Gjader in Albania, dove il 14 giugno aveva presentato domanda di protezione internazionale, respinta dalla Commissione territoriale di Roma il 30 giugno. Il Questore di Roma aveva quindi chiesto la convalida del trattenimento, rigettata dalla Corte d’Appello di Roma il 4 luglio. Nonostante ciò, il giorno successivo il Questore di Bari adottava un nuovo decreto di trattenimento (60 giorni prorogabili) presso il CPR di Bari-Palese, fondato sulla “pericolosità sociale” del soggetto. La Corte d’Appello di Bari convalidava, ma la difesa ricorreva in Cassazione denunciando l’incostituzionalità del meccanismo. Al centro vi è la norma che consente, in caso di mancata convalida del trattenimento, che il richiedente “permanga nel centro fino alla decisione sulla convalida del predetto provvedimento”, a condizione che il Questore adotti entro 48 ore un nuovo decreto ex art. 6, co. 2. Per la Suprema Corte, ciò introduce un “trattenimento ex lege” privo di titolo amministrativo o giudiziario, in contrasto con l’art. 13 Cost.: “si prevede che un provvedimento di trattenimento dichiarato illegittimo dal giudice […] non venga seguito dall’immediata liberazione dell’interessato, bensì legittimi la permanenza del migrante nel CPR”. La Cassazione ravvisa violazioni anche degli artt. 3 e 117 Cost., in relazione a CEDU, Patto ONU sui diritti civili e politici e Carta UE, poiché si determina una compressione della libertà personale “solo per volontà diretta del legislatore, in assenza di qualunque controllo o verifica giudiziaria”. La norma censurata appare dunque irragionevole e discriminatoria: “Consente la limitazione ex lege della libertà personale di un individuo solo perché si trovi già in un CPR […] a differenza di chi sia libero”. La Corte ricorda che “un tema particolarmente sensibile come quello della (ritenuta) illegittima restrizione della libertà personale non può che essere immediatamente sottoposto al vaglio della Corte costituzionale”. Gli atti sono stati quindi trasmessi alla Consulta, oltre che al Presidente del Consiglio e ai Presidenti di Camera e Senato. Corte di Cassazione, ordinanza n. 30297 del 4 settembre 2025 Si ringrazia l’Avv. Salvatore Fachile per la segnalazione. Il commento è a cura della redazione.
Non proroga del trattenimento: libero il cittadino del Congo trattenuto tra il CPR di Gjadër in Albania e il CPR di Bari – Palese
Il cittadino del Congo rientrava dal CPR di Gjadër in Albania in quanto la Corte di Appello di Roma non convalidava il decreto di trattenimento del Questore di Roma. La Questura di Roma appena rientrato in Italia, però, disponeva un nuovo trattenimento questa volta ex art. 14 TUIMM e lo inviava per la convalida presso il CPR di Bari – Palese. Il trattenuto manifestava la volontà di chiedere nuovamente protezione dinnanzi al Giudice di Pace di Bari che convalidava il trattenimento ex art. 14 D.Lgs. n. 268 /98. Avendo chiesto protezione internazionale la Questura di Bari chiedeva alla Corte di Appello di Bari di convalidare il decreto di trattenimento adottato, questa volta, ai sensi dell’art. 6 comma 5 D.Lgs. n. 142/2015. La Corte di Appello di Bari convalidava il trattenimento per la durata di 60 giorni valutando la domanda di protezione, strumentale e finalizzata solamente a ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione, in quanto presentata solo a seguito di trattenimento presso il CPR in attesa dell’esecuzione del provvedimento prefettizio di espulsione. Prima della scadenza dei 60 giorni la Questura di Bari chiedeva la proroga per ulteriori giorni 90 pur essendo decorsi i termini di cui all’art. 26, comma 2 bis del D.lgs. n. 25/2008 in quanto il cittadino straniero non aveva nemmeno compilato il modello C3. La Corte di Appello di Bari, in accoglimento delle deduzioni difensive, non prorogava il trattenimento con la seguente motivazione: “(…) rilevato che il cittadino straniero … , nato in Repubblica Del Congo …, è stato inizialmente attinto da un provvedimento di trattenimento emesso ex art. 6 co. 3 d.lgs. 142/15 dalla Questura di Bari l’8.7.2025, convalidato il 9.7.25 dalla Corte d’Appello di Bari, per un periodo di 60 gg. prorogabile; -letta l’istanza, avanzata il 2.9.25, con cui la Questura di Bari ha tempestivamente chiesto una proroga di detto trattenimento per ulteriori 60 gg.; rilevato che, all’odierna udienza camerale, la Questura ha insistito per la proroga, mentre la difesa dello straniero si è opposta, invocando la violazione del termine di 6 gg. lavorativi fissato dall’art. 26 co.2 bis D.Lgs.25/08 per la formalizzazione della manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale, non essendo stato ancora compilato il modello C3; rilevato che, mentre lo straniero ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale già in data 2.7.25 (in sede di convalida del suo primo trattenimento ex art.14 TUI davanti al Giudice di Pace), la redazione del modello C3, costituente adempimento necessario alla formalizzazione di tale domanda, non è stata ad oggi ancora effettuata, come confermato dalla stessa Questura, in violazione del termine di 6 giorni lavorativi richiesti dall’art.26 co.2 bis D.Lgs.25/08; ritenuto che la violazione del predetto termine (che per ormai consolidata giurisprudenza della S.C. – cfr. Cass.15984/25 – è termine di natura perentoria, la cui violazione è rilevabile d’ufficio né è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione e dall’intervenuta convalida del trattenimento, spettando al giudicante il rilievo officioso di eventuali vizi a monte della procedura di trattenimento) sia di per sé decisiva al fine di precludere la proroga del trattenimento dello straniero; P.Q.M. Non autorizza la proroga del trattenimento”. Questo caso è assai particolare perché ha dimostrato come il trattenimento prima in Albania e poi in Bari non hanno prodotto alcun risultato utile e positivo, ma anzi hanno comportato solo la privazione della libertà personale e il dispendio di denaro pubblico per un cittadino che è inespellibile e che se avesse avuto l’opportunità di essere ascoltato dalla Commissione territoriale avrebbe ottenuto, proprio perché originario del Congo, lo status e/o la protezione come accade di sovente. Corte di Appello di Bari, decisione del 3 settembre 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
Nei CPR ancora violazioni del diritto di difesa: il caso di un cittadino tunisino tra Bari e Brindisi
Il Giudice di Pace di Brindisi si pronuncia sul caso di non convalida del trattenimento di un cittadino tunisino, incensurato e richiedente asilo. Nella prima settimana di luglio, a seguito delle proteste esplose all’interno del CPR di Bari-Palese l’uomo veniva arrestato insieme ad altri due trattenuti con l’accusa di aver promosso la rivolta. Nel corso del procedimento penale sono state rese dichiarazioni molto forti sui motivi della protesta e, all’esito dell’interrogatorio, gli atti del processo – su richiesta del PM di udienza – sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica. Il giudice penale, a seguito di un patteggiamento con pena sospesa per il solo danneggiamento di una finestra, ne disponeva l’immediata liberazione. Tuttavia, dopo la dimissione dalla casa circondariale di Bari, il cittadino tunisino veniva nuovamente trasferito e trattenuto, questa volta presso il CPR di Restinco (Brindisi). All’ingresso del centro l’uomo nominava un difensore di fiducia, ma immediatamente veniva condotto all’udienza di convalida davanti al Giudice di pace di Brindisi, che convalidava il trattenimento con l’assistenza di un difensore d’ufficio. Né il giudice né il difensore di fiducia erano stati informati di due circostanze fondamentali: che il cittadino straniero aveva nominato un proprio avvocato e che era richiedente asilo. Con ricorso per il riesame, il difensore di fiducia eccepiva: * la violazione del diritto di difesa, poiché non era stato avvisato dell’udienza né lo era stato il trattenuto; * l’incompetenza per materia, sostenendo che gli atti avrebbero dovuto essere trasmessi alla Corte d’Appello di Lecce. Il Giudice di pace di Brindisi, con la decisione qui allegata, ha accolto il ricorso rilevando la violazione del diritto di difesa. È stato infatti documentato che, già il 10 luglio 2025 – cioè prima dell’udienza di convalida fissata per l’11 luglio – il cittadino aveva formalmente nominato l’avv. Uljana Gazidede come difensore di fiducia, mediante l’apposito modulo disponibile presso il CPR di Restinco. Nonostante ciò, l’udienza si era svolta senza la sua partecipazione e con l’assistenza di un difensore d’ufficio. La Suprema Corte ha più volte stabilito che, in tema di immigrazione, la nomina del difensore di fiducia prima dell’udienza di convalida rende obbligatoria la sua presenza e comporta la puntuale comunicazione di data e luogo dell’udienza (Cass. 12210/2020; Cass. 18769/2018). Pertanto il Giudice ha annullato il provvedimento di trattenimento. Questa decisione è particolarmente rilevante perché evidenzia gravi carenze sistemiche nei CPR, dove spesso vengono compromessi i diritti di difesa proprio a causa della mancata presenza del difensore di fiducia alle udienze. Nel CPR di Bari-Palese, inoltre, si registra la prassi per cui le istanze di riesame non vengono calendarizzate oppure le udienze, quando fissate, vengono rinviate a tempo indeterminato. La detenzione amministrativa spinge così i trattenuti allo stremo, a causa delle pessime condizioni di vita all’interno dei centri, costringendoli a protestare. Non di rado queste proteste sfociano in atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, scioperi della fame o danneggiamenti delle strutture, con conseguenze penali gravi per chi le mette in atto. Giudice di Pace di Brindisi, ordinanza del 25 luglio 2025
Bari, fuoco e repressione nel CPR: la protesta che nessuno vuole vedere
In Puglia sono attualmente attivi due Centri di Permanenza per il Rimpatrio: uno a Bari-Palese, l’altro a Restinco, frazione di Brindisi 1. Entrambe le strutture si trovano in aree periferiche, militarizzate e difficilmente accessibili da osservatori esterni. Quello di Bari 2 è attivo come CPR dal 2017; ad oggi, vi sono state trattenute circa 750 persone. Ed è proprio in questo centro che, nella notte tra il 22 e il 23 luglio, è esplosa una nuova protesta. Le persone recluse hanno appiccato incendi all’interno dei moduli detentivi, incendiando materassi e suppellettili. Alcuni si sono rifugiati sui tetti per sfuggire al fumo, lanciando slogan come “libertà” e “tutti liberi”. Le rivolte sono l’esito di condizioni di detenzione estreme: caldo insopportabile, scarsa igiene, cibo avariato, deterioramento della salute fisica e mentale. Gli attivisti della rete Mai più lager – No ai CPR documentano un clima di disperazione, con episodi di autolesionismo e tentativi di fuga, in un contesto in cui l’unico orizzonte possibile resta la detenzione stessa. Secondo quanto riferito dai collettivi locali – che denunciano le «condizioni disumane» del centro e si sono recati subito sul posto documentando con foto e video gli incendi – una delle persone trattenute ha riportato fratture agli arti durante un tentativo di fuga, restando intrappolata per ore senza ricevere soccorsi. La Prefettura ha dichiarato che l’assistenza medica è avvenuta tempestivamente, ma la discrepanza tra le dichiarazioni ufficiali e le testimonianze raccolte all’interno alimenta il sospetto che il sistema operi in una condizione di opacità. L’intervento delle forze dell’ordine per sedare le proteste è stato descritto come violento da attivisti e testimoni diretti, con punizioni collettive e isolamento forzato. PROTESTA DI INIZIO LUGLIO E PROCESSO LAMPO Anche all’inizio di luglio erano state denunciate proteste da parte dei detenuti. La segnalazione era stata lanciata dalla comunità Intifada Studentesca, che ha riferito di «tantissime persone salite sui tetti in segno di rivolta» durante il primo fine settimana del mese, per chiedere di parlare con la direttrice della struttura. Un episodio specifico, avvenuto nei primi giorni di luglio, ha visto tre persone recluse – tutti incensurate – protagoniste di una protesta interna più contenuta, che è però sfociata in arresti in flagranza. Nel processo per direttissima, davanti al giudice Mario Matromatteo, hanno spiegato di aver agito dopo settimane di condizioni igienico-sanitarie degradanti e totale mancanza di ascolto da parte delle autorità. Dopo tentativi pacifici, come lo sciopero della fame, hanno deciso di protestare in modo più eclatante. «Portateci in carcere, ma non di nuovo in quell’inferno», è una delle frasi che hanno detto. 3 Assistiti dalle avvocate Loredana Liso e Uliana Gazidede, i tre hanno patteggiato sei mesi di reclusione con pena sospesa (dequalificati da “organizzatori” a semplici partecipanti), mentre il giudice ha disposto il trasferimento degli atti e del verbale dell’udienza alla Procura, affinché siano verificate le condizioni del centro e accertate eventuali responsabilità legate alla sua cattiva gestione. ATTI DI AUTOLESIONISMO Il 1° maggio 2025 un giovane trattenuto all’interno del centro, dopo una settimana di sciopero della fame, è stato portato all’ospedale San Paolo di Bari in seguito all’ingestione di shampoo. Accanto alla denuncia dell’evento, sono emerse testimonianze su atti di autolesionismo compiuti da un secondo “ospite” del centro e sul tentato suicidio di un terzo. L’assemblea No CPR Puglia ha inoltre segnalato l’abuso di psicofarmaci, l’uso sistematico di isolamento dei detenuti, l’erogazione di pasti deteriorati e una scarsa assistenza medica. STRETTA DEL GOVERNO SULLE VISITE ISPETTIVE NEI CPR Non sarà semplice, ora, poter appurare i fatti e verificare le condizioni dei detenuti: il diritto di ispezione sulle strutture è stato progressivamente compromesso. Una circolare del Ministero dell’Interno, datata 18 aprile 2025, ha introdotto nuove restrizioni formali all’accesso di parlamentari, consiglieri regionali ed eurodeputati nei CPR. Le visite “ispettive” sono state ridimensionate – nella pratica, ostacolate – imponendo che gli accompagnatori siano “soggetti funzionalmente incardinati”, una condizione non prevista dalla normativa primaria, che di fatto limita l’accesso indipendente a queste strutture di detenzione amministrativa. Approfondimenti/Circolari del Ministero dell'Interno/CPR, Hotspot, CPA CPR: VIETATO ENTRARE Il Ministero dell’Interno limita e depotenzia le visite ispettive ai Centri di Permanenza per i Rimpatri Avv. Arturo Raffaele Covella 18 Luglio 2025 Intanto in provincia di Gorizia, al CPR di Gradisca d’Isonzo, attivisti della rete No CPR e trattenuti denunciano da settimane la diffusione di un’epidemia di scabbia tra i reclusi, in un contesto di sovraffollamento, scarsa igiene e cibo di bassa qualità. Le tensioni, legate anche alla diffusione della malattia, hanno generato proteste ripetute. Non c’è più tempo da perdere. I CPR vanno chiusi. 1. Alla fine del 2024, la capienza effettiva della struttura era tornata a 48 posti. Fonte Action Aid. ↩︎ 2. La scheda di questo CPR su Action Aid ↩︎ 3. Bari, protesta dei migranti nel Cpr di Palese: atti ai Pm sulle condizioni del centro, La Gazzetta del Mezzogiorno (10 luglio 2025) ↩︎
Non convalida del trattenimento presso il CPR del richiedente asilo tunisino: la Corte distingue tra richiedente “primario” e “secondario”
Una decisione della Corte di Appello di Venezia molto importante in quanto le Corti di Appello non avevano mai differenziato i richiedenti in “primari” e “secondari” ed ogni volta, a fronte di una situazione giuridica tipica del richiedente con precedenti penali, si limitano a convalidare il trattenimento per tutta la durata della procedura di protezione internazionale, il che comporta la violazione della libertà personale per molto tempo. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 Nel caso di specie, il cittadino tunisino aveva presentato in data 25.06.2025 la richiesta di protezione internazionale presso la Questura di Venezia e veniva trattenuto presso il CPR di Bari – Palese ai sensi dell’art. 6 comma 2 lett. b del D.lgs. n. 142/20215, trovandosi il prevenuto nelle condizioni di cui all’art. 13 comma 2 lett. c) del D.Lgs. n. 286/1998 ovvero essendo il medesimo abitualmente dedito a traffici delittuosi e che per condotta di vita debba ritenersi vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose. La Questura di Venezia applicava il trattenimento ai sensi dell’art. 6 comma 2 lett. c) del D.Lgs. n. 142/2015, costituendo egli un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica e risultando a suo carico una condanna per il reato di cui all’art. 73 comma 5 del D.P.R. 309/1990 ed essendo necessario determinare gli elementi su cui si basava la domanda di protezione internazionale che non potrebbero essere acquisiti senza il trattenimento, ricorrendo il pericolo di fuga, non essendo il prevenuto in possesso di passaporto o altro equipollente documento di identità. La Corte di Appello di Venezia – Consigliere – Dott. Luca Boccuni non convalidava il trattenimento con la seguente motivazione: “In primo luogo, ed a prescindere dalla ricorrenza del presupposto previsto dall’art. 6 D.Lgs. n. 142/2015, ovvero la sussistenza dello stato di richiedente protezione internazionale del prevenuto, non emergono in atti i presupposti per il disposto trattenimento, secondo l’art. 6 comma 2 lett. b) e c) del D.Lgs. n. 149/2015. In effetti, la questura di Venezia, nel disporre il trattenimento ed al fine di giustificare la sua richiesta di convalida indica unicamente la commissione di un reato relativo al traffico di sostanze stupefacenti per fatto di lieve entità, visto il richiamo all’art. 73 comma 5 del D.P.R. n. 309/1990. Mentre in atti non emerge in alcun modo, al di là della indicata condanna, quando illecito sarebbe stato commesso, tenuto conto che il prevenuto ha fatto ingresso in Italia, per quanto indicato dalla questura, nel dicembre del 2022 attraverso la frontiera di Domus De Maria. Dette circostanze impediscono di verificare positivamente, non solo l’abitualità ai traffici delittuosi, ma anche l’attualità e la gravità della pericolosità del trattenuto, intesa quale probabilità che il medesimo reiteri fatti di reato, non emergendo gli elementi che giustificano il trattenimento secondo le ipotesi normative richiamate. Peraltro, con considerazione che è, in ogni caso, assorbente e che, quindi, rileva anche ai fini della convalida del trattenimento disposto ai sensi dell’art. 6 comma 2 lett. d) del D.Lgs. n. 142/2015, si osserva che la questura di Venezia dà contezza della circostanza che il prevenuto ha presentato domanda di protezione internazionale alla competente commissione territoriale di Cagliari che ha rigettato la sua istanza con decisione del 24 febbraio 2024, non risultando che il medesimo abbia proposto impugnazione avanti al Tribunale di detta decisione e neppure constando che egli abbia proposto nuova domanda di protezione trovandosi nel CPR di Bari – “Palese”, ove ora è ristretto, in modo da ritardare l’esecuzione di un provvedimento di respingimento o di espulsione all’esito del rigetto della sua domanda di protezione da parte della commissione di Cagliari. La conseguenza di quanto evidenziato è che il prevenuto non si trova nel CPR in quanto richiedente “primario” di protezione internazionale e nelle condizioni indicate dal questore nel suo provvedimento di trattenimento di cui all’art. 6 comma 2 D.Lgs. n. 142/2015, ma sostanzialmente in quanto in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 286/1998, neppure risultando che il medesimo prevenuto abbia formulato in detta condizione di limitazione della sua libertà personale ulteriore domanda di protezione internazionale da reputarsi pretestuosa e presentata allo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione, a mente dell’art. 6 comma 3 D.Lgs. n. 142/2015 e per cui sia possibile trattenimento del richiedente “secondario””. Corte di Appello di Venezia, decisione del 27 giugno 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.